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Anfibi e Rettili delle Tre Limentre - Provincia di Pistoia

Anfibi e Rettili delle Tre Limentre - Provincia di Pistoia

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PROVINCIA DI PISTOIA<br />

Servizio Agricoltura, Patrimonio<br />

Naturale eIttiofaunistico<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong><br />

MUSEO D STORIA NATURALE<br />

DI FIRENZE<br />

Sezione <strong>di</strong> Zoologia “La Specola”<br />

<strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

Marta Biaggini, Emanuele Paggetti,<br />

Clau<strong>di</strong>a Corti


In<strong>di</strong>ce<br />

Introduzione ....................................................................................<br />

Generalità su <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> ............................................................<br />

Le carte <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione ..................................................................<br />

ANFIBI<br />

Salamandra salamandra .................................................................<br />

Salamandrina perspicillata ..............................................................<br />

Mesotriton alpelstris.........................................................................<br />

Triturus carnifex...............................................................................<br />

Speleomantes italicus......................................................................<br />

Bombina pachypus .........................................................................<br />

Bufo bufo ........................................................................................<br />

Rana dalmatina ..............................................................................<br />

Rana appenninica ..........................................................................<br />

Rana temporaria .............................................................................<br />

Rane ver<strong>di</strong> ......................................................................................<br />

RETTILI<br />

Anguis fragilis .................................................................................<br />

Chalcides chalcides ........................................................................<br />

Podarcis muralis .............................................................................<br />

Podarcis siculus .............................................................................<br />

Lacerta bilineata .............................................................................<br />

Coronella austriaca ........................................................................<br />

Natrix natrix ....................................................................................<br />

Hierophis viri<strong>di</strong>flavus ......................................................................<br />

Zamenis longissimus .....................................................................<br />

Vipera aspis ...................................................................................<br />

Bibliografia .....................................................................................<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

2<br />

3<br />

4<br />

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65<br />

1


Introduzione<br />

Questa guida, se pur nelle sue modeste <strong>di</strong>mensioni, nasce con il<br />

duplice intento <strong>di</strong> avvicinare il lettore alla conoscenza <strong>di</strong> <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong>,<br />

due gruppi animali rappresentanti della cosiddetta “fauna minore” e,<br />

allo stesso tempo, <strong>di</strong> contribuire alla valorizzazione <strong>di</strong> una zona della<br />

Montagna Pistoiese che in passato è stata spesso sottovalutata. Lo<br />

spunto per la stesura del presente lavoro è stato la realizzazione <strong>di</strong><br />

uno stu<strong>di</strong>o sull’erpetofauna voluto e finanziato dalla <strong>Provincia</strong> <strong>di</strong> <strong>Pistoia</strong><br />

con l’intenzione <strong>di</strong> incrementare la conoscenza naturalistica del<br />

comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong>.<br />

Ma perché rivolgere l’attenzione proprio su <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong>? La risposta<br />

risiede in varie ragioni. Per prima cosa questi Vertebrati, date le loro<br />

particolari esigenze ecologiche e anche la loro <strong>di</strong>mensione<br />

relativamente ridotta, sono intimamente legati al territorio in cui vivono.<br />

Ciò ha come <strong>di</strong>retta conseguenza il fatto che valutarne la presenza e<br />

stu<strong>di</strong>arne la <strong>di</strong>stribuzione, significa anche implicitamente ottenere <strong>delle</strong><br />

importanti informazioni sullo stato <strong>di</strong> salute dell’ambiente stesso. Basti<br />

pensare all’esempio più palese, quello degli <strong>Anfibi</strong> che, essendo<br />

caratterizzati da una fase acquatica nel loro ciclo vitale, sono <strong>di</strong><br />

conseguenza strettamente vincolati alla qualità <strong>delle</strong> acque; proprio per<br />

questo motivo, con la loro presenza gli <strong>Anfibi</strong> possono fornire<br />

in<strong>di</strong>cazioni sullo stato <strong>di</strong> fiumi e torrenti e dei relativi ambienti ripariali e<br />

fungere quin<strong>di</strong> da “bio-in<strong>di</strong>catori”. <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> inoltre sono tra gli<br />

animali maggiormente minacciati dalle attività umane e dai<br />

cambiamenti climatici e preoccupanti segnali <strong>di</strong> un loro declino sono<br />

già presenti a livello globale ma anche locale. Ogni specie vivente<br />

possiede un suo valore intrinseco che da solo dovrebbe bastare a dare<br />

impulso a qualsiasi sforzo per la sua conservazione, ma la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

bio<strong>di</strong>versità, un argomento <strong>di</strong> cui si parla molto in questi ultimi anni, ha<br />

anche gravi conseguenze per così <strong>di</strong>re “pratiche”. Anche in questo<br />

contesto <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> costituiscono un “caso” esemplare: dal<br />

momento infatti che si trovano in genere ad occupare posizioni<br />

interme<strong>di</strong>e all’interno della catena alimentare, risulta particolarmente<br />

facile immaginare come la <strong>di</strong>minuzione o ad<strong>di</strong>rittura la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> questi<br />

Vertebrati possa portare a <strong>delle</strong> pesanti conseguenze per l’equilibrio<br />

dell’intero ecosistema <strong>di</strong> cui fanno parte.<br />

Stu<strong>di</strong> volti all’approfon<strong>di</strong>mento <strong>delle</strong> componenti faunistiche <strong>di</strong> un<br />

territorio come quello del comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> che, grazie<br />

alle sue caratteristiche e al suo stato <strong>di</strong> conservazione relativamente<br />

....<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

2


uono, può essere considerato una sorta <strong>di</strong> “bacino <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità”,<br />

possono costituire degli utili contributi nell’ambito della pianificazione e<br />

della gestione territoriale. È nostro auspicio inoltre che l’acquisizione <strong>di</strong><br />

una maggiore familiarità con <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> possa contribuire ad una<br />

loro rivalutazione anche nell’opinione comune che spesso, purtroppo,<br />

serba nei confronti <strong>di</strong> questi animali una certa <strong>di</strong>ffidenza.<br />

Ringraziamenti<br />

Si ringrazia il Servizio Agricoltura, Patrimonio Naturale e ittiofaunistico<br />

della <strong>Provincia</strong> <strong>di</strong> <strong>Pistoia</strong> per il supporto fornito durante l’indagine ed in<br />

particolare Luigi Giorgetti, Silvia Masi e Fabrizia Fagnani per la loro<br />

<strong>di</strong>sponibilità.<br />

Un ringraziamento va anche alle persone che ci hanno fornito alcune<br />

<strong>delle</strong> immagini presenti in questa guida (e il cui nome è in<strong>di</strong>cato in<br />

<strong>di</strong>dascalia, per ciascuna foto).<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

3


Generalità su <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong><br />

ANFIBI<br />

Il nome “<strong>Anfibi</strong>” deriva dal greco antico e significa “dalla doppia vita”.<br />

Questi animali infatti presentano durante la loro vita una fase larvale,<br />

strettamente legata all’acqua e una fase adulta trascorsa, in genere,<br />

sulla terraferma. Durante la fase larvale gli <strong>Anfibi</strong> respirano grazie alle<br />

branchie mentre dopo la metamorfosi, <strong>di</strong> regola, attraverso i polmoni.<br />

Quest’ultimi sono tuttavia poco efficienti, quando paragonati a quelli<br />

degli altri Vertebrati, tanto che la respirazione polmonare è coa<strong>di</strong>uvata<br />

da quella cutanea. La pelle pertanto deve essere sempre mantenuta<br />

umida per favorire gli scambi gassosi.<br />

La mancanza <strong>di</strong> strutture atte a proteggere le uova dall’essiccamento e<br />

da danni <strong>di</strong> tipo meccanico ha fatto sì che gli <strong>Anfibi</strong>, pur essendo stati i<br />

primi Vertebrati a conquistare la terraferma, siano tuttavia <strong>di</strong>pendenti<br />

dall’ambiente acquatico o quantomeno molto umido.<br />

Gli <strong>Anfibi</strong>, in genere <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni modeste e provvisti <strong>di</strong> quattro arti,<br />

talvolta ridotti o ad<strong>di</strong>rittura assenti, sono Vertebrati ectotermi (detti<br />

anche “a sangue freddo”) che, in altre parole, regolano la loro<br />

temperatura corporea secondo quella ambientale.<br />

La classe è sud<strong>di</strong>visa in tre or<strong>di</strong>ni: Apo<strong>di</strong> (per esempio le cecilie; non<br />

presenti in Europa), Urodeli (come salamandre e tritoni) e Anuri (rane,<br />

raganelle e rospi).<br />

RETTILI<br />

I <strong>Rettili</strong> sono stati il primo gruppo <strong>di</strong> Vertebrati a conquistare<br />

definitivamente le terre emerse. La loro pelle è ricoperta <strong>di</strong> squame<br />

(talora rinforzate da piastre ossee) così da evitare la <strong>di</strong>sidratazione,<br />

mentre le loro uova, che vengono deposte a terra, sono dotate <strong>di</strong><br />

amnios, una membrana che preserva l’embrione dall’essiccamento e<br />

ricoperte da un guscio che le protegge da danni <strong>di</strong> tipo meccanico.<br />

Come gli <strong>Anfibi</strong> sono eterotermi, caratteristica che ne con<strong>di</strong>ziona la<br />

<strong>di</strong>stribuzione. I <strong>Rettili</strong>, sono infatti molto <strong>di</strong>ffusi nelle zone a clima caldo<br />

o temperato; li ritroviamo tuttavia negli ambienti più vari, dai boschi ai<br />

deserti e dai fiumi al mare. Questi Vertebrati possono essere dotati <strong>di</strong><br />

quattro arti (tartarughe e lucertole) oppure esserne privi (Serpenti),<br />

mentre sono poco numerose le specie che ne presentano un solo paio.<br />

I <strong>Rettili</strong> attualmente viventi sono <strong>di</strong>stinti in quattro or<strong>di</strong>ni: Testu<strong>di</strong>nati,<br />

Rincocefali, Loricati e Squamati.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

4


Carta orografica dell’area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o (estratto<br />

Tav.QC01, PTC della provincia <strong>di</strong> <strong>Pistoia</strong>).<br />

Le carte <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

PP58 PP68<br />

PP57<br />

PP67<br />

0 2 Km<br />

I 4 quadrati UTM <strong>di</strong> 10x10 km compresi nell’area<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e loro denominazione (linea continua) e i<br />

quadrati <strong>di</strong> 5x5 km utilizzati nelle schede <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione <strong>delle</strong> specie (linea tratteggiata).<br />

L’area compresa in questa guida ricade in gran parte nel comune <strong>di</strong><br />

Sambuca Pistoiese e per una piccola porzione in quello <strong>di</strong> <strong>Pistoia</strong>: a<br />

ovest e a est i limiti sono costituiti rispettivamente dal fiume Reno e dal<br />

torrente Limentra Orientale; a nord dal confine con il comune <strong>di</strong><br />

Granaglione e a sud, sostanzialmente, dalle parti dei bacini della<br />

Limentra Orientale e <strong>di</strong> quella Occidentale che interessano il comune <strong>di</strong><br />

<strong>Pistoia</strong>. L'intero territorio, completamente montuoso, è costituito da<br />

quattro vallate parallele, con <strong>di</strong>rezione prevalente sud-ovest nord-est:<br />

da est a ovest si susseguono le valli della Limentra Orientale, della<br />

<strong>Limentre</strong>lla, della Limentra <strong>di</strong> Sambuca e del Reno. Il punto<br />

topograficamente più basso, 389 m s.l.m., si trova al confine nord,<br />

nell’alveo del fiume Reno; quello più alto è invece rappresentato dal<br />

monte La Croce (dorsale tra i torrenti Limentra Orientale e <strong>Limentre</strong>lla)<br />

con i suoi 1318 m <strong>di</strong> quota.<br />

Facendo riferimento al reticolo UTM (Universal Transverse Mercator, un<br />

sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate basato su un griglia formata dall’intersezione <strong>di</strong><br />

......<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

5


fusi e fasce) sono 4 i quadrati <strong>di</strong> 10 km <strong>di</strong> lato interessati, almeno in<br />

parte, dall’indagine: PP58, PP68, PP57 e PP67. Sebbene in genere sia<br />

questa l’ “unità <strong>di</strong> misura” più spesso adottata nei lavori faunistici, nelle<br />

schede <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione <strong>delle</strong> specie della presenta guida è stata tuttavia<br />

adottata la griglia <strong>di</strong> 5x5 km per garantire una maggior precisione <strong>delle</strong><br />

in<strong>di</strong>cazioni fornite.<br />

I dati utilizzati sono sostanzialmente <strong>di</strong> due tipi. Gran parte <strong>di</strong> essi<br />

derivano dall’indagine svolta <strong>di</strong>rettamente dagli autori sul territorio (<strong>di</strong><br />

cui accennato brevemente nell’Introduzione). Gli avvistamenti sul<br />

campo sono stati inoltre integrati attraverso la ricerca bibliografica<br />

(basata soprattutto su pubblicazioni <strong>di</strong> tipo scientifico) e l’analisi degli<br />

schedari del Museo <strong>di</strong> Storia Naturale dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Firenze, Sezione <strong>di</strong> Zoologia “La Specola” che raccoglie un’importante<br />

collezione <strong>di</strong> <strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> della Toscana. In riferimento ai dati derivanti<br />

dalla ricerca bibliografica si specifica che nelle carte <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

sono state inserite solo le segnalazioni che riportassero l’in<strong>di</strong>cazione<br />

precisa della località <strong>di</strong> avvistamento. Nel caso <strong>di</strong> alcuni database,<br />

infatti, in cui l’unità <strong>di</strong> misura è costituita in genere dai quadrati UTM<br />

10x10 km, ogni dato è riferibile ad una zona relativamente ampia che<br />

può interessare solo in parte l’area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o: l’in<strong>di</strong>cazione dell’esistenza<br />

<strong>di</strong> una certa specie all’interno <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> questi quadrati non ne<br />

garantisce quin<strong>di</strong> l’effettiva presenza nel comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong><br />

<strong>Limentre</strong>. Le specie <strong>di</strong> cui non siano state rintracciate le località <strong>di</strong><br />

riferimento ma la cui presenza è comunque segnalata in un’area che<br />

comprende il territorio analizzato e le zone ad esso limitrofe, sono state<br />

inserite in questa guida ma senza relativa cartografia.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

