padre alessandro mazzucco – dottrinario atti del ... - Monte Fenera
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PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO <strong>–</strong> DOTTRINARIO<br />
MONTAGNA, SCIENZA E DIDATTICA NEGLI ANNI OTTANTA DEL NOVECENTO<br />
ATTI DEL CONVEGNO DI VARALLO<br />
20 OTTOBRE 2012<br />
contributi di<br />
Massimo Bonola<br />
Marisa Bressa<br />
Roberto Cairo<br />
Edoardo Dellarole<br />
Roberto Fantoni<br />
Mauro Festa Larel<br />
Ferruccio Frigiolini<br />
Piera Micheletti<br />
Elvira Poletti<br />
Gianmario Redaelli<br />
Giorgio Salina
PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO <strong>–</strong> DOTTRINARIO<br />
MONTAGNA, SCIENZA E DIDATTICA NEGLI ANNI OTTANTA DEL NOVECENTO<br />
ATTI DEL CONVEGNO DI VARALLO<br />
20 OTTOBRE 2012<br />
contributi di<br />
Massimo Bonola<br />
Marisa Bressa<br />
Roberto Cairo<br />
Edoardo Dellarole<br />
Roberto Fantoni<br />
Mauro Festa Larel<br />
Ferruccio Frigiolini<br />
Piera Micheletti<br />
Elvira Poletti<br />
Gianmario Redaelli<br />
Giorgio Salina
In copertina: Padre Alessandro Mazzucco sul Ghiacciao <strong>del</strong>le Loccie, 4 agosto 1969<br />
contributi di Massimo Bonola, Marisa Bressa, Roberto Cairo, Edoardo Dellarole, Roberto Fantoni, Mauro<br />
Festa Larel, Ferruccio Frigiolini, Piera Micheletti, Elvira Poletti, Gianmario Redaelli e Giorgio Salina.<br />
© Istituto Superiore D’Adda Varallo<br />
ottobre 2012<br />
È consentita la riproduzione e la diffusione dei testi, previa autorizzazione degli Autori, purché non abbia<br />
scopi commerciali e siano correttamente citate le fonti.
INDICE<br />
Presentazioni 7<br />
Massimo Bonola<br />
Padre Gianmario Redaelli<br />
Edoardo Dellarole<br />
Padre Alessandro Mazzucco. Montagna, scienza e did<strong>atti</strong>ca negli anni Ottanta <strong>del</strong> Novecento 11<br />
Da Pietro Calderini a Padre Mazzucco. Montagna, Scienza e did<strong>atti</strong>ca tra Ottocento e Novecento 13<br />
Roberto Fantoni<br />
PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO - DOTTRINARIO<br />
Ricordo di Padre Alessandro Mazzucco 23<br />
Giorgio Salina<br />
I Padri Dottrinari (Congregatio Patrum Doctrinae Christianae) e Padre Alessandro Mazzucco 27<br />
Marisa Bressa<br />
L'insegnante 33<br />
Mauro Festa Larel<br />
L'escursionista 35<br />
Ferruccio Frigiolini<br />
I SUOI STUDI<br />
Montagne di carta 41<br />
Roberto Cairo<br />
Dagli appunti <strong>del</strong> Padre Prof. Alessandro Mazzucco sulle origini <strong>del</strong>le “coppelle” osservate in Valsesia.<br />
“Gutta cavat lapidem non vi, sed saepe cadendo” 43<br />
Piera Micheletti<br />
I coni di ghiaccio 47<br />
Alessandro Mazzucco<br />
La toponomastica valsesiana 53<br />
Elvira Poletti<br />
La stazione meteorologica 57<br />
Roberto Cairo<br />
Ringraziamenti 63<br />
5
PRESENTAZIONI<br />
La secolare tradizione di Varallo “città di studi”, dalla fondazione <strong>del</strong> Seminario dei d’Adda (1573)<br />
a quella <strong>del</strong>le Scuole pubbliche <strong>del</strong>la Corte Superiore (1754) e <strong>del</strong>le Regie Scuole Tecniche (1859),<br />
ha fatto di questa valle e <strong>del</strong>la sua città, posta ai piedi <strong>del</strong>la Nuova Gerusalemme, un centro di<br />
istruzione, educazione ed alta cultura, autentico motore di uno sviluppo culturale che ha attraversato<br />
tutta l’età moderna.<br />
Uomini <strong>del</strong>la Chiesa e <strong>del</strong>la società civile di straordinaria statura intellettuale, come Piero Calderini,<br />
Aurelio Turcotti, Giuseppe Farinetti, Giulio Romerio, hanno saputo interpretare nel corso degli<br />
ultimi due secoli l’esigenza di coniugare la ricerca, l’insegnamento e la diffusione <strong>del</strong>la cultura in<br />
un unitario progetto sociale rivolto all’intera comunità <strong>del</strong>la valle. La loro opera lungimirante e<br />
illuminata ha offerto un insostituibile contributo al processo di emancipazione intellettuale<br />
<strong>del</strong>l’intera società valsesiana e a quell’ideale di progresso civile di cui siamo ancor oggi gli eredi.<br />
Le due grandi tradizioni <strong>del</strong>la cultura classica, umanistica e religiosa, e <strong>del</strong>la ricerca scientifica,<br />
sono apparse ai loro occhi come un’unica grande avventura spirituale, la cui sintesi, liberata da<br />
sterili contrapposizioni, è risultata generatrice di autentica cultura.<br />
Presentare oggi la figura e l’opera di <strong>padre</strong> Alessandro Mazzucco significa per la nostra scuola<br />
proseguire un cammino di riflessione sulle nostre radici che, dopo la fusione <strong>del</strong> Liceo Classico<br />
d’Adda con l’Istituto Tecnico Caimi, ha riunito in sé le due anime storiche, ma anche attuali, di<br />
quella tradizione e di quella cultura. Autentico erede <strong>del</strong>la ricerca naturalistica valsesiana di<br />
Carestia, Calderini e Marco, l’immagine di <strong>padre</strong> Mazzucco, ancora vivissima in tutte le<br />
testimonianze raccolte nel presente volume, spicca in queste pagine non soltanto per le sue doti<br />
intellettuali, ma anche per l’intensa carica di umanità che ha saputo trasmettere insieme al sapere,<br />
spesso congiunta ad un sottile senso di ironia e di sincera umiltà.<br />
Consapevoli <strong>del</strong>la grande mole di lavoro scientifico da lui svolto, e testimoniato dall’ingente<br />
patrimonio di appunti oggi finalmente disponibili in questa edizione, non possiamo tuttavia<br />
dimenticare il suo ammonimento a rivolgere il nostro sguardo al cartesiano “libro <strong>del</strong> mondo”<br />
piuttosto che non a quello <strong>del</strong>le carte, e a considerare il bene più prezioso non tanto il risultato <strong>del</strong>la<br />
ricerca, quanto la meraviglia di fronte alla bellezza <strong>del</strong>l’universo dalla quale, già secondo Aristotele,<br />
nasce l’autentica conoscenza e quindi la stessa filosofia<br />
7<br />
Massimo Bonola<br />
Istituto Superiore D’Adda di Varallo
La Congregazione dei Padri Dottrinari è particolarmente grata a quanti hanno voluto ricordare la vita operosa<br />
e sacerdotale <strong>del</strong> Prof. Mazzucco Padre Alessandro che per tanti anni ha svolto la sua missione di Docente di<br />
Scienze Naturali presso gli Istituti Superiori di Varallo.<br />
La sua vita di insegnante, ricercatore e Sacerdote si unisce a quella di altri Dottrinari che hanno svolto la loro<br />
missione di “glorificare Dio”, secondo lo spirito <strong>del</strong>la Congregazione, animati dal desiderio di preparare alla<br />
vita diverse generazioni di giovani <strong>del</strong> secolo scorso nell’ambito <strong>del</strong>la cultura e <strong>del</strong>la formazione umana e<br />
cristiana.<br />
La bellezza e la perfezione <strong>del</strong> creato ha animato Padre Mazzucco ad approfondire, con spirito di ricercatore<br />
la natura, in modo particolare <strong>del</strong>la Valsesia e <strong>del</strong> <strong>Monte</strong> Rosa, per leggerne le meraviglie nascoste e<br />
divulgarne la conoscenza.<br />
Ci sentiamo in dovere di ringraziare quanti hanno voluto raccogliere i suoi studi e le sue ricerche, non solo<br />
come opera divulgativa, ma anche come coronamento <strong>del</strong> ricordo storico di tanti altri Sacerdoti che nei secoli<br />
scorsi hanno dato il contributo di una vita alla diffusione di una cultura storica, scientifica, artistica e<br />
religiosa <strong>del</strong>la Valsesia.<br />
A quanti hanno collaborato al buon esito <strong>del</strong> Convegno, l’augurio che il loro impegno serva a celebrare e<br />
ricordare quanti hanno dedicato la vita all’amore <strong>del</strong> creato, e tramite il linguaggio muto ma comunicativo e<br />
incisivo <strong>del</strong> creato, alla scoperta <strong>del</strong> Creatore, che Gesù ha insegnato a chiamare Padre.<br />
In questo cammino di ricerca, Padre Mazzucco, per i famigliari e confratelli, per tante persone che lo hanno<br />
conosciuto, ma soprattutto per allievi e colleghi che lo hanno frequentato quotidianamente, è stato un<br />
silenzioso, umile ma efficace accompagnatore.<br />
8<br />
Padre Gianmario Redaelli<br />
Superiore Generale <strong>del</strong>la Comunità dei Padri Dottrinari
La conquista e la scoperta <strong>del</strong>la montagna ha avuto tra i suoi protagonisti innumerovoli figure<br />
religiose. Abati, sacerdoti e teologi, suprattutto nell’Ottocento, hanno scalato vette, studiato rocce e<br />
vegetali, pubblicato studi, rendendo la montagna un luogo meno sconosciuto ed inospitale. A titolo<br />
di esempio basta ricordare le due figure simbolo <strong>del</strong>l’alpinismo valsesiano: Don Gnifetti, grande<br />
alpinista e conquistatore <strong>del</strong> <strong>Monte</strong> Rosa e Don Calderini, attento scienziato e fondatore <strong>del</strong>la<br />
succursale di Varallo <strong>del</strong> Club Alpino Italiano.<br />
Per questo motivo la Commissione Scientifica <strong>del</strong>la sezione CAI di Varallo non poteva non<br />
incoraggiare la riscoperta, a 20 anni dalla morte, di un’altra figura religiosa che seppe vivere e<br />
divulgare quello stretto rapporto tra scienza e montagna: Padre Alessandro Mazzucco.<br />
Il sacerdote, appartenente ai Padri Dottrinari, sebbene non fece mai parte <strong>del</strong> Club Alpino, espresse<br />
i valori e perseguì gli obiettivi <strong>del</strong> sodalizio lungo tutta la sua vita. Non era difficile incontrarlo in<br />
montagna, come dimostrano molte foto, armato di corda e picozza ma anche di binocolo e taccuino<br />
per gli appunti, facendo cogliere a chi lo incontrava, già ad un primo sguardo, lo stretto legame tra<br />
ricerca scientifica e alpinismo che il Club persegue dalle sue origini.<br />
Se a questo si aggiunge il ruolo di insegnante nelle scuole valsesiane, si può facilmente concludere<br />
che Padre Mazzucco visse in prima persona, studiò attentamente e divulgò la montagna, come pochi<br />
altri, e merita per questo di essere ricordato e celebrato.<br />
Un grazie sentito quindi a tutti coloro che, appartenenti al CAI o meno, hanno messo il loro<br />
impegno in questo progetto, che ha portato a riscoprire una figura, forse un po’ dimenticata, ma di<br />
sicuro interesse, che ancora oggi comunica e celebra l’amore per la montagna sotto ogni punto di<br />
vista.<br />
9<br />
Edoardo Dellarole<br />
presidente <strong>del</strong>la Commissione scientifica <strong>del</strong>la sezione CAI di Varallo
PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO.<br />
MONTAGNA, SCIENZA E DIDATTICA NEGLI ANNI OTTANTA DEL NOVECENTO -<br />
DOTTRINARIO<br />
In occasione <strong>del</strong> 20° anniversario <strong>del</strong>la sua morte,<br />
alcuni Varallesi hanno deciso di proporre un<br />
convegno dedicato a una figura poco conosciuta<br />
<strong>del</strong> clero e <strong>del</strong>l’insegnamento valsesiano <strong>del</strong><br />
secondo dopoguerra: Padre Prof. Alessandro<br />
Mazzucco.<br />
Il convegno, organizzato da Istituto Superiore<br />
D'Adda (Varallo), Congregazione dei Padri<br />
Dottrinari (Varallo) e dalla Commissione<br />
scientifica <strong>del</strong>la sezione CAI di Varallo, si svolge<br />
presso l’Istituto Superiore d’Adda di Varallo<br />
sabato 20 ottobre 2012.<br />
La figura di Padre Mazzucco viene <strong>del</strong>ineata, a<br />
livello pubblico e privato, nella prima sessione <strong>del</strong><br />
convegno, dai contributi di suoi colleghi, studenti e<br />
amici (Giorgio Salina, Marisa Bressa, Mauro Festa<br />
Larel e Ferruccio Frigiolini.<br />
PROGRAMMA DEL CONVEGNO<br />
Sabato 20 ottobre 2012<br />
Varallo, Istituto Superiore D’Adda<br />
11<br />
Quasi tutti i suoi studi sono rimasti inediti, con la<br />
sola eccezione di un lavoro sui Coni di ghiaccio,<br />
pubblicato postumo nel 1993 sul Notiziario C.A.I.<br />
Varallo. Il lavoro viene ripresentato nel convegno e<br />
ripubblicato negli Atti. Tra gli appunti, affidati a<br />
montagne di carta, sono stati identificati due temi<br />
principali di ricerca, le coppelle e la toponomastica<br />
valsesiana, trattati rispettivamente da Piera<br />
Micheletti ed Elvira Poletti. Viene inoltre descritta,<br />
da Roberto Cairo, la stazione meteorologica<br />
allestita da Padre Mazzucco nell’Istituto D’Adda.<br />
In questo volume sono raccolti i riassunti <strong>del</strong>le<br />
comunicazioni presentate al convegno, preceduti<br />
da un articolo di Roberto Fantoni dedicato a<br />
Montagna, scienza e did<strong>atti</strong>ca tra Ottocento e<br />
Novecento.<br />
9.15 Apertura lavori e saluti dei rappresentanti degli enti organizzatori<br />
Mauro Agarla (Preside <strong>del</strong>l'Istituto Superiore D’Adda di Varallo<br />
Padre Gianmario Redaelli (Superiore Generale <strong>del</strong>la Comunità dei Padri Dottrinari)<br />
Edoardo Dellarole (Presidente <strong>del</strong>la Commissione scientifica <strong>del</strong>la sezione CAI di Varallo)<br />
Coordinatore Roberto Fantoni<br />
9.30 Padre Mazzucco<br />
Giorgio Salina: Ricordo di Padre Alessandro Mazzucco<br />
Marisa Bressa: I Padri Dottrinari (Congregatio Patrum Doctrinae Christianae) e Padre Alessandro<br />
Mazzucco<br />
Mauro Festa Larel: L'insegnante<br />
Ferruccio Frigiolini: L'escursionista<br />
11.00 I suoi studi<br />
Roberto Cairo: Montagne di carta<br />
Piera Micheletti: Dagli appunti <strong>del</strong> Padre Prof. Alessandro Mazzucco sulle origini <strong>del</strong>le “coppelle”<br />
osservate in Valsesia. “Gutta cavat lapidem non vi, sed saepe cadendo”<br />
Mauro Festa Larel: I coni di ghiaccio<br />
Elvira Poletti: La toponomastica valsesiana<br />
Roberto Cairo: La stazione meteorologica
DA DON PIETRO CALDERINI A PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO<br />
MONTAGNA, SCIENZA E DIDATTICA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO<br />
In Valsesia, come in altre zone <strong>del</strong> settore centrooccidentali<br />
<strong>del</strong>le Alpi, nei decenni centrali<br />
<strong>del</strong>l’Ottocento i preti furono i principali artefici<br />
<strong>del</strong>la scoperta <strong>del</strong>la montagna (Fantoni, 2011).<br />
Giovanni Gnifetti, dopo aver ottenuto il<br />
sacerdozio, prese possesso <strong>del</strong>la parrocchia in cui<br />
era nato il 3 settembre 1834 e rimase parroco di<br />
Alagna per 33 anni, sino alla morte, avvenuta nel<br />
1867. Ai piedi <strong>del</strong> <strong>Monte</strong> Rosa veniva a<br />
conoscenza <strong>del</strong>le imprese alpinistiche sostenute<br />
nelle altre valli alpine e per spirito di emulazione<br />
desiderava replicarne le imprese. Aveva come<br />
unico obiettivo la conquista di una montagna, <strong>del</strong>la<br />
montagna che per chi vive ad Alagna è la<br />
montagna per eccellenza, il <strong>Monte</strong> Rosa. Nel 1842,<br />
al quarto tentativo, raggiunse la vetta <strong>del</strong>la Signal<br />
Kuppe, su cui lasciò un drappo rosso. Gnifetti<br />
coniugò la montagna alla patria; ma nel momento<br />
in cui raggiunse la vetta la patria era solo la piccola<br />
patria alagnese, in cui era nato e vissuto.<br />
Fig. 1 <strong>–</strong> Giovanni Gnifetti<br />
Con Gnifetti salì sulla Signal Kuppe un giovane<br />
alagnese, Giuseppe Farinetti (1821-1896). Il<br />
Farinetti non fu solo un alpinista; nel 1878<br />
pubblicò sul Bollettino <strong>del</strong> CAI uno studio<br />
Roberto Fantoni<br />
13<br />
sull’origine <strong>del</strong>le popolazioni tedesche a sud <strong>del</strong><br />
<strong>Monte</strong> Rosa. Il teologo Farinetti coniugò la<br />
montagna con una piccola patria di cui scoprì<br />
l’identità etnica.<br />
Ma la montagna, dalla seconda metà<br />
<strong>del</strong>l’Ottocento, non rimase solo il luogo di imprese<br />
alpinistiche o di vette su cui issare bandiere.<br />
Fig. 2 <strong>–</strong> Giuseppe Farinetti<br />
MONTAGNA, SCIENZA E DIDATTICA NELLA<br />
SECONDA METÀ DELL’OTTOCENTO: PIETRO<br />
CALDERINI<br />
Nella seconda metà <strong>del</strong>l’Ottocento la montagna si<br />
aprì, fisicamente e culturalmente, alla ricerca<br />
scientifica. Meteorologia e geologia furono i campi<br />
di studio più frequentati durante questa scoperta<br />
scientifica <strong>del</strong>la montagna. In quegli anni Pietro<br />
Calderini (1824-1906) gestiva l’apertura di<br />
osservatori meteorologici a Varallo e al Colle di<br />
Valdobbia e si dedicò con particolare competenza<br />
agli studi geologici (Fantoni et alii, 2005, Fantoni,<br />
