accademia - Sciroeu de Milan

ACCADEMIA di DIALETTO e CULTURA MILANESE
SCIROEU de MILAN
Anno XII – Numero 77 – Gennaio/Febbraio 2010 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999
IL 2010 CI PORTERÀ…
Qualche cosa di nuovo, qualche dèjà vu, qualche
desiderio espresso, qualche delusione su desideri
espressi, qualche…
La lista potrebbe svolgersi all’infinito, o quasi, se
avessimo la pazienza e la costanza di addentrarci nei
particolari ma, forse, non è il caso.
Allora che cosa vogliamo che ci riservi l’anno che
manderà in archivio il suo predecessore, ricco di crisi
economiche, spirituali e politiche???
È così facile immaginarlo che sarebbe banale farne
ora un arido elenco. Ma non riusciamo a immaginare
nulla di nuovo, di originale nei nostri desideri?
E perché non desiderare qualcosa di “vecchio”?
Perché non voler rivedere la nostra città un poco più
in ordine, con le case pulite da stupidi quanto inutili
segni (definire graffiti sarebbe farli ingiustamente
assurgere ad Arte) o senza le strade che dopo una
lieve pioggerella formano pozze inverosimili, senza
auto in doppia fila, con ragazzi che in autobus – dove
tutti paghino il biglietto – si alzino per dare posto a
persone meno giovani e via dicendo…
Banale, vero? Forse ma quanti di noi… Non so se
questi desideri siano totalmente condivisi ma io
vivo con presente un mio principio: ciascuno può
fare quello che meglio crede, fintantoché non sia di
nocumento al prossimo.
Non credo che il duemiladieci ci porterà alcunché di
ciò che stò paventando, auspico solo che sia foriero,
per tutti, di serenità, di salute e di felicità.
Ma dicendo a tutti intendo A TUTTO IL MONDO!!!
Giusto qualche giorno fa, scambiando qualche
opinione con un mio amico, ho appreso che lui, di
tanto in tanto, si reca in Africa per dare aiuto a poveri
derelitti, in una parte di quell’Africa dimenticata da
quasi tutti, dove non vi sono le truppe delle istituzioni
internazionali a tutela degli emarginati o a garanzia
dell’ordine pubblico ecc.
Ma forse che questa “umanità” abbia appeso al chiodo
il buon senso, la carità cristiana, l’attenzione verso il
prossimo??
Continua a pag.6

EDITORIALE
Il 2010 ci porterà...
di Gianfranco Gandini
2 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
SOMMARIO
PROGRAMMI E SEGNALAZIONI 3
...LEGGIUU PER VIALTER
Fondazione e vicende del “Guerin Meschino”
di Edoardo Bossi
Voeuja de toeu marì - Trii foppitt
di Ada Lauzi
La sfascicolatura del Codice Atlantico di
Leonardo. I fogli a disposizione degli studiosi.
di Osmano Cifaldi
Carlo Porta
da “Letteratura dialettale milanese” di Claudio Beretta
IN CARTA
a cura di Gianfranco Gandini
DIVAGAZIONI METROPOLITANE
a cura di Francesca Giussani Ornago
Spendido Splendente
COSE DIVERSE
di Maria Luisa Villa Vanetti
MILAN... LA COGNOSSI? di Giorgio Moro Visconti
Le vie Visconti
SCIROEU DE LA PRÒSA 12
Garibaldi con la scimitarra?! Ma va!
di Giuliana Rivera
LEGGIUU E SCOLTAA 17
Gli innamorati di Milano
di Osmano Cifaldi
VEDRINA DE LA BOTANICA a cura di Fior-ella
Ulivo, trionfo di luce
EL SUSSIDIARI 22
CUNTA SÙ di Ella Torretta
I vesin de la cà in faccia
SALUTE A MILANO di Filippo Bianchi
Come nasce un farmaco
FIRIFISS 27
1
4
5
6
7
8
9
10
11
16
20
21
23
24
Accademia
del Dialetto Milanese
Quote annue di adesione del 2010
Soci Aderenti da € 26,00
Soci Effettivi da € 52,00
Soci Sostenitori da € 180,00
SCIROEU de MILAN
Sciroeu de Milan è la rivista bimestrale
dell’Accademia del Dialetto Milanese.