6


<strong>Anfibi</strong><br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

7


Salamandra salamandra (Linnaeus, 1758)<br />

Salamandra pezzata<br />

Famiglia: Salamandridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Salamandra salamandra. Foto R. Cipriani.<br />

<strong>Anfibi</strong>o Urodelo (il più grande tra quelli italiani) ampiamente <strong>di</strong>ffuso dalla<br />

Penisola Iberica fino all’Ucraina e al Peloponneso.<br />

DESCRIZIONE<br />

È una specie facilmente riconoscibile grazie alla sua livrea giallo-nera<br />

che la rende molto vistosa e che funge da avvertimento nei confronti<br />

dei potenziali predatori: le ghiandole cutanee secernono infatti una<br />

sostanza velenosa. Le macchie possono avere le più svariate forme e<br />

<strong>di</strong>mensioni. Ha corporatura massiccia e può raggiungere anche i 30<br />

cm, pur essendo me<strong>di</strong>amente lunga intorno ai 16 cm. Maschio e<br />

femmina sono simili, <strong>di</strong>stinguibili però osservando la regione cloacale,<br />

che nel primo è più rigonfia.<br />

Le larve hanno un colore bruno lievemente maculato che le mimetizza<br />

col fondo dei ruscelli (spesso ricco <strong>di</strong> foglie marcescenti), ma sono<br />

facilmente <strong>di</strong>stinguibili da quelle <strong>di</strong> altri Urodeli per la presenza <strong>di</strong> una<br />

macchiolina giallastra dorsale alla base degli arti. Le larve prossime alla<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

8


Salamandra salamandra Salamandridae<br />

metamorfosi presentano un <strong>di</strong>segno simile a quello degli adulti, ma<br />

caratterizzato da colorazione meno accesa.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

In Italia la salamandra pezzata è presente lungo tutto l’arco alpino e, in<br />

maniera più frammentata, lungo l’Appennino dove è presente la<br />

sottospecie gigliolii.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Da adulta la salamandra pezzata conduce vita terrestre. È un<br />

animale sostanzialmente crepuscolare e notturno e <strong>di</strong> giorno la sua<br />

attività è decisamente correlata alla temperatura e al grado <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà.<br />

Le stagioni <strong>di</strong> maggiore attività sono la primavera e l’autunno ma in<br />

annate non troppo rigide e secche gli adulti possono rimanere attivi tutto<br />

l’anno. La salamandra pezzata si muove piuttosto lentamente e non si<br />

allontana molto dal suo rifugio. Da adulta si nutre <strong>di</strong> piccoli invertebrati<br />

della lettiera, mentre le larve predano invertebrati acquatici. Il veleno<br />

protegge questi animali dalla maggior parte dei predatori, ma talora<br />

possono cadere vittime <strong>di</strong> bisce, Uccelli e cinghiali.<br />

Habitat. La salamandra pezzata può rinvenirsi a partire da quote molto<br />

basse fino ai 2000 m s.l.m., ma mostra una chiara preferenza per le<br />

zone <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a altitu<strong>di</strong>ne. Pre<strong>di</strong>lige i boschi maturi <strong>di</strong> latifoglie decidue<br />

(specialmente querceti, faggete e castagneti), pur potendosi trovare<br />

anche in boschi <strong>di</strong> conifere o in leccete.<br />

Riproduzione. L’accoppiamento avviene a terra a seguito <strong>di</strong> un rituale<br />

<strong>di</strong> corteggiamento. La salamandra pezzata è ovovivipara; in primavera<br />

(<strong>di</strong> regola) “partorisce” qualche decina <strong>di</strong> larve, sempre in acque limpide<br />

e correnti, dove esse porteranno a termine lo sviluppo in un lasso <strong>di</strong><br />

tempo estremamente variabile, tanto che in alcuni casi la metamorfosi<br />

può completarsi anche dopo l’inverno. Alla nascita le larve misurano<br />

intorno ai 20-30 mm.<br />

CONSERVAZIONE<br />

I principali rischi a cui è soggetta questa specie sono dovuti<br />

all’alterazione dell’habitat sia nella componente boschiva sia in quella<br />

idrica. L’eccessiva captazione e l’inquinamento <strong>delle</strong> acque, ma anche<br />

l’introduzione <strong>di</strong> predatori quali i Salmoni<strong>di</strong>, possono infatti minacciare<br />

notevolmente questi <strong>Anfibi</strong>.<br />

La specie fa parte degli allegati A e B della Legge Regionale 56/2000<br />

....<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

9


Salamandra salamandra Salamandridae<br />

ed è inserita nell’allegato III della Convenzione <strong>di</strong> Berna.<br />

LA SALAMANDRA PEZZATA NEL COMPRENSORIO<br />

La relativa <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> avvistamento della salamandra pezzata allo<br />

sta<strong>di</strong>o adulto, potrebbe portare a sottostimare la presenza <strong>di</strong> questa<br />

specie. Nel periodo opportuno è invece più semplice in<strong>di</strong>viduarne le<br />

larve, laddove presenti. Nel comprensorio queste ultime sono state<br />

osservate solo in presenza <strong>di</strong> acque molto limpide e fresche, con<strong>di</strong>zione<br />

caratterizzante soprattutto piccoli ruscelli all’interno <strong>di</strong> porzioni <strong>di</strong> bosco<br />

molto chiuse.<br />

Larva <strong>di</strong> Salamandra salamandra. Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

10


Salamandrina perspicillata (Savi, 1821)<br />

Salamandrina del Savi<br />

Famiglia: Salamandridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (femmina) <strong>di</strong> Salamandrina perspicillata.<br />

Foto M. Biaggini.<br />

Il genere Salamadrina è un endemismo appenninico.<br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

DESCRIZIONE<br />

La salamandrina del Savi ha un aspetto inconfon<strong>di</strong>bile e una<br />

caratteristica che la rende unica tra gli Urodeli italiani: il piede presenta<br />

solo quattro <strong>di</strong>ta.<br />

La salamandrina, che in genere raggiunge la lunghezza totale <strong>di</strong> 10-11<br />

cm, ha il corpo dall’apparenza gracile, caratteristica dovuta anche al<br />

forte rilievo <strong>di</strong> costole e vertebre e la testa è ben <strong>di</strong>stinta dal tronco. Le<br />

parti superiori sono <strong>di</strong> color bruno-nerastro, con un tipico <strong>di</strong>segno<br />

biancastro, sulla nuca, a forma <strong>di</strong> V che può ricordare degli “occhiali”; le<br />

parti ventrali presentano varie macchie <strong>di</strong> colore nero, bianco e rosso.<br />

Maschi e femmine sono molto simili, ma i primi si possono <strong>di</strong>stinguere<br />

per avere la cloaca più rigonfia e, proporzionalmente alla lunghezza del<br />

corpo, la coda più lunga e la testa più grande.<br />

Le larve, che alla schiusa presentano bilancieri, hanno le parti dorsali<br />

.....<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

11


Salamandrina perspicillata Salamandridae<br />

caratterizzate da un colore che va dal giallastro-rosato al bruno, con<br />

macchie scure, mentre quelle ventrali sono biancastre. Una cresta<br />

vertebrale è presente sul tronco <strong>delle</strong> larve.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

La salamandrina del Savi è <strong>di</strong>stribuita dalla Liguria alla Campania.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. In genere la salamandrina del Savi trascorre i mesi estivi e<br />

invernali nel suolo o in cavità sotterranee ma una certa attività può<br />

comunque essere registrata anche in pieno inverno. Può essere attiva<br />

sia <strong>di</strong> giorno sia <strong>di</strong> notte ma <strong>di</strong> regola lo è soprattutto dopo il tramonto.<br />

Durante il giorno infatti, a meno che non vi siano particolari con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

elevata umi<strong>di</strong>tà, si nasconde in genere sotto pietre, tronchi o ra<strong>di</strong>ci. Ha<br />

abitu<strong>di</strong>ni spiccatamente terrestri, tanto che solo la femmina torna<br />

all’acqua per la deposizione. L’accoppiamento, preceduto da un<br />

complesso rituale, ha luogo a terra.<br />

La specie mostra una caratteristica reazione qualora <strong>di</strong>sturbata: solleva<br />

le zampe posteriori e inarca la coda sul dorso. La salamandrina del Savi<br />

si nutre <strong>di</strong> invertebrati della lettiera (Molluschi e Artropo<strong>di</strong>). A terra gli<br />

adulti possono essere predati da Anuri, <strong>Rettili</strong>, Uccelli e Mammiferi<br />

mentre in acqua le larve e le femmine sono predate da Crostacei e<br />

Pesci.<br />

Habitat. La salamandrina pre<strong>di</strong>lige le zone collinari e quelle bassomontane;<br />

frequenta sia vari tipi <strong>di</strong> boschi (soprattutto <strong>di</strong> latifoglie) sia<br />

zone aperte (campi e giar<strong>di</strong>ni). Le acque nelle quali si riproduce sono<br />

limpide e poco correnti.<br />

Riproduzione. Non è ben noto il periodo degli incontri sessuali, ma si<br />

sa che la fecondazione avviene solo al momento della deposizione<br />

quando la femmina libera gli spermatozoi fino allora conservati nella<br />

spermateca. L’ovideposizione può avvenire in un periodo piuttosto<br />

lungo, da <strong>di</strong>cembre a luglio, <strong>di</strong> solito in torrenti e ruscelli <strong>di</strong> non<br />

eccessiva portata ma anche in una gran varietà <strong>di</strong> altre raccolte<br />

d’acqua. La femmina depone le uova singolarmente facendole aderire a<br />

ramoscelli, pietre o ra<strong>di</strong>ci presenti nel corso d’acqua. Femmine <strong>di</strong>verse<br />

possono deporre nello stesso luogo formando così dei gruppi <strong>di</strong> uova<br />

consistenti. Le larve misurano me<strong>di</strong>amente 1 cm al momento della<br />

schiusa. La fase larvale può durare da 2 a 5 mesi.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

12


Salamandrina perspicillata Salamandridae<br />

CONSERVAZIONE<br />

La specie non appare mai abbondante, ma ciò potrebbe essere dovuto<br />

alla sua elusività. Come tutti gli <strong>Anfibi</strong>, è minacciata dalla <strong>di</strong>struzione<br />

degli habitat a lei idonei e dall’inquinamento. In alcune aree della nostra<br />

regione la specie è in regressione.<br />

È compresa nell’allegato II della Convenzione <strong>di</strong> Berna, negli allegati B<br />

e D della Direttiva Habitat e A e B della Legge Regionale 56/2000.<br />

LA SALAMANDRINA DEL SAVI NEL COMPRENSORIO<br />

Nel comprensorio appare <strong>di</strong>ffusa un po’ ovunque e nella stagione<br />

riproduttiva si può incontrare con relativa facilità. Siti riproduttivi sono<br />

stati in<strong>di</strong>viduati soprattutto in affluenti ricchi <strong>di</strong> pozze naturali, ma anche<br />

nel corso dei fiumi principali, dove però la corrente è molto lenta. La<br />

salamandrina del Savi è meno facilmente osservabile al <strong>di</strong> fuori della<br />

stagione riproduttiva e in ambiente terrestre.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (femmina) <strong>di</strong> Salamandrina perspicillata. Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

13


Mesotriton alpestris (Laurenti, 1768)<br />

Tritone alpestre<br />

Famiglia: Salamandridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Mesotriton alpestris. Foto F. Barbagli.<br />

Il tritone alpestre in Italia conta tre sottospecie: in Toscana è presente il<br />

tritone appenninico (Mesotriton alpestris apuanus).<br />

DESCRIZIONE<br />

Si tratta <strong>di</strong> un tritone aggraziato e <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>a, la cui lunghezza totale<br />

massima è <strong>di</strong> 12 cm. La testa è piuttosto appiattita.<br />

Le parti dorsali sono <strong>di</strong> colore grigio-brunastro mentre quelle ventrali<br />

sono caratterizzate da colori vivaci, da giallo-uovo ad arancio-rosso e<br />

talora sono presenti <strong>delle</strong> macchiette scure nella regione golare.<br />

Caratteristica è la colorazione del fianco in cui compare anche una stria<br />

azzurra. Il <strong>di</strong>morfismo sessuale si fa più evidente in fase riproduttiva,<br />

quando il maschio sviluppa una cresta dorsale non molto alta, <strong>di</strong> colore<br />

giallo e nero. Le larve hanno le parti superiori <strong>di</strong> colore giallastro con<br />

bande longitu<strong>di</strong>nali nerastre, quelle ventrali sono invece biancastre.<br />

Questo tritone può presentare il fenomeno della neotenia, che consiste<br />

nell’essere riproduttivi pur mantenendo le caratteristiche dello sta<strong>di</strong>o<br />

......<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

14


Mesotriton alpestris Salamandridae<br />

larvale.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

Non si trova solo lungo la catena alpina come potrebbe far pensare il<br />

nome ma anche sulle Alpi Apuane e sull’Appennino.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Durante tutto il periodo riproduttivo il tritone alpestre è<br />

reperibile all’interno <strong>di</strong> ambienti acquatici. Qui può rimanere talvolta<br />

anche in inverno. Si sposta a terra soprattutto se il sito <strong>di</strong> riproduzione<br />

ha carattere temporaneo ed è quin<strong>di</strong> soggetto a prosciugamento. Gli<br />

adulti si nutrono <strong>di</strong> uova e larve <strong>di</strong> altri <strong>Anfibi</strong>, Artropo<strong>di</strong>, Molluschi e<br />

vermi; le larve <strong>di</strong> invertebrati acquatici.<br />

Habitat. Il tritone alpestre è presente anche oltre i 2000 m <strong>di</strong> quota e<br />

rispetto agli altri tritoni è molto più legato all’acqua. I corpi d’acqua<br />

preferiti sono laghetti, pozze d’alpeggio, fonti montane: acque limpide<br />

ma ferme o quasi. Le popolazioni alpine, in particolare, sono reperibili in<br />

varie raccolte d’acqua quali torbiere, piccole pozze e tipici laghetti <strong>di</strong><br />

montagna. Gli in<strong>di</strong>vidui neotenici, più frequenti proprio alle alte quote,<br />

non si allontanano mai dai corpi idrici.<br />

Riproduzione. Come accennato, il tritone alpestre può presentare il<br />

fenomeno della neotenia, frequente soprattutto nelle popolazioni che<br />

vivono a quote elevate. Il maschio in corteggiamento ripete movimenti<br />

stereotipati atti a eccitare la femmina, che raccoglie con la sua cloaca la<br />

spermatofora da lui rilasciata. In primavera (ma talora, nella sottospecie<br />

apuanus, anche in autunno) la femmina depone le uova, alcune al<br />

giorno (fino a raggiungere un totale massimo <strong>di</strong> 300), che vengono<br />

attaccate alla vegetazione acquatica.<br />

CONSERVAZIONE<br />

La specie nel suo complesso è tuttora piuttosto comune ma poiché molti<br />

dei siti da essa frequentati sono molto sensibili all’azione antropica, la<br />

presenza del tritone alpestre può essere localmente messa a rischio.<br />

L’introduzione <strong>di</strong> Pesci, ad esempio, può compromettere seriamente il<br />

successo riproduttivo <strong>di</strong> questa specie.<br />

Il tritone alpestre è inserito negli allegati A e B della Legge Regionale<br />

56/2000 e nel III della Convenzione <strong>di</strong> Berna.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