2005).<br />
A Varallo, dove insegnava alle Scuole Tecniche, fu<br />
artefice, nel 1867, <strong>del</strong>la fondazione <strong>del</strong>la
succursale di Varallo <strong>del</strong> Club Alpino (Fantoni et<br />
alii, in stampa) e <strong>del</strong>la fondazione <strong>del</strong> Museo di<br />
Storia Naturale (Dellarole, 2005).<br />
Fig. 3 <strong>–</strong> Pietro Calderini nelle sale <strong>del</strong> Museo di Storia<br />
Naturale di Varallo<br />
Per Calderini l’alpinista non era solo colui che<br />
“ascende le ardue cime de’ monti solo per<br />
<strong>del</strong>iziare gli sguardi in un vasto e magnifico<br />
orizzonte […] nell’unico scopo di rafforzarsi le<br />
membra, o di rinfrancare la salute, o di respirare<br />
una boccata di purissima aria”, ma anche chi<br />
osservava con attenzione la natura per allargare il<br />
suo sapere, chi intraprendeva faticosi viaggi “per<br />
studiare le epoche dei terreni che percorre, la<br />
natura <strong>del</strong>le rocce che incontra, le erbe e i fiori<br />
che gli si parano davanti, i rettili che strisciano<br />
sotto i piedi e gli uccelli che gli svolazzano<br />
intorno” (Calderini, 1867). Calderini coniugava in<br />
modo esemplare la montagna alla scienza e alla<br />
did<strong>atti</strong>ca.<br />
Negli stessi anni si distinse in Valsesia anche<br />
l’abate Carestia (1825-1908), insigne botanico e<br />
storico dimenticato, che lasciò una montagna di<br />
carte inedite (Fantoni, in stampa).<br />
14<br />
A fine secolo ci concluse il percorso<br />
risorgimentale e declinò la parabola positivista. La<br />
montagna sciolse il suo connubio con patria e<br />
scienza. La nazione era fatta, tutte le cime erano<br />
state conquistate. Quando stava per chiudersi<br />
questo ciclo si affacciò sui monti valsesiani un<br />
altro prete valsesiano: don Luigi Ravelli (1879-<br />
1963). Non aveva predilezioni e non aveva<br />
obiettivi particolari. Don Ravelli non scelse una<br />
montagna, ma percorse tutte le valli e raggiunse<br />
tutte le cime. Il risultato di questo lavoro fu la<br />
stesura <strong>del</strong>la guida Valsesia e <strong>Monte</strong> Rosa. Questo<br />
tipo di guida, che si differenziava nettamente dalle<br />
guide selettive redatte dai viaggiatori<br />
<strong>del</strong>l’Ottocento, proponendo un taglio quasi<br />
enciclopedico, diverrà lo standard <strong>del</strong>le guide dei<br />
monti d’Italia CAI-TCI. L’atteggiamento di<br />
Ravelli, che saliva e descriveva ogni montagna,<br />
indicava che la montagna post-risorgimentale e<br />
post-alpinistica era divenuta democratica: tutti, per<br />
censo e per capacità fisica, potevano andare su<br />
tutte le montagne (Fantoni, 2011).<br />
Fig. 4 <strong>–</strong> L’abate Antonio Carestia
Fig. 5 <strong>–</strong> Don Ravelli<br />
MONTAGNA E CULTURA DEL TERRITORIO<br />
Nella seconda metà <strong>del</strong> Novecento l’attenzione per<br />
la montagna dalle discipline scientifiche si estese a<br />
quelle umanistiche. Una nuova generazione di preti<br />
era pronta in Valsesia ad accogliere questo nuovo<br />
compito.<br />
Questa attenzione per il territorio è esemplificata<br />
alla scala parrocchiale da don Pietro Ferri (1958-<br />
1981), parroco di Boccioleto (Cagna, 2004). Fu<br />
autore di numerosi articoli e curò per trent’anni la<br />
pubblicazione di un bollettino parrocchiale<br />
ricchissimo di notizie di carattere storico e artistico<br />
sul territorio di Boccioleto (Minonzio, 2004). Don<br />
Ferri promosse inoltre la raccolta in un oratorio <strong>del</strong><br />
centro parrocchiale <strong>del</strong>le opere d’arte provenienti<br />
da cappelle e oratori frazionali. Il suo esempio fu<br />
seguito da don PierCesare De Vecchi a<br />
Campertogno (Ballarè, 2004).<br />
Fig. 6 <strong>–</strong> Don Pietro Ferri<br />
15<br />
Alla scala valsesiana <strong>padre</strong> Eugenio Manni<br />
raccolse in otto volumi appunti storici ed artistici<br />
su tutte le parrocchie <strong>del</strong> territorio (Manni, 1973-<br />
1986).<br />
L’ARRIVO DEI PADRI DOTTRINARI: LA<br />
DIDATTICA IN MONTAGNA<br />
Nel secondo dopoguerra i Padri Dottrinari, che<br />
avevano aperto una casa a Varallo nel 1937 ed una<br />
a Borgosesia nel 1947, raggiunsero posizioni di<br />
dirigenza nell’ambito <strong>del</strong>le scuole valsesiane, in<br />
cui esercitavano anche l’insegnamento (Avondo,<br />
1981a, 1981b; Bressa, questo volume, pp. 27-31).<br />
Padre Battaglino fu preside <strong>del</strong> Liceo Scientifico di<br />
Borgosesia dal 1947 al 1957 e <strong>del</strong>l’Istituto Tecnico<br />
Commerciale B. Caimi dal 1960 al 1971.<br />
Successore di Padre Battaglino fu Enrico Allovio,<br />
preside al Liceo Scientifico nel biennio 1957-58 e<br />
poi preside <strong>del</strong>la Scuole medie di Varallo dal 1964<br />
al 1980. Nell’ambito di questa scuola nacque l’idea<br />
di estendere il percorso formativo dei ragazzi dai<br />
banchi di scuola alle montagne valsesiane. Artefice<br />
di questo progetto fu Padre Giovanni Gallino.<br />
Padre Giovanni Gallino<br />
Giovanni Gallino (1921-1986), di origini astigiane,<br />
giunse per la prima volta in Valsesia per compiere<br />
gli studi filosofici, terminati nel 1941; in questo<br />
periodo prestò anche assistenza agli studenti <strong>del</strong><br />
Collegio D’Adda. Nel 1955 ritornò in Valsesia<br />
come rettore <strong>del</strong>lo stesso Collegio D’Adda. Dal<br />
1972 al 1983 insegnò Lettere alle scuole medie di<br />
Varallo 1 . In questa scuola, su iniziativa dei<br />
professori Carlo Beccaria e Giovanni Gallino, con<br />
il sostegno <strong>del</strong> preside Padre Allovio, fu fondato,<br />
nel 1971, il GRIM (Gruppo Ragazzi in Montagna).<br />
L’associazione, costituitasi formalmente nel 1971,<br />
con la partecipazione dei soci CAI Giuseppe Tosi,<br />
Italo Grassi e Roberto Regis, condusse la prima<br />
escursione alla Res di Fobello il 16 maggio 1971,<br />
con la partecipazione di 60 ragazzi (Fontana,<br />
1990). Dal GRIM nacque, l’8 aprile 1972, la<br />
Commissione Alpinismo Giovanile <strong>del</strong>la sezione<br />
CAI di Varallo, che si amplierà con la nascita dei<br />
gruppi ESCAI di Borgosesia e Grignasco 2 .<br />
1 Padre Gallino fu anche Autore di due libri dedicati a<br />
figli e figlie <strong>del</strong>l'arte, in cui descrisse l’<strong>atti</strong>vità<br />
artigianale di uomini e donne <strong>del</strong>la Valsesia (Gallino,<br />
1980).<br />
2 La Commissione Centrale di Alpinismo Giovanile, con<br />
<strong>del</strong>ibera <strong>del</strong> 18 giugno 1988, deciderà di attribuire alla<br />
memoria di <strong>padre</strong> Giovanni Gallino la qualifica di<br />
“Accompagnatore Nazionale di Alpinismo Giovanile<br />
Emerito” (ANAGE). A Padre Gallino è stata<br />
recentemente dedicato un sentiero nei dintorni di
Fig. 7 <strong>–</strong> Padre Gallino<br />
MONTAGNA, SCIENZA E DIDATTICA NELLA<br />
SECONDA METÀ DEL NOVECENTO PADRE<br />
ALESSANDRO MAZZUCCO<br />
Nel secondo dopoguerra nelle scuole varallesi<br />
giungeva anche un altro <strong>padre</strong> <strong>dottrinario</strong>:<br />
Alessandro Mazzucco (1921-1992; Salina, questo<br />
volume, pp. 23-25). La sua attenzione per la<br />
Valsesia risaliva agli anni in cui frequentava il<br />
corso di Laurea in Scienze Naturali all’Università<br />
degli Studi di Torino, dove si laureò nel 1954 con<br />
una tesi su “Diatomee e licheni <strong>del</strong>la Valsesia” e<br />
una tesina su “Faune plioceniche presso<br />
Borgosesia”.<br />
Dopo il conseguimento <strong>del</strong>la laurea insegno per un<br />
breve periodo presso il Liceo Classico di Varallo.<br />
Nel 1956 si trasferì alla sede staccata di Varallo<br />
<strong>del</strong>l’Istituto Tecnico Commerciale Cavour di<br />
Vercelli, che dal 1960, divenne sede autonoma. In<br />
queste scuole insegno sino al suo pensionamento,<br />
avvenuto nel 1989, Scienze Naturali, Chimica,<br />
Merceologia e Geografia (Bressa, questo volume,<br />
Varallo. Una lapide lo ricorda alla Bocchetta di<br />
Campello (31.10.1921 25.5.86 / 27.9.87 / OGNI VETTA<br />
VALSESIANA / È UN ALTARE / SUL QUALE / PADRE<br />
GIOVANNI GALLINO / DOTTRINARIO / GIOVANE CON I<br />
GIOVANI / SPEZZÒ / IL PANE DELLA FRATERNITÀ / UMANA<br />
/ ED OFFRÌ / IL VINO DELLA FATICA / DEL MONTANARO /<br />
NELL’ANNIVERSARIO DELLA MORTE).<br />
16<br />
pp. 27-31). A scuola riusciva a coinvolgere tutti gli<br />
allievi; su quelli meno interessati sapeva esercitare,<br />
oltre alla sua competenza, la sua autorevolezza.<br />
Nella scuola varallese utilizzò il nuovo laboratorio<br />
di scienze, istituito nel 1969, in modo esemplare, e<br />
ancora oggi armadi e cassettiere sono piene di<br />
campioni, di materiali di studio, di strumenti per<br />
organizzare <strong>del</strong>le lezioni pratiche di Padre<br />
Mazzucco (Festa Larel, questo volume, p. 33).<br />
Fig. 8 <strong>–</strong> Padre Mazzucco alla Bocchetta <strong>del</strong>le Pisse<br />
Nella scuola il <strong>padre</strong> allestì anche una stazione<br />
meteorologica, di cui fu osservatore dal 1962 al<br />
1992 (Cairo, questo volume, pp. 57-61).<br />
Nel tempo libero dagli impegni scolastici<br />
frequentava in modo assiduo le montagne<br />
valsesiane (Frigiolini, questo volume, pp. 35-37).<br />
Le montagne valsesiane divennero il suo<br />
laboratorio. Nei suoi appunti, di ritorno da<br />
un’escursione nel Vallone <strong>del</strong> Maccagno, il 21<br />
agosto 1985, scriveva: “… sogno una gita<br />
scolastica in questi luoghi, un libro vivo di<br />
geomorfologia glaciale, che dicono in un istante<br />
ciò che mille “lezioni” s’illudono di insegnare” 3 .<br />
I suoi interessi culturali, seppur molto differenziati,<br />
furono coltivati con metodo e competenza. In<br />
questo ambito Padre Mazzucco si rivela come una<br />
persona dagli interessi poliedrici, capace di<br />
coniugare, come cent’anni prima Pietro Calderini,<br />
montagna, scienza e insegnamento. Era però una<br />
3 “Appunti sulle origini <strong>del</strong>le coppelle” con osservazioni<br />
raccolte nel corso di escursioni in Valsesia, raccolte in<br />
un quaderno e fogli con scrittura a mano, trascritte su<br />
supporto informatico nell’anno scolastico 2008-<br />
2009.dagli studenti <strong>del</strong> Biennio <strong>del</strong>l’Istituto Tecnico<br />
Commerciale “B. Caimi” (sezione associata all’Istituto<br />
d’istruzione Superiore D’Adda di Varallo), guidati dalla<br />
Prof.sa Antonella Schirrapa, docente di trattamento dati.<br />
La frase è citata anche in Cavagnino (2010) e Frigiolini<br />
(questo volume).
persona riservata che, come fece cent’anni prima<br />
l’abate Carestia, lasciò una mole impressionante di<br />
appunti non finalizzati (Cairo, questo volume, p.<br />
41). L’unica su pubblicazione è costituita da<br />
un’interessante memoria sui “coni di ghiaccio” <strong>del</strong><br />
<strong>Monte</strong> Rosa, stampata postuma sul Notiziario <strong>del</strong>la<br />
sezione di Varallo nel 1993 (Mazzucco, 1993;<br />
questo volume pp. 47-51).<br />
Negli anni in cui cresceva l’attenzione per le<br />
incisioni sui massi o su roccia, caratterizzate in<br />
Valsesia dalla netta prevalenza di coppelle (Manini<br />
Calderini, 1975, 1978, 1990; Visconti, 1987),<br />
seppe distinguere quelle naturali da quelle<br />
antropiche, e ne produsse un censimento<br />
(Micheletti, questo volume, pp. 43-45). Si dedicò<br />
inoltre con grande impegno agli studi<br />
toponomastici, affrontati, cosa assai rara<br />
nell’ambito <strong>del</strong>l’erudizione locale, analizzando<br />
anche la toponomastica storica (Poletti, questo<br />
volume, pp. 52-54).<br />
Fig. 9 - Padre Mazzucco alla Capanna Valsesia<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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Signore G. Avondo, Manni E., “Belle Figure <strong>del</strong><br />
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Signore G. Avondo, Manni E., “Belle Figure <strong>del</strong><br />
Clero Valsesiano”, p. II, pp. 192-193.<br />
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pp. 9-14.<br />
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Museo di Storia Naturale e d'una sede di soccorso<br />
al Club Alpino Italiano fattasi a Varallo nei giorni<br />
28 e 29 settembre 1867. Discorso <strong>del</strong> Prof.<br />
17<br />
Calderini Pietro Direttore <strong>del</strong>la Scuola Tecnica<br />
Varallo, Colleoni, pp. 23.<br />
Cavagnino G. (2010) <strong>–</strong> Le coppelle glaciali.<br />
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“Prof. Don P. Calderini”. In Fantoni R., Cerri R. e<br />
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<strong>Monte</strong> <strong>Fenera</strong> e le sue collezioni museali, pp. 53-<br />
58.<br />
Fantoni R., Cerri R., Dellarole E., Cagna M.G.,<br />
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Biografia e Bibliografia In Fantoni R., Cerri R. e<br />
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40.<br />
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sulla geologia <strong>del</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Fenera</strong>. Il contributo<br />
scientifico dei ricercatori locali nell’Ottocento<br />
valsesiano. Fantoni R., Cerri R. e Dellarole E (a<br />
cura di), D’acqua e di pietra. Il <strong>Monte</strong> <strong>Fenera</strong> e le<br />
sue collezioni museali, pp. 44-52.<br />
Fantoni R. (2011) - Preti valsesiani sui monti <strong>del</strong>la<br />
Valsesia. In Cerri (a cura di), “Patria, scienza e<br />
montagna negli anni risorgimentali. una<br />
prospettiva valsesiana”. Zeisciu, Magenta, pp. 133-<br />
145.<br />
Fantoni R. (in stampa) <strong>–</strong> L’abate Antonio Carestia.<br />
Archivi e sentieri di montagna. In “Alle origini <strong>del</strong><br />
Club Alpino, Un progetto integrato di politica,<br />
progresso, scienza e montagna”.<br />
Fantoni R., Cerri R. e Vercellino A. (in stampa) <strong>–</strong><br />
Pietro Calderini, Carlo Montanaro e Carlo<br />
Regaldi. Un progetto integrato di progresso,<br />
scienza e montagna. In “Alle origini <strong>del</strong> Club<br />
Alpino, Un progetto integrato di politica,<br />
progresso, scienza e montagna”.<br />
Farinetti G. (1878) - Ultimi studi sulla origine<br />
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Boll. CAI, v. XII, n. 35, pp. 319-327.<br />
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Figli <strong>del</strong>l’Arte. Edizioni Corradini, Borgosesia,<br />
s.i.p.<br />
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una tipologia <strong>del</strong>le incisioni sui massi <strong>del</strong>la<br />
Valsesia. Boll. St. Prov. Novara, a. LXVI, n. 2, pp.<br />
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Valsesia (<strong>Monte</strong> <strong>Fenera</strong> e Valduggia). Bull. Etudes<br />
Prehist. Alpines, v. X, pp. 85-94.<br />
Manini Calderini O. (1990) - Petroglifi: segni<br />
<strong>del</strong>l’uomo sulla pietra. de Valle Sicida, n. 1, pp.<br />
17-40.
Manni E. (1973-1986) <strong>–</strong> I Campanili <strong>del</strong>la<br />
Valsesia. Note di storia locale. Varallo, ff. VIII,<br />
pp. 191, 249, 289, 309, 203, 282, 170, 165.<br />
Massacessi L. (2006) - Uno zaino per la vita. In<br />
cammino con il GRIM di Padre Giovanni Gallino.<br />
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Valsesia. Università degli Studi di Torino.<br />
Mazzucco A. (1954) <strong>–</strong> Diatomee e licheni <strong>del</strong>la<br />
Valsesia. Università degli Studi di Torino.<br />
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<strong>Monte</strong> Rosa. Notiziario C.A.I. Varallo, a. 7, n. 2,<br />
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Minonzio D. (2004) - All’Ombra <strong>del</strong>la torre, Il<br />
bollettino di don Ferri. Borgosesia.<br />
18<br />
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Valsesiano”, p. II, pp. 281-286.<br />
Ravelli L. (1924) - Valsesia e <strong>Monte</strong> Rosa.<br />
Novara; rist. anast. Arnaldo Forni editore, Sala<br />
Bolognese, 1980, vv. 2, pp. 280 e 364.<br />
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Mazzucco (1921-1992). Notiziario C.A.I. Varallo,<br />
a. 7, n. 2, pp. 35-36.<br />
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<strong>del</strong>la Valle Sesia. Corriere valsesiano, a. 92, nn.<br />
42, 48 <strong>del</strong> 6 novembre e 18 dicembre 1987.
PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO <strong>–</strong> DOTTRINARIO
RICORDO DI PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO<br />
Testo tratto dall’articolo pubblicato sui settimanali<br />
Il Corriere Valsesiano e Il <strong>Monte</strong> Rosa (settembre<br />
1992).<br />
Fig. 1 - Padre Alessandro Mazzucco sul Ghiacciaio<br />
<strong>del</strong>le Loccie (agosto 1969)<br />
La m<strong>atti</strong>na <strong>del</strong> 15 settembre, giorno dedicato alla<br />
Vergine Addolorata di cui era molto devoto, Padre<br />
Alessandro Mazzucco, <strong>del</strong>la Congregazione dei<br />
Padri Dottrinari di Varallo, concludeva<br />
improvvisamente la sua vita terrena all’età di 71<br />
anni.<br />
Con lui scompare un’altra di quelle belle figure di<br />
Sacerdoti-Insegnanti che nell’arco di mezzo secolo<br />
hanno caratterizzato l’ambiente scolastico e<br />
culturale, oltre che religioso, di Varallo e <strong>del</strong>la<br />
Valsesia, lasciando un’impronta in<strong>del</strong>ebile nella<br />
formazione <strong>del</strong>le giovani generazioni.<br />
Giorgio Salina<br />
23<br />
Egli si affianca ora, nella pace eterna e nel nostro<br />
ricordo, ai confratelli che lo hanno preceduto, da<br />
Padre Allovio a Padre Battaglino a Padre Gallino<br />
ed altri ancora, la cui immagine ed il cui esempio<br />
rimangono vivi nella memoria <strong>del</strong>le nostre<br />
comunità per quanto seppero trasfondere in termini<br />
di cultura e di principi di vita ai giovani che ebbero<br />
la fortunata opportunità di sedere sui banchi <strong>del</strong>le<br />
scuole in cui essi operarono.<br />
Il Padre Professor Alessandro Mazzucco fu, fra<br />
loro, uno di quelli che annoveravano la più lunga e<br />
costante presenza nelle scuole varallesi, in<br />
particolare presso l’Istituto Tecnico per Ragionieri<br />
“B. Caimi” ove insegnò ininterrottamente dal 1955<br />
al 1989 le materie scientifiche (Scienze Naturali,<br />
Chimica, Geografia, Merceologia).<br />
Fig. 2 <strong>–</strong> La discesa dal Ghiacciaio <strong>del</strong>le Loccie (agosto<br />
1969)
Laureatosi brillantemente in Scienze Naturali<br />
all’Università di Torino, dopo aver conseguito i<br />
voti sacerdotali, Padre Mazzucco dedicò con<br />
passione tutta la sua esistenza alla Scuola, nella<br />
quale trovava la piena realizzazione di quei<br />
sentimenti e di quelle aspirazioni che ne avevano<br />
determinato le scelte di vita: il trasmettere agli altri<br />
le conoscenze <strong>–</strong> che possedeva vaste e profonde<br />
come raramente è dato d’incontrare <strong>–</strong> <strong>del</strong>la natura<br />
nelle sue varie forme e manifestazioni, sempre<br />
però quale espressione <strong>del</strong>la grandezza e <strong>del</strong>la<br />
bontà di Dio, che ne ha consentito il nascere ed il<br />
godimento da parte <strong>del</strong>l’uomo.<br />
Fig. 3 <strong>–</strong> La discesa dal Ghiacciaio <strong>del</strong>le Loccie (agosto<br />
1969)<br />
Inf<strong>atti</strong>, il conoscere in rigorosi termini scientifici le<br />
leggi che governano l’universo, ma proprio per<br />
questo, anche la consapevolezza dei limiti che la<br />
nostra natura umana pone ad un loro pieno<br />
possesso, costituivano per l’uomo-scienziato<br />
l’ulteriore conferma di quelle convinzioni di ordine<br />
soprannaturale che avevano formato l’uomoreligioso.<br />
E questa simbiosi era così perfetta e<br />
spontanea nella personalità di Padre Mazzucco da<br />
farne l’immagine viva di come una verità superiore<br />
possa essere dimostrata e resa palpabile attraverso<br />
la scoperta dei fenomeni naturali terreni.<br />
Il suo carattere mite e schivo, ma per nulla<br />
introverso, come trovava felice momento di<br />
espressione durante le lezioni scolastiche e nel<br />
diretto contatto con l’allievo, si arricchiva di spunti<br />
umani profondi e di vere manifestazioni di gioia<br />
quando aveva l’opportunità di confrontarsi<br />
direttamente con l’ambiente naturale, trovandovi<br />
quei riscontri alle nozioni scientifiche possedute.<br />
Chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e<br />
frequentarlo anche al di fuori <strong>del</strong>l’ambito<br />
scolastico sa quanto ciò sia vero.<br />
24<br />
A contatto <strong>del</strong>la natura, e soprattutto <strong>del</strong>le<br />
montagne che tanto amava, Padre Mazzucco si<br />
animava di quell’ardore, di quella sete di conoscere<br />
e di contemplare, che sono sì proprie <strong>del</strong><br />
ricercatore, ma che in lui risentivano anche <strong>del</strong>la<br />
sua grande sensibilità d’animo per tutte le bellezze<br />
<strong>del</strong> creato e si traducevano in un inno al loro<br />
Creatore.<br />
Ed è proprio sotto tale profilo che Padre Mazzucco<br />
ha avuto modo di farsi conoscere ed apprezzare<br />
anche in ambienti esterni a quelli usuali <strong>del</strong>la<br />
professione scolastica e religiosa.<br />
Per quanto rade e sempre caratterizzate dall’innata<br />
riservatezza, le sue apparizioni fra la gente e gli<br />
appassionati <strong>del</strong>la montagna non mancavano di<br />
suscitare sentimenti di reverente ammirazione.<br />
Quel sacerdote minuto, dal passo svelto e lieve, dal<br />
sorriso quasi angelico negli occhi azzurri al pari<br />
<strong>del</strong> cielo e dei laghetti alpini, perennemente vestito<br />
con l’abito talare che spiccava inusitato sul verde<br />
dei pascoli e sul bianco dei ghiacciai, era per tutti il<br />
simbolo di un ideale vissuto, un esempio di<br />
coerenza di vita da prendere a riferimento,<br />
indipendentemente dalle personali convinzioni<br />
religiose o filosofiche.<br />
Oggi Padre Alessandro Mazzucco non è più fra<br />
noi. Ne sentono il distacco i confratelli, fra i quali<br />
visse <strong>–</strong> come si ebbe a dire nell’omelia di suffragio<br />
<strong>–</strong> quasi “in punta di piedi”, timoroso di essere di<br />
peso o di disturbo per il sopravvenire dei mali<br />
<strong>del</strong>l’età (ed in ciò Dio non mancò di esaudirlo!);<br />
gli ex allievi; i colleghi ed il personale <strong>del</strong>la scuola,<br />
fra i quali amava quotidianamente intrattenersi<br />
anche dopo il pensionamento, continuando a<br />
prestare la sua preziosa collaborazione nelle<br />
<strong>atti</strong>vità collaterali alla did<strong>atti</strong>ca, come, in<br />
particolare, la piccola stazione meteorologica<br />
<strong>del</strong>l’Istituto Caimi di Varallo, che fu una<br />
realizzazione da lui voluta e seguita fino agli ultimi<br />
giorni con appassionata dedizione; gli amici <strong>del</strong>le<br />
escursioni alpine, ed in particolare <strong>del</strong>la Sezione<br />
varallese <strong>del</strong> CAI, cui non mancò di offrire la sua<br />
collaborazione e testimonianza sacerdotale in più<br />
manifestazioni, ultima <strong>del</strong>le quali l’inaugurazione<br />
<strong>del</strong> rifugio all’Alpe Salei in Val Gronda, con la<br />
celebrazione <strong>del</strong>la S.Messa, poco più di due mesi<br />
prima <strong>del</strong>la sua morte; i valsesiani e tutti coloro<br />
che ebbero modo di conoscerlo ed apprezzarlo<br />
come figlio illustre di questa Terra, che tanto<br />
amava, e la cui opera scientifica condotta sui monti<br />
<strong>del</strong>la Valsesia richiama quella di altri sacerdotiscienziati,<br />
alpinisti, filantropi, scrittori, che lo<br />
precedettero ed ai quali viene oggi spontaneo<br />
accomunarlo: dall’Abate Antonio Carestia al
Canonico Nicolao Sottile, da Don Luigi Ravelli al<br />
suo stesso confratello Padre Giovanni Gallino.<br />
Fig. 4 <strong>–</strong> Davanti alla parete valsesiana <strong>del</strong> <strong>Monte</strong> Rosa<br />
(agosto 1969)<br />
25<br />
Padre Alessandro Mazzucco è passato fra noi sì “in<br />
punta di piedi”, com’era nella sua natura, ma la<br />
traccia che ha lasciato, se non ha l’evidenza<br />
immediata <strong>del</strong>la pennellata ad olio, ha quella non<br />
meno nitida ed in<strong>del</strong>ebile <strong>del</strong> tratto a china, e tale<br />
rimarrà nel nostro ricordo e nei nostri cuori.
I PADRI DOTTRINARI<br />
I PADRI DOTTRINARI (CONGREGATIO PATRUM DOCTRINAE CHRISTIANAE)<br />
E PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO<br />
I Padri Dottrinari sono stati fondati da César de<br />
Bus (1544-1607) il quale, dopo aver letto il<br />
Catechismo fatto pubblicare dai Padri <strong>del</strong> Concilio<br />
di Trento, ebbe “l’idea di formare una compagnia<br />
di insegnanti per dare una formazione religiosa ai<br />
bambini, ai poveri e agli ignoranti”. Si unirono a<br />
lui alcuni sacerdoti che il 29 settembre 1592<br />
radunò a L’isle-sur-la Sorgue, dove diede inizio<br />
alla Congregazione.<br />
I Dottrinari vennero approvati da Papa Clemente<br />
VIII con il breve <strong>del</strong> 23 dicembre 1597. Papa Paolo<br />
V con il breve <strong>del</strong> 9 aprile 1616 li unì ai Somaschi,<br />
trasformandoli in religiosi di voti solenni. Papa<br />
Innocenzo X li ristrutturò in congregazione<br />
autonoma e preti secolari con breve <strong>del</strong> 30 luglio<br />
1647. Alessandro VII con breve <strong>del</strong> 19 aprile 1658<br />
confermò ai Dottrinari “il diritto di aprire scuole e<br />
insegnare grammatica, retorica, filosofia” e nel<br />
1660 esentò loro e i loro allievi dalla giurisdizione<br />
vescovile. Papa Benedetto XIII con breve <strong>del</strong> 28<br />
settembre 1725 unì ai Dottrinari di de Bus quelli<br />
<strong>del</strong>l'omonima Congregazione di Napoli (fondata a<br />
Laurito il 2 dicembre 1617) e nel 1726 affidò loro<br />
la Chiesa di S. Maria in Monticelli a Roma<br />
(http://it.wikipedia.org/wiki/Dottrinari).<br />
I DOTTRINARI IN VALSESIA<br />
Nel 1840 veniva eretta la Provincia dei Dottrinari<br />
in Piemonte che comprendeva le case di Sospello,<br />
<strong>del</strong>l'Annunziata e di S. Agostino in Ivrea. Dal 1852<br />
al 1867 i Dottrinari diressero il Collegio di S.<br />
Benigno Canavese e nel 1857 istituirono un nuovo<br />
Collegio a Cortemilia. Dopo il 1867 i Dottrinari di<br />
S. Benigno e di Cortemilia si trasferirono a Torino,<br />
ove aprirono un Ginnasio con convitto. Con le<br />
offerte dei fe<strong>del</strong>i eressero la Chiesa parrocchiale di<br />
Gesù Nazareno che aprirono al pubblico nel 1913.<br />
A S. Damiano d'Asti ebbe sede la Casa Provinciale<br />
e il Noviziato.<br />
In Valsesia i Dottrinari aprirono la Casa di Varallo<br />
nel 1935 e la Casa di Borgosesia nel 1947.<br />
Marisa Bressa<br />
27<br />
I Dottrinari al Ginnasio-Liceo e al Collegio<br />
D’Adda di Varallo<br />
In Valsesia la Congregazione è legata al Collegio<br />
D'Adda di Varallo, che vanta origini antiche<br />
risalendo al “Seminarium Pauperum” (21<br />
settembre 1573).<br />
Questa istituzione annoverò tra i suoi insegnanti e i<br />
suoi allievi personalità importanti che<br />
valorizzarono la Valsesia nei più diversi settori.<br />
Purtroppo il Collegio e le scuole di Varallo vissero<br />
tempi floridi a cui si alternarono tempi difficili<br />
tanto che nel 1926 il Regio Ginnasio D'Adda<br />
veniva soppresso con la conseguente chiusura <strong>del</strong><br />
Collegio.<br />
Le autorità civili però tenevano molto alla sua<br />
sopravvivenza: inf<strong>atti</strong> due anni dopo il podestà,<br />
Cavalier De Marchi , ne otteneva la riapertura<br />
affidando la direzione <strong>del</strong> Collegio e <strong>del</strong> Ginnasio<br />
privato a due sacerdoti, il Teologo Aurelio Belletti<br />
e il Canonico Francesco Raspino.<br />
Fu per interessamento di quest'ultimo che il 30<br />
settembre 1935 il primo Padre Dottrinario, Padre<br />
Enrico Allovio, raggiungeva il Collegio D'Adda.<br />
Se ne aggiunsero altri la cui opera educativa e<br />
did<strong>atti</strong>ca, affrontata con coraggio ed entusiasmo, fu<br />
tanto proficua che nel 1937 il Ginnasio riottenne la<br />
parificazione alle Scuole Regie. Nello stesso anno i<br />
Padri assunsero la gestione e la direzione <strong>del</strong><br />
Collegio e <strong>del</strong> Ginnasio. Nel giugno 1939 Padre<br />
Allovio, in qualità di Preside, al fine di completare<br />
il corso ginnasiale con quello liceale, presentò al<br />
Ministero la richiesta di autorizzazione per<br />
l'apertura <strong>del</strong>le prime due classi <strong>del</strong> Liceo che<br />
veniva concessa dopo pochi mesi, mentre per il<br />
riconoscimento legale o parificazione si dovette<br />
attendere il Decreto <strong>del</strong> 5 aprile 1940. Per l'ultima<br />
classe <strong>del</strong> Liceo l’iter fu più difficoltoso:<br />
autorizzata l'apertura con Decreto Ministeriale <strong>del</strong><br />
25 luglio 1940, per il riconoscimento legale si<br />
dovette attendere il Decreto <strong>del</strong> Ministro Bottai <strong>del</strong><br />
3 agosto 1942.<br />
Durante gli anni <strong>del</strong>la guerra i Padri furono<br />
esempio di coerenza, di integrità e di testimonianza<br />
<strong>del</strong>la verità; la Scuola e il Collegio furono palestra<br />
di libertà e democrazia.
I Dottrinari nelle Scuole di Borgosesia<br />
Terminata la guerra, una lettera dei Padri Dottrinari<br />
di Varallo datata 3 luglio 1947 comunicava al<br />
Sindaco di Borgosesia l’intenzione di aprire una<br />
Scuola Media e un Collegio a Borgosesia. Le<br />
trattative avvennero tra Dottrinari, Comune e<br />
Associazione industriali che, risorta nel 1945,<br />
aveva creato nel 1947 il Comitato scolastico<br />
Valsesia-Valsessera. Con la convenzione<br />
<strong>del</strong>l'agosto 1947 il Comune cedette alla<br />
Congregazione la gestione <strong>del</strong>la Scuola Media<br />
parificata “Guglielmo Marconi” esistente in<br />
Borgosesia; come corrispettivo i Padri<br />
s'impegnarono a istituire a loro carico una classe<br />
(1947-48) e una quinta classe (1948-49) Ginnasio<br />
quale sezione staccata di Varallo. L'Associazione<br />
Industriali con diplomazia, ma con decisione,<br />
ottenne dal Comune di chiedere ai Dottrinari di<br />
convertire la IV e V Ginnasio nelle prime due<br />
classi <strong>del</strong> Liceo Scientifico.<br />
La Scuola Media di Borgosesia venne diretta dai<br />
Padri fino alla statizzazione <strong>del</strong> 1951. Il Liceo<br />
Scientifico venne autorizzato con Decreto<br />
Ministeriale <strong>del</strong> 16 ottobre 1947, mentre la<br />
parificazione avvenne con decreti annuali, classe<br />
per classe (dal 1949 al 1954).<br />
Padre Alfredo Battaglino<br />
Incaricato <strong>del</strong>la presidenza <strong>del</strong> Liceo Scientifico<br />
dal 1947 al 1957 fu il Padre <strong>dottrinario</strong>, prof.<br />
Alfredo Battaglino. Cappellano militare <strong>del</strong>la Julia,<br />
era reduce dalla campagna di Russia, dalla<br />
prigionia in Germania e insignito <strong>del</strong>la medaglia<br />
d'argento al valor militare. Anche dal racconto di<br />
Nuto Revelli emerge il suo carattere volitivo,<br />
determinato e comb<strong>atti</strong>vo; nonostante la sofferenza<br />
si preoccupa di adempiere ai propri doveri di<br />
sacerdote nel confortare e confessare un ferito<br />
grave. “Il suo viso è disfatto, le mani avvolte in<br />
stracci, i piedi fasciati, cammina a stento, curvo,<br />
quasi trascinandosi ( …) chiede se il ferito è<br />
credente (…) vorrebbe confessare Grandi (…)<br />
acconsente Il cappellano si avvicina, si piega in<br />
due per parlare meglio e cammina, cammina a<br />
lungo trascinandosi nella neve con uno sforzo<br />
immenso. Non si appoggia, non tocca la slitta. A<br />
tr<strong>atti</strong> sbanda, come se dovesse restare indietro, poi<br />
si fa forza, si riprende, si alza infine affranto dalla<br />
stanchezza. Mi ringrazia” (Revelli, 1962, p. 90).<br />
Inoltre è un buon organizzatore, aperto alle<br />
innovazioni, possiede una carica umana<br />
coinvolgente, dote che facilita i rapporti<br />
interpersonali e rende efficace il lavoro con docenti<br />
e studenti.<br />
Nel 1957 Padre Battaglino lascia il Liceo<br />
Scientifico essendo nominato in ruolo per<br />
28<br />
l'insegnamento d'Italiano e Storia all’Istituto<br />
Tecnico Commerciale (ITC) di Vigevano. Nel<br />
1959 chiede l'assegnazione all’ITC di Varallo,<br />
sorto nell'anno scolastico 1955-56 come sezione<br />
staccata <strong>del</strong>l’ITC Cavour di Vercelli 4 . Padre<br />
Battaglino, docente di Lettere e fiduciario <strong>del</strong>la<br />
sezione staccata <strong>del</strong>l’ITC Cavour di Vercelli,<br />
ottenutane l'autonomia con DPR 1935 <strong>del</strong> 22<br />
maggio 1960, assunse la presidenza <strong>del</strong>l’ITC poi<br />
intitolato a <strong>padre</strong> Bernardino Caimi. Andò in<br />
pensione il 1° ottobre 1971 e si dedicò con la<br />
consueta umanità all'apostolato a servizio degli<br />
anziani (Casa Serena) e <strong>del</strong>la Parrocchia fino alla<br />
morte, improvvisa e prematura, sopraggiunta il 7<br />
novembre 1978.<br />
Padre Enrico Allovio<br />
Padre Allovio subentrò a Padre Battaglino<br />
assumendosi anche la Presidenza <strong>del</strong> Liceo<br />
Scientifico (dal 1957-58 al 1958-59). Con la<br />
statalizzazione dei licei (1959) continuò la sua<br />
funzione direttiva al Liceo Classico e alla Scuola<br />
Media di Varallo di cui assunse la Presidenza dal<br />
1964 fino alla morte (12 dicembre 1980).<br />
Ne mettono in luce aspetti significativi il prof.<br />
Alberto Bossi: “(...) uomo di cultura, uomo <strong>del</strong>la<br />
lotta per la libertà e per la verità, grande<br />
pedagogista, alfiere <strong>del</strong> giornalismo cattolico,<br />
vigoroso propugnatore di impegno politico”<br />
(Bossi, 1985) e il dott. Luciano Castaldi, già<br />
Direttore did<strong>atti</strong>co a Borgosesia: “(...) mosso da<br />
profonda sensibilità educativa, e ricco di inventiva<br />
organizzativa (...)” (Castaldi, 2009, p. 25), come<br />
dimostrato nella soluzione dei problemi <strong>del</strong>la<br />
Scuola di Rimella creando un “unicum a livello<br />
nazionale”.<br />
Ha dedicato tutta la sua vita alla scuola, ha istruito<br />
e formato generazioni di Varallesi e Valsesiani,<br />
preoccupandosi di garantire il diritto allo studio<br />
nelle zone più svantaggiate anche organizzando<br />
reti di trasporto e di assistenza a vantaggio <strong>del</strong>la<br />
divulgazione, <strong>del</strong>l'istruzione e <strong>del</strong>la cultura in<br />
Valsesia. Lo conferma anche l'Avvocato Enzo<br />
Barbano: “Fu senza dubbio l'artefice <strong>del</strong>la scuola<br />
valsesiana ed a lui, più che ad ogni altro, si deve se<br />
la Valsesia è oggi un centro di studi”. (Barbano,<br />
1980).<br />
Nel 1970 si meritò a ragion veduta il “Premio <strong>del</strong>la<br />
Rinascita Valsesiana”, la Medaglia d'Oro di<br />
4 Va ricordato che Padre Allovio, che nel 1952 aveva<br />
aperto la Scuola Tecnica Commerciale, statizzata nel<br />
1954 e poi annessa all'Istituto Alberghiero, aveva<br />
suggerito nel 1955 l'apertura <strong>del</strong>l'Istituto Tecnico<br />
Commerciale Statale.
