Leggi - I Cistercensi

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16.06.2013 Views

sizione molto recente del Sovrano Pontefice » che permette, In alcuni casi, l'uso della lingua parlata. Inoltre, i lavori del «Concilium» prevedono: a. La preghiera universale quale embolismo del «Pater Noster » a Vespro. b. Preghiere per la santificazione della giornata, alle Laudi, riassumendo la parte migliore delle tradizionali preghiere che si recitavano in Capitolo (Notitiae 49, novembre-dicembre 1969, pagg. 458-469). 3. La questione centrale, quella della redistribuzione dei salmi, è toccata al n. 91 della Costituzione « Sacrosanctum Concilium ». Essa è suggerita da due motivi: a. Se la lettura della Sacra Scrittura deve essere più abbondante, se dobbiamo cantare di più, se bisogna introdurre momenti di preghiera silenziosa, ecc..., sarà anche necessario riequilibrare l'Ufficio attuale, che dalle accennate riforme uscirà sconvolto. b. L'introduzione della lingua parlata modificherà il nostro modo di concepire la salmodia e la sua esecuzione. «Non si vuol dire che salmeggiando in latino il senso importi poco o sia poco compreso: bisogna però convenire che in latino, il senso dà forma alla nostra preghiera solo a grandi linee e per mezzo di alcuni versetti sparsi qua e là. Quando si ascolta una lingua straniera (anche se la si possiede perfettamente), il senso delle parole non ci colpisce troppo direttamente e con altrettanta pienezza e frutto. Il problema dell'attenzione non è certo facilitato. Questo inconveniente poteva non nuocere alla preghiera in quanto tale, perché mediante la ripetizione alternata di formule melodiche e ritmiche, semplici e armoniose, la salmodia gregoriana riusciva a creare un'atmosfera di preghiera che agiva potentemente sul nostro animo; il salmo, più che un grido di gioia o di dolore, più che una espressione volontaria, diventava una impressione ricevuta, eco intima di una Parola che veniva dall'alto e che si dirigeva al nostro cuore» (Cfr. J. Y. Hameline, Célébrer l'office divin, Paris 1967, pagg. 133-135). Così, per pregare bastava una certa « dose» di salmi. Ne è esempio l'ufficio delle Laudi con i suoi sette salmi cantati di :fila sotto una sola melodia che non lascia trasparire il movimento del pensiero, il significato di questa Ora canonica: il passaggio pasquale dalla confessione dei peccati alla confessione di lode (salmi 148-150). - 162- I l \ i iI l I

Se l'Ufficio divino verrà celebrato in lingua parlata, il significato del salmo prenderà il sopravvento su l'aspetto «salmodiante» della salmodia. E probabilmente, dopo un periodo più o meno lungo di incertezze, si arriverà alle seguenti conclusioni: 1. Non sarà più possibile riunire diversi salmi sotto una sola antifona (per conseguenza, bisognerà aumentare il numero delle antifone). 2. La nostra mente sarà più sensibile ai generi letterari dei salmi, e quindi si dovrà fare attenzione al modo in cui essi si succedono. 3. Si dovrà variare il tipo di salmodia, cosi come variano i generi letterari dei salmi. 4. Sarà necessario, forse, interporre qualche attimo di silenzio fra un salmo e l'altro. 5. Il numero dei salmi dovrà essere diminuito: pregando più profondamente secondo il contenuto di ciascun salmo, non potremo assimilarne tanti quanti ne sono stati recitati finora. D'altra parte, la nostra pietà personale troverà alimento sufficiente anche in pochi salmi (Un monaco che ha fatto l'esperienza dell'ufficio celebrato in lingua parlata, ci dà questa testimonianza: «Il passaggio alla lingua parlata porta con sé una vera" doccia" di idee e di concetti. I vari uffici, nella loro struttura, appaiono troppo ricchi... È dunque necessario sperare uffici la cui carica concettuale sia meno pesante. Ma essi dovranno celebrarsi con tutto il lirismo e con tutta la poesia che i testi impiegati richiedono» (Cfr. Célébrer l'office divin, pago 196). Padre Bugnini, presentando la « Istruzione» Tres abhinc, faceva questa osservazione: «Recitati in lingua parlata, cinque salmi sono un po' lunghi. La preghiera salmodiata dovrà essere eseguita più lentamente, riflettendo e meditando » (Cfr. Osservatore Romano, 7 maggio 1967). A ben riflettere, il passaggio alla lingua parlata (ammesso che questo passaggio avvenga), ci orienterà naturalmente verso una riforma dell'Ufficio divino quale la desidera il Concilio Vaticano II. D'altra parte, se cercheremo di attuare la riforma suggerita dal Concilio, dovrebbe essere inevitabile, a 'scadenza più o meno lontana, il passaggio alla lingua parlata. Le due idee dipendono l'una dall'altra più di quanto non sembri a prima vista. Si tratta, insomma, non già di diminuire il tempo della preghiera, quanto piuttosto di equilibrarlo meglio in vista di una partecipazione più consapevole, più attiva, più fruttuosa. - 163-