15


Mesotriton alpestris Salamandridae<br />

IL TRITONE ALPESTRE NEL COMPRENSORIO<br />

Non si conoscono dati relativi alla presenza <strong>di</strong> questo tritone nel<br />

comprensorio, che in effetti non appare molto adatto ad ospitare la<br />

specie. La zona <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> è infatti caratterizzata in gran parte<br />

da ambienti fluviali/torrentizi: sono relativamente rari i corpi d’acqua<br />

limpida e a corrente nulla o quasi nulla e le aree aperte cacuminali sono<br />

sostanzialmente prive <strong>di</strong> laghetti e pozze. Sebbene non rilevata<br />

all’interno del comprensorio, la specie risulta tuttavia presente in zone<br />

strettamente limitrofe.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Mesotriton alpestris. Foto A. Giovannetti.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

16


Triturus carnifex (Laurenti, 1768)<br />

Tritone crestato italiano<br />

Famiglia: Salamandridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Triturus carnifex. Foto G. Frangioni.<br />

Tritone <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni relativamente gran<strong>di</strong>. Il suo areale (la specie è<br />

stata <strong>di</strong> recente separata dall’europea Triturus cristatus) non comprende<br />

in realtà soltanto l’Italia ma anche altre parti d’Europa.<br />

DESCRIZIONE<br />

È il tritone italiano più grande: può misurare fino a 21 cm ma <strong>di</strong> regola si<br />

aggira attorno ai 10-15 cm. La testa è relativamente grande. Il colore<br />

dorsale è brunastro scuro, bruno-giallastro e sono presenti macchie<br />

tondeggianti più scure. La regione ventrale presenta una colorazione<br />

che va dal giallo al rosso-arancio, con macchie scure; la gola è nerastra<br />

con punteggiatura chiara. Il maschio ha una cresta dorsale che in fase<br />

riproduttiva <strong>di</strong>venta molto alta e dentellata, ben <strong>di</strong>stinta da quella<br />

caudale, a margine liscio; ai lati della coda è presente una banda<br />

biancastra. La femmina (<strong>di</strong> regola senza cresta vertebrale) ha una linea<br />

dorsale sul giallastro e in fase terrestre le parti superiori appaiono<br />

uniformemente brune.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

17


Triturus carnifex Salamandridae<br />

Le larve presentano dorsalmente una colorazione da grigio-giallastra a<br />

bruno chiaro con macchie scure. Le creste membranose sono<br />

trasparenti e caratterizzate da grosse macchie nere; la coda termina in<br />

un lungo filamento e anche le <strong>di</strong>ta sono allungate e sottili. Neotenia<br />

meno frequente che nel tritone alpestre.<br />

Questi animali hanno la capacità <strong>di</strong> rigenerare la coda e anche parti<br />

<strong>delle</strong> zampe.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È <strong>di</strong>stribuito nell’Italia continentale e peninsulare, ma <strong>di</strong>venta sempre<br />

meno comune verso sud.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. È meno acquatico del tritone alpestre. In genere, al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong><br />

una temperatura <strong>di</strong> circa 5 °C l’animale entra nella fase <strong>di</strong> inattività.<br />

Tuttavia, già in inverno, può spostarsi verso i siti riproduttivi.<br />

Il tritone crestato italiano in acqua preda invertebrati, avannotti e uova <strong>di</strong><br />

Pesci e <strong>Anfibi</strong> (anche conspecifici) mentre a terra caccia soltanto<br />

invertebrati. Se minacciato può assumere una posizione particolare che<br />

mette in evidenza i colori della coda e può secernere una secrezione<br />

biancastra dalle ghiandole cutanee.<br />

Habitat. Vive a <strong>di</strong>verse altitu<strong>di</strong>ni, dalle pianure alle montagne fino a<br />

circa 2000 m s.l.m., ma sempre in luoghi umi<strong>di</strong>, in vicinanza <strong>di</strong> pozze e<br />

<strong>di</strong> stagni, in mezzo a densa vegetazione, sotto ra<strong>di</strong>ci e sassi o nelle<br />

crepe del terreno. Preferisce acque ferme o con debole corrente e<br />

ricche <strong>di</strong> vegetazione. Il tritone crestato italiano può anche vivere in<br />

ambienti relativamente antropizzati.<br />

Riproduzione. La stagione riproduttiva, che può prolungarsi anche fino<br />

all’inizio dell’estate, varia secondo le con<strong>di</strong>zioni locali: in tale fase il<br />

tritone crestato italiano può essere osservato in acque ferme o a lento<br />

corso, in zone sia aperte sia boscate. L’accoppiamento ha luogo in<br />

acqua a seguito della fase <strong>di</strong> corteggiamento. La femmina depone<br />

poche centinaia <strong>di</strong> uova che vengono assicurate alla vegetazione<br />

acquatica.<br />

CONSERVAZIONE<br />

L’antropizzazione e l’alterazione dell’habitat possono mettere<br />

seriamente a rischio le popolazioni <strong>di</strong> questa specie.<br />

Il tritone crestato italiano fa parte dell’allegato D della Direttiva Habitat,<br />

...<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

18


Triturus carnifex Salamandridae<br />

dell’allegato II della Convenzione <strong>di</strong> Berna e A della Legge Regionale<br />

56/2000.<br />

IL TRITONE CRESTATO ITALIANO NEL COMPRENSORIO<br />

Il tritone crestato italiano, <strong>di</strong> cui è nota la <strong>di</strong>ffusione nella zona<br />

occidentale della Montagna Pistoiese, è stato <strong>di</strong> recente nuovamente<br />

segnalato all’interno del comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong>.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

19


Speleomantes italicus (Dunn, 1923)<br />

Geotritone italiano<br />

Famiglia: Plethodontidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Speleomantes italicus. Foto E. Paggetti.<br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

Il geotritone italiano fa parte della famiglia dei Pletodonti<strong>di</strong> ed è<br />

<strong>di</strong>fficilmente <strong>di</strong>stinguibile dalle altre specie del gruppo. Caratteristiche<br />

<strong>di</strong>stintive della famiglia sono: zampe palmate, solco naso-labiale, denti<br />

anche nella parte posteriore del palato.<br />

DESCRIZIONE<br />

Il geotritone italiano è un piccolo Urodelo (lunghezza massima 12 cm,<br />

ma in genere tra 7 e 10 cm) con zampe parzialmente palmate e coda a<br />

sezione tondeggiante. Come in tutti gli appartenenti alla famiglia dei<br />

Pletodonti<strong>di</strong>, mancano i polmoni e la respirazione è affidata alla pelle e<br />

alla mucosa bucco-faringea. La testa è piuttosto grande con occhi<br />

rilevati e il tronco è relativamente poco allungato. Il colore dorsale è<br />

variabile, generalmente sul bruno con macchie ocra, rossicce o rosso<br />

scuro; ventralmente prevalgono toni chiari, sul biancastro, con<br />

marezzature grigie o brune. Maschi e femmine sono simili ma i primi<br />

hanno una zona biancastra sotto il mento (corpo ghiandolare<br />

..................<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

20


Speleomantes italicus Plethodontidae<br />

mentoniero).<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

Il geotritone italiano è un endemismo italiano dell’ Appennino<br />

settentrionale e centrale.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. E’ un animale rupicolo, prevalentemente notturno. Frequenta<br />

ambienti ipogei ed esce all’aperto solo in particolari con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

temperatura e umi<strong>di</strong>tà. Di notte sono stati osservati in<strong>di</strong>vidui in caccia<br />

sugli alberi. I picchi <strong>di</strong> attività si registrano in primavera e in autunno. Il<br />

geotritone italiano è stato osservato attivo anche a temperature inferiori<br />

ai 3 °C, mentre mal sopporta il superamento dei 18 °C: l’optimum è<br />

compreso tra i 5 °C e i 15 °C.<br />

E’ un animale tendenzialmente sedentario. Quando <strong>di</strong>sturbato può<br />

reagire acciambellandosi e poi <strong>di</strong>stendendosi ripetutamente e talvolta<br />

può anche mordere. Il geotritone italiano preda piccoli invertebrati e<br />

caccia anche servendosi dell’olfatto, specialmente nelle zone<br />

particolarmente buie <strong>delle</strong> grotte.<br />

Habitat. Le abitu<strong>di</strong>ni prevalentemente troglofile del geotritone non lo<br />

legano a coperture vegetali specifiche e infatti frequenta sia zone a<br />

densa copertura forestale sia zone rocciose aperte; tende però a<br />

preferire (anche se non in modo esclusivo) substrati calcarei per la<br />

maggiore frequenza <strong>di</strong> fessure <strong>di</strong>sponibili. È sostanzialmente eurizonale<br />

e si può trovare dagli 80 ai 1600 m s.l.m.; per la sua presenza è<br />

richiesta un’umi<strong>di</strong>tà relativa <strong>di</strong> almeno il 70%.<br />

Riproduzione. I geotritoni hanno un comportamento sessuale<br />

singolare, anche se tuttora poco noto. Durante il corteggiamento il<br />

maschio graffia ripetutamente la femmina con i denti e poi sfrega il<br />

mento sulle ferite in modo da eccitare la compagna col secreto della<br />

ghiandola mentoniera. La fecondazione è esterna: il maschio depone<br />

una spermatofora che viene raccolta dalla femmina. La riproduzione è<br />

totalmente svincolata dall’ambiente acquatico. La femmina usa<br />

acciambellarsi attorno alle uova che possono schiudersi anche 11 mesi<br />

dopo la deposizione.<br />

CONSERVAZIONE<br />

I siti occupati da questa specie, in genere sotterranei, sono meno<br />

soggetti a problemi <strong>di</strong> antropizzazione, inquinamento e <strong>di</strong>sboscamento<br />

...<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

21


Speleomantes italicus Plethodontidae<br />

e quin<strong>di</strong> apparentemente caratterizzati da maggiore stabilità.<br />

Il geotritone italiano è compreso nell’allegato II della Convenzione <strong>di</strong><br />

Berna, nel D della Direttiva Habitat e negli allegati A e B della Legge<br />

Regionale 56/2000.<br />

IL GEOTRITONE ITALIANO NEL COMPRENSORIO<br />

Come preve<strong>di</strong>bile non sono frequenti i contatti con questo animale dalle<br />

abitu<strong>di</strong>ni così particolari, ma la sua presenza nel comprensorio è<br />

accertata. Il geotritone italiano è stato rinvenuto sia in grotta sia in<br />

prossimità <strong>di</strong> torrenti, in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> elevata umi<strong>di</strong>tà.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Speleomantes italicus. Foto E. Paggetti.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

22


Bombina pachypus (Bonaparte, 1838)<br />

Ululone appenninico<br />

Famiglia: Bombinatoridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Bombina pachypus. Foto M. Biaggini.<br />

Piccolo Anuro della famiglia dei Bombinatori<strong>di</strong>, affine a quella dei<br />

Discoglossi<strong>di</strong>.<br />

DESCRIZIONE<br />

L’adulto è simile ad un rospo <strong>di</strong> piccola taglia (la lunghezza non supera<br />

in genere i 6 cm).<br />

La regione dorsale, cosparsa <strong>di</strong> numerose verruche, è caratterizzata da<br />

una colorazione scura, con sfondo bruno grigiastro e piccole macchie<br />

irregolari nerastre. Sulle zampe posteriori tali macchie sono in genere <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni maggiori e assumono un aspetto più tipico. La regione<br />

ventrale, molto caratteristica, è contrad<strong>di</strong>stinta dalla presenza <strong>di</strong><br />

macchie gialle irregolari su fondo grigio-nero-bluastro. Non sono<br />

presenti i sacchi vocali.<br />

I due sessi sono <strong>di</strong>fficilmente <strong>di</strong>stinguibili; durante il periodo riproduttivo,<br />

tuttavia, il maschio presenta <strong>delle</strong> caratteristiche callosità scure sia<br />

sull’avambraccio che su tre <strong>di</strong>ta degli arti anteriori.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

23


Bombina pachypus Bombinatoridae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

L’ululone appenninico è una specie endemica italiana <strong>di</strong>stribuita<br />

prevalentemente lungo la dorsale appenninica a partire dalla Liguria<br />

centrale fino a sud dell’Aspromonte. È assente in Sicilia e in Sardegna.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. L’ululone appenninico, il cui nome deriva dal tipico canto dei<br />

maschi, è in genere attivo a partire dalla primavera fino all’inizio<br />

dell’autunno. Essendo un Anuro prettamente eliofilo, ha abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>urne<br />

e lo si può facilmente osservare anche durante giornate calde e<br />

soleggiate. In inverno, ovvero nel periodo <strong>di</strong> inattività, resta invece al<br />

riparo <strong>di</strong> pietre o piccole cavità, generalmente non lontano dal sito <strong>di</strong><br />

riproduzione.<br />

In caso <strong>di</strong> pericolo, se fuori dall’acqua, l’ululone appenninico inarca il<br />

corpo in maniera tipica mostrando al potenziale predatore la vivace<br />

colorazione del ventre: questo caratteristico comportamento è<br />

denominato Unkenreflex. Un’ulteriore strategia <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa che può essere<br />

messa in atto consiste nel secernere una sostanza lattiginosa e irritante.<br />

Grazie a questa caratteristica, l’ululone allo sta<strong>di</strong>o adulto sembra avere<br />

pochi predatori (bisce e alcuni Uccelli). La sua <strong>di</strong>eta è costituita<br />

prevalentemente da invertebrati.<br />

Habitat. È presente in <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> ambienti sia aperti sia boschivi. In<br />

genere non frequenta corsi d’acqua che siano caratterizzati da<br />

un’elevata corrente, ma è possibile osservarlo all’interno, o nelle<br />

vicinanze, <strong>di</strong> pozze o anse <strong>di</strong> fiumi laddove l’acqua è poco profonda.<br />