Abbonamento annuale: € 30,00
La quota può essere versata su
Banca Popolare del Commercio e
dell’Industria
Iban IT24H0504801613000000003602
Agenzia 33 – via Secchi 2 – Milano
oppure: C/C Postale N°24579203
“Accademia del Dialetto Milanese”
SCIROEU de MILAN
Edito dall’Accademia del Dialetto Milanese
Bimestrale fondato nel 1999
Reg. Trib. di Milano N°789 del 24-12-99
Direttore: Gianfranco Gandini
Fax 02 8266463
ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE
Sede c/o Centro Culturale di Milano
Via Zebedia 2 - 20123 Milano
Tel. 3336995933 Fax 028266463
C.F. 97206790152 NAT. GIUR. 12
Presidente onorario: Gino Toller Melzi
Presidente: Gianfranco Gandini
Vicepresidente: Ivo Siboni
Consiglieri: Ella Torretta - Segretaria
Edoardo Bossi
Mario Scurati
Redazione: Gianfranco Gandini,
Francesca Giussani Ornago
Gino Toller Melzi, Ella Torretta,
Maria Luisa Villa Vanetti
E-mail: redazione-sciroeu@libero.it
Hanno collaborato a questo numero:
Filippo Bianchi, Edoardo Bossi,
Osmano Cifaldi, Vittoria Colpi,
Fior-ella, Ada Lauzi,
Giorgio Moro Visconti, Giuliana Rivera
Realizzazione e disegni di:
Maria Luisa Villa Vanetti

PROGRAMMI
APPONTAMENT E MANIFESTAZION:
Sabato 9 gennaio h. 15,30 Sciroeu di poetta
Sabato 6 febbraio h. 15,30 Sciroeu di poetta
Sabato 27 febbraio h. 12,00 Pranzo Sociale
Per informazioni e
prenotazioni:
Siboni tel. 02 70125784
pòdisnaa h. 15,00 Sciroeu di poetta
Manifestazion di amis
Ogni terzo lunedì
del mese
Ella Torretta
riprende le conversazioni
Freguj de milanes
dal 29 ottobre quindicinalmente
il giovedì alle 15.30
a seguire alle 16.30
Scrivemm in milanes
Humaniter - via S. Barnaba, 48 - Milano
e il corso di milanese
“Storie, leggende e personaggi
della Vecchia Milano”
dal 27 ottobre 2009
quindicinalmente
il martedì - ore 16.30
UNITRE - via Ariberto 11 - Milano
h. 15,30 “I amis de la poesia”
con Ada Lauzi.
Sala della Parrocchia
di S.Cipriano
Via Carlo d’Adda 31
Di comune accordo con la Direzione del
Centro Culturale di Milano, si è potuto
stilare il calendario degli incontri per i
primi sei mesi del 2010.
Riportiamo quindi, di seguito, le date in
cui si svolgeranno i nostri incontri del
“Sciroeu di Poetta” delle quali vi invitiamo
a prenderne buona nota.
Provvederemo peraltro a darvi notizia
anche sui prossimi numeri del periodico;
vi ricordiamo che gli incontri iniziano alle
ore 15,30.
Sabato 9 gennaio;
Sabato 6 febbraio;
Sabato 6 marzo;
Sabato 17 aprile;
Sabato 15 maggio;
Sabato 12 giugno.
Vogliamo inoltre segnalarvi la ricca e
interessante attività del Centro Culturale,
del quale chi avrà intenzione, potrà
diventarne socio.
Gino Toller Melzi
conversazioni “Storia di Milano”
il giovedì dalle 16.30 alle 17.30
UNITRE - via Ariberto 11 - Milano
El Pontesell
Biblioteca Fra’ Cristoforo - via Fra’ Cristoforo 6 - Milano
XII Corso di Lingua e Cultura Milanese
il corso è strutturato in due percorsi aventi cadenza
quindicinale e svolti di Lunedì dalle 17.30 alle 19.15
da ottobre 2009 a maggio 2010
Docenti: Paola Cavanna, Gianmaria Ferrari,
Gianfranco Gandini.
RADIO MENEGHINA
Radio Meneghina, è diretta da Tullio Barbato, trasmette 24 ore su 24 in FM sulla frequenza 91.950 megahertz.
Produce settimanalmente 112 programmi presentati da 136 conduttori. Trasmette diverse ore al giorno notiziari, i
principali alle 12.00, 13.20, 19.00 ai quali collaborano Luca Barbato, Giovanna Ferrante, Giulio Cancelliere, Michaela
Barbato e Lorenzo Barbato. Approfondisce ogni materia nella fascia della “università” (15.00). Radio Meneghina è
l’emittente che riserva il maggiore spazio alla produzione dialettale di canzoni, poesie, prose, specialmente negli orari
del “Milanese” (12.30).