Benemerito <strong>del</strong>la Pubblica Istruzione e<br />
l'onorificenza di Cavaliere <strong>del</strong>la Repubblica.<br />
Altri Dottrinari<br />
Oltre ai Padri Allovio, Battaglino e Mazzucco, di<br />
cui dirò in seguito, molti sono i Dottrinari che si<br />
avvicendarono nelle nostre scuole, parificate e<br />
statali svolgendo <strong>atti</strong>vità d'insegnamento di<br />
Religione e di altre Discipline secondo le personali<br />
specializzazioni, <strong>atti</strong>vità di assistenza durante la<br />
refezione scolastica, le ore libere dalle lezioni, la<br />
ricreazione, il viaggio sulle corriere, tutto a<br />
vantaggio <strong>del</strong>l’educazione e <strong>del</strong>la formazione<br />
umana oltre che culturale dei giovani. Tento di<br />
produrne un elenco che con tutta probabilità non<br />
sarà esaustivo: Felice Morero, Giovanni Albera,<br />
Silvio Bagna, Mario Bagna, Raimondo Bollati,<br />
Renato Bonaveri, Elia Tonin, Giovanni Gallino,<br />
Renato Canta, Renato Zacquini, Giuseppe Sticca,<br />
Modesto Emanuelli, Luciano Mascarin. Alcuni si<br />
diressero in altre Case (S. Damiano, Saluzzo,<br />
Mondovì, Sanremo, Roma), altri in Brasile ove<br />
avevano fondato la Missione, aprendo nuovi<br />
orizzonti, via via sempre più ampi (Burundi,<br />
India).<br />
Nel 1989 i Padri si trasferirono nell'ex Convento<br />
dei Frati Francescani e istituirono la Casa S.<br />
Antonio dei Padri Dottrinari, ove ancora oggi<br />
Padre Tonin e Padre Zacquini, aiutati dal Padre<br />
Arun Ekka, si dedicano con generosa disponibilità<br />
ed efficace impegno all'apostolato, collaborando<br />
con la Parrocchia di Varallo al servizio <strong>del</strong>la<br />
collettività.<br />
Nel maggio <strong>del</strong> 2007 l’Amministrazione comunale<br />
di Varallo, interpretando i doverosi sentimenti di<br />
riconoscenza <strong>del</strong>la popolazione, ha dedicato il<br />
piazzale antistante la Chiesa di S. Antonio (ex<br />
“Campo di calcio dei Frati”) ai Padri Dottrinari.<br />
PADRE ALESSANDRO MAZZUCCO<br />
E’ nel contesto varallese dei Padri Dottrinari che si<br />
inserisce Padre Alessandro Mazzucco fin dal 1945<br />
come insegnante di Religione al Ginnasio.<br />
Nato a Ticineto (Al) il 16 ottobre 1921, entrato<br />
postulante nella Casa di S. Damiano, il 23<br />
dicembre 1944 si recò a piedi ad Asti per essere<br />
ordinato sacerdote.<br />
Si laureò in Scienze Naturali il 2 luglio 1954<br />
presso l'Università degli Studi di Torino con<br />
110/110 e “dignità di stampa” <strong>del</strong>la tesi su<br />
“Diatomee e licheni <strong>del</strong>la Valsesia”. Conseguì<br />
l'abilitazione all'insegnamento in “Scienze fisiche e<br />
naturali, patologia vegetale, elementi di chimica e<br />
industrie agrarie” nel novembre 1956 e in “Scienze<br />
29<br />
naturali, chimica, merceologia, geografia generale<br />
ed economica” nel febbraio1957.<br />
Insegnò a Varallo prima presso il Liceo Classico e<br />
la Scuola Tecnica e poi presso la sezione staccata<br />
di Varallo <strong>del</strong>l’Istituto Tecnico Commerciale<br />
Cavour di Vercelli (1956-1960) che, trasformatisi<br />
in ITC B. Caimi con l'autonomia, lo annovera tra i<br />
propri docenti dal 1° ottobre 1960 e in ruolo dal 1°<br />
ottobre 1967 fino al pensionamento (1° settembre<br />
1989) per l'insegnamento di Scienze naturali,<br />
chimica, merceologia e geografia nelle prime tre<br />
classi <strong>del</strong>l'Istituto.<br />
Il collega<br />
Sono stata collega di Padre Mazzucco dal 1971 al<br />
1989 e ho potuto constatarne quotidianamente la<br />
competenza, l'amore per la ricerca, la<br />
contemplazione <strong>del</strong> Creato, sia per le discipline<br />
oggetto <strong>del</strong> suo insegnamento sia per la<br />
glorificazione di Dio, il Creatore, insieme agli<br />
studenti, ai colleghi e alle persone vicine,<br />
perfettamente in linea con la regola dei Dottrinari<br />
“In doctrinis glorificate Dominum”. Aveva un<br />
aspetto che definirei angelicato: lo sguardo<br />
cristallino come la sua anima, gli occhi azzurri<br />
come il cielo; con il suo abito talare, mai<br />
abbandonato, sembrava quasi volare ... e<br />
comunque si porgeva agli altri sempre “in punta di<br />
piedi”, quasi timoroso d'imporsi. Per contro era<br />
sempre fermo e deciso nel trattare con alunni e<br />
colleghi tematiche di attualità a sfondo etico che<br />
dibatteva sventolando “L’Osservatore Romano “.<br />
Il collega Emilio (Lello) Barbano si rammaricava<br />
che Padre Alessandro fosse restio a pubblicizzare<br />
le sue ricerche, avendone proprio valutata<br />
l'opportunità in tal senso con il CAI. Ebbene ora è<br />
giunto il momento di valorizzare la “sua grande e<br />
nascosta cultura”, come giustamente la definì il<br />
prof. Alberto Bossi.<br />
Il conferimento <strong>del</strong> Diploma di benemerenza<br />
Noi colleghi, per rispetto alla sua riservatezza non<br />
osavamo spingerlo ad aprire lo “scrigno”, ma ci<br />
facilitò il compito un evento esterno. Nell'anno<br />
scolastico 1985-86 fu nominato Preside di ruolo<br />
l'Ing. Prof. Roberto Cresta, proveniente da<br />
Alessandria, che ebbe modo di conoscerlo a fondo<br />
nei pomeriggi liberi da impegni scolastici, che<br />
entrambi dedicavano all'Informatica a cui si erano<br />
appassionati. Con nota n. 562 <strong>del</strong> 23 maggio 1986<br />
il Preside istruì la pratica per il conferimento <strong>del</strong><br />
Diploma di benemerenza di I Classe con consegna<br />
di medaglia d'oro, allegando un’ampia relazione<br />
che evidenziava in modo dettagliato i vari aspetti<br />
<strong>del</strong>la personalità e <strong>del</strong>l'<strong>atti</strong>vità svolta dal prof.<br />
Mazzucco e in cui si sottolineava:
- l'efficacia <strong>del</strong>l'azione did<strong>atti</strong>ca improntata<br />
all'interazione tra insegnamento teorico e<br />
sperimentale preparando personalmente le prove<br />
ed esercitazioni di laboratorio, che contribuì ad<br />
attrezzare e arricchire fornendo materiali reperiti<br />
nei boschi e in montagna; utilizzando una<br />
metodologia originale ed efficace, acc<strong>atti</strong>vante per<br />
gli allievi; precorrendo i tempi<br />
<strong>del</strong>l'interdisciplinarità spaziando dalle scienze<br />
naturali, alla chimica e alla merceologia;<br />
costituendo una biblioteca di classe <strong>del</strong>le scienze<br />
costantemente aggiornata con manuali e riviste<br />
specializzate;<br />
- la passione per la ricerca e la competenza<br />
scientifica applicandosi efficacemente alla<br />
Meteorologia e all'Informatica e divenendo<br />
Responsabile <strong>del</strong> Centro di raccolta dei dati<br />
meteorologici, attrezzato con apparecchiature<br />
qualificate e professionali ad opera<br />
<strong>del</strong>l'Amministrazione provinciale di Vercelli;<br />
analizzando i dati meteorologici che lo indussero<br />
ad approfondire le conoscenze in Informatica e a<br />
veicolarle con corsi integrativi che teneva in orario<br />
extrascolastico, contribuendo all'innovazione e<br />
all'aggiornamento di docenti e studenti e<br />
introducendo l'Informatica per scopi gestionali<br />
essendo, l'Istituto a indirizzo amministrativo;<br />
- l’utilità sociale e territoriale <strong>del</strong>l'informativa dei<br />
dati raccolti fornita a vari Enti - Comune,<br />
Provincia, Comunità Montana, Corpo <strong>del</strong>le<br />
Guardie forestali - i quali sulla base <strong>del</strong>le tendenze<br />
meteorologiche in ordine alle precipitazioni<br />
piovose e nevose, mensili e annuali, potevano<br />
costruire mo<strong>del</strong>li statistici previsionali; viene<br />
rilevato che un'<strong>atti</strong>vità di tale significativa portata è<br />
stata condotta a titolo gratuito senza oneri per<br />
l'Amministrazione;<br />
- l'impegno culturale profuso generosamente nella<br />
scuola e sostenuto dall'alto senso morale derivante<br />
dalla missione sacerdotale, l'atteggiamento<br />
rispettoso <strong>del</strong>l'ambiente sociale e istituzionale<br />
sempre costruttivo, la riconosciuta competenza<br />
scientifica conquistano la stima di colleghi, alunni<br />
e genitori, sensibili all'attenzione che il professore<br />
dedica ai giovani in fase di formazione e crescita<br />
come si legge nel suo piano di lavoro: “Cercherò di<br />
far capire agli alunni che non devono studiare solo<br />
per il voto o per il diploma, ma perché il loro<br />
lavoro sia base di vita vissuta e motivo di<br />
approfondimento <strong>del</strong>la loro sensibilità per<br />
contribuire al miglioramento proprio e <strong>del</strong>la società<br />
che chi più chi meno, in un modo o nell'altro,<br />
saranno, forse poi chiamati a dirigere”.<br />
Il Preside Cresta si trasferì a Ovada nell'anno<br />
scolastico 1986-87 e io gli subentrai come preside<br />
incaricata. Dandomi le consegne mi raccomandò<br />
30<br />
vivamente di seguire la pratica, sottolineando<br />
quanto Padre Mazzucco fosse “una persona e un<br />
docente non comune”. Riconoscente al Preside<br />
Cresta per aver aperto lo “scrigno” e valorizzato le<br />
sue doti, mi adoperai per seguire l’iter prima<br />
presso il Provveditorato (con nota <strong>del</strong> 18 ottobre<br />
1986) e poi presso il Ministero. Per questo mi<br />
venne in aiuto il Cav. Ottavio Regaldi, a quel<br />
tempo Sindaco di Cervatto. Ero ormai in servizio<br />
all'Istituto Motta di Mosso S. Maria quando mi<br />
venne trasmesso un appunto che il Ministero <strong>del</strong>la<br />
Pubblica Istruzione aveva inviato al Segretario<br />
particolare <strong>del</strong> Presidente <strong>del</strong>la Repubblica, On.<br />
Oscar Luigi Scalfaro, attestante l’inserimento <strong>del</strong><br />
nominativo <strong>del</strong> Prof. Mazzucco fra le proposte<br />
<strong>del</strong>la Direzione Generale <strong>del</strong>l'Istruzione Tecnica<br />
per l'anno 1993.<br />
Nel frattempo la pratica era stata debitamente<br />
integrata dalla Preside <strong>del</strong>l’epoca, prof. Flora<br />
Valenti, con nota <strong>del</strong> 7 dicembre 1992. Inoltre il<br />
Consiglio d'Istituto nella seduta <strong>del</strong> 12 marzo 1993<br />
aveva <strong>del</strong>iberato:<br />
a) d’intitolare la Sala Insegnanti al prof. Battaglino<br />
Alfredo il quale “oltre ad essere stato il primo<br />
Preside <strong>del</strong>l'ITC “Caimi” ed averlo diretto sino al<br />
momento <strong>del</strong>l'andata in quiescenza (1 ottobre<br />
1971), è considerato con buona ragione anche il<br />
suo 'fondatore' tenuto conto <strong>del</strong>l'intenso impegno<br />
profuso sia per la sua istituzione che per il suo<br />
consolidamento”;<br />
b) d’intitolare l’Aula di Scienze e relativo<br />
Laboratorio alla memoria <strong>del</strong> prof. Mazzucco<br />
<strong>padre</strong> Alessandro il quale “ha contribuito col suo<br />
incessante impegno a costituire un Laboratorio<br />
Scientifico di prim'ordine, dedicandosi con<br />
costante interesse all'educazione e istruzione degli<br />
alunni lasciando nell'ambito scolastico varallese<br />
una particolare e positiva impronta, unanimemente<br />
riconosciuta ed apprezzata. Inoltre è pure stato<br />
l'ideatore, promotore e responsabile <strong>del</strong>la Stazione<br />
Meteorologica, installata presso l'Istituto, a partire<br />
dal 1969 e fino al sett. '92 (momento <strong>del</strong> suo<br />
decesso) continuando anche durante la quiescenza<br />
a dare la sua f<strong>atti</strong>va e preziosa collaborazione alla<br />
Presidenza per il buon funzionamento <strong>del</strong>l'Istituto”<br />
(proposta confermata dal Decreto <strong>del</strong> Provveditore<br />
agli Studi di Vercelli <strong>del</strong> 22 novembre 1994).<br />
Finalmente il 23 settembre 1994 il Ministero <strong>del</strong>la<br />
Pubblica Istruzione (Direzione Generale per<br />
l'Istruzione Tecnica, Divisione III) trasmise al<br />
Provveditore agli Studi di Vercelli il “Diploma di I<br />
classe di benemerito <strong>del</strong>la Scuola, <strong>del</strong>la Cultura e<br />
<strong>del</strong>l'Arte”, conferito con DPR 22 aprile 1994 al<br />
Prof. Mazzucco Don Alessandro” e il 22 ottobre<br />
1994 inviò la relativa medaglia d'oro.
Pertanto, solo alla fine <strong>del</strong> 1994, purtroppo post<br />
mortem, ha avuto luogo la consegna <strong>del</strong> Diploma<br />
alla memoria e <strong>del</strong>la medaglia agli eredi con<br />
doppia cerimonia a Vercelli presso il<br />
Provveditorato agli Studi e a Varallo presso<br />
l’Istituto Caimi per esprimere riconoscenza e<br />
gratitudine a un docente non comune e di grande<br />
valore.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Allovio E. (1950) - Il civico Collegio “D'Adda” e i<br />
Padri Dottrinari. Scuola Tipografica, Varallo, pp.<br />
80.<br />
Revelli N. (1962) - La guerra dei poveri. Torino,<br />
Einaudi, pp. XIX, 528.<br />
Essepi (1975) - Padre Cesare De Bus e ... un ex<br />
allievo dei Dottrinari. Il <strong>Monte</strong> Rosa, 3 maggio<br />
1975.<br />
Zanfa R. (1980) - La scomparsa di Padre Allovio.<br />
Corriere Valsesiano, 22 dicembre 1980.<br />
31<br />
Barbano E. (1980) <strong>–</strong> In doctrinis glorificate<br />
Dominum. Corriere Valsesiano, 22 dicembre 1980.<br />
Bossi A. (1985) - Il Collegio d'Adda ed i padri<br />
dottrinari. Il <strong>Monte</strong> Rosa, 6 aprile 1985.<br />
Barsi S. (1990, a cura di) - 30 anni di scuola e di<br />
vita. Liceo Scientifico Statale G. Ferrari<br />
Borgosesia. Tipolitografia di Borgosesia, pp. 131<br />
Castaldi L. (2009) - La Scuola Media a Rimella e<br />
Padre Enrico Allovio. Remmalju, a. XX, pp. 24-<br />
26.<br />
Piazzale F. e Garavaglia G. (2011) - Maiores<br />
Nostri. Contributi alla storia <strong>del</strong> Liceo Classico<br />
d'Adda di Varallo. Tipolitografia di Borgosesia,<br />
pp. 61<br />
http://it.wikipedia.org/wiki/Dottrinari.<br />
Fonti archivistiche<br />
Archivio Istituto Superiore D’Adda (Varallo)
Non è facile descrivere e presentare una figura così<br />
complessa e preziosa come quella <strong>del</strong> professor<br />
Alessandro Mazzucco, ma cercherò di fare <strong>del</strong> mio<br />
meglio in base ai miei ricordi in<strong>del</strong>ebili e alle<br />
sensazioni che ancora oggi provo mentre penso<br />
alle sue lezioni all’Istituto Tecnico Commerciale<br />
“B. Caimi” di Varallo.<br />
Già a quel tempo ero appassionato alle Scienze<br />
Naturali e non vedevo l'ora che arrivassero le<br />
lezioni di Padre Mazzucco, così ricche di esempi e<br />
di stimoli su qualsiasi tema venisse trattato.<br />
Durante quel triennio grazie a lui i miei interessi<br />
per queste discipline aumentarono notevolmente 5 .<br />
In quegli anni <strong>padre</strong> Mazzucco fu l'unico<br />
insegnante che ci introdusse le sue discipline<br />
iniziando a spiegarci come si doveva studiare e<br />
come affrontare un nuovo libro. Era<br />
profondamente convinto che vedere subito l'indice<br />
e farsi un’idea <strong>del</strong>l'intero contenuto di un libro di<br />
testo risultasse di primaria importanza per<br />
orientarsi durante le lezioni e nel corso <strong>del</strong>l'intero<br />
anno.<br />
Spesso ci assegnava il compito di fare <strong>del</strong>le sintesi<br />
e inizialmente pretendeva che copiassimo sul<br />
quaderno di lavoro l'intero indice in modo da<br />
averlo sempre ben presente.<br />
Di questo tipo di approccio ai libri e alla disciplina<br />
mi sono impadronito in quel periodo e non l'ho più<br />
abbandonato.<br />
Riusciva a coinvolgere tutti gli allievi; su quelli<br />
meno interessati sapeva esercitare, oltre alla sua<br />
competenza, la sua autorevolezza. Spesso<br />
procedeva con proverbi, a volte popolari a volte in<br />
lingua latina, che ben colpivano l'immaginazione e<br />
l'interpretazione <strong>del</strong>la realtà.<br />
Nel mio caso specifico fu proprio lui ad<br />
indirizzarmi alla scelta universitaria con<br />
competenza e convincimento anche se poi decisi di<br />
intraprendere un corso di Laurea in Biologia e non<br />
in Scienze Naturali, che secondo lui risultava più<br />
5 All’inizio degli anni Settanta le scienze naturali<br />
venivano insegnate nel primo biennio e si concludevano<br />
con lo studio <strong>del</strong>la Merceologia nel terzo anno <strong>del</strong> corso<br />
di Ragioneria.<br />
L’INSEGNANTE<br />
Mauro Festa Larel<br />
33<br />
completo trattando anche argomenti specifici di<br />
Scienze <strong>del</strong>la Terra.<br />
Tornai a trovarlo parecchie volte anche nel periodo<br />
universitario, anche per avere consigli sul piano di<br />
studi da intraprendere e lo trovavo sempre a<br />
scuola, anche nei pomeriggi fino a sera, a preparare<br />
le esercitazioni per i giorni successivi e a inserire i<br />
dati <strong>del</strong>la sua stazione meteorologica nei primi<br />
computer di cui la scuola si era munita.<br />
A questo proposito lui era all'avanguardia: intuì<br />
subito quale era il grande aiuto di queste nuove<br />
macchine per stilare elenchi 6 e per l'elaborazione<br />
dei dati numerici provenienti dagli strumenti.<br />
Il laboratorio di Scienze in quegli anni (1969) era<br />
stato completamente messo a nuovo grazie alla<br />
nuova ala <strong>del</strong>l'edificio interamente dedicata<br />
all'Istituto Tecnico Commerciale “B. Caimi”.<br />
Penso che anche grazie a lui quell'aula e quel<br />
gabinetto di preparazione dei materiali siano<br />
ancora oggi ricchi di campioni, di materiali di<br />
studio, di strumenti per organizzare <strong>del</strong>le lezioni<br />
pratiche.<br />
In effetti in qualsiasi cassetto o armadio si vada a<br />
curiosare si trovano tabelle, appunti e manuali<br />
scritti con la sua calligrafia oltre ad una grande<br />
quantità di reperti raccolti in Valsesia, ed una<br />
collezione di licheni di cui era appassionato 7 .<br />
Una figura che ha entusiasmato una grande<br />
quantità di studenti che sono passati negli anni<br />
nell'Istituto per Ragionieri di Varallo. Molti di<br />
questi hanno imparato tramite lui ad avere un<br />
piacere nel saper le cose, tutti lo hanno stimato.<br />
6 Per il suo utilizzo nell’ambito <strong>del</strong> censimento<br />
toponomastico si rimanda a Poletti (questo volume, pp.<br />
45-48).<br />
7 La passione per i licheni era iniziata con la<br />
preparazione <strong>del</strong>la Tesi di Laurea svolta presso l’Istituto<br />
di Botanica <strong>del</strong>l’Università degli Studi di Torino con il<br />
Prof. Arturo Ceruti.