RIPRODUZIONE. L’ululone appenninico presenta un periodo <strong>di</strong><br />

riproduzione piuttosto lungo che si può estendere dalla fine <strong>di</strong> aprile a<br />

settembre. La femmina depone le uova (in genere poche decine per<br />

volta) a intervalli più o meno lunghi e le assicura, singolarmente o in<br />

gruppi relativamente piccoli, alla vegetazione sommersa o sul fondo<br />

<strong>delle</strong> pozze, spesso riparate da detriti. Lo sviluppo embrionale avviene<br />

in meno <strong>di</strong> un mese mentre quello larvale dura in genere da uno a tre<br />

mesi (entrambe le fasi sono tuttavia influenzate dalle con<strong>di</strong>zioni<br />

climatiche locali). In alcuni casi i girini possono svernare allo sta<strong>di</strong>o<br />

larvale.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Lungo l’intero areale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione è stata documentata la recente<br />

scomparsa <strong>di</strong> popolazioni <strong>di</strong> questo Anuro. Tale fenomeno non ha<br />

..........<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

24


Bombina pachypus<br />

ancora trovato una spiegazione del tutto esaustiva anche se è<br />

certamente legato, almeno in parte, alla <strong>di</strong>struzione degli habitat idonei<br />

a questa specie e, in particolare, all’alterazione e/o alla scomparsa dei<br />

siti <strong>di</strong> riproduzione.<br />

L’ululone appenninico è inserito negli allegati B e D della Direttiva<br />

Habitat (come Bombina variegata) e negli allegati A e B della Legge<br />

Regionale 56/2000.<br />

L’ULULONE APPENNINICO NEL COMPRENSORIO<br />

Nel territorio è stato osservato solamente in un bacino secondario e non<br />

sono note segnalazioni relative ad altre località. Il torrente in cui è stato<br />

avvistato sembra essere contrad<strong>di</strong>stinto dalla compresenza <strong>di</strong> particolari<br />

caratteristiche, non comuni alla maggior parte dei corsi d’acqua presenti<br />

nel comprensorio. Tale considerazione avvalora l’ipotesi <strong>di</strong> una<br />

presenza puntuale della specie.<br />

L’assenza <strong>di</strong> dati pregressi relativi all’ululone appenninico nella zona,<br />

non rende possibile una valutazione della tendenza della popolazione.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (sopra) e girino (sotto) <strong>di</strong> Bombina pachypus.<br />

Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

Bombinatoridae<br />

25


Rospo comune<br />

Famiglia: Bufonidae<br />

Bufo bufo (Linnaeus, 1758)<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (maschio) <strong>di</strong> Bufo bufo. Foto E. Paggetti.<br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

Anuro dal corpo massiccio e tozzo, fa parte della famiglia dei Bufoni<strong>di</strong>,<br />

comunemente detti “rospi” in contrapposizione alle “rane”, più agili e<br />

particolarmente atte al salto.<br />

DESCRIZIONE<br />

È l’Anuro europeo <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni, potendo raggiungere<br />

occasionalmente i 20 cm. Il <strong>di</strong>morfismo sessuale è netto: le femmine<br />

sono molto più grosse dei maschi, come si può facilmente osservare al<br />

momento dell’accoppiamento. In questo periodo i maschi presentano<br />

<strong>delle</strong> escrescenze nerastre sulla porzione inferiore dell’avambraccio e<br />

sulle prime tre <strong>di</strong>ta <strong>delle</strong> zampe anteriori. La parte dorsale è<br />

caratterizzata da una colorazione variabile ma con toni sempre piuttosto<br />

smorti, dal bruno-giallastro al grigiastro; la pelle è fortemente verrucosa<br />

negli adulti, meno nei giovani. I rospi non hanno sacchi vocali esterni.<br />

Le ghiandole parotoi<strong>di</strong> sono sviluppate e <strong>di</strong>vergenti posteriormente<br />

(questo è uno dei caratteri che <strong>di</strong>stinguono il rospo comune dal rospo<br />

....<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

26


Bufo bufo Bufonidae<br />

smeral<strong>di</strong>no). I girini, più piccoli <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> altri Anuri, sono <strong>di</strong> colore nero<br />

o nerastro uniforme. Alla metamorfosi il rospo misura solo 8-12 mm.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

Comune nell’Italia continentale e peninsulare (dove la <strong>di</strong>stribuzione è<br />

pressoché continua), il rospo è presente anche in Sicilia e nell’isola<br />

d’Elba, mentre è assente in Sardegna e nelle altre isole.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Al <strong>di</strong> fuori della fase riproduttiva (inizio primavera), il rospo è<br />

prevalentemente terrestre ed è attivo <strong>di</strong> preferenza al crepuscolo e <strong>di</strong><br />

notte, o in giornate umide. Nei perio<strong>di</strong> fred<strong>di</strong> o troppo cal<strong>di</strong> si rifugia<br />

invece sotto cataste, in buchi o altri luoghi umi<strong>di</strong>. Si nutre <strong>di</strong> ogni sorta <strong>di</strong><br />

invertebrati ma anche <strong>di</strong> piccoli Vertebrati; allo sta<strong>di</strong>o larvale è<br />

praticamente onnivoro pur preferendo cibarsi <strong>di</strong> vegetali. Non ha molti<br />

predatori, anche grazie all’emissione <strong>di</strong> secrezioni irritanti ma talora può<br />

essere predato da bisce, Uccelli e Mammiferi.<br />

Habitat. Il rospo comune frequenta una grande quantità <strong>di</strong> ambienti,<br />

aperti o boscati, fino ai 2500 m <strong>di</strong> quota ed è in grado <strong>di</strong> tollerare anche<br />

lievi concentrazioni saline. È molto adattabile, tanto che lo si può<br />

incontrare anche in zone antropizzate, purché vi siano raccolte d’acqua.<br />

I siti <strong>di</strong> riproduzione possono trovarsi sia in corsi d’acqua sia in raccolte<br />

a carattere temporaneo.<br />

Riproduzione. Generalmente è tra i primi <strong>Anfibi</strong> a interrompere il riposo<br />

invernale (già in gennaio-febbraio) e a muoversi verso i siti riproduttivi,<br />

che talora sono anche piuttosto <strong>di</strong>stanti da quelli <strong>di</strong> svernamento. Di<br />

solito gli in<strong>di</strong>vidui sono fedeli al proprio sito d’origine e ogni anno<br />

possono compiere anche migrazioni <strong>di</strong> qualche chilometro per farvi<br />

ritorno. In annate favorevoli, al picco riproduttivo <strong>di</strong> febbraio-marzo può<br />

seguirne un altro in maggio-giugno. Giunti nei luoghi dove si<br />

riprodurranno i maschi, <strong>di</strong> solito in numero superiore rispetto alle<br />

femmine, ingaggiano frequentemente <strong>delle</strong> lotte. L’accoppiamento è<br />

ascellare. La femmina depone fino a 10000 piccole uova nere, <strong>di</strong> forma<br />

<strong>di</strong>scoidale, riunite all’interno <strong>di</strong> cordoni gelatinosi, ben riconoscibili. La<br />

schiusa richiede un paio <strong>di</strong> settimane e la metamorfosi avviene dopo 2-<br />

3 mesi.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Pur essendo in declino come tutti gli <strong>Anfibi</strong>, la sua <strong>di</strong>stribuzione è<br />

...........<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

27


Bufo bufo Bufonidae<br />

ancora continua su tutto il territorio italiano. Le principali minacce sono<br />

costituite dalla scomparsa <strong>di</strong> siti riproduttivi adatti, dall’inquinamento<br />

<strong>delle</strong> acque e dall’espansione urbana.<br />

È inserito nell’allegato B della Legge Regionale 56/2000 e nell’allegato<br />

III della Convenzione <strong>di</strong> Berna.<br />

IL ROSPO COMUNE NEL COMPRENSORIO<br />

Il rospo comune appare numeroso e ben <strong>di</strong>stribuito in tutto il territorio,<br />

all’interno del quale sono stati osservati anche numerosi siti riproduttivi.<br />

Le migrazioni verso i siti <strong>di</strong> riproduzione sono piuttosto spettacolari per il<br />

numero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui coinvolti.<br />

Tra le minacce maggiormente evidenti all’interno del comprensorio <strong>delle</strong><br />

<strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong>, si segnala il traffico automobilistico che, anche in strade<br />

secondarie e poco frequentate, può causare numerose vittime,<br />

soprattutto durante gli spostamenti sopra citati.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (maschio) <strong>di</strong> Bufo bufo. Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

28


Rana dalmatina (Fitzinger, in Bonaparte, 1838)<br />

Rana dalmatina<br />

Famiglia: Ranidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Rana dalmatina. Foto R. Cipriani.<br />

Rana rossa <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>a con <strong>di</strong>stribuzione europea; molto simile<br />

all’altra rana rossa presente nel comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> (la<br />

rana appenninica).<br />

DESCRIZIONE<br />

Questa rana ha il corpo molto slanciato e raggiunge al massimo la<br />

lunghezza <strong>di</strong> 9 cm (testa+tronco). La testa è appiattita, il timpano ben<br />

visibile, la pelle è liscia. Il colore del dorso è marrone chiaro tendente al<br />

rossastro, con macchie scure soprattutto lungo le pliche dorso-laterali e<br />

una a forma <strong>di</strong> “V” rovesciata sulla nuca; la banda temporale è evidente.<br />

Le parti ventrali sono chiare e senza macchie e l’inguine tende al giallo.<br />

Le zampe posteriori sono molto lunghe: l’articolazione tibio-tarsica,<br />

<strong>di</strong>stendendo l’arto in avanti, supera nettamente la punta del muso.<br />

Il maschio è leggermente più piccolo della femmina e ha il primo <strong>di</strong>to<br />

dell’arto anteriore più grosso, soprattutto durante il periodo riproduttivo.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

29


Rana dalmatina Ranidae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È reperibile quasi dappertutto ad eccezione <strong>di</strong> Sardegna e Sicilia.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. La rana dalmatina è sostanzialmente attiva <strong>di</strong> notte mentre<br />

l’attività <strong>di</strong>urna è in genere limitata a giornate particolarmente umide.<br />

Quando la temperatura sale troppo e l’aria si fa secca si nasconde sotto<br />

terra, sotto foglie marcescenti o tra cespugli e ra<strong>di</strong>ci. Si nutre <strong>di</strong> Insetti e<br />

altri Artropo<strong>di</strong>, vermi e Molluschi; i girini sono prevalentemente<br />

vegetariani. I principali predatori <strong>di</strong> questa specie possono essere bisce,<br />

Uccelli e Mammiferi.<br />

Habitat. Vive sia in ambienti aperti (prati, campi) sia in ambienti<br />

boschivi. Può ritrovarsi tanto in pianura, preferendo boschi umi<strong>di</strong> e zone<br />

ecotonali, quanto in collina e in montagna, dove pre<strong>di</strong>lige ambienti<br />

boschivi.<br />

Riproduzione. Già a partire da febbraio i maschi si portano all’acqua e,<br />

raggiunti dalle femmine, intonano i loro canti poco rumorosi. I luoghi<br />

scelti per la riproduzione sono laghetti, stagni, pozze, fontanili, anse <strong>di</strong><br />

torrenti, sia in aree boscate sia aperte (compresi campi coltivati).<br />

L’amplesso è ascellare. Le femmine depongono <strong>di</strong>verse centinaia <strong>di</strong><br />

uova agglutinate a formare ammassi tondeggianti che possono essere<br />

osservati, a seconda del loro sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo, a profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong>verse.<br />

L’uovo è bicolore. Lo sviluppo embrionale avviene in più o meno 3<br />

settimane mentre la metamorfosi dopo 2-3 mesi.<br />

CONSERVAZIONE<br />

La rana dalmatina è minacciata da alterazioni ambientali quali<br />

<strong>di</strong>sboscamenti e incen<strong>di</strong> e dal danneggiamento dei siti <strong>di</strong> riproduzione,<br />

spesso limitati in estensione e per questo particolarmente a rischio.<br />

Anche l’immissione <strong>di</strong> specie ittiche nei corsi d’acqua può provocare<br />

grossi danni a questa specie.<br />

La rana dalmatina è inserita negli allegati II della Convenzione <strong>di</strong> Berna<br />

e D della Direttiva Habitat.<br />

LA RANA DALMATINA NEL COMPRENSORIO<br />

Non sono noti rilevamenti <strong>di</strong> questa specie nel comprensorio. La sua<br />

presenza non è comunque da escludere, osservando anche le elevate<br />

densità della congenere Rana italica che mostra esigenze ecologiche<br />

simili.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

30


Rana appenninica<br />

Famiglia: Ranidae<br />

Rana italica (Dubois, 1987)<br />

In<strong>di</strong>viduo giovane <strong>di</strong> Rana apenninica. Foto M. Biaggini.<br />

Anch’essa fa parte del gruppo <strong>delle</strong> cosiddette rane rosse ed è un<br />

endemismo appenninico.<br />

DESCRIZIONE<br />

Piccola rana rossa molto simile alla rana dalmatina, da cui si <strong>di</strong>stingue<br />

per la presenza sulla gola <strong>di</strong> macchiette scure, con sovente una striscia<br />

immacolata al centro, per l’inguine <strong>di</strong> colore meno vivace e per la forma<br />

del corpo generalmente più tozza. Si <strong>di</strong>fferenzia inoltre dai subadulti <strong>di</strong><br />

Rana temporaria (che a sviluppo completo ha <strong>di</strong>mensioni nettamente<br />

maggiori) per la maggior lunghezza degli arti posteriori. Il colore dorsale<br />

è generalmente brunastro con macchie irregolari più chiare e bande<br />

trasversali scure sulle cosce.<br />

Le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni tra i sessi sono minime. Il maschio è<br />

caratterizzato da un cuscinetto sul primo <strong>di</strong>to della zampa anteriore<br />

