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Leggi - I Cistercensi

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Se l'Ufficio divino verrà celebrato in lingua parlata, il significato<br />

del salmo prenderà il sopravvento su l'aspetto «salmodiante» della<br />

salmodia. E probabilmente, dopo un periodo più o meno lungo di incertezze,<br />

si arriverà alle seguenti conclusioni:<br />

1. Non sarà più possibile riunire diversi salmi sotto una sola<br />

antifona (per conseguenza, bisognerà aumentare il numero delle antifone).<br />

2. La nostra mente sarà più sensibile ai generi letterari dei salmi,<br />

e quindi si dovrà fare attenzione al modo in cui essi si succedono.<br />

3. Si dovrà variare il tipo di salmodia, cosi come variano i generi<br />

letterari dei salmi.<br />

4. Sarà necessario, forse, interporre qualche attimo di silenzio fra<br />

un salmo e l'altro.<br />

5. Il numero dei salmi dovrà essere diminuito: pregando più<br />

profondamente secondo il contenuto di ciascun salmo, non potremo<br />

assimilarne tanti quanti ne sono stati recitati finora. D'altra parte, la<br />

nostra pietà personale troverà alimento sufficiente anche in pochi salmi<br />

(Un monaco che ha fatto l'esperienza dell'ufficio celebrato in lingua<br />

parlata, ci dà questa testimonianza: «Il passaggio alla lingua parlata<br />

porta con sé una vera" doccia" di idee e di concetti. I vari uffici, nella<br />

loro struttura, appaiono troppo ricchi... È dunque necessario sperare<br />

uffici la cui carica concettuale sia meno pesante. Ma essi dovranno celebrarsi<br />

con tutto il lirismo e con tutta la poesia che i testi impiegati<br />

richiedono» (Cfr. Célébrer l'office divin, pago 196).<br />

Padre Bugnini, presentando la « Istruzione» Tres abhinc, faceva<br />

questa osservazione: «Recitati in lingua parlata, cinque salmi sono<br />

un po' lunghi. La preghiera salmodiata dovrà essere eseguita più lentamente,<br />

riflettendo e meditando » (Cfr. Osservatore Romano, 7 maggio<br />

1967).<br />

A ben riflettere, il passaggio alla lingua parlata (ammesso che<br />

questo passaggio avvenga), ci orienterà naturalmente verso una riforma<br />

dell'Ufficio divino quale la desidera il Concilio Vaticano II. D'altra<br />

parte, se cercheremo di attuare la riforma suggerita dal Concilio, dovrebbe<br />

essere inevitabile, a 'scadenza più o meno lontana, il passaggio<br />

alla lingua parlata. Le due idee dipendono l'una dall'altra più di<br />

quanto non sembri a prima vista.<br />

Si tratta, insomma, non già di diminuire il tempo della preghiera,<br />

quanto piuttosto di equilibrarlo meglio in vista di una partecipazione più<br />

consapevole, più attiva, più fruttuosa.<br />

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