Osservando tutte le caratteristiche fisiche <strong>del</strong> luogo<br />
(il greto largo e piatto, la ripa tagliata a gradino, la<br />
valanga residua) il viandante osserva e trascrive:<br />
“…Sogno una gita scolastica in questi luoghi, un<br />
libro vivo di geomorfologia glaciale, che dicono in<br />
un istante ciò che mille “lezioni” s’illudono di<br />
insegnare. Peccato che le gite scolastiche si<br />
svolgano sempre a Roma, Firenze, Venezia, Parigi<br />
e altre grandi città! Credo che questi luoghi (la<br />
montagna) lascino un’impronta in<strong>del</strong>ebile nella<br />
memoria e mostrino la grandezza <strong>del</strong>la natura e la<br />
piccolezza <strong>del</strong>l’uomo, mentre le grandi città,<br />
artistiche, industriali, centri di studi, di traffici,<br />
piene di vita esaltano la grandezza <strong>del</strong>l’uomo e<br />
nascondano la natura. I luoghi montani lasciano<br />
un’impronta perché costringono a guardare dentro<br />
se stessi e verso l’alto e in questa contemplazione,<br />
nel silenzio e nella solitudine, offrono il loro dono<br />
più bello: una sensazione indicibile di pace”<br />
(Vallone <strong>del</strong> Maccagno, 21 agosto 1985).<br />
Commento poetico ed accorato <strong>del</strong> solito<br />
viandante. “Finalmente eccoti qua! Quanto dovevi<br />
essere bella! Esposta al sole dal m<strong>atti</strong>no alla sera!<br />
Con le tue baite bianchissime di gneiss minuti, in<br />
mezzo ai fiori dei tuoi pascoli e ai dossi montonati<br />
<strong>del</strong>le tue rocce, i tuoi numerosi e facili sentieri, gli<br />
abbeveratoi e la fontana e il bianco lastricato<br />
dinanzi alle baite. Ora sei morta! Quanta<br />
desolazione! E quante tracce <strong>del</strong> tuo splendore<br />
passato! Le tue rovine, il tuo silenzio, la tua<br />
solitudine, il tuo abbandono, quanto contrastano<br />
con la tua vita che immagino in tempi lontani, pur<br />
sempre colma di fatiche e di stenti” (Alpe Grafen<br />
Boden, 25 agosto 1986).<br />
“In un acquitrino mi si leva dinanzi, a due metri di<br />
distanza, un volo di pernici bianche (la madre e<br />
cinque piccoli) che scompaiono dietro un masso.<br />
Le seguo e mi imbatto in un altro piccolo<br />
….ritardatario che si alza in un volo stentato; non<br />
riesco ad afferrarlo, si nasconde tra i massi. L’ho<br />
cercato senza risultato. Ha vinto lui quella corsa ad<br />
ostacoli! Mi sarebbe tanto piaciuto osservare da<br />
vicino, tenendolo in mano, quel batuffolo grigio,<br />
con le ali sfrangiate e ancora incapace di una lunga<br />
L’ESCURSIONISTA<br />
Ferruccio Frigiolini<br />
35<br />
autonomia di volo (Discesa dal Passo Tignaga<br />
verso le Pisse Belle, 23 agosto 1988)!” 8<br />
Il viandante è Padre Alessandro Mazzucco. Le sue<br />
parole mettono a fuoco il personaggio che siamo<br />
qui a ricordare. C’è tutto: il Religioso,<br />
l’appassionato docente di scienze, l’escursionista<br />
che cammina col CUORE (acronimo coniato<br />
nell’ambito <strong>del</strong> progetto Camminitalia: camminare<br />
<strong>–</strong>udire <strong>–</strong> osservare <strong>–</strong> riflettere - emozionarsi).<br />
Non ricordo esattamente quando conobbi P.<br />
Mazzucco; l’impatto fu tiepido nei confronti di<br />
quel mostro sacro schivo, defilato, sempre di corsa<br />
a preparare i momenti did<strong>atti</strong>ci. Non passò però<br />
molto tempo perché nascessero un’intesa ed<br />
un’amicizia importanti abbinate alla scoperta di<br />
aspetti sorprendenti.<br />
Fig. 1 <strong>–</strong> Al Colle <strong>del</strong> Termo<br />
LO SCIATORE<br />
Negli anni ’80 organizzavo all’ITC B. Caimi uscite<br />
sciistiche pomeridiane a Mera. Ai primi giorni di<br />
ogni anno scolastico arrivava la puntuale<br />
raccomandazione di P. Mazzucco a rinnovare<br />
8 “Appunti sulle origini <strong>del</strong>le coppelle” con osservazioni<br />
raccolte nel corso di escursioni in Valsesia, raccolte in<br />
un quaderno e fogli con scrittura a mano, trascritte su<br />
supporto informatico computer dagli studenti<br />
<strong>del</strong>l’Istituto Superiore D’Adda di Varallo negli anni<br />
scolastici 2007-2008 e 2008-2009. La prima frase è<br />
citata anche in Cavagnino G. (2010) <strong>–</strong> Le coppelle<br />
glaciali. Notiziario C.A.I. Varallo, a. 24, pp. 57-58.
l’iniziativa. Alle mie obiezioni (“non siamo<br />
metereologi”) la sua candida ottimistica e risoluta<br />
previsione: “stai tranquillo, nevicherà!” E subito<br />
nelle sue classi partiva l’operazione di propagandareclutamento<br />
che ci portava spesso a riempire di<br />
allievi scivolanti un bus con 40-50 persone. Due<br />
anni fa, all’Istituto d’Adda, fu sufficiente un<br />
pulmino da 9 posti.<br />
Fig. 2 <strong>–</strong> Con gli sci a Meggiana (gennaio 1977)<br />
Indren<br />
La colonnina di mercurio scende rapidamente<br />
molto al di sotto <strong>del</strong>la doppia cifra ; fuggi fuggi<br />
generale al caldo <strong>del</strong> rifugio. Due soli indomiti<br />
(meglio, uno) a resistere. Il Padre sembra non<br />
accorgersene e lo sento esclamare, ripetutamente,<br />
rivolto verso le nevi eterne: “che meraviglia!”<br />
(Ghiacciaio d’Indren, febbraio/marzo primi anni<br />
’80).<br />
Alagna<br />
Il <strong>padre</strong> a pomeriggio inoltrato non vuole<br />
abbandonare le piste. Alle mie allarmate<br />
preoccupazioni sulla chiusura degli impianti<br />
replica, parole testuali, “non preoccuparti, ci<br />
aspettano sicuramente!” Arriviamo alla stazione di<br />
Zar Oltu ove ci attende solo un grande silenzio. Il<br />
Padre, indomito e per nulla preoccupato, mi<br />
rassicura: “Che fortuna, scieremo sino ad Alagna,<br />
guarda quanta neve c’è ancora!” Una cinquantina<br />
di metri innevati e alla prima curva solo pietraia.<br />
Via a piedi, coi pesanti scarponi a farci da zavorra.<br />
Arriviamo in paese sul tardi, stanchi e sciancati,<br />
offrendo un momento di ilarità ad alcuni valligiani<br />
ironicamente incuriositi (Alagna, 16 aprile 1985).<br />
In funivia<br />
Durante le salite in funivia al <strong>Monte</strong> Rosa erano<br />
frequenti le domande, sempre molto rispettose, dei<br />
viaggiatori sulla funzionalità <strong>del</strong>l’abito talare e<br />
degli sci assai datati.<br />
36<br />
Questo era P. Mazzucco: nella scuola figura<br />
severa, autorevole, esigente ma fuori,<br />
nell’ambiente naturale, emergeva il fanciullino di<br />
pascoliana memoria. L’età anagrafica lasciava il<br />
posto ad un’età biologica-emotiva giovanile cui mi<br />
dovevo allineare con adesioni volontariamente<br />
obbligatorie.<br />
L’ESCURSIONISTA 9 .<br />
Padre Mazzucco effettuò, dal 1968 al 1992,<br />
numerose escursioni con Giorgio Salina Non ci fu<br />
continuità temporale nelle uscite, ma la loro intesa<br />
non si interruppe mai.<br />
Dalle annotazioni <strong>del</strong>le 14 uscite riferisco quella<br />
<strong>del</strong> 19-20 agosto 1969 alla Capanna Resegotti, con<br />
la silenziosa recita serale <strong>del</strong> Rosario. Il 14 agosto<br />
1971 ascensione alla Capanna Valsesia (ora fratelli<br />
Gugliermina). L’escursione presentò notevoli<br />
difficoltà (si scatenò anche un forte temporale)<br />
specie nel superare, al ritorno, l’impetuoso Sesia,<br />
con il Padre che guadò il torrente, imprecando<br />
(udite, udite!) per le approssimative tracce <strong>del</strong><br />
sentiero.<br />
Alcune escursioni duravano anche tre giorni (il 17-<br />
18-19 agosto 1989 in Val Sorba, Rifugio Rivetti,<br />
Colle <strong>del</strong> Loo, Alpe Prato, Alpe Artorto).<br />
Nel periodo invernale alle escursioni si alternavano<br />
percorsi di sci alpinismo a Meggiana, Pizzo<br />
Tracciora, <strong>Monte</strong> Capio.<br />
Fig. 3 <strong>–</strong> Alla Capanna Resegotti (agosto 1969)<br />
Spesso partecipò ad escursioni organizzate<br />
celebrando la S. Messa. Il 30 agosto 1980 officiò<br />
con Padre Gallino, Don Carlo Elgo e altri tre<br />
religiosi la cerimonia di inaugurazione <strong>del</strong>la<br />
Capanna Margherita.<br />
9 Fonte d’informazione per questo paragrafo sono stati<br />
P. Renato Zacquini, Giorgio Salina e Carlo Beccaria.
Nel 1983, in occasione <strong>del</strong> XX anniversario <strong>del</strong>la<br />
morte di Don Luigi Ravelli, celebrò, al bivacco<br />
dedicato al sacerdote valsesiano, la S. Messa<br />
soffermandosi sull’azione pastorale da lui condotta<br />
attraverso la pratica <strong>del</strong>la montagna.<br />
Fig. 4 - In val Sorba (agosto 1989)<br />
Il 28 giugno1992 salì all’Alpe Salei, in Val<br />
Gronda, per l’inaugurazione <strong>del</strong> punto d’appoggio<br />
<strong>del</strong>la sezione CAI di Varallo. Dopo la funzione,<br />
nonostante la giornata nebbiosa, decise di salire al<br />
Lago <strong>del</strong>la Seja (un’ora e più di cammino), con Ivo<br />
Selene, ma a pochi minuti dalla meta il Padre si<br />
arrese; non era assolutamente più in grado di<br />
proseguire. Fu una giornata molto impegnativa;<br />
con difficoltà e molte soste anche durante il ritorno<br />
a Rassa.<br />
Fig. 5 <strong>–</strong> L’inaugurazione <strong>del</strong> punto di appoggio all’alpe<br />
Salej (giugno 1992)<br />
Anche da Carlo Beccaria ho avuto conferma di<br />
loro ascensioni al Corno Bianco e sulla parete nord<br />
<strong>del</strong> Tagliaferro. Da Carlo appresi che il <strong>padre</strong>,<br />
ammaliato dal demone <strong>del</strong>la montagna, si<br />
37<br />
avventurò da solo sui ghiacciai cadendo in un<br />
crepaccio dal quale sarebbe uscito da solo.<br />
Le mie escursioni col Padre (una dozzina), anche<br />
se meno significative <strong>del</strong>le precedenti, furono<br />
sempre confortate da sintonia e condivisione di<br />
valori.<br />
Ricordo nitidamente l’ultima mia gita effettuata col<br />
Padre al Lago Nero, il 16 luglio 1991, in una<br />
bellissima giornata che ci vide assai renitenti a<br />
prendere la via <strong>del</strong> ritorno.<br />
Rammento ancora:<br />
- le contrattazioni accanite circa l’orario di<br />
partenza mattutino, siglate poi da un salomonico<br />
compromesso;<br />
- il mio ritorno alla condizione di studente, quando<br />
il Padre-professore tracciato sul terreno un<br />
quadrato di cm 50, parlava dottamente per<br />
moltissimi minuti, riferendomi quanto c’era in quel<br />
fazzoletto di montagna. Annuivo, ma…..<br />
- le sparizioni momentanee <strong>del</strong> Padre alla ricerca,<br />
tra l’altro, <strong>del</strong>le coppelle glaciali.<br />
L’ultima escursione di Padre Mazzucco, risale al<br />
settembre 1992, con meta il rifugio Zamboni-<br />
Zappa sopra Macugnaga. Il Padre spirò il 15<br />
settembre.<br />
Un rimpianto: solo in questi ultimi due decenni,<br />
trasferitomi scolasticamente a Varallo, ho potuto<br />
organizzare all’Istituto D’Adda escursioni<br />
pomeridiane feriali con la “Compagnia <strong>del</strong> Buon<br />
cammino” 10 . Tutto molto bello, mancava però il<br />
nostro amatissimo Padre.<br />
10 Una quarantina; tra queste il Bo di Valsesia, la<br />
Madonna <strong>del</strong> Balmone, l’Alpe Campello, l’Ometto,<br />
Pianmisura,: l’ultima è stata la ciaspolata <strong>del</strong> 9 marzo<br />
2010 da Cervarolo verso la Massa.
I SUOI STUDI
Il titolo di questa breve relazione mi è subito parso<br />
azzeccato perché sintetizza in maniera efficace la<br />
mole di materiale che mi sono trovato ad affrontare<br />
esaminando le relazioni, le foto, gli appunti, il<br />
laboratorio di Padre Mazzucco nell’Istituto Caimi,<br />
ora parte <strong>del</strong>l’Istituto Superiore D’Adda: non ho<br />
trovato solo “tanta carta” ma il resoconto di tutta<br />
una serie di osservazioni, di tentativi, di pensieri,<br />
raccolti pazientemente, in maniera precisa e<br />
meticolosa.<br />
Fig. 1 <strong>–</strong> Montagne di carta<br />
Dei lavori effettuati durante il conseguimento <strong>del</strong>la<br />
Laurea in Scienze Naturali, conseguita presso<br />
l’Università di Torino nel 1954, è conservata a<br />
Varallo la tesina <strong>del</strong> 1954 sulle “Faune plioceniche<br />
presso Borgosesia”. La tesi, dedicata a “Diatomee<br />
e licheni <strong>del</strong>la Valsesia”, non è disponibile in<br />
ambito valsesiano.<br />
La mole maggiore di dati e relativa alla<br />
toponomastica valsesiana, costituita da appunti<br />
manoscritti e da 5 edizioni a stampa da supporto<br />
informatico (Poletti, questo volume, pp. 50-54).<br />
Un altro patrimonio consistente è costituito da<br />
appunti e fotografie sulle coppelle in Valsesia<br />
(Micheletti, questo volume, pp. 40-42),<br />
recentemente trascritti su supporto informatico<br />
dagli studenti <strong>del</strong>l’Istituto Superiore D’Adda.<br />
Come risultato di un’opera di schedatura su<br />
supporto informatico, sono conservate le stampe di<br />
MONTAGNE DI CARTA<br />
Roberto Cairo<br />
41<br />
elenchi di quote e coordinate geografiche di<br />
località valsesiane disposte per ordine alfabetico od<br />
ordinate per altimetria.<br />
Ci sono, ancora, i lavori sulla glaciologia, sulle<br />
valanghe, le relazioni su alcune località valsesiane<br />
e sulle escursioni di particolare interesse.<br />
Una di queste relazioni, dedicata ai coni di<br />
ghiaccio <strong>del</strong> <strong>Monte</strong> Rosa, è stata pubblicata<br />
postuma nel 1993 sul Notiziario C.A.I. Varallo (a.<br />
7, n. 2, pp. 37-42); il d<strong>atti</strong>loscritto originale è<br />
conservato presso la Biblioteca <strong>del</strong>la sezione CAI<br />
Varallo.<br />
Sono inoltre conservati i dati <strong>del</strong>la stazione<br />
meteorologica allestita da Padre Mazzucco presso<br />
l’Istituto Caimi di Varallo, raccolti dal 1958 in poi,<br />
ordinati e rielaborati in tabelle e grafici (Cairo,<br />
questo volume, pp. 46-50).<br />
Un discorso a sé meritano gli esperimenti effettuati<br />
per realizzare la visualizzazione di immagini<br />
tridimensionali, a quei tempi sicuramente<br />
pionieristici e ora di attualità; in fogli fitti di<br />
appunti sono minuziosamente riportati le<br />
esperienze, i dubbi, i fallimenti, i successi, almeno<br />
parziali, ottenuti in anni di sperimentazioni con<br />
lenti, filtri colorati, pellicole: un lavoro che<br />
personalmente ho trovato di difficile comprensione<br />
sia per la lettura <strong>del</strong>la grafia sia per l’argomento<br />
stesso. Credo che al lettore interessino più le<br />
emozioni che non i risultati di questi studi, ormai<br />
superati, e presenterò, perciò, con i commenti<br />
originali gli appunti scoraggiati sul costo <strong>del</strong>la<br />
stampa <strong>del</strong>le foto, <strong>del</strong> giorno in cui riuscì a ottenere<br />
nette la sensazione <strong>del</strong> rilievo, e, infine, <strong>del</strong> giorno<br />
in cui riuscì a strappare un commento positivo<br />
anche al Prof. Bondioli!<br />
Questa breve relazione, con i suoi limiti, ha voluto<br />
essere solo una breve carrellata su alcuni aspetti<br />
degli studi di Padre Mazzucco una visione a volo<br />
d’uccello sull’enorme mole di lavoro continuo e<br />
meticoloso di uno sperimentatore preciso, di un<br />
insegnante per cui è stata fondamentale l’<strong>atti</strong>vità di<br />
laboratorio, di un appassionato <strong>del</strong>la montagna e<br />
<strong>del</strong>la Valsesia.