(bene osservabile nella fase riproduttiva) e dalle zampe anteriori, in<br />

genere, più robuste. Non ha sacchi vocali.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

31


Rana italica Ranidae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

Si tratta <strong>di</strong> una specie tipicamente appenninica, presente più o meno<br />

lungo tutta la catena.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. La sua attività è prevalentemente <strong>di</strong>urna nei mesi meno cal<strong>di</strong><br />

mentre in estate ha costumi prevalentemente notturni e trascorre il<br />

giorno all’interno <strong>di</strong> rifugi o in acqua. Non è molto sensibile alle basse<br />

temperature, tanto che può anche “saltare” la fase <strong>di</strong> inattività invernale,<br />

altrimenti trascorsa sotto il fogliame marcescente o nel fondo <strong>di</strong> qualche<br />

torrente. Gli adulti si nutrono <strong>di</strong> invertebrati mentre le larve sono in<br />

prevalenza vegetariane.<br />

Habitat. Frequenta le rive <strong>di</strong> fiumi, torrenti e ruscelli con acque perenni:<br />

pre<strong>di</strong>lige i piccoli torrenti con copertura ripariale arborea e con acque<br />

limpide. Solo raramente è presente in acque stagnanti e temporanee,<br />

ove comunque non depone mai. Tra le rane rosse è quella più legata<br />

all’acqua, da cui tende a non allontanarsi troppo e dove si getta in caso<br />

<strong>di</strong> pericolo. È maggiormente <strong>di</strong>ffusa tra i 200 e i 600 m s.l.m.<br />

Riproduzione. La rana appenninica depone una sola volta nel corso <strong>di</strong><br />

un anno: la stagione riproduttiva inizia piuttosto precocemente e va da<br />

febbraio (talora gennaio) ad aprile. La femmina depone in acque limpide<br />

<strong>di</strong>verse centinaia <strong>di</strong> uova in masse rotondeggianti ancorate a corpi<br />

sommersi; preferisce i fondali ghiaiosi rispetto a quelli fangosi. L’ovatura<br />

è simile a quella della congenere; l’uovo, bicolore, schiude in 15-40<br />

giorni a seconda della temperatura. I girini sono brunastri dorsalmente e<br />

chiari sotto; lo sviluppo larvale dura in genere 2-3 mesi.<br />

CONSERVAZIONE<br />

In Toscana la rana appenninica è relativamente frequente nelle zone<br />

collinari e montane, ma anch’essa sta conoscendo la regressione,<br />

dovuta all’alterazione dell’habitat, comune a tutti gli <strong>Anfibi</strong>.<br />

È inserita nell’allegato II della Convenzione <strong>di</strong> Berna, nell’allegato A<br />

della Legge Regionale 56/2000 e nel D della Direttiva Habitat.<br />

LA RANA APPENNINICA NEL COMPRENSORIO<br />

La rana appenninica è presente in tutta la zona <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong>. Il<br />

territorio presenta effettivamente un ambiente ideale per questa specie<br />

in quanto ricco <strong>di</strong> boschi <strong>di</strong> latifoglie e acque limpide e fresche. Nella<br />

bella stagione sono facilmente avvistabili sia le larve sia gli adulti.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

32


Rana temporaria Linnaeus, 1758<br />

Rana temporaria<br />

Famiglia: Ranidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (femmina) <strong>di</strong> Rana temporaria. Foto M. Biaggini.<br />

Specie <strong>di</strong> rana rossa fra le più <strong>di</strong>ffuse in Europa.<br />

DESCRIZIONE<br />

È la rana rossa <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni: infatti può raggiungere gli 11<br />

cm, anche se generalmente si attesta sui 7-8 cm. Rispetto alle altre due<br />

specie del gruppo ha corporatura più tozza e zampe relativamente più<br />

corte: quelle posteriori in genere, se stese in avanti, non superano la<br />

punta del muso. Le pliche dorso-laterali sono più ravvicinate che nella<br />

rana agile. Il colore dorsale <strong>di</strong> fondo è estremamente variabile, così<br />

come l’estensione della maculatura. Le parti ventrali sono macchiate e<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso colore nei due sessi (tendenzialmente sul grigio nei maschi,<br />

sul giallo nelle femmine). Altre <strong>di</strong>fferenze fra i sessi riguardano la<br />

presenza <strong>di</strong> sacchi vocali interni e le zampe anteriori più robuste nei<br />

maschi, che inoltre sviluppano le consuete callosità nel periodo<br />

riproduttivo.<br />

I girini sono scuri con fitte punteggiature dai riflessi metallici.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

33


Rana temporaria Ranidae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

La sua <strong>di</strong>stribuzione è limitata all’arco alpino e alla porzione<br />

settentrionale dell’Appennino.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Il periodo <strong>di</strong> latenza inizia in ottobre-novembre e finisce tra<br />

febbraio e giugno. Talora i maschi possono svernare in acqua. La rana<br />

temporaria comunque sopporta bene le basse temperature e può<br />

rimanere attiva anche quando il termometro si avvicina agli 0 °C. È<br />

invece più sensibile al caldo: gli embrioni e le larve non sopravvivono ad<br />

una temperatura superiore ai 24 °C per perio<strong>di</strong> prolungati.<br />

Gli adulti si nutrono <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> invertebrati terrestri mentre i girini<br />

sono prevalentemente vegetariani.<br />

Habitat. La rana temporaria è un animale prevalentemente terricolo al<br />

<strong>di</strong> fuori del periodo riproduttivo e può allontanarsi anche parecchio<br />

dall’acqua. Soprattutto sull’Appennino, la si può trovare più facilmente in<br />

zone a buona copertura arborea (sia latifoglie sia conifere), ma può<br />

comunque frequentare <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> ambienti.<br />

È tipicamente collinare e montana, specialmente nella porzione<br />

meri<strong>di</strong>onale del suo areale; si può trovare fino a 2760 m s.l.m.<br />

Riproduzione. La stagione riproduttiva inizia col risveglio primaverile.<br />

Subito dopo l’accoppiamento, la femmina depone, in acque basse,<br />

qualche migliaio <strong>di</strong> uova in masse galleggianti che possono unirsi a<br />

quelle <strong>di</strong> altre femmine tanto da coprire vaste superfici d’acqua. Lo<br />

sviluppo larvale dura in genere 2-3 mesi dalla schiusa, ma talora le<br />

larve possono metamorfosare ad<strong>di</strong>rittura nella primavera successiva.<br />

CONSERVAZIONE<br />

La specie nel complesso non sembra essere particolarmente<br />

minacciata, ma alcune popolazioni potrebbero risentire dell’alterazione<br />

dell’habitat ed in particolare della <strong>di</strong>struzione dei siti riproduttivi, oltre<br />

che dell’immissione nei corsi d’acqua <strong>di</strong> pesci predatori <strong>di</strong> uova e larve.<br />

È inserita nell’allegato III della Convenzione <strong>di</strong> Berna, negli allegati A e<br />

B della legge Regionale 56/2000 e nell’E della <strong>di</strong>rettiva Habitat.<br />

LA RANA TEMPORARIA NEL COMPRENSORIO<br />

Non si hanno notizie della presenza nel comprensorio <strong>di</strong> questo Ranide<br />

che tuttavia è stato osservato in località molto prossime; non se ne può<br />

pertanto escludere la presenza, almeno alle quote più elevate.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

34


Rane ver<strong>di</strong><br />

Famiglia: Ranidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> rana verde. Foto F. Graziani.<br />

Rane ver<strong>di</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

Non ci addentriamo nella sistematica <strong>di</strong> questo gruppo che è molto<br />

complessa soprattutto a causa del fenomeno <strong>di</strong> ibridazione, frequente in<br />

queste rane.<br />

DESCRIZIONE<br />

A parte le problematiche tassonomiche interne al gruppo, le rane ver<strong>di</strong><br />

sono facilmente <strong>di</strong>stinguibili dalle altre specie sinora considerate. Il<br />

colore <strong>delle</strong> parti dorsali può assumere varie tonalità <strong>di</strong> verde,<br />

normalmente con macchie scure e talora con una striscia me<strong>di</strong>ana<br />

chiara; le parti ventrali in genere sono chiare talvolta anche macchiate.<br />

La taglia è me<strong>di</strong>a, poco meno <strong>di</strong> 10 cm, e il maschio è leggermente più<br />

piccolo della femmina. Oltre ai tipici caratteri sessuali secondari della<br />

stagione riproduttiva quali la presenza <strong>di</strong> cuscinetti sul primo <strong>di</strong>to della<br />

mano, i maschi si <strong>di</strong>stinguono anche per la presenza <strong>di</strong> sacchi vocali<br />

estroflettibili con i quali eseguono i caratteristici richiami della stagione<br />

degli amori. La specie è infatti molto rumorosa e la sua presenza può<br />

.....<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

35


Rane ver<strong>di</strong> Ranidae<br />

essere rilevata anche solamente per via acustica.<br />

I girini hanno il peculiare requisito <strong>di</strong> poter raggiungere <strong>di</strong>mensioni<br />

gigantesche, anche ben oltre i 10 cm, e normalmente hanno le parti<br />

superiori grigio-brunastre con macchie scure, le parti ventrali invece<br />

sono biancastre.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

Considerate nell’insieme, le rane ver<strong>di</strong> sono presenti in tutta l’Italia, isole<br />

d’Elba e Sicilia comprese.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Le rane ver<strong>di</strong> possono essere attive sia <strong>di</strong> giorno che <strong>di</strong> notte,<br />

soprattutto durante la stagione riproduttiva. Il periodo <strong>di</strong> latenza<br />

invernale può avere una durata variabile a seconda <strong>delle</strong> con<strong>di</strong>zioni<br />

climatiche locali. Gli adulti si nutrono <strong>di</strong> invertebrati e sono predati da<br />

bisce, Uccelli e Mammiferi; le larve sono prevalentemente vegetariane e<br />

vengono cacciate da invertebrati acquatici e vari Vertebrati.<br />

Habitat. Possono frequentare una grande varietà <strong>di</strong> ambienti, dalle<br />

zone boschive a quelle aperte, dove comunque le raccolte d’acqua<br />

sono ricche <strong>di</strong> vegetazione. Non sembrano essere molto esigenti, se<br />

comparate alle altre rane presenti nel territorio, per quanto riguarda la<br />

qualità <strong>delle</strong> acque.<br />

Riproduzione. In genere in ritardo rispetto agli altri Rani<strong>di</strong> (primavera<br />

inoltrata), i maschi si riuniscono nei siti <strong>di</strong> riproduzione ed eseguono<br />

richiami caratteristici, u<strong>di</strong>bili anche a grande <strong>di</strong>stanza. L’accoppiamento<br />

è <strong>di</strong> tipo ascellare. Le femmine depongono anche migliaia <strong>di</strong> uova in<br />

masse tondeggianti. I girini metamorfosano <strong>di</strong> regola 2-3 mesi dopo la<br />

schiusa ma in alcuni casi possono anche svernare in acqua.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Un tempo molto più frequenti, sono attualmente in sensibile calo: tra le<br />

maggiori minacce per questi Vertebrati vi sono l’inquinamento <strong>delle</strong><br />

acque e l’immissione <strong>di</strong> specie ittiche, l’uso massiccio <strong>di</strong> pestici<strong>di</strong>, la<br />

<strong>di</strong>struzione degli habitat idonei. In certi casi non è trascurabile il<br />

consumo alimentare umano.<br />

Le rane ver<strong>di</strong> sono comprese nell’allegato III della Convenzione <strong>di</strong><br />

Berna, nell’allegato E della Direttiva Habitat e nel B1 della Legge<br />

Regionale 56/2000.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

36


Rane ver<strong>di</strong> Ranidae<br />

LE RANE VERDI NEL COMPRENSORIO<br />

Gli in<strong>di</strong>vidui osservati sono stati considerati genericamente come rane<br />

ver<strong>di</strong>, anche perché la <strong>di</strong>stinzione tra specie a livello morfologico è<br />

spesso impossibile. Nel territorio <strong>di</strong> Sambuca la presenza <strong>di</strong> queste<br />

rane non appare molto abbondante e sembra essere limitata a poche<br />

zone aperte con raccolte d’acqua perlopiù temporanee. Date le sue<br />

caratteristiche, il comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> appare più idoneo<br />

alla presenza <strong>delle</strong> rane rosse rispetto a quelle ver<strong>di</strong>, generalmente più<br />

termofile ed eliofile.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> rana verde. Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Anfibi</strong><br />

37


<strong>Rettili</strong><br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

38


Anguis fragilis (Linnaeus, 1758)<br />

Orbettino<br />

Famiglia: Anguidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Anguis fragilis. Foto E. Paggetti.<br />

L’orbettino è un Sauro a <strong>di</strong>ffusione europea spesso scambiato per un<br />

serpente per la mancanza <strong>di</strong> arti; è il solo rappresentante degli Angui<strong>di</strong><br />

presente in Toscana.<br />

DESCRIZIONE<br />

Di aspetto serpentiforme ha una lunghezza me<strong>di</strong>a che si aggira intorno<br />

ai 30 cm. La colorazione dorsale è grigio-brunastra con riflessi metallici<br />

cangianti; i maschi possono presentare una punteggiatura bluastra<br />

mentre le femmine hanno una striatura nera, molto marcata nei giovani.<br />

La coda ha punta ottusa, spesso <strong>di</strong> colore più scuro del resto del corpo.<br />

Alcune caratteristiche <strong>di</strong>stinguono inequivocabilmente l’orbettino dai<br />

serpenti: tra queste la presenza <strong>di</strong> palpebre mobili (nei serpenti sono<br />

trasparenti e fuse tra loro) e <strong>di</strong> squame dorsali e ventrali <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

pressoché uguali (mentre nei serpenti le ventrali sono molto più gran<strong>di</strong><br />

<strong>delle</strong> dorsali). Le squame sono molto lucide e <strong>di</strong> forma tondeggianteesagonale.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

