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ITALO PANTANI<br />
importa se qui volta ad analizzare sentimenti altrui. Il linguaggio è<br />
come sempre composito, con un esor<strong>di</strong>o nutrito da eterogenee<br />
memorie (da Dante, Cino da Pistoia e Antonio da Ferrara) 41 ; tuttavia,<br />
pur in un libero riuso dagli effetti <strong>di</strong>ssonanti, presto in questo<br />
caso il dettato si conforma in prevalenza alla caratteristica grammatica<br />
amorosa petrarchesca: l’amico porta al «collo» come un<br />
«sasso» (in Petrarca si tratta invece <strong>di</strong> un «giogo»), che gli procura<br />
sensazioni antitetiche; e soprattutto, l’intero testo sembra seguire<br />
con una certa approssimazione la trama lessicale <strong>di</strong> Rvf 36 42 .<br />
Ciò che qui più interessa, comunque, e che se l’interpretazione<br />
del <strong>di</strong>stico finale proposta risulterà convincente, ci troviamo <strong>di</strong> fronte<br />
all’ennesima autopromozione del Vannozzo in qualità <strong>di</strong> cantore<br />
dalla voce rasserenante: attività rispetto alla quale quella poetica<br />
si presentava in questi anni padovani non tanto subor<strong>di</strong>nata, quanto<br />
piuttosto preliminare, strumento <strong>di</strong> comunicazione funzionale alla<br />
conquista <strong>di</strong> un cre<strong>di</strong>to da investire, professionalmente, appunto<br />
nei servizi musicali. Come conferma, in questa stagione, una produzione<br />
letteraria poco ambiziosa, limitata al sonetto <strong>di</strong> corrispondenza<br />
e d’amore, senza avventure (come notavo all’inizio) in generi<br />
ben più remunerativi, ma anche assai più impegnativi. In ogni<br />
caso, il binomio poesia-musica, così impostato, funzionava.<br />
4. La crisi: attacchi alla «ca’ del Lione» e al «laureato poeta antico»<br />
La crisi giunse nel 1373, con il fallito attentato <strong>di</strong> Marsilio da<br />
Carrara ai danni del fratello, e la conseguente frattura tra i cortigiani<br />
dei Carraresi. Il Vannozzo, come visto, sino ad allora si poteva<br />
<strong>di</strong>re assai più familiare <strong>di</strong> Marsilio che non <strong>di</strong> Francesco il Vecchio:<br />
principe colto, quest’ultimo, che poteva dargli l’attenzione<br />
che si presta a un giullare, ma che tra una battaglia e l’altra prefe-<br />
41 «Io vegio ben» ricorre infatti ben sette volte tra Purgatorio e Para<strong>di</strong>so, ma<br />
una volta pure nei Rvf (19, 68); e nella prima quartina c’è anche un ricordo <strong>di</strong> Cino<br />
da Pistoia («d’ogni allegrezza e d’ogni ben mi spoglia», CVII 4), unito ad uno <strong>di</strong><br />
Antonio da Ferrara («piangendo lasso», XV 4).<br />
42 «S’io credesse per morte essere scarco / del pensiero amoroso che m’atterra<br />
[...]; / ma perch’io temo che sarebbe un varco / <strong>di</strong> pianto in pianto [...], / <strong>di</strong> qua dal<br />
passo ancor [...] / mezzo rimango, lasso, e mezzo il varco. / Tempo ben fora omai<br />
d’avere spinto / l’ultimo stral la <strong>di</strong>spietata corda». Per la metafora petrarchesca del<br />
«giogo» al «collo», cfr. Rvf 28, 62; 197, 3.<br />
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