Fig. 2 <strong>–</strong> Pagine <strong>del</strong> quaderno di appunti sulle coppelle di Padre Mazzucco<br />
42
DAGLI APPUNTI DEL PADRE PROF. ALESSANDRO MAZZUCCO SULLE ORIGINI DELLE<br />
“COPPELLE” OSSERVATE IN VALSESIA<br />
“GUTTA CAVAT LAPIDEM NON VI, SED SAEPE CADENDO”<br />
Delle escursioni in Valsesia nel periodo 1985-<br />
1990, Padre Alessandro Mazzucco ha lasciato<br />
appunti che confermano l’eccezionale preparazione<br />
e competenza con cui egli considerò e studiò i vari<br />
aspetti naturalistici <strong>del</strong>la montagna.<br />
Attento a tutti i fenomeni, dai più vistosi ai meno<br />
appariscenti, in quel periodo rivolse un particolare<br />
interesse alle curiose incisioni di forma pressoché<br />
circolare, poco profonde, che in numero più o<br />
meno abbondante si presentano talora sulle rocce<br />
levigate dai ghiacciai, incisioni a forma di sco<strong>del</strong>la,<br />
piccole coppe, ossia “coppelle” come quelle che,<br />
scolpite dall’uomo preistorico, figurano nei disegni<br />
rupestri di alcuni siti archeologici, ad esempio in<br />
Val Camonica, o sui massi erratici di alcune<br />
località alpine, ad esempio nell’anfiteatro morenico<br />
di Rivoli.<br />
Le coppelle dei siti archeologici e dei massi erratici<br />
sono manuf<strong>atti</strong>, variamente interpretati (fra i più<br />
accreditati il significato religioso-rituale). Per<br />
quelle studiate da Padre Mazzucco, si possono<br />
distinguere quelle trovate presso gli insediamenti<br />
da quelle ubicate nei circhi glaciali.<br />
LE COPPELLE TROVATE VICINO AD<br />
INSEDIAMEMTI PERMANENTI O STAGIONALI<br />
Le coppelle dei Ronchi e <strong>del</strong> Seccio (Boccioleto),<br />
<strong>del</strong>l’alpe Vallé Inferiore (Rima), <strong>del</strong>l’alpe Ciletto<br />
(Carcoforo) sono presumibilmente incise<br />
dall’uomo in tempi non eccessivamente lontani,<br />
mo<strong>del</strong>late poi dagli agenti esogeni fino ad<br />
assumere l’aspetto attuale.<br />
Mai trovate su roccia in posto, si presentano su<br />
massi o lastroni di gneiss. Hanno contorno<br />
circolare o quadrangolare, pareti inclinate e fondo<br />
piatto, asse perpendicolare ai piani di scistosità. In<br />
alcuni casi l’aspetto è sorprendente: al Vallé<br />
Inferiore, su un grande masso di gneiss<br />
ghiandolare, vicino all’ultima baita, le coppelle<br />
sono raggruppate in forme <strong>del</strong> tutto simili<br />
all’impronta <strong>del</strong> piede di un ragazzo; a Vorco<br />
(Rima), scolpite in numero di sei sullo scalino di<br />
una baita, sembrano disegnare l’Orsa Maggiore.<br />
Piera Micheletti<br />
43<br />
Fig. 1 <strong>–</strong> Le incisioni all’alpe Valle inferiore (Rima)<br />
Fig. 2 <strong>–</strong> Coppelle al Seccio<br />
LE COPPELLE DEI CIRCHI GLACIALI<br />
Queste sono “sculture” naturali, sui cui Padre<br />
Mazzucco, nelle lunghe camminate in montagna,<br />
raccoglie una gran quantità di osservazioni e dati.<br />
Le zone perlustrate sono ubicate nei comuni di<br />
Alagna, Riva Valdobbia, Rassa, Rima, Carcoforo,<br />
Boccioleto e Vocca.<br />
Alagna<br />
a) fronte ghiacciaio Locce <strong>–</strong> Alpe Vigne<br />
Superiore;<br />
b) Punta Indren - Colle <strong>del</strong>le Pisse <strong>–</strong> Stolemberg<br />
<strong>–</strong> Passo Salati <strong>–</strong> Istituto Scientifico Mosso <strong>–</strong> Col<br />
d’Olen;
c) Acqua Bianca <strong>–</strong> Alpe Von Bitz <strong>–</strong> Alpe<br />
Mittlentail <strong>–</strong> Alpe Faller <strong>–</strong> Alpe Testanera <strong>–</strong> Circo<br />
glaciale Flua <strong>–</strong> Alpe Vigne Superiore.<br />
d) Acqua Bianca <strong>–</strong> Alpe Grafenboden <strong>–</strong> Colle <strong>del</strong><br />
Turlo.<br />
Riva Valdobbia<br />
e) Alpe Camino <strong>–</strong> Alpe Maccagno <strong>–</strong> Lago Nero<br />
(Val Vogna);<br />
Rassa<br />
f) Alpe Dosso <strong>–</strong> Alpe Massucco <strong>–</strong> Lago<br />
Lamaccia (Val Sorba);<br />
Rima<br />
g) Alagna <strong>–</strong> Colle Mud <strong>–</strong> Rima<br />
h) Rima <strong>–</strong> Alpe Vallé di Sopra <strong>–</strong> Cresta per Pizzo<br />
<strong>Monte</strong>vecchio.<br />
Carcoforo<br />
i) Alpe Busacca <strong>del</strong> Passone <strong>–</strong> Pizzo Moriana;<br />
l) Alpe Piovale <strong>–</strong> Pizzo Tignaga <strong>–</strong> Alpe Pisse<br />
Belle <strong>–</strong> Alpe Pian <strong>del</strong>le Rose <strong>–</strong> Alpe Giaset <strong>–</strong> Pizzo<br />
Moriana;<br />
m) Alpe Massero <strong>–</strong> Colle <strong>del</strong>la Bottiggia.<br />
Boccioleto<br />
n) Val Cavaione.<br />
Vocca<br />
o) Sassiglioni<br />
Come si può dedurre sia dall’osservazione diretta<br />
sia dall’osservazione <strong>del</strong>le carte topografiche IGM<br />
scala 1:25000, sono tutte aree di morfologia<br />
glaciale: evidenti le conche dei circhi, scavate dal<br />
bacino collettore, limitate da una cresta e aperte,<br />
attraverso la soglia, verso la valle glaciale (o<br />
fluvio-glaciale); numerosi i laghetti di circo (laghi<br />
<strong>del</strong> Turlo, laghi <strong>del</strong>l’alta Val Vogna); frequenti, a<br />
testimoniare il passaggio <strong>del</strong>la lingua glaciale, i<br />
depositi morenici, i massi erratici, i dossi<br />
montonati e striati, le soglie vallive.<br />
Poiché in tutte le sopraelencate zone si sono<br />
trovate coppelle, è ragionevole pensare che siano<br />
anch’esse effetti <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lamento glaciale. In<br />
dettaglio, le principali località di ritrovamento<br />
sono:<br />
- Fronte <strong>del</strong> ghiacciaio <strong>del</strong>le Locce, quota m 2852<br />
(percorso a)<br />
- Passo dei Salati, scendendo verso l’Istituto<br />
Scientifico Mosso (percorso b)<br />
- Colle <strong>del</strong>le Pisse, nei pressi <strong>del</strong> laghetto (percorso<br />
b)<br />
- Alpe Testanera e Alpe Vigne Superiore, poco<br />
sotto la sommità <strong>del</strong>la morena, quota m 2600<br />
(percorso c)<br />
- Alpe Grafenboden, lungo la mul<strong>atti</strong>era per i laghi<br />
<strong>del</strong> Turlo (percorso d)<br />
- Alpe Camino (percorso e)<br />
- Alpe Dosso (percorso f)<br />
44<br />
- Alpe Vallé di Sopra (percorso h)<br />
- Salita al Pizzo Moriana (percorso i)<br />
- Alpe Massero, vallone <strong>del</strong> colle <strong>del</strong>la Bottiggia<br />
(percorso m)<br />
- Pianoro di Sassiglioni (percorso o)<br />
Padre Mazzucco segnala come più “belle” e<br />
significative le coppelle <strong>del</strong> Passo dei Salati, quelle<br />
<strong>del</strong> Colle Superiore <strong>del</strong>le Pisse (vicino all’ometto)<br />
e quelle <strong>del</strong>l’Alpe Massero.<br />
Per ogni località di ritrovamento, i dati raccolti<br />
riguardano il numero (ora isolate, ora a migliaia),<br />
la forma (ora perfettamente circolari, ora ellittiche,<br />
ora irregolari, ora fuse ad assumere aspetto<br />
petaloide), le dimensioni (da pochi cm. ad un<br />
massimo di 10 cm di diametro), la morfologia <strong>del</strong>le<br />
rocce di ubicazione (quasi sempre rocce<br />
montonate) e il litotipo (sempre rocce scistose: o<br />
gneiss minuti o gneiss ghiandolari; unica<br />
eccezione: al pianoro di Sassiglioni le coppelle<br />
sono “su roccia non scistosa ma con molte<br />
fessure”).<br />
Fig. 3 <strong>–</strong> Coppelle nelle vicinanze <strong>del</strong> Passo dei Salati<br />
Sono, inoltre, indicative ed utili all’interpretazione<br />
<strong>del</strong> fenomeno le seguenti osservazioni:<br />
- le coppelle si trovano sempre in zone di<br />
morfologia glaciale: abbondanti nei circhi e nei<br />
fondi vallivi, mancano in cresta;<br />
- sono generalmente su rocce in posto, spesso<br />
montonate e striate, raramente su massi e lastroni<br />
(merita di essere segnalato un masso coppellato<br />
con dimensioni di 5 x 2 x 1 m, probabilmente<br />
staccatosi da crestina sovrastante, tra il Col d’Olen<br />
e l’Istituto Mosso);<br />
- generalmente a gruppi disordinati, sono talora<br />
allineate in file rettilinee o formanti archi;<br />
- spesso contengono pietruzze, sabbia, e presentano<br />
rilievi centrali;<br />
- sono, a volte, comunicanti tramite canaletti;
- le più “belle”, più regolari e circolari, sembrano<br />
essere quelle con asse perpendicolare alla<br />
superficie di scistosità;<br />
- mancano sulle rocce molto inclinate, dove ci sono<br />
cascatelle o acqua corrente;<br />
- dove la morfologia è a gradoni pianeggianti<br />
(circo glaciale <strong>del</strong> Turlo), sono numerosissime, non<br />
comunicanti, allineate in due o più file parallele e<br />
vicine.<br />
Fig. 4 <strong>–</strong> Coppelle “naturali” presso il Colle degli<br />
Strienghi<br />
45<br />
Alcune osservazioni rimangono senza spiegazione:<br />
le coppelle sono assenti in alcuni litotipi, anche<br />
laddove la morfologia testimonia le condizioni<br />
glaciali più adatte alla loro formazione. E’ il caso<br />
<strong>del</strong>le ofioliti che affiorano allo Stolemberg o <strong>del</strong>le<br />
rocce dioritiche che, lungo il percorso dalla<br />
Bocchetta di Vocca all’alpe Bertoli, si presentano<br />
in bellissimi dossi levigati e striati dall’antico<br />
ghiacciaio.<br />
CONCLUSIONI<br />
Padre Mazzucco è molto cauto nel formulare<br />
ipotesi e asserire certezze; tuttavia, includendo le<br />
coppelle dei circhi fra gli effetti <strong>del</strong>l’esarazione,<br />
ritiene molto probabile che esse siano forme di<br />
erosione praticata da stillicidi, entro crepacci, di<br />
acqua di ablazione (spesso carichi di detrito<br />
sabbioso) sulle rocce <strong>del</strong> letto glaciale, sia <strong>del</strong> circo<br />
che <strong>del</strong> solco vallivo. Le zone di più facile<br />
formazione sarebbero quelle interessate dalla<br />
presenza di seracchi o da crepacci trasversali, e<br />
quindi specialmente le zone di soglia o quelle in<br />
cui la lingua glaciale supera una rottura di<br />
pendenza. L’azione erosiva sarebbe, inoltre,<br />
accresciuta da fenomeni di gelo e disgelo,<br />
massimamente intensi sui larghi gradini che<br />
precedono e seguono i forti dislivelli, dove minore<br />
è la velocità <strong>del</strong> ghiacciaio e maggiore la<br />
pressione.<br />
Ringraziamenti<br />
Si rivolge un sentito ringraziamento agli alunni<br />
<strong>del</strong>l’Istituto Superiore D’Adda di Varallo che, per<br />
interessamento <strong>del</strong>la Preside prof. Marisa Bressa, hanno<br />
svolto il paziente lavoro di trascrizione al computer<br />
degli appunti manoscritti di Padre Mazzucco.
Durante il XV Congresso Nazionale di Geografia,<br />
svoltosi a Torino nel 1950, in una relazione <strong>del</strong> 14<br />
aprile, la prof.a G. Aliverti rivolgeva agli<br />
appassionati <strong>del</strong> ghiacciaio, un invito perché<br />
includessero, nel loro programma di osservazione,<br />
anche due fenomeni "che meritano un po' di<br />
attenzione e uno studio particolareggiato e che<br />
devono essere segnalati e studiati: i coni di<br />
ghiaccio e l'emergenza in superficie <strong>del</strong>le<br />
stratificazioni <strong>del</strong> ghiaccio" 11 .<br />
Negli anni tra il 1955 e il 1975 ho visto, sul <strong>Monte</strong><br />
Rosa, dei coni di ghiaccio, ma poiché gli Atti <strong>del</strong><br />
Congresso, nei quali avevo letto la relazione, non<br />
riportavano le fotografie dei coni di ghiaccio <strong>del</strong><br />
plateau <strong>del</strong> ghiacciaio <strong>del</strong> Lys che la prof.a Aliverti<br />
aveva proiettato durante la relazione, non ho potuto<br />
accertare che fossero quegli stessi dei quali veniva<br />
proposto uno studio organizzato. In seguito,<br />
sempre sul <strong>Monte</strong> Rosa, ho potuto osservare e<br />
fotografare da vicino, diversi coni di ghiaccio, ma<br />
essendomi sembrato facile riconoscerne l'origine,<br />
quell'incertezza è rimasta, e, con essa, anche il<br />
dubbio che la loro segnalazione potesse avere<br />
qualche importanza.<br />
Solo oggi, rivedendone le fotografie, poiché alcune<br />
di quelle forme appaiono quasi perfettamente<br />
coniche, ricordando !'invito <strong>del</strong>la prof.a Aliverti<br />
(che avevo avuto docente di Fisica Terrestre<br />
all'Università di Torino), ne do documentazione<br />
fotografica, e una breve descrizione con le mie<br />
impressioni riguardo alla loro origine, siano, esse,<br />
o no i coni dei quali la prof.a Aliverti raccomanda<br />
la segnalazione e lo studio, sperando di contribuire<br />
"ad un’interpretazione sicura, completa e definitiva<br />
<strong>del</strong> modo di formazione dei coni di ghiaccio".<br />
Nel settembre <strong>del</strong> 1982 ho osservato "coni di<br />
ghiaccio" nella parte alta <strong>del</strong> ghiacciaio <strong>del</strong> Grenz,<br />
sul <strong>Monte</strong> Rosa, a quota 4400 m circa, poco sotto il<br />
colle tra la Punta Zumstein e la Punta Gnifetti<br />
(Colle Gnifetti), poco oltre il pianoro sotto il colle<br />
tra la Punta Gnifetti e la Punta Parrot (Colle Sesia),<br />
molto più in alto, quindi, <strong>del</strong> plateau <strong>del</strong> Lys, dove<br />
coni di ghiaccio erano stati fotografati dal prof.<br />
Somigliana e, su incarico <strong>del</strong>la prof.a Aliverti, dal<br />
11 Articolo pubblicato nel 1993 sul Notiziario C.A.I.<br />
Varallo (a. 7, n. 2, pp. 37-42). Il d<strong>atti</strong>loscritto originale è<br />
conservato presso la Biblioteca <strong>del</strong>la sezione CAI<br />
Varallo.<br />
I “CONI DI GHIACCIO” SUL MONTE ROSA<br />
Alessandro Mazzucco<br />
47<br />
sig. Romano Gorret. I coni, sette o otto,<br />
emergevano dal nevato bianchissimo sulla sinistra<br />
<strong>del</strong>la pista per la Capanna Regina Margherita,<br />
isolati o a gruppi di due o tre; ma si potrebbe forse<br />
dire che, benché distribuiti su di una superficie<br />
relativamente grande, appartenevano ad un unico<br />
gruppo.<br />
Credo che nessun cono raggiungesse il metro di<br />
altezza; qualcuno non raggiungeva il mezzo metro,<br />
altri erano molto piccoli.<br />
Fig. 1 - Cono di ghiaccio, versante occidentale <strong>del</strong>la<br />
Punta Gnifetti (Ghiacciaio Grenz, 11 settembre 1982).<br />
I coni, visti dalla pista, terminavano a punta, più o<br />
meno arrotondata e presentavano, specialmente i<br />
più alti, anche degli spigoli più o meno smussati e<br />
molte alveolature.<br />
Tutt'intorno ad uno dei tre coni più vicini alla pista,<br />
alto circa 60 cm, vi era una fossetta, più profonda<br />
verso valle: un altro cono, un po' più alto, aveva<br />
dinnanzi, a valle, una fossetta che si colmava<br />
gradualmente a lato, mentre a monte aveva la base<br />
ricoperta dalla neve; intorno alla base,<br />
relativamente larga, di un altro cono, molto basso e<br />
con la punta arrotondata, non v'era traccia di<br />
fossetta.<br />
Forse si trattava di impronte d'ostacolo formate<br />
anteriormente e ai lati <strong>del</strong> cono dai vortici <strong>del</strong><br />
vento, e rispettivamente, di accumulo di neve
formatosi dietro al cono in seguito al rallentamento<br />
<strong>del</strong>la velocità <strong>del</strong>la tormenta in corrispondenza <strong>del</strong><br />
cono; o forse quelle fossette potevano essere<br />
residui di solchi più larghi, in via di riempimento,<br />
creatisi all'impatto <strong>del</strong> blocco con la spessa coltre<br />
di neve.<br />
Fig. 2 <strong>–</strong> Coni di ghiaccio (Ghiacciaio d’Indren, 5<br />
ottobre 1986)<br />
L'aspetto <strong>del</strong> ghiaccio dei coni faceva escludere<br />
che potesse trattarsi di rilievi residui di nevato <strong>del</strong><br />
ghiacciaio, risparmiato, in quei punti,<br />
da11'ablazione.<br />
Nei coni si vedeva una netta alternanza di vari<br />
strati, alcuni meno bianchi per fine detrito incluso.<br />
Nessuno era formato da ghiaccio vivo e<br />
trasparente, ma solo da ghiaccio opaco, forse<br />
minutamente granulare e assai più compatto di<br />
quello sul quale emergevano.<br />
Nei due coni più alti, gli strati (messi in maggiore<br />
risalto da11'ablazione) avevano direzione Nord-<br />
Sud, erano molto inclinati ed immersi verso Ovest;<br />
nel cono piccolo avevano direzione assai diversa,<br />
circa Est-Ovest ed erano quasi verticali, con<br />
immersione verso Sud.<br />
La parte dei coni rivolta a Sud era meno inclinata<br />
di quella rivolta a Nord: nel cono più appuntito<br />
l'inclinazione era quasi uguale.<br />
A destra <strong>del</strong>la pista, sul ripidissimo versante ovest<br />
<strong>del</strong>la Punta Gnifetti, coperto di ghiaccio, si notava<br />
48<br />
una piccola parete rocciosa sulla quale sporgeva,<br />
crepacciata e tagliata verticalmente, una spessa<br />
coltre di nevato stratificato. Poco distante e a Nord<br />
un'altra parete di ghiaccio stratificato ed un lungo<br />
blocco di ghiaccio emergente dal ghiacciaio<br />
appena sotto la parete stessa, come un’enorme fetta<br />
inclinata, staccatasi da essa. Pure a Nord, poco<br />
distante dal gruppo di coni, un lungo e largo<br />
crepaccio trasversale con il bordo a valle molto più<br />
basso di quello a monte. La posizione topografica<br />
dei coni, la loro distribuzione sul pendio e la<br />
diversa direzione, immersione, pendenza e<br />
spessore degli strati facevano pensare che doveva<br />
trattarsi di blocchi di nevato molto compatto caduti<br />
dalla sovrastante cornice, rotolati e più o meno<br />
sprofondati in neve soffice primaverile nella parte<br />
meno inclinata <strong>del</strong> pendio, riemersi, o emersi<br />
maggiormente, per assestamento e trasformazione<br />
in nevato <strong>del</strong>la neve circostante, e, per ablazione ed<br />
azione <strong>del</strong> vento, mo<strong>del</strong>lati a forma più o meno<br />
conica. Purtroppo non ho ricercato eventuali tracce<br />
di rotolamento sul pendio.<br />
L'assenza di detriti sui coni e su11'accecante<br />
ghiacciaio faceva escludere l'ipotesi di <strong>Monte</strong>rin<br />
che attribuisce la formazione dei coni a sacche di<br />
detriti, e quella di Clebelsberg che l'attribuisce<br />
all'azione protettiva di sabbia e polvere; l'assenza<br />
poi di acque correnti sul ghiacciaio faceva<br />
escludere l'ipotesi di altri Autori che la mettono in<br />
relazione con i pozzi glaciali. Data la piccola<br />
altezza dei coni e lo spessore non eccessivo <strong>del</strong>la<br />
cornice di ghiaccio, si poteva pensare che la loro<br />
formazione fosse avvenuta in quello stesso anno, e<br />
che la loro durata dovesse essere breve sia per<br />
l'ablazione e l'azione <strong>del</strong> vento, sia per<br />
ricoprimento, completo e definitivo, da parte <strong>del</strong>le<br />
nevicate, bufere e valanghe durante il lungo<br />
periodo freddo ormai iniziato.<br />
Alcune fotografie sembrano rilevare nella stessa<br />
zona, un po' più in alto, la presenza di piccoli<br />
rilievi piramidali o conici emergenti dal ghiacciaio<br />
con una base molto larga che potrebbe far supporre<br />
che si tr<strong>atti</strong> di grandi blocchi di ghiaccio caduti<br />
qualche anno prima e, ormai, quasi scomparsi sotto<br />
le nevi <strong>del</strong>le diverse annate. I coni che ho visto sul<br />
ghiacciaio <strong>del</strong> Grenz non erano allineati con la<br />
direzione di discesa <strong>del</strong>la massa ghiacciata, ma<br />
disposti come i blocchi di una frana sul pendio<br />
<strong>del</strong>la montagna. Ritengo che simili coni di ghiaccio<br />
si formino ogni anno e che la posizione topografica<br />
sia sempre la stessa per l'insieme dei coni, ma che<br />
per ogni cono sia casuale, come anche il loro<br />
numero e le loro dimensioni, mentre le<br />
caratteristiche fisiche dei diversi strati di ghiaccio<br />
sono in relazione con le condizioni meteorologiche<br />
<strong>del</strong>le annate precedenti, ed il loro aspetto con l'età
e con l'epoca <strong>del</strong>l'anno nella quale vengono<br />
osservati: le nevicate invernali e primaverili<br />
cancellano spigoli e asperità, almeno nei blocchi<br />
non molto grandi, e, se il blocco ha un’opportuna<br />
giacitura, creano una forma conica certamente<br />
enigmatica, non potendosi osservare differenze<br />
rispetto alla neve circostante, non accidentata, <strong>del</strong><br />
ghiacciaio.<br />
Nei mesi estivi, quando l'ablazione mette allo<br />
scoperto il blocco di ghiaccio compatto,<br />
osservandone gli strati, si può riconoscere l'origine<br />
degli enigmatici coni. Coni di ghiaccio analoghi a<br />