39


Anguis fragilis Anguidae<br />

Come le lucertole, l’orbettino può perdere parte o tutta la coda<br />

(autotomia) quando minacciato da un potenziale predatore.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È piuttosto comune nella parte continentale e in quella settentrionale<br />

dell’Appennino, <strong>di</strong>venta meno frequente progredendo verso sud.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Sembra essere attivo a partire da marzo-aprile fino a ottobre,<br />

ma osservazioni occasionali sono state fatte, in tutto il territorio<br />

nazionale, anche durante i mesi invernali. L’attività giornaliera si<br />

concentra in genere nelle ore più fresche, all’alba e al tramonto, mentre<br />

il resto della giornata viene speso al riparo della luce <strong>di</strong>retta, in ambienti<br />

umi<strong>di</strong> e freschi, spesso al rifugio <strong>di</strong> pietre e tronchi o sotto terra. È il<br />

Sauro nostrano più igrofilo. L’orbettino si nutre prevalentemente <strong>di</strong><br />

invertebrati quali ad esempio lombrichi e lumache, ma occasionalmente<br />

può predare anche <strong>Anfibi</strong> e piccoli <strong>Rettili</strong>. Viene predato da Serpenti,<br />

Uccelli e Mammiferi.<br />

Habitat. È possibile osservare l’orbettino in <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> habitat quali<br />

boschi, prati e radure, zone <strong>di</strong> confine tra ambienti forestali e arbusteti.<br />

Si <strong>di</strong>stingue dagli altri Sauri per la tendenza a scegliere ambienti umi<strong>di</strong>.<br />

In Toscana è presente in tutte le fasce altitu<strong>di</strong>nali fino a circa 1500 m<br />

s.l.m.<br />

Riproduzione. La stagione riproduttiva ha luogo <strong>di</strong> regola in primavera<br />

(aprile-giugno). L’orbettino è ovoviviparo; le femmine partoriscono una<br />

me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 11-12 piccoli tra luglio e ottobre.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Non esistono stu<strong>di</strong> esaustivi a proposito dello stato <strong>di</strong> conservazione <strong>di</strong><br />

questa specie soprattutto a causa della mancanza <strong>di</strong> dati comparabili in<br />

tutto il territorio nazionale. Certamente esistono i problemi <strong>di</strong><br />

conservazione legati all’alterazione dell’habitat da parte <strong>delle</strong> attività<br />

umane. Trasformazioni del paesaggio quali riduzione e frammentazione<br />

degli ambienti adatti a questa specie ma anche tutte quelle alterazioni<br />

legate all’intensificarsi <strong>delle</strong> attività economiche e l’uso <strong>di</strong> pestici<strong>di</strong> nelle<br />

pratiche agricole costituiscono una minaccia per la specie.<br />

L’orbettino è inserito negli allegati III della Convenzione <strong>di</strong> Berna e B<br />

della Legge Regionale 56/2000.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

40


Anguis fragilis Anguidae<br />

L’ORBETTINO NEL COMPRENSORIO<br />

Questa specie è abbastanza <strong>di</strong>fficile da osservare non solo perché<br />

molto schiva ma anche per le sue caratteristiche ecologiche tra cui, in<br />

particolare, il ristretto periodo <strong>di</strong> attività giornaliera. Non esistono molti<br />

dati relativi alla presenza dell’orbettino nel territorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong>.<br />

La specie è stata rilevata in zone caratterizzate da elevata umi<strong>di</strong>tà quali<br />

boschi <strong>di</strong> latifoglie molto prossimi a torrenti e scarpate erbose, a<br />

conferma <strong>delle</strong> esigenze ecologiche <strong>di</strong> questo Sauro.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Anguis fragilis. Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

41


Chalcides chalcides (Linnaeus, 1758)<br />

Luscengola<br />

Famiglia: Scincidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Chalcides chalcides. Foto M. Biaggini.<br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

Unico Scincide presente in Toscana, questa specie si trova in Italia e<br />

sulle coste nordafricane.<br />

DESCRIZIONE<br />

L’aspetto è simile a quello <strong>di</strong> un piccolo Serpente (lunghezza me<strong>di</strong>a<br />

intorno ai 25 cm) ma la presenza <strong>di</strong> quattro arti, sebbene estremamente<br />

ridotti e con sole tre <strong>di</strong>ta, lo <strong>di</strong>stinguono inequivocabilmente sia dai<br />

Serpenti sia dall’orbettino. Non esiste praticamente <strong>di</strong>morfismo sessuale<br />

(ovvero i maschi e le femmine sono <strong>di</strong> aspetto quasi identico). Il dorso è<br />

caratterizzato da tipici riflessi bronzei e talvolta presenta striature<br />

longitu<strong>di</strong>nali più scure. La regione ventrale è invece <strong>di</strong> colore chiaro.<br />

Come nell’orbettino le squame hanno una lucentezza vitrea e sono<br />

<strong>di</strong>sposte a quinconce; sulla testa sono molto più gran<strong>di</strong>.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È presente nell’Italia continentale e peninsulare, sulle isole d’Elba,<br />

.........<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

42


Chalcides chalcides Scincidae<br />

Sardegna, Sicilia e altre isole minori.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Si tratta <strong>di</strong> un animale molto elusivo che si nasconde fuggendo<br />

molto velocemente. Durante le fughe gli arti non vengono utilizzati per la<br />

locomozione ma sono tenuti stesi lungo il corpo.<br />

Di regola, il periodo <strong>di</strong> attività si estende da marzo a settembre, ma<br />

sono anche possibili “uscite” invernali in con<strong>di</strong>zioni particolarmente<br />

favorevoli. Durante il giorno la luscengola è attiva nelle ore più calde,<br />

con eccezione <strong>delle</strong> giornate estive afose durante le quali l’attività<br />

<strong>di</strong>minuisce fortemente. La <strong>di</strong>eta è composta prevalentemente da<br />

Artropo<strong>di</strong> (Insetti e ragni) e Crostacei (Isopo<strong>di</strong>).<br />

Habitat. La luscengola frequenta zone ecotonali caratterizzate dalla<br />

presenza <strong>di</strong> erba e arbusti e da una buona insolazione; spesso si trova<br />

in aree antropizzate quali i margini <strong>di</strong> aree coltivate. Per il tipo <strong>di</strong><br />

ambiente frequentato si <strong>di</strong>stingue nettamente dall’orbettino.<br />

Riproduzione. In primavera si possono osservare combattimenti fra i<br />

maschi al fine <strong>di</strong> accedere alle femmine: a questo fenomeno potrebbe<br />

essere correlato il cospicuo numero <strong>di</strong> code rigenerate spesso<br />

osservato. La specie è vivipara e le femmine partoriscono in genere da<br />

4 a 9 piccoli.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Compresa negli allegati III della Convenzione <strong>di</strong> Berna e B della Legge<br />

Regionale 56/2000, la specie appare ben <strong>di</strong>stribuita e non<br />

particolarmente a rischio, pur risentendo <strong>delle</strong> trasformazioni ambientali<br />

operate dall’uomo, dell’abbandono dei pascoli e dei frequenti incen<strong>di</strong><br />

estivi.<br />

LA LUSCENGOLA NEL COMPRENSORIO<br />

All’interno del comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> la presenza della<br />

luscengola è stata riscontrata in habitat tipici per questa specie quali<br />

margini <strong>di</strong> prati incolti ben soleggiati, con fitta e alta copertura erbacea.<br />

La luscengola è probabilmente più frequente a quote relativamente<br />

basse.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

43


Podarcis muralis (Laurenti, 1768)<br />

Lucertola muraiola<br />

Famiglia: Lacertidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (femmina) <strong>di</strong> Podarcis muralis. Foto M. Biaggini.<br />

È tra le specie <strong>di</strong> Lacerti<strong>di</strong> ad ampia <strong>di</strong>stribuzione europea.<br />

DESCRIZIONE<br />

Si tratta <strong>di</strong> una lucertola <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>o-piccole; i maschi sono <strong>di</strong><br />

taglia maggiore rispetto alle femmine e hanno una lunghezza totale che<br />

varia da 16 a 23 cm, presentano struttura più robusta, testa<br />

proporzionalmente più grande, colorazione spesso più appariscente.<br />

La colorazione del dorso, estremamente variabile, è generalmente<br />

caratterizzata dai toni del marrone e del verde e presenta macchie e<br />

reticolature più scure, spesso nerastre. Le regioni ventrale e golare<br />

sono biancastre, tipicamente maculate <strong>di</strong> bruno e nero. Questa<br />

caratteristica in particolare permette la <strong>di</strong>stinzione tra P. muralis e P.<br />

siculus, spesso simpatriche nella nostra zona. Come in altri Lacerti<strong>di</strong>,<br />

nei maschi i pori femorali (situati nella parte interna <strong>delle</strong> cosce) sono<br />

molto evidenti.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

44


Podarcis muralis Lacertidae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È presente nell’Italia continentale e peninsulare, sulle isole costiere<br />

della Liguria e su alcune isole dell’Arcipelago Toscano. È assente in<br />

Sardegna e Sicilia.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Il periodo <strong>di</strong> attività, estremamente variabile in relazione alle<br />

con<strong>di</strong>zioni climatiche, si estende generalmente dalla primavera<br />

all’autunno inoltrato. Tuttavia in occasione <strong>di</strong> giornate particolarmente<br />

miti, è possibile osservare la lucertola muraiola anche durante i mesi<br />

invernali. Lo svernamento avviene all’interno <strong>di</strong> cavità e fessure <strong>di</strong> muri<br />

e rocce.<br />

La lucertola muraiola è una specie territoriale. La <strong>di</strong>eta è generalista,<br />

costituita in buona parte da Artropo<strong>di</strong> e piccoli Molluschi e talvolta<br />

caratterizzata anche da una componente vegetale.<br />

Habitat. Questa specie occupa una grande varietà <strong>di</strong> ambienti. Spesso<br />

in simpatria con la lucertola campestre, pre<strong>di</strong>lige rispetto a questa<br />

habitat tendenzialmente più umi<strong>di</strong> e talvolta caratterizzati da fitta<br />

vegetazione. Si può facilmente osservare nei pressi <strong>di</strong> rocce e pietraie,<br />

su vecchi muri, in zone ecotonali caratterizzate da vegetazione<br />

arbustiva, nelle radure e ai margini dei boschi, sulle rive sassose dei<br />

corsi d’acqua. Si trova comunemente anche in aree antropizzate.<br />

Riproduzione. Il periodo riproduttivo si estende generalmente da<br />

marzo a giugno e sono stati osservati anche più <strong>di</strong> un evento<br />

riproduttivo all’anno. Ogni femmina può deporre me<strong>di</strong>amente 5-6 uova e<br />

la schiusa avviene dopo 2-3 mesi a seconda <strong>delle</strong> con<strong>di</strong>zioni climatiche<br />

locali.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Le popolazioni continentali apparentemente non presentano particolari<br />

problemi. La lucertola muraiola è una specie relativamente ubiquitaria e,<br />

come accennato, è spesso presente all’interno <strong>di</strong> ambienti antropizzati.<br />

Un fattore limitante per la sua presenza può essere costituito<br />

dall’incremento <strong>di</strong> attività antropiche fortemente impattanti sul territorio,<br />

quali l’agricoltura intensiva.<br />

La lucertola muraiola è inserita nell’allegato D della Direttiva Habitat e<br />

nell’all. A della Legge Regionale 56/2000.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

45


Podarcis muralis Lacertidae<br />

LA LUCERTOLA MURAIOLA NEL COMPRENSORIO<br />

Si tratta senza dubbio della specie più frequentemente osservata in<br />

tutta l’area. L’ambiente boschivo, che caratterizza buona parte del<br />

comprensorio, soprattutto laddove la copertura arborea non è continua,<br />

è particolarmente adatto per questa specie. I margini dei sentieri, le<br />

cataste <strong>di</strong> legna, le scarpate, i muretti a secco, le costruzioni in pietra<br />

ma anche le sponde dei torrenti, in particolare quando caratterizzate<br />

dalla presenza <strong>di</strong> ciottoli, sono gli ambienti dove più spesso la lucertola<br />

muraiola è stata osservata.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (maschio) <strong>di</strong> Podarcis muralis. Foto E. Paggetti.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

46


Podarcis siculus (Rafinesque-Schmaltz, 1810)<br />

Lucertola campestre<br />

Famiglia: Lacertidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto (maschio) <strong>di</strong> Podarcis muralis. Foto M. Biaggini.<br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

Insieme a Podarcis muralis è la specie <strong>di</strong> Lacertide maggiormente<br />

<strong>di</strong>ffusa in Italia.<br />

DESCRIZIONE<br />

Lucertola <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni e dalla struttura piuttosto robusta: i<br />

maschi possono raggiungere una lunghezza totale <strong>di</strong> 26 cm. Pur<br />

mostrando una variabilità morfologica elevata, in genere la colorazione<br />

del dorso è caratterizzata dai toni del verde e spesso presenta una<br />

banda bruna centrale che si estende dalla testa alla coda. Come del<br />

resto anche nella lucertola muraiola, <strong>di</strong>etro alle ascelle e lungo i fianchi<br />

sono <strong>di</strong> solito presenti <strong>delle</strong> macchie azzurre. La regione ventrale e la<br />

gola sono bianche, sempre prive <strong>di</strong> macchie. Il <strong>di</strong>morfismo sessuale,<br />

ovvero la <strong>di</strong>fferenza morfologica tra sessi, è piuttosto accentuato e<br />

riguarda <strong>di</strong>mensioni e corporatura: i maschi sono <strong>di</strong> taglia maggiore e<br />

caratterizzati da struttura più robusta e testa proporzionalmente più<br />

grande, la colorazione è spesso più appariscente rispetto a quella <strong>delle</strong><br />