sizione molto recente del Sovrano Pontefice » che permette, In alcuni<br />

casi, l'uso della lingua parlata.<br />

Inoltre, i lavori del «Concilium» prevedono:<br />

a. La preghiera universale quale embolismo del «Pater Noster<br />

» a Vespro.<br />

b. Preghiere per la santificazione della giornata, alle Laudi,<br />

riassumendo la parte migliore delle tradizionali preghiere che si recitavano<br />

in Capitolo (Notitiae 49, novembre-dicembre 1969, pagg. 458-469).<br />

3. La questione centrale, quella della redistribuzione dei salmi,<br />

è toccata al n. 91 della Costituzione « Sacrosanctum Concilium ». Essa<br />

è suggerita da due motivi:<br />

a. Se la lettura della Sacra Scrittura deve essere più abbondante,<br />

se dobbiamo cantare di più, se bisogna introdurre momenti di preghiera<br />

silenziosa, ecc..., sarà anche necessario riequilibrare l'Ufficio attuale,<br />

che dalle accennate riforme uscirà sconvolto.<br />

b. L'introduzione della lingua parlata modificherà il nostro<br />

modo di concepire la salmodia e la sua esecuzione.<br />

«Non si vuol dire che salmeggiando in latino il senso importi<br />

poco o sia poco compreso: bisogna però convenire che in latino, il<br />

senso dà forma alla nostra preghiera solo a grandi linee e per mezzo<br />

di alcuni versetti sparsi qua e là. Quando si ascolta una lingua straniera<br />

(anche se la si possiede perfettamente), il senso delle parole non ci colpisce<br />

troppo direttamente e con altrettanta pienezza e frutto. Il problema<br />

dell'attenzione non è certo facilitato. Questo inconveniente poteva<br />

non nuocere alla preghiera in quanto tale, perché mediante la ripetizione<br />

alternata di formule melodiche e ritmiche, semplici e armoniose, la<br />

salmodia gregoriana riusciva a creare un'atmosfera di preghiera che agiva<br />

potentemente sul nostro animo; il salmo, più che un grido di gioia o<br />

di dolore, più che una espressione volontaria, diventava una impressione<br />

ricevuta, eco intima di una Parola che veniva dall'alto e che<br />

si dirigeva al nostro cuore» (Cfr. J. Y. Hameline, Célébrer l'office<br />

divin, Paris 1967, pagg. 133-135).<br />

Così, per pregare bastava una certa « dose» di salmi. Ne è esempio<br />

l'ufficio delle Laudi con i suoi sette salmi cantati di :fila sotto una<br />

sola melodia che non lascia trasparire il movimento del pensiero, il significato<br />

di questa Ora canonica: il passaggio pasquale dalla confessione<br />

dei peccati alla confessione di lode (salmi 148-150).<br />

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