quelli <strong>del</strong> ghiacciaio <strong>del</strong> Grenz avevo osservato e<br />
fotografato, purtroppo da lontano, qualche anno<br />
prima, sotto la seraccata più alta <strong>del</strong> ghiacciaio di<br />
lndren, circa a quota 3700 m: nella fotografia si<br />
vedono distintamente, benché molto piccoli. Negli<br />
anni 1985 e 1986 (agosto-ottobre) ho visto e<br />
fotografato altri coni di ghiaccio, sulla parte<br />
occidentale <strong>del</strong> ghiacciaio di lndren, al di sotto dei<br />
3400 m circa, in zona pianeggiante crepacciata e<br />
interessata da forte ruscellamento superficiale.<br />
I coni emergevano da ghiaccio vivo di colore<br />
verde-azzurro, qua e là ricoperto di terriccio e<br />
sfasciume di roccia o da un sottile strato di<br />
ghiaccio granulare, bianco, poco compatto. Erano<br />
molto numerosi e di varia altezza, generalmente di<br />
circa mezzo metro o inferiore: solo alcuni si<br />
avvicinavano all'altezza di un metro o la<br />
superavano di poco.<br />
Quasi tutti terminavano a punta, ma qualcuno più<br />
che di un cono aveva l'aspetto di una colonnina che<br />
terminava con una superficie piatta inclinata verso<br />
Sud: altri erano ancora ricoperti da una lastra di<br />
pietra o da un masso più o meno grossi. Nessun<br />
cono aveva spigoli (evidenti, invece, nei coni <strong>del</strong><br />
ghiacciaio <strong>del</strong> Grenz); molti, specialmente quelli<br />
più alti, erano formati da strati più o meno bianchi<br />
di ghiaccio granulare opaco.<br />
Fig. 3 - Colonne di ghiaccio di "Tavole dei ghiacciai"<br />
(Ghiacciaio Indren, 5 ottobre 1986)<br />
49<br />
Nell'ottobre e novembre <strong>del</strong> 1986 ho osservato e<br />
fotografato, specialmente sul ramo orientale <strong>del</strong><br />
ghiacciaio di lndren, non crepacciato e sottoposto<br />
ad un’eccezionale ablazione nei mesi estivi, molti<br />
coni, generalmente più alti di quelli fotografati nel<br />
1985 sul ramo occidentale, formati da ghiaccio<br />
assai compatto e di colore bianco o, più raramente,<br />
verdeazzurro, almeno alla base.<br />
Sia nel 1985 che nel 1986 ho osservato, dinnanzi<br />
ad ogni cono, a valle, a sud, e a breve distanza, una<br />
pietra di varia grandezza. Era evidente che ogni<br />
cono era stato prima un "Fungo", o una "Tavola dei<br />
ghiacciai", dai quali era caduta la pietra che li<br />
difendeva dall'ablazione, lasciando scoperta una<br />
colonna di ghiaccio dapprima non perfettamente<br />
conica, ma successivamente mo<strong>del</strong>lata a forma di<br />
cono dagli agenti atmosferici.<br />
Analoghi "coni di ghiaccio" ho osservato e<br />
fotografato nel novembre <strong>del</strong> 1971 e <strong>del</strong> 1986 sul<br />
ghiacciaio di Bors, nei pressi <strong>del</strong>la morena destra e<br />
<strong>del</strong>la fronte <strong>del</strong> ghiacciaio.<br />
Non mi è mai accaduto, passando sul Plateau <strong>del</strong><br />
Lys, di osservare la "morena mediana galleggiante<br />
destra", né quindi dei coni di ghiaccio formatisi su<br />
di essa, come quelli dei quali parla la relazione<br />
<strong>del</strong>la prof.a Aliverti, fotografati dal prof.<br />
Somigliana. Forse, sono assimilabili ad essi quei<br />
coni con base di ghiaccio vivo verde-azzurro, assai<br />
compatto, coperti in parte di terriccio e le colonne<br />
di ghiaccio che lo scorso autunno '86 ho<br />
fotografato tra "Funghi" e "Tavole dei ghiacciai",<br />
nella parte alta <strong>del</strong> ramo orientale <strong>del</strong> ghiacciaio di<br />
Indren, quasi completamente coperta da mo¬rena<br />
(grossi blocchi e lastroni, frantumi di roccia e<br />
terriccio), poco sotto la cresta che dalla stazione<br />
<strong>del</strong>la funivia di Punta Indren va alla Forcella di<br />
Bors. Le colonne di ghiaccio compatto di "Tavole<br />
e Funghi", di varia grandezza e variamente<br />
terminate a seconda <strong>del</strong>la grandezza e <strong>del</strong>la forma<br />
<strong>del</strong>la pietra che le aveva ricoperte, sepolte sotto la<br />
neve invernale e primaverile, nell'estate successiva<br />
possono riemergere per ablazione differenziata, sul<br />
nevato granulare e bianco e tra il detrito morenico<br />
circostante, ed assumere la forma di un cono che<br />
nasconde la sua storia a chi non ha potuto seguirne<br />
l'evoluzione.
Fig. 4 - Funghi di ghiacciai dopo la caduta <strong>del</strong><br />
cappello. (Ghiacciaio Indren, 5 ottobre 1986)<br />
Le "sacche piene di detriti formate dall'azione <strong>del</strong>le<br />
acque correnti, d'estate, sulla lingua glaciale", e la<br />
"sabbia e polvere" alle quali il prof. <strong>Monte</strong>rin e,<br />
rispettivamente, Clebelsberg attribuiscono la<br />
formazione dei coni, fanno pensare a dei detriti fini<br />
facilmente asportabili dall'acqua di fusione <strong>del</strong><br />
ghiaccio che li cementava, i quali, forse,<br />
potrebbero spiegare solo la formazione di coni<br />
piuttosto piccoli ricoperti dal detrito stesso che ne<br />
faciliterebbe la fusione, simili a quelli che ho<br />
osservato sul ghiacciaio di lndren nell'autunno <strong>del</strong><br />
1986: piccoli, ricoperti quasi completamente di<br />
fanghiglia che si andava accumulando alla base <strong>del</strong><br />
cono. Se, invece, il materiale <strong>del</strong>le "sacche nere<br />
piene di detriti" fossero anche grossi blocchi e<br />
lastre potrebbero formarsi "Tavole e Funghi" che,<br />
dopo la caduta <strong>del</strong>la pietra, darebbero origine a<br />
colonne di ghiaccio alte fin anche un metro e,<br />
finalmente, coni di ghiaccio, come quelli osservati<br />
sui ghiacciai di lndren e Bors. I coni che ho<br />
fotografato su questi ghiacciai potrebbero forse<br />
essere assimilabili a quelli "emergenti da ghiaccio<br />
vivo" fotografati dalla dott.ssa Vialli<br />
<strong>del</strong>l'Università di Pavia, sul ghiacciaio di Careser<br />
nel gruppo Ortles-Cevedale, nell'agosto <strong>del</strong> 1947 e<br />
nel luglio 1949, ricordati nella relazione <strong>del</strong>la<br />
prof.a Aliverti. Dopo le osservazioni fatte sui<br />
ghiacciai <strong>del</strong> Grenz, di lndren e di Bors, ritengo<br />
che i "coni di ghiaccio" si formino:<br />
a) nelle parti più alte <strong>del</strong> ghiacciaio (nel bacino<br />
collettore), da blocchi caduti nella neve soffice da<br />
cornici di ghiaccio mo<strong>del</strong>lati a forma più o meno<br />
conica dall'ablazione. Potrebbero, forse, aversi<br />
anche <strong>del</strong>le forme a collinetta se inizialmente la<br />
parte alta <strong>del</strong> blocco di ghiaccio invece che un<br />
vertice fosse uno spigolo specialmente se allungato<br />
e 'vivissimo", che, attaccato dall'ablazione in<br />
corrispondenza di strati di ghiaccio meno compatto<br />
50<br />
o più ricco di detrito potrebbe assumere l'aspetto<br />
<strong>del</strong>la "collinetta piramidale costituita da una serie<br />
di coni successivi con i loro vertici ravvicinati",<br />
<strong>del</strong>la quale parla la prof.a Aliverti.<br />
b) Sulla lingua glaciale, specialmente intorno al<br />
limite <strong>del</strong>le nevi persistenti, dove uno spesso strato<br />
di neve invernale e primaverile, contenente<br />
eventualmente blocchi e lastre di pietra, caduti<br />
dalle pareti e creste circostanti, fondendo durante<br />
l'estate, lascia scoperto qua e là il ghiaccio vivo sul<br />
quale emergono "Funghi" e "Tavole dei ghiacciai"<br />
con piedistallo, di ghiaccio vivo e di nevato, che<br />
verrà mo<strong>del</strong>lato a forma di cono dopo la caduta<br />
<strong>del</strong>la pietra che l'aveva difeso dall'ablazione.<br />
c) Nelle zone seraccate, di ghiaccio vivo,<br />
specialmente verso la fronte <strong>del</strong> ghiacciaio, ove<br />
"coni di ghiaccio" si trovano fra altre forme, di<br />
prismi, piramidi, guglie ... molto numerose e vicine<br />
tra di loro.<br />
Fig. 5 - Seracchi (Fronte <strong>del</strong> ghiacciaio Sesia,<br />
estate 1983)<br />
Ringraziamenti<br />
Ho potuto raggiungere i ghiacciai e studiare i "coni<br />
di ghiaccio" ed altri aspetti <strong>del</strong> <strong>Monte</strong> Rosa per la<br />
gentile e generosa ospitalità <strong>del</strong> sig. rag. Luciano<br />
Ferro, amministratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>le Funivie<br />
Monrosa di Alagna, al quale esprimo il mio più<br />
vivo ringraziamento.
Appendice<br />
Fotografie di coni di ghiaccio conservate nell’archivio fotografico di Padre Alessandro Mazzuco (Padri<br />
Dottrinari, Varallo).<br />
Fig. 6 <strong>–</strong> Coni di ghiaccio (Ghiacciaio di Bors, 2<br />
novembre 1971)<br />
Fig. 7 <strong>–</strong> Cono di ghiaccio (Ghiacciaio di Bors, 2<br />
novembre 1971)<br />
51<br />
Fig. 8 <strong>–</strong> Cono di ghiaccio verso la Punta Zumstein (11<br />
settembre 1982)<br />
Fig. 9 <strong>–</strong> Cono di ghiaccio (Ghiacciaio d’Inden, 5<br />
ottobre 1986)
GLI APPUNTI DI TOPONOMASTICA VALSESIANA<br />
Gli “Appunti di toponomastica valsesiana” di<br />
Padre Mazzucco sono una raccolta di voci (nomi,<br />
prefissi, suffissi geografici, toponimi italiani), con<br />
la spiegazione <strong>del</strong>la loro origine e significato,<br />
seguite da nomi di località valsesiane che hanno o<br />
potrebbero avere la stessa origine e medesimo<br />
significato.<br />
L’autore affermava che gli appunti, raccolti tra il<br />
1970 e il 1988, non avevano alcuna pretesa<br />
scientifica e did<strong>atti</strong>ca, ma erano solo il risultato di<br />
esercitazioni di informatica nelle quali, per<br />
curiosità e diletto personale, aveva preferito<br />
elaborare dati riguardanti la Valsesia invece di<br />
altri.<br />
In realtà il materiale di preparazione manoscritto e<br />
le cinque edizioni stampate da supporti informatici<br />
rivelano ampiamente che lo spirito e la competenza<br />
<strong>del</strong>lo scienziato e <strong>del</strong> maestro, insieme al suo<br />
amore per la Valsesia, non si smentiscono mai, al<br />
di là <strong>del</strong>la congenita modestia.<br />
Già la motivazione è esemplare, perché quella che<br />
lui chiama curiosità è autentico interesse, passione,<br />
quasi un “furore” che lo spinge a scrivere e<br />
scrivere a ritmo serrato in qualsiasi momento <strong>del</strong>la<br />
giornata (appuntando data e ora), su tutto ciò che<br />
gli capita sottomano: frammenti di carta da pacchi,<br />
buste di varie dimensioni, foglietti di notes, fogli<br />
protocollo riciclati, retro di circolari scolastiche, di<br />
locandine teatrali, di manifesti pubblicitari, di<br />
fotocopie, di calendari.<br />
IL METODO DI LAVORO<br />
Si preoccupa di dare dei suggerimenti di<br />
metodologia (24 dicembre 1984): “La ricerca<br />
etimologica, osserva, deve essere affidata a<br />
specialisti e perciò si consiglia a chi volesse<br />
rendersi conto <strong>del</strong> significato originario di un<br />
toponimo di accertare innanzi tutto se il problema è<br />
già stato risolto dagli studiosi, tenendo presente<br />
che molti toponimi sono comuni a più e talvolta a<br />
molte e moltissime località”.<br />
Stila una ricca bibliografia che comprende<br />
dizionari, volumi di filologia, carte topografiche,<br />
LA TOPONOMASTICA VALSESIANA<br />
Elvira Poletti<br />
53<br />
atlanti, riviste, opere di toponomastica <strong>del</strong>le varie<br />
aree, <strong>atti</strong> notarili.<br />
Trascrive intere pagine di testi consultati, li<br />
analizza, li pone a confronto con la realtà<br />
valsesiana.<br />
“Il tesoro toponomastico nazionale”, afferma, “non<br />
fu ancora inventariato e nemmeno censito, e quello<br />
valsesiano?” si chiede, e altrove: “La percentuale<br />
maggiore dei toponimi riguarda la parola Ca’, e in<br />
Valsesia?” Sarebbe curioso contare quante volte ha<br />
scritto a mano la parola Valsesia.<br />
Riferisce informazioni acquisite sul campo, annota<br />
intuizioni, impressioni. Quando sperimenta che la<br />
soluzione di un problema non è quella proposta,<br />
scrive in stampatello: “SBAGLIANDO S’IMPARA”.<br />
Formula ipotesi suggestive che potrebbero<br />
sembrare azzardate, ma sempre suffragate dalle sue<br />
conoscenze e sempre col beneficio <strong>del</strong> dubbio. Ad<br />
esempio si chiede se Fobello, oltre il significato<br />
che tutti conosciamo, potrebbe essere il diminutivo<br />
di foiba con cui sono indicate le cavità carsiche e<br />
persino crateri vulcanici (e quindi anche conche<br />
glaciali). A proposito <strong>del</strong> toponimo Nonaj osserva:<br />
”La toponomastica sacra non abbraccia solo nomi<br />
di santi, ma tutto quello che ha <strong>atti</strong>nenza con la<br />
religione. Pensiamo a Diavolo, Inferno o alle ore<br />
canoniche di Terza, Sesta, Nona, cioè le ore di<br />
preghiera che le montagne stesse vengono a<br />
segnare in relazione alla posizione <strong>del</strong> sole o con le<br />
loro ombre”.<br />
LE CATEGORIE TOPONOMASTICHE<br />
Compila specchietti riassuntivi, come un elenco di<br />
65 vocaboli greci che potrebbero avere affinità con<br />
toponimi locali.<br />
Nello schema A <strong>del</strong> 24 novembre 1984 riporta una<br />
trentina di chiavi di lettura desunte da varie fonti<br />
che talora evidenzia esplicitamente nella stesura<br />
computerizzata con matite colorate. Ad esempio<br />
nella terza edizione segnala con cerchietti verdi i<br />
nomi di luoghi valsesiani che si riferiscono alla<br />
vegetazione: Arniaccia (dalla voce greca arneion<br />
che significa piantaggine), Balmadasa (dal greco<br />
asi che sono i frutti legnosi <strong>del</strong>le conifere),<br />
Boccioleto (dal latino buxus, bosso), Colora<br />
(pianta <strong>del</strong> nocciolo), Folecchio, Frasso, Gatte
(pioppo bianco), Grassura (da gras, voce tedesca<br />
che indica erba o anche stalla con prato<br />
ingrassato), Lampone, Lanciole (piantaggine),<br />
Larecchio, Nasso (nome volgare <strong>del</strong>la Taxus<br />
Baccata), Peccia, Ratei, Vertighe (dove cresce il<br />
luppolo) e tanti altri. E con puntini rossi sono<br />
indicati i nomi inerenti alla fauna e alla pastorizia:<br />
Boco (da bucos, pastore, ma anche campagna unita<br />
a selva), Dorca, Dorcia, Dorcie, Dorchetta (dal<br />
greco dorkas, capriolo), Grega (gregge), Micciolo<br />
(asinello), Ghiaccio o Gias o Giacet (prato presso<br />
le capanne dove si chiude il gregge ed è messo in<br />
relazione col latino medioevale Jaccio, dimora<br />
pastorale).<br />
Nella seconda edizione, invece, i puntini rossi<br />
denotano gli aspetti geomorfologici e quelli blu i<br />
vegetali o <strong>atti</strong>vità agricolo-forestali e industrie<br />
derivate.<br />
Vengono così suggeriti per analogia innumerevoli<br />
filoni di indagine, quali:<br />
- la configurazione <strong>del</strong> territorio: Costa, Piana,<br />
Montata, Sella, Riva, Ronco (luogo dissodato o<br />
terreno di riporto dal latino runcare), Rusa (terreno<br />
franato reso stabile dalla coltivazione), Res o Reale<br />
(voce che ritorna nel nome di pascoli magri su<br />
pendii erti e ghiaiosi), Fornale, Furnai (marmitte<br />
dei giganti o forni per la forma di erosione),<br />
Cengie, Cengioroni;<br />
- le molteplici sagome (Pizzo, Picco, Corno, Torre,<br />
Becco, Castello, Rocco) e composizione (Giavina,<br />
Giare, Lavaggi, Sasso, Piode);<br />
- la posizione: Solivo, Ordovago, Belvedere, Buzzo,<br />
con l’indicazione specifica di sopra, di mezzo, di<br />
sotto, di qua, di là, vicino o lontano (ad esempio<br />
Villa Superiore o Inferiore, Ormezzano, Otra,<br />
Mittlentail, Vittine;<br />
- la presenza d’acqua (Varvadum o Varadum,<br />
Pisse, Lamaccia, Mollia, Malosso);<br />
- le <strong>atti</strong>vità umane: Morca (dal greco amorghe,<br />
pannelli di spremitura <strong>del</strong>l’olio di noce), Molino,<br />
Nosuggio, Le Folle, Ferrate;<br />
- i nomi dei proprietari: Farinetti, Cravagliana (da<br />
Caprilius);<br />
- la storia <strong>del</strong>la colonizzazione walser o di qualche<br />
personaggio (ad esempio Campo Dolcino).<br />
- serie di nomi alterati (vezzeggiativi, dispregiativi,<br />
diminutivi, accrescitivi): Rivetto, Rivone, Pianello,<br />
Giavinelle, Roncaccio, Vallaccia, Balmone, …<br />
I cinque volumi computerizzati confermano ancora<br />
una volta lo spirito da certosino <strong>del</strong> ricercatore,<br />
rigoroso fino allo scrupolo, umile, paziente che<br />
non dà mai niente per scontato o definitivo.<br />
Sono cinque edizioni <strong>del</strong>lo stesso lavoro costellate<br />
di punti interrogativi, cancellature, correzioni,<br />
aggiunte, asterischi, patetici richiami: ”attenzione!,<br />
54<br />
controllare!”, progressivamente rivedute, ordinate,<br />
ampliate.<br />
IL CENSIMENTO TOPONOMASTICO<br />
La stesura finale risulta inf<strong>atti</strong> formata da 1086<br />
vocaboli, rispetto alla prima di 534, ed è<br />
organicamente strutturata. Accanto a ogni voce il<br />
numero tra parentesi rotonda rimanda a quello<br />
<strong>del</strong>l’Autore nella bibliografia.<br />
Le voci <strong>del</strong>le diverse fonti sono state raggruppate<br />
in modo che di ciascuna riesca più facile ed<br />
immediata la comparazione col toponimo<br />
valsesiano. A titolo d’esempio, trovo Roj riferibile<br />
a dieci vocaboli con significati e origini differenti:<br />
pruno da siepi, roggia, rovere, corso d’acqua,<br />
specie di quercia, luogo pieno di rovi, rosacea.<br />
Così Oro con le varianti Orello, Orelli, Orlino,<br />
Orlivo, Oraccio, è riconducibile a dieci fonti col<br />
significato di orlo, terrazzo, bufera, vento con<br />
pioggia, spigolo, poggio, confine, limite, ciglio <strong>del</strong><br />
burrone, lembo, altura. Lo stesso per Tetti; da dieci<br />
fonti derivano molteplici significati: piccole<br />
costruzioni, bagnato, stalla, cascina, capanna,<br />
ricovero per bestiame, tetto, copertura, riparo<br />
temporaneo, dimora di mezza stagione. Per Meula<br />
i vocaboli di confronto sono sette ed indicano sì la<br />
falce fienaia, ma anche erba dei pascoli d’alta<br />
montagna (meum mutellina), oppure prato magro<br />
dalla voce dialettale myal. Per Priami le voci sono<br />
sei con i curiosi significati di prendo in affitto,<br />
sono calvo, catena di monti a sega, che fiorisce per<br />
tempo, vertice, roccia, colle.<br />
Come si vede la gamma <strong>del</strong>le probabilità è vasta e<br />
l’interpretazione a volte personale; lo sottolinea lo<br />
stesso <strong>padre</strong> Mazzucco ammonendo di ricordare<br />
sempre le parole di S. Agostino: “ut somniorum<br />
interpretatio, ita verborum origo pro cuiusque<br />
ingenio iudicatur”, cioè, come avviene per<br />
l’interpretazione dei sogni così ognuno spiega<br />
l’origine dei vocaboli secondo la propria<br />
intuizione.<br />
Per evidenziare eventuali variazioni grafiche e<br />
fonetiche e proporre quindi una ricerca più<br />
approfondita, al fascicolo di 1086 vocaboli è<br />
aggiunto un ulteriore elenco di 477 nomi<br />
comprendente, oltre a toponimi, cognomi, seguiti<br />
dall’anno <strong>del</strong> documento nel quale compaiono per<br />
la prima volta, tr<strong>atti</strong> dalle “Carte valsesiane”<br />
pubblicate da Carlo Guido Mor nel 1933,<br />
confrontati coi toponimi attuali <strong>del</strong>l’Alta Valsesia.<br />
Il risultato finale ci sembra un monumento alla<br />
Valsesia, un mosaico gigantesco dove ogni tessera<br />
apre uno spiraglio su uno scorcio di paesaggio
montano, con il fascino unico <strong>del</strong>la sua storia c<br />
<strong>del</strong>la sua vita, ma anche una miniera di tesori che<br />
devono ancora essere scoperti.<br />
“Chi più sa più vive” ripeteva “ ma chi ama la<br />
montagna vive due volte”.<br />
Per una richiesta di autorizzazione ad una gita di<br />
istruzione a Punta Indren, il 18 ottobre 1986<br />
scriveva al preside: “Ho proposto questa<br />
escursione, con la convinzione che il suo riflesso<br />
educativo sarà notevole, profondo e duraturo, non<br />
solo per gli alunni, ma pure per me che da<br />
55<br />
cinquant’anni vedo nel <strong>Monte</strong> Rosa una meta<br />
sempre nuova e meravigliosa”.<br />
Per il suo amore per la nostra Valle oggi<br />
certamente rivive per un <strong>atti</strong>mo nel ricordo di<br />
quanti l’hanno conosciuto, ma ci piacerebbe tanto<br />
che la traccia di questo poderoso lavoro fosse<br />
seguita da qualche giovane, magari per una tesi di<br />
laurea. Sarebbe come prolungare nel tempo un<br />
frammento <strong>del</strong>la Sua scienza e <strong>del</strong>la Sua stupefatta<br />
meraviglia.