Radio Meneghina: Via Biancardi 6 Milano - Tel-Fax 02 48518913 - e-mail: segreteria@radiomeneghina.it
Si ascolta anche via Internet: è sufficiente sintonizzarsi con il sito dell’emittente www.radiomeneghina.it
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 3

4 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
...LEGGIUU PER VIALTER
a cura di Edoardo Bossi
Fondazione e vicende del “Guerin Meschino”
Alessandra Mörlin e Visconti Melzi D’Eril – “LA VITA POLITICA MILANESE...”
di Edoardo Bossi
6 – I PRINCIPII E I PROGRAMMA DEL
GIORNAL
Vesin a ’sto elenco original, anzi in prima pagina,
gh’era la presentazion del giornal:
“...non abbiamo principî di sorta... - diseven sòtta
el titol - i nostri principî, i redattor, ...l’arte per
l’arte, la monarchia ci unisce, la repubblica ci
divide, siamo tutti fratelli, ecc., sono frasi che non ci
sfiorano l’epidermide; noi lealmente, placidamente,
palesemente siamo in grado di giudicare di tutto e
di tutti senza bisogno di idoli in arte, letteratura e
politica, nè in quella congerie (mucchio) di cose che
entrano in dominio della vita pubblica... Agli amici,
a tutti coloro che hanno usurpato e che vorranno
usurpare un posto concesso dalla celebrità, a tutti
coloro che vorranno cacciare la polvere negli occhi
del nostro prossimo, diremo subito e lo diciamo
lealmente, placidamente, cortesemente che a noi non
la si fa...”.
El programma stabilì l’era nètt e sincer. Senza i sòlit
dichiarazion sfarzos de vorè riformà la Nazion, de
rispond a on “sentito bisogno” ò d’impienì la sòlita
mancanza, el Guerin Meschino l’era ormai in la vita
milanesa come s’el fuss on element verament original,
cont ona attività immediada e de sostanza: l’è assee
ricordà a tal propòsit che tanti provvediment che eren
staa adottaa da i autorità milanes eren staa cambiaa
ò sospes nò, in su la scòrta d’on articol critich e
ponderaa d’on giornal seri, ma per el merit di stoccad
del Guerin, regordand semper quèll che l’aveva dii el
filòsof Orazio “Castigare ridendo mores”
Pòcch settiman dòpo la fondazion, i redattor
confermen in manera categòrica el sò ideal e
l’occasion la gh’era stada dada da ona persòna che
la s’era ritegnuda “...troppo fieramente punta...”
per quèll che l’era staa scritt in sul numer precedent
(Marco Sala).
“...gli scherzi ce li permettiamo solamente con gli
uomini di spirito e possiamo talvolta essere fraintesi
nella forma, mai nell’intenzione. Del resto noi
vorremmo che tutti sapessero che col Guerino non
abbiamo punto voluto fondare un ammazzatoio,
una agenzia di libelli che dia per utile se non del
denaro, il gusto di vedere la gente tremare alla
nostra comparsa, come dinanzi a un cane idrofobo.
Questo lo diciamo per tutte quelle “brave persone”
che ci salutano con una cortesia insolita quando ci
incontrano e dietro le spalle vanno dicendo press’a
poco che noi, un giorno o l’altro, avremo un processo
di diffamazione. E lo diciamo anche per quelle car... e
persone, che, aggiungendo di loro mano delle stupide
impertinenze alle parole del Guerino, si servono del
nostro giornale per dire a qualche nemico privato
ciò che non hanno il coraggio di venirci a dire sul
viso le loro paolottesche profezie – n° 9 anno I –

Voeuja de toeu marì
di Ada Lauzi
Spiritosa preghiera di chi teme di morir zitella ma,
soprattutto, teme quella solitudine alla quale è stata fin
troppo abituata da piccola.
On poo per gioeugh, on poo per non morì,
te preghi car Signor, famm toeu marì!
Come ’l se sia che tant, omm e porscei,
(on proverbi le dis) hinn semper bei!
Mettegh ona parola, Santa Rita,
ven minga chì a cuntamm che la toa vita
cont el marì l’è stada on tribuleri,
nanca vess soi, l’è minga on “giubileri”.
In fin di cunt, gh’hoo nò tanti pretes:
on bon stipendi al vintisett del mes,
on regall dent per dent, on quai bombon,
magari ’na pelizza d’occasion...
Mettegh ona parola, Sant Antoni,
fà che ’l me vegna a taj sto matrimòni...
Con tanti bei omett che gira in gir
fà che on quai d’un el me vegna a tir.
Per mì va ben tuscoss, magutt, bagatt,
trombee, tranvier, segrista, lavapiatt,
guardia giurada, camerer o ghisa,
mama che amor, on bell marì in divisa!
Andà a brazzett la festa in Galleria
e digh a tucc: “questa l’è robba mia!
Mi sont la soa resgiora innamorada
brava a curà el disnà e la soa bugada,
a sgurattà pignatt e lustrà otton,
a soppressagh la riga di calzon!”
Ma quest’hinn ciaccer... Car el mè Signor,
famm topiccà in quell sass che l’è l’amor.
(la mia nonnetta la pregava inscì,
lee che de matrimonii n’ha faa trì!)
Ve preghi tutti Sant del Paradis,
con tanta fed e voeuja de benis,
puttost che restà sola ’me on cagnoeu
me va ben anca on vedov con des fioeu!