..<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

47


Podarcis siculus Lacertidae<br />

femmine. Come per altri Lacerti<strong>di</strong>, nei maschi i pori femorali sono<br />

evidenti.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

Questa specie è presente in tutta l’Italia continentale, in Sicilia,<br />

Sardegna e in molte <strong>delle</strong> isole minori.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Il periodo <strong>di</strong> attività, variabile in relazione alle con<strong>di</strong>zioni<br />

climatiche, si estende generalmente dalla primavera all’autunno<br />

inoltrato. La <strong>di</strong>eta è generalista, costituita principalmente da Artropo<strong>di</strong> e<br />

piccoli Molluschi e in alcuni casi caratterizzata da una componente<br />

vegetale.<br />

Habitat. Occupa una grande varietà <strong>di</strong> ambienti, tra cui anche aree<br />

antropizzate, quali parchi, giar<strong>di</strong>ni urbani e aree agricole. In genere, ma<br />

soprattutto quando si trova in simpatria con Podarcis muralis, la<br />

lucertola campestre tende ad occupare habitat più aperti e<br />

maggiormente soleggiati. Si tratta infatti <strong>di</strong> una specie caratterizzata da<br />

un elevato grado <strong>di</strong> termofilia. Di solito raggiunge un’altitu<strong>di</strong>ne minore<br />

rispetto alla lucertola muraiola, tuttavia in Sicilia la si può osservare oltre<br />

i 2000 m <strong>di</strong> quota.<br />

Riproduzione. I maschi sono territoriali e lottano talvolta violentemente<br />

per le femmine. La stagione riproduttiva ha luogo in primavera-estate.<br />

Possono avvenire più deposizioni nel corso <strong>di</strong> un anno; le femmine<br />

depongono generalmente fino a 8 uova per evento riproduttivo. La<br />

schiusa ha tempi variabili in relazione alle con<strong>di</strong>zioni ambientali ma <strong>di</strong><br />

solito richiede me<strong>di</strong>amente due mesi.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Le popolazioni continentali e peninsulari non sembrano essere<br />

particolarmente minacciate. Nonostante la lucertola campestre mostri<br />

una buona capacità <strong>di</strong> adattamento agli ambienti antropizzati,<br />

l’esasperata urbanizzazione e il progressivo intensificarsi <strong>delle</strong> attività<br />

economiche possono comunque costituire <strong>delle</strong> gravi minacce per<br />

questa specie.<br />

Compare negli allegati II della Convenzione <strong>di</strong> Berna, D della Direttiva<br />

Habitat e A della Legge Regionale 56/2000.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

48


Podarcis siculus Lacertidae<br />

LA LUCERTOLA CAMPESTRE NEL COMPRENSORIO<br />

Il comprensorio in generale, essendo quasi totalmente coperto da<br />

boschi, è meno adatto a ospitare questa specie soprattutto rispetto alla<br />

lucertola muraiola. La lucertola campestre è stata osservata solamente<br />

in poche località in cui sono presenti piccole zone aperte e incolte, ben<br />

soleggiate e riparate.<br />

In<strong>di</strong>vidui adulti (maschi) <strong>di</strong> Podarcis sicula. Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

49


Lacerta bilineata Dau<strong>di</strong>n, 1802<br />

Ramarro occidentale<br />

Famiglia: Lacertidae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Lacerta bilineata. Foto E. Paggetti.<br />

Lacertide <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>ffuso nell’Europa occidentale e oggi<br />

<strong>di</strong>stinto da Lacerta viri<strong>di</strong>s, a <strong>di</strong>stribuzione est-europea.<br />

DESCRIZIONE<br />

Il ramarro è un Sauro <strong>di</strong> grossa taglia: i maschi possono infatti<br />

raggiungere i 45 cm <strong>di</strong> lunghezza totale. La colorazione dorsale è<br />

piuttosto tipica e varia in relazione al sesso: generalmente verde<br />

brillante, può essere caratterizzata nei maschi dalla presenza <strong>di</strong> fini<br />

punteggiature sia chiare che scure, mentre nelle femmine e nei giovani<br />

sono più o meno evidenti <strong>delle</strong> striature longitu<strong>di</strong>nali chiare. Le parti<br />

ventrali sono invece sul giallo crema, in entrambi i sessi. Durante il<br />

periodo riproduttivo il <strong>di</strong>morfismo sessuale si accentua ulteriormente<br />

poiché nei maschi la gola e le zone laterali del capo acquisiscono una<br />

marcata colorazione blu.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

50


Lacerta bilineata Lacertidae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

Presente su tutto il territorio italiano e sulle isole d’Elba e Sicilia.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Il ramarro è una specie strettamente <strong>di</strong>urna ed eliofila. Il<br />

periodo <strong>di</strong> attività nell’Italia centro-settentrionale coincide con i mesi<br />

primaverili ed estivi. Si tratta <strong>di</strong> un animale molto agile e attivo; i maschi<br />

adulti sono fortemente territoriali.<br />

La <strong>di</strong>eta è caratterizzata prevalentemente da Artropo<strong>di</strong> (quali ad<br />

esempio cavallette, grilli e Coleotteri) e Vertebrati <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni<br />

(<strong>Anfibi</strong>, altri <strong>Rettili</strong>, Uccelli e Mammiferi).<br />

Habitat. È una specie piuttosto <strong>di</strong>ffusa in aree relativamente aperte ma<br />

caratterizzate da una fitta copertura erbosa o arbustiva che offre<br />

occasione <strong>di</strong> un rapido rifugio. Ambienti tipicamente frequentati dal<br />

ramarro sono le fasce ecotonali (ad esempio nei pressi <strong>di</strong> siepi e<br />

cespuglieti), i margini dei boschi, le sponde erbose dei corsi d’acqua, i<br />

margini dei coltivi, i <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> ruderi, le massicciate e i sentieri.<br />

Riproduzione. L’accoppiamento ha luogo in genere da maggio a<br />

giugno. Le femmine possono deporre fino a un massimo <strong>di</strong> 20 uova,<br />

che vengono sistemate al riparo anche in piccole buche appositamente<br />

scavate. La schiusa richiede 2-4 mesi, a seconda della temperatura; i<br />

piccoli alla nascita possono misurare fino a 9 cm.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Il ramarro occidentale è una specie senza dubbio minacciata da<br />

alterazioni ambientali tipicamente dovute alle attività umane, quali<br />

l’eliminazione <strong>di</strong> fasce ecotonali, la rimozione <strong>di</strong> vegetazione arbustiva e<br />

siepi. Sebbene questa specie sia piuttosto frequente negli ambienti<br />

seminaturali, rispetto agli altri Lacerti<strong>di</strong> presenti sul territorio il ramarro<br />

non ben si adatta ai fenomeni <strong>di</strong> urbanizzazione.<br />

È segnalato negli allegati II della Convenzione <strong>di</strong> Berna, D della<br />

Direttiva Habitat e B della Legge Regionale 56/2000.<br />

IL RAMARRO OCCIDENTALE NEL COMPRENSORIO<br />

Il ramarro è stato osservato in ambienti aperti e soleggiati, caratterizzati<br />

da copertura erbacea piuttosto fitta. In particolare è risultato piuttosto<br />

<strong>di</strong>ffuso all’interno <strong>di</strong> ambienti seminaturali tra cui pascoli, prati e<br />

scarpate. Nella stagione <strong>di</strong> massima attività è possibile osservare<br />

<strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>vidui nello stesso sito. Si conferma, anche all’interno del<br />

........<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

51


Lacerta bilineata Lacertidae<br />

comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> l’importanza <strong>delle</strong> zone <strong>di</strong> ecotono per<br />

la presenza <strong>di</strong> questa specie.<br />

In<strong>di</strong>viduo giovane <strong>di</strong> Lacerta bilineata. Foto M. Biaggini.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

52


Coronella austriaca Laurenti, 1768<br />

Colubro liscio<br />

Famiglia: Colubridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Coronella austriaca. Foto S. Vanni.<br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

Piccolo serpente <strong>di</strong>ffuso in tutta Europa, dalla Scan<strong>di</strong>navia alla Sicilia, al<br />

Caucaso. Talora viene scambiato per una vipera.<br />

DESCRIZIONE<br />

È un serpente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni relativamente piccole che in genere può<br />

raggiungere i 60 cm. La colorazione dorsale è grigiastra, olivastra o<br />

bruno-rossastra con macchie più scure irregolari lungo tutto il corpo;<br />

quella ventrale è nerastra talvolta con macchie chiare. La testa,<br />

relativamente piccola, è caratterizzata da una colorazione scura. Gli<br />

occhi hanno le pupille rotonde.<br />

Talvolta questa specie viene confusa con Vipera aspis, che si <strong>di</strong>stingue<br />

però per avere la pupilla verticale e il capo nettamente <strong>di</strong>stinto dal<br />

corpo; le squame della testa inoltre sono piccole e quelle del dorso<br />

fortemente carenate.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

53


Coronella austriaca Colubridae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

In Italia è presente quasi dappertutto ma è più frequente nella parte<br />

centro-settentrionale del paese. È assente in Sardegna.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Di regola questo colubride è attivo da marzo a ottobre. Si tratta<br />

<strong>di</strong> una specie molto elusiva e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile osservazione: pur essendo un<br />

animale <strong>di</strong>urno, anche durante il giorno tende a restare nascosto in<br />

anfratti o sotto rocce. La <strong>di</strong>eta è caratterizzata prevalentemente da<br />

Sauri e altri piccoli Vertebrati ma anche da Artropo<strong>di</strong>.<br />

Habitat. Nell’Italia centrale frequenta ambienti piuttosto asciutti, tra cui<br />

anche quelli antropizzati quali coltivi e pascoli; spesso si può osservare<br />

lungo le fasce ecotonali, anche al limitare <strong>di</strong> aree boschive e macchie<br />

arbustate. La principale “esigenza” del colubro liscio è la presenza <strong>di</strong><br />

pietre o rocce.<br />

Riproduzione. In genere la riproduzione ha luogo fra aprile e maggio e<br />

i piccoli nascono intorno a luglio-settembre. Il colubro liscio è un<br />

serpente, in genere, ovoviviparo. Le femmine possono partorire fino a<br />

15 piccoli ogni due-tre anni.<br />

CONSERVAZIONE<br />

In generale questa specie sembrerebbe in regressione. È minacciata,<br />

come del resto tutta l’erpetofauna, dalle mo<strong>di</strong>ficazioni ambientali dovute<br />

all’attività umana. Spesso viene uccisa perché ritenuta una vipera.<br />

Fa parte degli allegati II della Convenzione <strong>di</strong> Berna, B della Direttiva<br />

Habitat e A della Legge Regionale 56/2000.<br />

IL COLUBRO LISCIO NEL COMPRENSORIO<br />

Dati museali e bibliografici ne in<strong>di</strong>cano la presenza all’interno del<br />

comprensorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong>, sebbene la <strong>di</strong>stribuzione non sembri<br />

essere molto ampia.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

54


Natrix natrix (Linnaeus, 1758)<br />

Natrice dal collare, biscia<br />

Famiglia: Colubridae<br />

In<strong>di</strong>viduo giovane <strong>di</strong> Natrix natrix. Foto M. Biaggini.<br />

La natrice dal collare è uno dei serpenti più comuni in Italia. Il suo<br />

areale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione comprende Europa, Africa nord-occidentale e<br />

Asia occidentale.<br />

DESCRIZIONE<br />

La sua lunghezza si aggira me<strong>di</strong>amente intorno a 100 cm ma le<br />

femmine possono occasionalmente raggiungere i 2 m. La colorazione <strong>di</strong><br />

fondo è grigiastra con sfumature olivacee o brunastre e sono presenti<br />

macchie scure su tutto il corpo, a formare <strong>delle</strong> bande longitu<strong>di</strong>nali.<br />

Tipica è la presenza <strong>di</strong> macchie biancastre <strong>di</strong>etro la testa che possono<br />

assumere la forma <strong>di</strong> un collare. La regione ventrale è caratterizzata da<br />

macchie biancastre e nerastre. Il capo appare <strong>di</strong>stinto dal tronco,<br />

allungato e coperto da gran<strong>di</strong> squame lisce e lucide. Le squame della<br />

regione del tronco e della coda sono invece carenate.<br />

Spesso viene confusa con la vipera, ma da quest’ultima si <strong>di</strong>stingue per<br />

le <strong>di</strong>mensioni molto maggiori, per la coda piuttosto lunga e sottile, per le<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

55


Natrix natrix Colubridae<br />

gran<strong>di</strong> squame della testa e soprattutto per la pupilla <strong>di</strong> forma rotonda.<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È <strong>di</strong>stribuita in tutta l’Italia continentale e peninsulare ed è presente<br />

sull’isola d’Elba e in Sicilia.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. È attiva dalla fine dell’inverno al tardo autunno ma può<br />

interrompere la latenza invernale in caso <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni climatiche<br />

favorevoli. L’attività è fondamentalmente <strong>di</strong>urna ma in giornate<br />

particolarmente calde può essere limitata alle ore più fresche.<br />

Se <strong>di</strong>sturbata reagisce soffiando o assumendo un atteggiamento<br />

d’attacco ma solo raramente morde; quando maneggiata può anche<br />

secernere un secreto maleodorante. In alcuni casi, come strategia<br />

<strong>di</strong>fensiva, la natrice dal collare finge <strong>di</strong> essere morta mostrando il ventre<br />

e la bocca aperta.<br />

È un’abile nuotatrice, tanto che caccia anche in acqua: gli adulti<br />

predano prevalentemente <strong>Anfibi</strong>, ma anche Pesci, Sauri e piccoli<br />

Ro<strong>di</strong>tori, i giovani predano grossi Insetti. Le bisce possono essere<br />

predate da Uccelli e Mammiferi e, quando giovani, anche da altri<br />

Serpenti.<br />

Habitat. La natrice dal collare frequenta tipi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> raccolte e corsi<br />

d’acqua (stagni, fossi, torrenti e fiumi) presenti sia in zone aperte sia in<br />

quelle caratterizzate da <strong>di</strong>screta copertura vegetale.<br />

Riproduzione. In primavera avviene l’accoppiamento, mentre la<br />

deposizione ha luogo generalmente fra giugno e luglio. Ogni femmina<br />

può deporre decine <strong>di</strong> uova (fino a un massimo <strong>di</strong> 70) che vengono<br />

deposte in zone riparate quali muri a secco, cumuli <strong>di</strong> pietre o sotto<br />

vegetali marcescenti. Più femmine possono deporre nello stesso luogo.<br />

CONSERVAZIONE<br />

La specie appare comune anche se segnalata in regressione in alcune<br />

stazioni toscane. Essendo molto legata agli ambienti acquatici, risente<br />

più degli altri serpenti dell’alterazione dei corpi idrici (captazione <strong>delle</strong><br />

acque, inquinamento, <strong>di</strong>struzione della vegetazione riparia). Anche il<br />

traffico dovuto ai veicoli motorizzati è spesso responsabile dell’alta<br />

mortalità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui.<br />

La natrice dal collare figura negli allegati III della Convenzione <strong>di</strong> Berna<br />

e B della Legge Regionale 56/2000.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