Non ho avuto la fortuna di conoscere<br />
personalmente Padre Mazzucco e proprio per<br />
questo sono entrato in punta di piedi nel suo<br />
laboratorio e nelle sue carte, con uno sguardo forse<br />
meno condizionato dai ricordi. Quando si entra in<br />
un laboratorio utilizzato per anni, bisogna anzitutto<br />
cercare di capire: pur essendo un fisico di<br />
formazione, per me non è stato facile capire lo<br />
scopo e la logica di tutte le apparecchiature<br />
presenti.<br />
LA STAZIONE METEOROLOGICA DELL’ISTITUTO<br />
CAIMI DI VARALLO<br />
Una considerazione mi viene spontanea, avendo la<br />
possibilità di conoscere la dotazione sia <strong>del</strong><br />
laboratorio di Padre Mazzucco sia dei laboratori di<br />
fisica e chimica <strong>del</strong> liceo, ora unificati, sia <strong>del</strong>le<br />
biblioteche: sono strutture nate e cresciute in anni<br />
in cui era riconosciuta più di adesso l’importanza<br />
<strong>del</strong>le <strong>atti</strong>vità scientifiche, con una ben diversa<br />
considerazione sia dal punto di vista economico sia<br />
dal punto di vista dei tempi e <strong>del</strong>l’impegno. Alcune<br />
pseudo-esperienze o, peggio ancora, le simulazioni<br />
al computer che sono contrabbandate nella scuola<br />
attuale come esperimenti, sembrano giochi di<br />
bambini in confronto a un’esperienza di laboratorio<br />
reale e significativa.<br />
Nel laboratorio <strong>del</strong>l’Istituto Caimi (ora Istituto<br />
Superiore D’Adda) ho ritrovato gli strumenti che<br />
hanno permesso la raccolta dei dati meteorologici,<br />
alcuni quasi sicuramente sconosciuti ai non addetti<br />
ai lavori: per questo ne allego una brevissima<br />
descrizione e alcune foto, anche perché alcuni sono<br />
veramente belli da vedere (fig. 1) .<br />
Descrivo inoltre gli elaboratori utilizzati da Padre<br />
Mazzucco per la rielaborazione dei dati meteo e<br />
degli esperimenti, con un lavoro da vero pioniere<br />
<strong>del</strong>l’informatica all’interno <strong>del</strong>la scuola: di questi<br />
apparecchi presento le foto e una brevissima<br />
descrizione perché sono veramente pezzi di<br />
archeologia informatica, di cui ancora sono<br />
conservati alcuni esemplari nella nostra scuola.<br />
LA STAZIONE METEOROLOGICA<br />
Roberto Cairo<br />
57<br />
Fig. 1 <strong>–</strong> La stazione meteorologica <strong>atti</strong>va presso<br />
l’Istituto Caimi (ora parte <strong>del</strong>l’Istituto D’Adda) di<br />
Varallo<br />
LA STRUMENTAZIONE<br />
La strumentazione per le rilevazioni<br />
meteorologiche, riportata in un elenco <strong>del</strong> 1986 e<br />
ancora conservata presso l’Istituto superiore<br />
D’Adda, era costituita da un anemometro, un<br />
pluviografo, un termoigrografo, alcuni barometri<br />
aneroidi e un barometro Fortin, un eliografo, un<br />
piranografo, un evaporigrafo, uno psicrometro, un<br />
catatermometro e alcuni termometri a massima e a<br />
minima (figg. 2 <strong>–</strong> 11).<br />
Fig. 2 <strong>–</strong> Anemografo. L'anemometro è uno strumento<br />
utilizzato per misurare la velocità <strong>del</strong> vento. Nelle foto<br />
si vedono l’anemometro a forma di aereo e la stazione<br />
di raccolta dei dati su velocità e direzione <strong>del</strong> vento.
Fig. 3 <strong>–</strong> Pluviografo. Il pluviometro o pluviografo è lo<br />
strumento utilizzato per misurare la quantità di pioggia<br />
caduta.<br />
Fig. 4 <strong>–</strong> Termoigrografo. Il termoigrografo è uno<br />
strumento che registra la temperatura e l'umidità<br />
relativa <strong>del</strong>la massa d'aria circostante.Nella foto il<br />
termoigrografo nel cortile <strong>del</strong>l’Istituto.<br />
Fig. 5 <strong>–</strong> Barometri. Sono presenti in laboratorio sia<br />
barometri aneroidi sia il barometro Fortin. Il<br />
barometro Fortin è un barometro a mercurio di<br />
precisione per la misura <strong>del</strong>la pressione atmosferica; è<br />
usato in tutte le stazioni meteorologiche e può essere<br />
usato per tarare altri barometri. È quindi uno strumento<br />
58<br />
di riferimento essenziale e serve a dare il QNH (quota<br />
di riferimento sul livello <strong>del</strong> mare).<br />
Fig. 6 - Barometro aneroide<br />
Fig. 7 <strong>–</strong> Eliofanografo. L'eliofanografo è uno strumento<br />
utilizzato in meteorologia per misurare la durata<br />
<strong>del</strong>l'illuminazione solare, cioè le ore e le frazioni di ora<br />
durante le quali il Sole è presente sopra l’orizzonte<br />
libero da nubi, ed è costituito da una sfera di vetro<br />
ottico sostenuta ai poli da due supporti posti alle<br />
estremità di un arco meridiano graduato, che permette<br />
di disporre l’asse <strong>del</strong>la sfera con un’inclinazione uguale<br />
ai gradi di latitudine <strong>del</strong> sito in cui è posta. Sul piano<br />
equatoriale <strong>del</strong>la sfera è situata una superficie sferica<br />
cava e solidale con il sostegno graduato. Questa<br />
superficie è dotata di una serie di scanalature<br />
longitudinali nelle quali vengono poste <strong>del</strong>le strisce di<br />
carta diagrammata per la registrazione dei dati. La<br />
carta speciale fotosensibile viene bruciata dai raggi <strong>del</strong><br />
Sole concentrati dalla sfera e dalla posizione e<br />
lunghezza <strong>del</strong>le bruciature è possibile risalire all’orario<br />
ed alla durata <strong>del</strong>l’insolazione.
Fig. 8 <strong>–</strong> Piranografo. Strumento per la misurazione<br />
<strong>del</strong>l’intensità <strong>del</strong>la radiazione solare globale, cioè <strong>del</strong>la<br />
radiazione solare diretta più quella diffusa dalla volta<br />
celeste; è costituito essenzialmente da un ricevitore<br />
integrale di energia raggiante (bolometro: di solito una<br />
lamina metallica annerita o una termopila), collegato a<br />
un opportuno dispositivo di misurazione e protetto da<br />
una piccola campana emisferica di vetro d’ottica, per<br />
eliminare l’influenza <strong>del</strong>le radiazioni dovute<br />
all’irraggiamento termico <strong>del</strong> suolo e <strong>del</strong>l’aria.<br />
Fig. 9 - Evaporigrafo. L’evaporimetro è uno strumento<br />
per misurare l’evapotraspirazione. La quantità d’acqua<br />
persa per evapotraspirazione si valuta in millimetri,<br />
attraverso l’applicazione di formule matematiche che<br />
tengono conto dei principali parametri atmosferici che<br />
influiscono sul fenomeno fisico. Esso consiste in una<br />
vasca a sponde verticali piena d’acqua: dalla misura<br />
<strong>del</strong> livello <strong>del</strong>l’acqua, effettuata tutti i giorni, si ricava il<br />
calo <strong>del</strong>l’acqua nell’evaporimetro (la misura è in<br />
millimetri d’acqua persa al giorno mm/giorno).<br />
59<br />
Fig. 10 <strong>–</strong> Psicrometro. Lo psicrometro è uno strumento<br />
per misurare l'umidità <strong>del</strong>l'aria, che si avvale <strong>del</strong>la<br />
differenza di temperatura tra un termometro asciutto e<br />
uno bagnato. È costituito da due termometri affiancati,<br />
di cui uno è chiamato bulbo secco e misura la<br />
temperatura <strong>del</strong>l'aria, mentre l'altro, avvolto in una<br />
garza di cotone imbevuta d'acqua distillata, è chiamato<br />
bulbo umido e misura la temperatura <strong>del</strong>l'acqua a<br />
contatto con l'aria (ovvero la temperatura di bulbo<br />
umido): l'evaporazione <strong>del</strong>l'acqua sottrae calore<br />
abbassandone la temperatura in misura inversamente<br />
proporzionale all'umidità <strong>del</strong>l'aria. La lettura dei due<br />
termometri permette di conoscere con tabelle o<br />
diagrammi l'umidità relativa e assoluta <strong>del</strong>l'aria.<br />
L’ELABORAZIONE DEI DATI<br />
La stazione meteorologica ha funzionato dal 1969<br />
al 1990.<br />
Fig. 11- Il frontespizio <strong>del</strong>la raccolta dei dati sulle<br />
precipitazioni (1966-1990)
I dati rilevati sono stati archiviati ed elaborati con<br />
macchine calcolatrici (Olivetti MC-24) ed<br />
elaboratori (Olivetti Programma 101, Olivetti<br />
Programma 203, IBM 5120; figg. 12-15).<br />
Anche questi strumenti sono riportati in un<br />
elenco <strong>del</strong> 1986 e sono ancora conservati presso<br />
l’Istituto superiore D’Adda.<br />
I dati rilevati sono conservati in forma cartacea.<br />
Sono inoltre disponibili tabelle e grafici elaborati<br />
da Padre Mazzucco.<br />
Fig. 12 - Olivetti MC-24. La sigla MC-24 indica una<br />
serie di macchine da calcolo elettriche, automatiche,<br />
con stampa integrata e registro di memoria dinamica,<br />
prodotte dalla Olivetti, e comprendeva 3 mo<strong>del</strong>li base:<br />
la Multisumma-24 (somma, sottrazione e<br />
moltiplicazione), la Divisumma-24 (anche divisione) e<br />
la Tetractys. La Divisumma, grazie al buon rapporto<br />
prezzo-prestazioni, fu il mo<strong>del</strong>lo maggiormente<br />
venduto: il suo prezzo era di poco inferiore a quello di<br />
una Fiat 500. L'Olivetti rivendeva queste macchine a<br />
dieci volte il costo di produzione, pur restando molto<br />
concorrenziale. Nel 1967, fu prodotto il milionesimo<br />
esemplare. È stata definita “la gallina dalle uova<br />
d'oro”.<br />
Fig. 13 - Olivetti Programma 101. L’'Olivetti<br />
Programma 101 o P101 è un calcolatore da scrivania,<br />
con stampante integrata, sviluppato dalla ditta italiana<br />
Olivetti negli anni tra il 1962 e il 1964. La P101, con la<br />
sua innovativa concezione e il design avveniristico per<br />
l'epoca, può essere considerato il primo personal<br />
computer. Ebbe un buon successo di vendita grazie<br />
60<br />
anche al suo costo relativamente limitato, 3.200 dollari,<br />
e alla sua programmabilità senza l'intervento di tecnici.<br />
Dei circa 44.000 mo<strong>del</strong>li venduti ne esistono soltanto<br />
otto ancora funzionanti. La Programma 101 era in<br />
grado di fare le 4 operazioni oltre alla radice quadrata.<br />
Fig. 14 - Olivetti Programma 203. Dopo il successo<br />
<strong>del</strong>la Programma 101, l’Olivetti prosegue nello<br />
sviluppo degli elaboratori personali e presenta, nel<br />
1967, la P203. E' un calcolatore dedicato<br />
principalmente ad applicazioni commerciali, area in cui<br />
Olivetti è storicamente presente con le sue macchine<br />
contabili a tecnologia meccanica o mista<br />
meccanica/elettronica. Nella P203 è presente<br />
l'integrazione di due distinti prodotti: un elaboratore<br />
derivato dalla Programma 101 ed una macchina per<br />
scrivere elettrica Tekne 3. Il punto di forza <strong>del</strong>la<br />
macchina era proprio la possibilità di realizzare<br />
direttamente i documenti con i dati risultanti<br />
dall'elaborazione, senza necessità di una loro<br />
trascrizione. La macchina si prestava particolarmente<br />
alle applicazioni amministrative (fatturazione, paghe,<br />
provvigioni) ma era proposta anche per calcoli<br />
finanziari, statistici, e tecnico-scientifici.
61<br />
Fig. 15 - IBM 5120. Il sistema IBM mo<strong>del</strong>lo include al<br />
suo interno due floppy disk drive da 8" con 1.2 MB di<br />
capacità ed un monitor da 9". Annunciato nel febbraio<br />
<strong>del</strong> 1980, è dotato <strong>del</strong> linguaggio di programmazione<br />
BASIC. Al momento <strong>del</strong> lancio il mo<strong>del</strong>lo 5120 era il<br />
computer IBM con il prezzo più basso. L'IBM 5120 era<br />
composto da tre pezzi: il Mo<strong>del</strong>lo 3 5110, l'unità a<br />
dischi 5114 e la stampante ad aghi 5103. Costava una<br />
bella cifra, allora, nonostante fosse il prezzo più basso<br />
per IBM: 9.340 dollari. La sua caratteristica più<br />
imbarazzante era il peso, ben 48 kg!
Ringraziamenti<br />
Gli organizzatori ringraziano:<br />
Padre Renato Zacquini, per la disponibilità mostrata in tutte lo svolgimento <strong>del</strong> progetto; Ermete Cravanzola<br />
e Carlo Beccaria, per le informazioni fornite agli Autori dei riassunti.<br />
I testi relativi alle coppelle <strong>del</strong>la Valsesia, consultati per la preparazione <strong>del</strong>l’articolo di Piera Micheletti,<br />
sono stati trascritti nell’anno scolastico 2008-2009.dagli studenti <strong>del</strong> Biennio <strong>del</strong>l’Istituto Tecnico<br />
Commerciale “B. Caimi” (sezione associata all’Istituto d’istruzione Superiore D’Adda di Varallo), guidati<br />
dalla Prof.sa Antonella Schirrapa, docente di trattamento dati.<br />
La riedizione <strong>del</strong>l’articolo di Alessandro Mazzucco sui coni di ghiaccio, pubblicato sul Notiziario CAI<br />
Varallo nel 1983, è stata eseguita da Mauro Festa Larel.<br />
Le fotografie di <strong>padre</strong> Mazzucco a p. 51, scansionate da <strong>padre</strong> Renato Zacquini, Antonio Bondioli, Mauro<br />
Festa Larel e Roberto Cairo, provengono dall’archivio dei Padri Dottrinari.<br />
Le fotografie in copertina e nelle pp. 17, 23-25, 35-37 sono di Giorgio Salina; nelle pp. 41, 43-45, 57-61 di<br />
Roberto Cairo.<br />
L’edizione <strong>del</strong> volume è stata curata da Roberto Fantoni.<br />
63
ottobre 2012<br />
Istituto Superiore D’Adda