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PADOVA PER FRANCESCO DI VANNOZZO<br />
riva <strong>di</strong> gran lunga intrattenersi col Petrarca, con Lombardo della<br />
Seta, col Don<strong>di</strong>. Persa la protezione <strong>di</strong> Marsilio, costretto a rifugiarsi<br />
a Venezia, la situazione a <strong>Padova</strong> per il Vannozzo peggiorò<br />
visibilmente, costringendolo a continui spostamenti a Verona (già<br />
nel 1374-1375) e a Venezia (nel 1380-1381), prima del definitivo<br />
trasferimento a Verona. Del resto, anche negli anni interme<strong>di</strong> un<br />
saldo legame con gli Scaligeri è ben documentato: basterà qui ricordare<br />
la lettera che nel 1376, appena tornato da Ferrara (dove<br />
aveva accompagnato Francesco Novello da Carrara, nell’occasione<br />
delle nozze con Taddea d’Este), egli in<strong>di</strong>rizzò ad Antonio della<br />
Scala per ringraziarlo del dono <strong>di</strong> un’arpa, e per scusarsi con lui <strong>di</strong><br />
non averlo potuto imme<strong>di</strong>atamente raggiungere, perché ammalato,<br />
appena liberatosi dall’impegno 43 .<br />
Conferme della frattura causata dalla congiura <strong>di</strong> Marsilio negli<br />
ambienti padovani cui il Vannozzo era legato ci giungono da<br />
alcune sue interessantissime rime, nelle quali il nostro musico cercò,<br />
con toni esasperati, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi da mal<strong>di</strong>cenze e da ogni sospetto<br />
<strong>di</strong> compromissione, ribadendo la propria fedeltà al suo signore.<br />
Il documento più esplicito, in tal senso, è il sonetto in<strong>di</strong>rizzato<br />
contro Checco da Lion, collaboratore e consigliere <strong>di</strong> Francesco<br />
il Vecchio, nel 1373 provvisoriamente rimosso dai suoi incarichi<br />
e imprigionato perché sospettato (ingiustamente, come si<br />
appurò ben presto) <strong>di</strong> complicità con i congiurati, e già nel 1374<br />
reintegrato nel suo ufficio <strong>di</strong> gastaldo generale dei Carraresi 44 :<br />
Perché tu sei de la ca’ del Lione,<br />
chiamar ti puoti Marco evangelista;<br />
ond’io, fratel de san Zanne Batista,<br />
sì te bategio con cotal sermone.<br />
Né de fratel né de buon conpagnone<br />
il mio sonetto già ti farà vista,<br />
anima zoppa, maculata e trista,<br />
vicioso corpo figlio de carbone,<br />
superbo, ingrato e natural villano,<br />
scarso <strong>di</strong> carta e de la lingua mutto,<br />
inherte de la penna e de la mano!<br />
43 L’epistola si legge in LEVI, Francesco <strong>di</strong> Vannozzo, cit., p. 493; sull’episo<strong>di</strong>o,<br />
cfr. pp. 107-108, 138-139.<br />
44 Di Checco da Lion (solo omonimo <strong>di</strong> un Francesco da Lion che fu anch’egli<br />
familiare <strong>di</strong> Francesco il Vecchio) si hanno notizie dal 1372 al 1386, quando lo s’incontra<br />
accanto al Carrarese durante le ostilità contro Antonio della Scala; su <strong>di</strong> lui<br />
cfr. GATARI, Cronaca, cit., pp. 64, 130, 135, 156, 248, 250 (documenti), e pp. 723<br />
(sintesi). Il son. è il XXXII ed. MEDIN, XXVI ed. MANETTI.<br />
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