ACCADEMIA
Trii foppitt
di Ada Lauzi
Meditazione sul valore delle cose dello spirito più che
quelle esteriori. Più di ona bella tomba valgono i suffragi
che stabiliscono quella corrispondenza di amorosi sensi
tra vivi e defunti.
Eren rivaa de fresch in paradis
in d’ona bella nott de ciar de luna
eren rivaa trii pigottei de cuna
col camisoeu de pizz, color benis.
Settaa sora el bombas di nivolett,
dondaven el crapin in mezz ai stell,
vun el diseva: “El mè foppin l’è bell,
l’è pien de fior ch’el par on giardinett!”
“El mè foppin l’è quell (l’era el second)
dove gh’è on coeur e ’na fotografia,
sotta gh’è scritt: - perchè te see andaa via?
senza de tì, mi gh’hoo pù nient al mond”
L’ultim di trii popò el restava schisc
el pareva ingrugnii, sora penser,
e su chi brasciottei, faa de butter,
el poggiava el crappin quattaa de bisc.
E finalment l’ha faa sentì la vos:
“Sul mè foppin gh’è on fior bianch ’me la nev,
ona mama che piang, per dagh de bev,
intanta che el sò coeur l’è su ’na cros...”
Con la manina el s’è sugaa on gotton
per tutt’i mamm che sann cos’el voeur dì
ninà on fiolin e poeu vedell morì...
e trii angiolitt, per lor, hann faa orezion...
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 5

6 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
ACCADEMIA
La sfascicolatura del Codice Atlantico di Leonardo.
I fogli a disposizione degli studiosi.
di Osmano Cifaldi
Il leonardesco Codice Atlantico ritorna alla sua forma
originale cinquecentesca quando Pompeo Leoni
artista di fiducia alla corte di Filippo II di Spagna,
riuscì, con certosinico impegno a radunare i numerosi
manoscritti vinciani: appunti sparsi, disegni,
brogliacci, taccuini, fogli isolati per poi renderli
omogenei in due grossi tomi. In uno riunì disegni di
varia natura compresi quelli straordinari di anatomia;
materiale prezioso che nell’Ottocento fu staccato dal
raccoglitore e conservato in fogli. Proprietà della
casa regnante Britannica, prese il nome di “Fogli di
Windsor”, ora conservati nell’omonimo castello.
Nell’altro raccoglitore vennero riuniti bel 1186
documenti in 12 volumi, costituiti da appunti,
note tecniche, disegni soprattutto di carattere
meccanico e tecnologico, costituendo il più noto
“Codice Atlantico” donato alla fine alla Biblioteca
Ambrosiana.
Ebbene l’Ente Raccolta Vinciana ne ha deciso la
sfascicolatura ed il ritorno all’origine, in fogli. Così
facendo si realizzerà una più agevole conservazione
dei fogli documentari consentendo agli studiosi un
più razionale esame del materiale.
Il delicatissimo lavoro di sfascicolatura del
Codice Atlantico è stato affidato alle suore
benedettine dell’Abbazia di Viboldone, che da
tempo immemorabile si dedicano all’arte della
conservazione e del restauro del libro antico. Il
lavoro si è svolto sotto l’egida dell’Istituto Nazionale
di Patologia del libro e dell’Ente vinciano.
I 1186 documenti che furono montati in volumi mezzo
secolo fa su carta moderna sono stati accuratamente
trattati e ricollocati foglio per foglio dalle suore di
Viboldone e potranno presto essere fruibili nelle
prossime esposizioni organizzate dalla Biblioteca
Ambrosiana.
Il Codice Atlantico nella nuova veste potrà farsi
conoscere in modo diretto e razionale da un pubblico
di studiosi e appassionati più vasto rispetto a prima,
sicuri che l’interesse inestinguibile sulle geniali
intuizioni leonardesche troverà più entusiastica
consonanza.
Continua dalla prima pagina.
Sarà forse perché quei paesi non sono
d’interesse economico in quanto priva di pozzi
petroliferi?
Ecco, forse dovrebbe essere questo l’augurio
che tutti insieme, con forza, potremmo cercare
che si avverasse…
E, forse, qualche impulso alla serenità (nel
nostro piccolo orticello) lo potrà dare anche
l’Accademia, con le sue riunioni mensili dove
la “Fiera delle vanità” ci consente, di tanto in
tanto, di essere felici protagonisti di un pezzetto
di milanesità.
Concludo: a tutto il mondo vadano gli auguri
del Consiglio Direttivo dell’Accademia e mio
personale perché questo 2010 possa essere
davvero speciale.