56


Natrix natrix Colubridae<br />

LA NATRICE DAL COLLARE NEL COMPRENSORIO<br />

Tra le specie <strong>di</strong> serpenti, è quella osservabile con maggior frequenza,<br />

grazie anche alla ricchezza <strong>di</strong> corsi d’acqua del territorio <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong><br />

<strong>Limentre</strong>. È facile, purtroppo, imbattersi in esemplari uccisi per mano<br />

dell’uomo per via <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ffuso o<strong>di</strong>o nei confronti dei serpenti e per il<br />

fatto che spesso le bisce vengono scambiate per vipere; non sono rari<br />

anche gli investimenti stradali.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

57


Hierophis viri<strong>di</strong>flavus (Lacépède, 1789)<br />

Biacco<br />

Famiglia: Colubridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Hierophis viri<strong>di</strong>flavus. Foto M. Biaggini.<br />

Serpente molto comune in Italia, <strong>di</strong>ffuso in parte dell’Europa centrale<br />

me<strong>di</strong>terranea e centro-occidentale.<br />

DESCRIZIONE<br />

È un serpente dall’aspetto snello, lungo in genere circa 100-140 cm; la<br />

coda è lunga e sottile. Gli in<strong>di</strong>vidui adulti sono <strong>di</strong> facile riconoscimento e<br />

non sono confon<strong>di</strong>bili con altre specie. La colorazione dorsale è in<br />

genere gialla e nera ma si possono incontrare in<strong>di</strong>vidui completamente<br />

neri o quasi. La porzione anteriore del corpo ha un <strong>di</strong>segno che tende a<br />

formare bande trasversali, mentre la regione posteriore e la coda sono<br />

caratterizzate da bande longitu<strong>di</strong>nali. La zona ventrale invece è biancogiallastra,<br />

talvolta macchiata <strong>di</strong> nero. La colorazione degli in<strong>di</strong>vidui<br />

giovani è decisamente <strong>di</strong>versa da quella appena descritta: il dorso è<br />

infatti quasi uniformemente grigiastro-olivastro mentre sulla testa sono<br />

evidenti macchie gialle e bruno-nerastre.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

58


Hierophis viriflavus Colubridae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È ampiamente <strong>di</strong>ffuso sul territorio italiano e su gran parte <strong>delle</strong> isole.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Tipicamente <strong>di</strong>urno, il biacco è estremamente agile e veloce. È<br />

prevalentemente terricolo ma può arrampicarsi su alberi, arbusti, muretti<br />

e tettoie. È <strong>di</strong> indole piuttosto aggressiva e reagisce mordendo alla<br />

cattura (il morso è tuttavia innocuo).<br />

La <strong>di</strong>eta degli adulti è costituita principalmente da Sauri, Uccelli e<br />

Ro<strong>di</strong>tori, ma occasionalmente anche da altri Serpenti.<br />

Habitat. Si tratta <strong>di</strong> una specie molto <strong>di</strong>ffusa e piuttosto ubiquitaria,<br />

presente in ambienti <strong>di</strong>versi, sia aperti sia chiusi, anche se<br />

generalmente non frequenta boschi a densa copertura vegetale. Si può<br />

trovare anche in ambienti antropizzati quali coltivi, orti e parchi urbani.<br />

Riproduzione. In primavera, durante il periodo riproduttivo, i maschi<br />

danno vita a combattimenti caratteristici prima dell’accoppiamento.<br />

All’inizio dell’estate le femmine depongono da 3 a 15 uova che si<br />

schiudono in genere fra agosto e settembre.<br />

CONSERVAZIONE<br />

Il biacco non sembra particolarmente a rischio <strong>di</strong> estinzione. La<br />

scomparsa degli habitat tipici <strong>di</strong> questa specie può comunque costituire<br />

una grave minaccia. Il traffico dovuto ai veicoli motorizzati è spesso<br />

responsabile <strong>di</strong> un’elevata mortalità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui.<br />

Il biacco è compreso nella Convenzione <strong>di</strong> Berna e nella Direttiva<br />

Habitat, rispettivamente negli allegati II e D.<br />

IL BIACCO NEL COMPRENSORIO<br />

Nella zona <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> il biacco è presente in <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong><br />

ambiente quali prati, fasce ecotonali e zone aperte ma anche in pieno<br />

bosco (ad esempio in castagneti anche relativamente fitti).<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

59


Zamenis longissimus (Laurenti, 1768)<br />

Saettone comune<br />

Famiglia: Colubridae<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Zamenis longissimus. Foto S. Vanni.<br />

Longilineo e facilmente <strong>di</strong>stinguibile dagli altri serpenti, il saettone è<br />

anche detto colubro <strong>di</strong> Esculapio.<br />

DESCRIZIONE<br />

È un serpente <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>o-grande: la lunghezza me<strong>di</strong>a si aggira<br />

intorno ai 130 cm ma talora può raggiungere anche i 200 cm. La<br />

colorazione del dorso, piuttosto caratteristica e relativamente uniforme,<br />

è giallo-bruna, grigio bruna o verdastra con piccole macchie grigiastre.<br />

Le parti ventrali sono invece generalmente chiare. La testa è<br />

relativamente piccola e slanciata. Gli occhi hanno la pupilla rotonda.<br />

L’aspetto degli in<strong>di</strong>vidui giovani è abbastanza <strong>di</strong>verso da quello degli<br />

adulti: il dorso è bruno grigiastro con 4 serie <strong>di</strong> macchie scure. Inoltre,<br />

una stria nerastra che sale dalla bocca fino all’occhio rappresenta una<br />

<strong>delle</strong> principali caratteristiche <strong>di</strong>stintive dei giovani <strong>di</strong> questa specie.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

60


Zamenis longissimus Colubridae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

È <strong>di</strong>stribuito nelle regioni continentali e peninsulari fino al centro Italia.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Conclude in genere il periodo d’inattività alla fine dell’inverno e<br />

rimane attivo fino all’autunno. Le sue notevoli capacità da arrampicatore<br />

lo rendono in grado <strong>di</strong> salire su alberi e arbusti, <strong>di</strong> affrontare pareti<br />

rocciose, muri <strong>di</strong> contenimento e pareti esterne <strong>di</strong> vecchie costruzioni.<br />

Fugge solo se molestato, <strong>di</strong>leguandosi silenziosamente. È attivo <strong>di</strong><br />

giorno ma in piena estate evita le ore più calde. Ha un temperamento<br />

fiero e reagisce nervosamente alla cattura mordendo ma, come per il<br />

biacco, il morso è innocuo.<br />

Uccide le sue prede per costrizione. Gli adulti si cibano <strong>di</strong> Uccelli (uova,<br />

ni<strong>di</strong>acei) e micro-mammiferi e solo raramente predano altri <strong>Rettili</strong>. I<br />

giovani invece predano in genere Insetti, lucertole e i piccoli <strong>di</strong> micromammiferi.<br />

Il saettone comune può essere predato da Uccelli (in genere<br />

rapaci) e Mammiferi; i giovani possono essere predati anche dal biacco.<br />

Habitat. Il saettone comune frequenta ambienti forestali piuttosto aperti,<br />

rive alberate ma anche margini <strong>di</strong> aree coltivate e prati incolti,<br />

soprattutto in presenza <strong>di</strong> possibili siti <strong>di</strong> rifugio (pietraie, ruderi, roveti).<br />

Riproduzione. In primavera, nel periodo degli amori, i maschi<br />

combattono in genere in maniera non cruente per accoppiarsi. Dopo<br />

circa due mesi dall’accoppiamento le femmine depongono me<strong>di</strong>amente<br />

una <strong>di</strong>ecina <strong>di</strong> uova in siti protetti (sotto pietre e in anfratti <strong>di</strong> varia<br />

origine); l’incubazione dura <strong>di</strong>verse settimane e i piccoli alla schiusa<br />

sono lunghi circa una ventina <strong>di</strong> centimetri.<br />

CONSERVAZIONE<br />

In Toscana questo serpente appare in <strong>di</strong>minuzione rispetto al passato.<br />

La specie è minacciata dalla <strong>di</strong>struzione del suo habitat a causa<br />

soprattutto <strong>delle</strong> pratiche agricole <strong>di</strong> tipo intensivo. Il traffico<br />

automobilistico è responsabile <strong>di</strong> un’alta mortalità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui.<br />

Il saettone comune è presente negli allegati II della Convenzione <strong>di</strong><br />

Berna e D della Direttiva Habitat.<br />

IL SAETTONE COMUNE NEL COMPRENSORIO<br />

Questa specie è presente nel comprensorio, anche se gli incontri non<br />

sono molto frequenti. La sua presenza è stata rilevata soprattutto in<br />

zone ecotonali, anche a quote piuttosto elevate.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

61


Vipera comune<br />

Famiglia: Viperidae<br />

Vipera aspis (Linnaeus, 1758)<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Vipera aspis. Foto S. Vanni.<br />

Questo Viperide è il solo serpente velenoso presente in Toscana. È<br />

<strong>di</strong>stribuito nell’Europa centro-meri<strong>di</strong>onale fino alla Sicilia.<br />

DESCRIZIONE<br />

Le caratteristiche che ne rendono imme<strong>di</strong>ato il riconoscimento sono la<br />

pupilla verticale e la presenza, sulla testa, <strong>di</strong> numerose piccole squame,<br />

mentre quelle del corpo sono fortemente carenate e con il labbro<br />

superiore biancastro. Di aspetto relativamente tozzo misura <strong>di</strong> regola<br />

intorno ai 50-70 cm. La testa è ben <strong>di</strong>stinta dal tronco e presenta forma<br />

triangolare, con apice ricurvo verso l’alto. La colorazione è variabile ma<br />

in genere caratterizzata da fondo grigio, con tonalità più o meno<br />

olivacee o brune e dalla presenza <strong>di</strong> 4 bande trasversali bruno-nerastre.<br />

Le parti ventrali sono in genere scure o marezzate <strong>di</strong> chiaro.<br />

La vipera presenta <strong>di</strong>morfismo sessuale: le femmine hanno la coda più<br />

corta e una colorazione dorsale meno brillante.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

Tipo <strong>di</strong> segnalazione<br />

precedente al 1980<br />

posteriore al 1980<br />

62


Vipera aspis Viperidae<br />

DISTRIBUZIONE ITALIANA<br />

La vipera comune è <strong>di</strong>stribuita su tutto il territorio nazionale ed è inoltre<br />

presente sulle isole d’Elba, Montecristo e in Sicilia.<br />

NOTE ECO-ETOLOGICHE<br />

Attività. Il periodo <strong>di</strong> attività si estende in genere da febbraio-marzo a<br />

ottobre-novembre. In particolari con<strong>di</strong>zioni climatiche la vipera comune<br />

può comunque essere attiva anche in inverno. Pur avendo abitu<strong>di</strong>ni<br />

<strong>di</strong>urne, durante l’estate limita la sua attività generalmente alle ore più<br />

fresche ed è pertanto possibile incontrarla al crepuscolo o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong><br />

notte. I suoi movimenti non sono particolarmente rapi<strong>di</strong> e, se <strong>di</strong>sturbata,<br />

in genere si allontana lentamente. La vipera gode <strong>di</strong> una pessima<br />

reputazione dovuta al fatto <strong>di</strong> essere un serpente velenoso e pertanto<br />

cade molto spesso vittima dell’uomo. In genere tuttavia questo<br />

serpente, <strong>di</strong> carattere schivo, morde molto raramente, solo nei casi in<br />

cui non abbia altra via d’uscita.<br />

Gli in<strong>di</strong>vidui adulti si cibano quasi esclusivamente <strong>di</strong> Ro<strong>di</strong>tori ma anche<br />

<strong>di</strong> altri piccoli Vertebrati. La <strong>di</strong>eta dei giovani è in buona parte<br />

rappresentata da Sauri. La vipera può essere predata da Uccelli,<br />

Mammiferi e ad<strong>di</strong>rittura da altri Serpenti (biacco).<br />

Habitat. Si trova in una grande varietà <strong>di</strong> habitat. È infatti possibile<br />

incontrarla sia in ambienti aperti sia boschivi, dal livello del mare fino a<br />

3000 m <strong>di</strong> quota. Pre<strong>di</strong>lige le zone ecotonali quali radure collinari e<br />

montane, margini <strong>di</strong> sentieri poco battuti, scarpate e pietraie. Si trova<br />

anche in ambienti frequentati dall’uomo, presso ruderi e muretti a secco,<br />

in legnaie e fienili.<br />

Riproduzione. La stagione degli accoppiamenti ha luogo in primavera<br />

dopo che i maschi hanno completato i combattimenti ritualizzati. La<br />

vipera è ovovivipara e i piccoli, da 2 a 22, nascono in genere da agosto<br />

ai primi <strong>di</strong> ottobre.<br />

CONSERVAZIONE<br />

È una specie ancora localmente comune, anche se in declino per via<br />

dell’urbanizzazione, la degradazione dell’habitat, i <strong>di</strong>sboscamenti.<br />

Figura solamente nell’allegato III della Convenzione <strong>di</strong> Berna.<br />

LA VIPERA NEL COMPRENSORIO<br />

Fonti bibliografiche e museali ne attestano la presenza nel<br />

comprensorio, sebbene non in molte località. Esistono poi <strong>di</strong>verse<br />

..........<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

63


Vipera aspis Viperidae<br />

segnalazioni non verificate che complessivamente interessano gran<br />

parte del territorio. Tali segnalazioni tuttavia devono essere valutate con<br />

cautela perché è <strong>di</strong>ffusa la tendenza a considerare “vipera” tutto ciò che<br />

striscia. Dalle testimonianze raccolte tra la popolazione residente la<br />

specie sembrerebbe comunque in <strong>di</strong>minuzione nel comprensorio.<br />

In<strong>di</strong>viduo adulto <strong>di</strong> Vipera aspis. Foto F. Fineschi.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong> - <strong>Rettili</strong><br />

64


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d’Europa. Muzio E<strong>di</strong>tore, Padova.<br />

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Corti C., Nistri A., Poggesi M. & Vanni S., 1991. Biogeographical<br />

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<strong>di</strong> Storia Naturale, Sezione Zoologica "La Specola", Firenze, Centro<br />

stampa Giunta regionale, 379 pp.<br />

<strong>Anfibi</strong> e <strong>Rettili</strong> <strong>delle</strong> <strong>Tre</strong> <strong>Limentre</strong><br />

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