Gianfranco Gandini

Carlo Porta
ACCADEMIA
da “LETTERATURA DIALETTALE MILANESE” di Claudio Beretta
Sestinn per el matrimoni del Sur Cont Don Gabriell
Verr con la Sura Contessina Donna Giustina
Borromea
segue dal numero 76
e là gh’è pareggiaa tutt quell che occor
senza fadiga de nessuna sort;
sonitt per pret, per monegh, per dottor,
per chì è nassuu, ch’ha tolt miee, ch’è mort,
terzinn, sestinn, quartinn, eglogh, canzon
e dramma e taccojn e taccojon.
On comod de sta sort el me desseda
tutt a on bott la memoria del mè impegn
par proppi ch’el ciel veda e che proveda
(dighi tra mì) tè chì che sont a segn;
se el me contenta anch mì compagn de lor
sta voeulta me la cavi come on scior.
Ditt e fatt, con licenza del prefett
ch’el m’ha fina boffaa el zerimonial,
solti in mezz a la sala, derimpett
al cardegon del pader provincial,
ghe foo trii inchin de s’ceppà in duu el firon
e poeù comenzi inscì l’invocazion.
Oh pader Eliconi, oh Pittonee!
oh Sciree! Pattaree! oh Cipparin!
che te fee vers de tutt i sort de pee
in tutt i lengu e fina in meneghin,
juttem anch mì gran pader Eliconi,
a fann giò quatter per on matrimoni!
Appenna Apoll el sent a nominà
matrimoni el sbattaggia on campanell,
e senza alzà su i oeucc da quell ch’el fa
el me petta in consegna d’on bidell.
Alto, svint, a la gamba tutt duu insemma
stanza C, armari VI, lettera M!
Adess, bell bell… già che l’è tant grazios,
ch’el me scolta, rispondi, sur Sciree,
no vorrev nanca per vestì i mee spos
recorr per moeud de dì a on fond de vestee,
per certa sort de gent, ch’el me perdona,
ghe vorrav robba noeuva e robba bona;
Sestine per il matrimonio del Signor Conte Don
Gabriele Verri con la Signora Contessina Donna
Giustina Borromei
e là c’è apparecchiato tutto quello che
occorre senza fatica di nessuna sort; sonetti
per preti, per monache, per dottori; per chi è
nato, che ha preso moglie, che è morto;
terzine, sestine, quartine, egloghe, canzoni e
drammi e taccuini e taccoglioni.
Una comodità di questa sorte mi risveglia di
botto la memoria del mio impegno; pare
proprio che il cielo veda e che provveda
(dico tra di me) , tò, qui che sono a segno;
se accontenta anche me, come loro, questa
volta me la cavo come un signore.
Detto fatto, con licenza del prefetto che mi
ha perfino “insufflato” il cerimoniale, salto in
mezzo alla sala, dirimpetto al seggiolone del
padre provinciale, gli faccio tre inchini da
spezzare in due il filo della schiena e poi
comincio così l’invocazione:
“Oh padre Eliconio, oh Pitoneo! Oh Cirreo!
Patareo, oh Ciparisso! Che fai versi di tutte
le sorte di piedi, in tutte le lingue e perfino
in meneghino, aiuta anche me, gran padre
Eliconio, a farne giù quattro per un
matrimonio!”
Appena Apollo sente nominare “matrimonio”
sbatacchia un campanello e, senza alzar su
gli occhi da quello che fa, mi appioppa in
consegna a un bidello. Alt, svelto, alla
gamba, tutte e due insieme: stanza C,
armadio VI, lettera M!
“Adesso, bel bello… già che è tanto grazioso,
mi ascolti –rispondo – signor Cirreo, non
vorrei neanche, per vestire i miei sposi,
ricorrere per modo di dire al fondo di un
armadio; per certa sorta di gente, mi perdoni,
ci vorrebbe roba nuova e roba buona!
Segue nel prossimo numero
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 7

GIOVANNA FERRANTE
El risott del Carlo Porta – viaggio gastronomico
nella Milano del Poeta
Potrebbe sembrare un’impresa improbabile quella
di coniugare “el risott” con dialoghi fra personaggi
della Milano che fu – personaggi di livello, come
Carlo Porta, Giovanni Berchet, Gaetano Cattaneo
e Tommaso Grossi – e trovare nei loro colloqui
riscontri culturali, storici e sociali.
Potrebbe, ma non lo è per Giovanna Ferrante che,
in questo percorso, anche culinario, ci prende per
mano e ci conduce attraverso spaccati di una Milano
passata, talvolta così “trascorsa” da renderla… quasi
attuale.
Ma la capacità e l’arguzia di Giovanna fanno si che
tutto ciò non sia una semplice esposizione di notizie
ma ci presenta il tutto sotto forma di romanzo. È anche
questo che ne rende ancor più gustosa e intrigante la
lettura che, ovviamente, consiglio a tutti.
Nelle migliori librerie
8 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
IN CARTA
TACCOIN PER L’ANN 2010 – Agenda Letteraria
in Lingua Milanese
Roberto Marelli, questa volta con Gianni Rizzoni,
da impulso a un’idea di Maria Elisabetta Marelli e
Fulvio Salafia.
Prende così corpo el Taccoin per el 2010 tutt scrivuu
in lingua milanesa e, soratutt, come el dis l’Assesor
Orsatti, l’è on omagg a la nòstra città, ai monument e
ai sò grand personagg.
Poesie, fotografie, cenni storici e curiosità si
intrecciano in un susseguirsi di giorni, mesi e
stagioni.
Ma non solo, el Taccoin raccoglie anche un
compendio di Associazioni, Enti, Media e quant’altro
ancora oggi sia presente in Milano e fa parte della
tradizione milanese continuando a operare per
il mantenimento e la divulgazione della lingua
milanese.
E non è solo una questione di lingua o di dialetto, la
verità è che el Toccoin ci propone alcuni spaccati di
quella letteratura meneghina, così importante e così
ricca da non temere confronti.
Grazie a tutti quanti hanno operato per la
realizzazione di quest’opera che ancora una volta
rivalorizza el nòst Milan!
Nelle migliori librerie

ACCADEMIA
DIVAGAZIONI METROPOLITANE a cura di Francesca Giussani Ornago
Spendido Splendente
di Francesca Giussani Ornago
Una celebre canzone, cantata dalla altrettanto
particolare voce di Marilyn Monroe, osservava, con
ragione, che “I brillanti sono i migliori amici delle
donne”.
Forse è un po’ azzardato, ma non del tutto falso. Lo
sfavillare delle pietre preziose - così come per noi
comuni mortali, che ci contentiamo delle sorprese
trovate nelle uova di Pasqua, - è certo molto
accattivante.
Gemme incredibilmente pregiate, giacciono sepolte
nei caveau delle banche, così come nel sarcofago
di ricchissimi sovrani egizi, per impreziosire i loro
sacelli.
Ma non c’è bisogno di andare così lontano. Ad
esempio: “Era una pietra appartenuta allo Zar
Nicola II° uno smeraldo di 66 carati a forma di
goccia, grande più di un uovo venne venduto ad una
famiglia milanese che lo possiede ancora oggi”.
Le vetrine dei gioiellieri di Milano sanno come
trattare e conservare questi tesori, e le signore
come sfoggiarli. Tra loro un nome conosciuto
dall’aristocrazia e della borghesia milanese e italiana:
il signor Cesare Settepassi, discendente da una
storica famiglia di gioiellieri fiorentini, con negozio
a Firenze dal 1860.
In seguito Faraone ne aprìva uno nel 1945 a Milano.
Settepassi e Faraone stringono un sodalizio che farà
molta strada, con i marchi dell’asse Firenze-Milano,
Gennaio
Il nome gennaio deriva dal dio romano Giano
(Ianuarius), divinità preposta alle porte e ai ponti.
Il calendario romano originale era più breve di
quello gregoriano (304 giorni), in quanto i Romani
consideravano l’inverno un periodo senza mesi. Fu
Numa Pompilio ad aggiungere gennaio e febbraio,
rendendo l’anno uguale a quello solare. Sebbene
Marzo rimase il primo mese dell’anno, gennaio
lo divenne di fatto in quanto era il periodo in cui
venivano scelti i consoli.
Il primo giorno del mese è Capodanno.
Nomi storici del mese sono, oltre al romano Ianuarius,
conservando così il prestigio del gioiello artigianale
ed esclusivo.
“Diamante, carbonio puro cristallino, incolore,
lucente, durissimo, proveniente da giacimenti
sudafricani (Pretoria, Kimberley) o del Congo,
dell’Australia e della Russia”. Così recita
l’Enciclopedia.
Anche quel negozio è scomparso da via
Montenapoleone nel 2001, dopo 56 anni di storia,
avendo servito tutte le famiglie bene a Milano e in
Italia.
Tra qualche mese il marchio tornerà in via
Montenapoleone, dove è pronto un progetto per la
prossima riapertura.
La prossima primavera e concluderà una vicenda che
a buona ragione sarà giudicata… brillante.
il Sassone Wulf-monath (“mese del lupo”) e il termine
usato da Carlo Magno Wintarmanoth (“winter/
cold month”, ovvero “inverno/mese freddo”). In
finlandese, il mese è chiamato tammikuu, ovvero
“mese dell’alce”, mentre in ceco leden, che significa
“mese del ghiaccio”.
Aneddoti
Gennaio nell’Emisfero boreale è l’equivalente
stagionale di Luglio in quello australe e viceversa.
Negli anni non bisestili, gennaio inizia con lo stesso
giorno di Ottobre.
La pietra del mese è il granito.
Il fiore del mese è il garofano o il Galanthus.
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 9

2020: Vanetta & Co.
COSE DIVERSE

Le vie Visconti
di Giorgio Moro Visconti
ACCADEMIA
MILAN... LA COGNOSSI? a cura di Giorgio Moro Visconti
Da una carta dell’antico Ducato di Milano si può
vedere la massima espansione dei domini Viscontei
alla morte di Gian Galeazzo (1351 – 1402): da
Domodossola a Belluno, da Alessandria a Livorno,
da Siena a Spoleto ed altre città. Il primo duca di
Milano fu crudele, ma buon governante, promosse,
tra l’altro, il Naviglio pavese, la Certosa di Pavia e
donò alla fabbrica del Duomo le cave di marmo di
Condoglia. Se non fosse morto di peste a Melegnano
il 5 settembre 1402, forse dell’Italia sarebbe diventato
anche re. Nel dibattito sulle celebrazioni nel 2011
dello Stato Italiano non si dovrebbe dimenticare
questo particolare, anche se naturalmente questa
breve unificazione aveva solo limitati riflessi politici
(governo e magistratura), amministrativi e fiscali.
Le origini dei Visconti sono avvolte nella leggenda,
secondo una delle quali questo ramo discende dai
signori di Massino (che ora si chiama anche Visconti),
villaggio sulle rive del Lago Maggiore (dove c’è
ancora un castello visconteo diroccato, come ce ne
sono molti in tutta l’Italia soprattutto settentrionale) e
la loro presenza risulta dal XII secolo, come vassalli
arcivescovili (nel sistema medioevale uomini che
ricevevano l’investitura di un feudo). Nel 1070
ebbero l’ufficio pubblico di visconte, poi ereditato
dai discendenti maschili. La loro insegna con il
biscione (vedi crociate, serpente alla Basilica di Sant
Ambrogio e molte altre raffigurazioni) è divenuta lo
stemma del Comune di Milano. La famiglia si divise
in numerosi rami con feudi anche lontani da Milano.
Il ramo principale della dinastia viscontea milanese
discende da Uberto (metà del XIII secolo). Ottone
Visconti fu arcivescovo di Milano (1262), nominato
dalla Curia papale per dirimere conflittualità
metropolitane; nel 1277 sconfisse Napoleone Della
Torre (Torriani) e consolidò il potere dei suoi parenti.
Questi Visconti dominarono su Milano dal 1277 al
1307 e dal 1311 (dopo la repubblica ambrosiana) al
1447 fino a Filippo Maria (che morì senza eredi ed
a cui subentrarono gli Sforza). In latino i Visconti
erano detti Vicecomitis: vedi libro di Luciano
Gargan “L’antica biblioteca della Certosa di Pavia”,
che conserva preziosi manoscritti, tra cui due codici
(seconda metà del XV°) in latino e in volgare, redatti
in occasione dei funerali di Gian Galeazzo Visconti.
Daniela Pizzagalli in “La Dama con l’Ermellino”,
ed. Rizzoli, 2000, scrive a pag. 45 che il cognome
Visconti “era stato concesso per secoli come gratifica
per servizi resi alla dinastia, e a Milano erano in molti
a potersene fregiare, pur senza quarti di nobiltà”.
Tornando alla toponomastica, cui è dedicata questa
rubrica, ricordiamo che molte vie di Milano sono
dedicate ai Visconti. Il viale Gian Galeazzo (basta il
nome!) da Porta Lodovica a Piazza XXIV maggio fu
così denominato nel dopoguerra e prima si chiamava
Bastioni di Porta Ticinese. Forse la via più famosa
è quella di Uberto Visconti di Modrone (1871 –
1923), che parte da Largo Augusto e arriva a Corso
Monforte, capitano di cavalleria nella prima guerra
mondiale, consigliere comunale di Milano (1902
– 1910) e presidente del Teatro alla Scala; la via a
lui dedicata, ora molto trafficata, scorreva lungo il
Naviglio ed è riprodotta in tante fotografie d’epoca
ed in quadri. Per viale Bianca Maria (Visconti)
vedi Sciroeu maggio 2006. Ad Alessandro Visconti
(pseudonimo Alex) è intitolata una via al quartiere
gallaratese in grande espansione anche nella
prospettiva di Expo 2015: giurista e scrittore (Milano
1884 – 1955), professore all’Università di Ferrara,
Continua a pag.26
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 11

I CITOFONI
di Gianfranco Gandini
Come semper, in del pòdisnaa, ghe disevi a mia
mamma che de compit ghe n’avevi minga sicchè
podevi andà a giugà.
Santa dònna, mia mader, la se fidava semper de mì, e
mì, da bon disgraziaa, ghe contavi on sacch de stòri…
e adess che gh’hoo i mè ann, me dispiass on poo, ma
allora che seri on fioeu me pareva giust quell che
fasevi.
Seromm in del milanoeuvcent… e vòltes indree e cont
i mè gent stavi de cà in via San Gregòri al dersett,
ona cà de ringhera indove tucc se cognosseven e,
despess quand ghe n’era de bisògn, se vuttaven come
se fudessen tutta ona famiglia.
La nòstra cà l’era, come hoo dii, ona cà de ringhera,
veggia e senza tròpp comoditaa, a differenza di cà de
via Benedett Marcell, che per nun eren cà de sciori.
A propòsit, mè pader cont i sò amis, l’aveva fondaa
ona specie de circolin de amis e, quasi a ciappà in
gir el nòm de la via, l’aveven ciamaa “La società del
Benedett Macell”!!
Nun fioeu andavom volentera in Benedett Marcell
perchè gh’era on poo de giardin dove se podeva giugà
senza pericol e in mezz gh’era ona bella fontana anzi,
la gh’è ancamò.
Ma i pussee malnatt, come seri mì, ghe n’aveven
minga assee e voreven semper trovà on quaicòss de
divers, de special, per podè divertiss.
E quella vòlta, me regòrdi nò a chì, gh’era vegnuu in
ment de andà a romp i scatol a la gent ma savevom
nò come fà.
E, poeu… “Ma sì, el dis el Tògn, andemm a sonà el
citofono de quei del numer duu de Benedett Marcell,
e poeu, quand risponden, ghe femm ona pernacchia e
scappom via.”
“Ma gh’è la portinara” respond el Gianni, pòdaria
vess pericolos…”
“Ma l’è pròppi lì el bell” el dis l’Angelo.
E… come se ghe fudess staa on segnal, semm trovaa
tucc sott’al porton del numer duu… on bell porton
me regòrdi, cont on poo de basei per rivà al gabiòtt
de la portinara e cont i vas de fior de chì e de là de la
scaletta, poggiaa sora on basament de marmor…
“Dai, sòna”
“Bravo, sòna tì…”
“Nò, mì sont adree a curà se ven la portinara…”
Sia come la sia, la prima sonada l’ha fada l’Angelo e,
12 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
SCIROEU DE LA PRÒSA
quand s’è sentii “ Siii, chi è…?
La pernacchia e poeu via tucc a scappà come tanti
stupidòtt.
E dòpo on poo la portinara che la se fa vedè, per
controllà se gh’è on quai lifròcch che el rispond nò
al citofono ò se i citofoni funzionen minga ò, fòrsi
anmò, perchè l’inquilina l’aveva ciamada.
E nun, de lontan guardavom per curà el moment giust
per ricomincià cont el scherz.
“Dai, dai, ’dess gh’ha de sonà vun de vialter” el dis
l’Angelo, “mì hoo giamò sonaa...”
E quella vòlta sòna el Tògn e la scenna l’è la
medesima… “Siii, chi è…”
E nun, tucc a rid, semper ’me tanti bamba…
Se podeva minga finì, el divertiment l’era penna
cominciaa…
E de lì a pòcch, m’è toccaa a mì, ma… la portinara che
l’aveva mangià la foeuja, la s’è fada trovà pronta…
Avevi nanca faa in temp a schiscià el botton del
citofono che la riva, con la scova in man!! E allora,
via de corsa, senza guardà, via a traversà la strada
per andà in di giardinett e podè scappà da quella
scova…
E meno mal che in quij ann lì gh’eren minga tutt’i
otomobil del dì d’incoeu, ma domà ona quai
“spicciola” che, però la passava pròppi intanta che mì
correvi in mezz a la strada…!
Che gh’hoo la crappa dura el soo giamò da quella
vòlta, perchè mì me son faa domà ona bergnòccola e
inveci la roeuda davanti de la bicicletta la s’è stortada
tutta!
E quell por giovinòtt che l’era minga riessii a
schivamm, tutt preoccupaa, el suttava a domandamm
se me seri faa mal.
Mì ghe disevi de nò ma lù, semper preoccupaa, el me
lassava minga andà, ma intanta gh’avevi paura che
rivava anca la portinara.
La portinara, forsi l’aveva pensaa che el castigh l’era
staa assee e l’era tornada in del sò sgabuzzin, e de
sicur la gh’aveva avuu reson, on castigh per i mè
stupidad ghe l’avevi avuu…
Inscì semm andaa tucc vesin a la fontana e avevi
cominciaa a mett on poo d’acqua in su la bòtta
per vedè de falla sgonfià. Lì arent gh’era on fioeu,
pussee grand de nun, cont in man ona carabina che la
fonzionava a aria compressa, me par che se ciamaven
Flobert ò on quaicòss del gener, ma questa l’è on’altra
stòria, che magara ve contaroo on’altra vòlta.
E s’ciao…

PENSIONE ” GENZIANELLA”
di Edoardo Bossi
La pension la gh’aveva in nòmm “Genzianella”,
la gestion l’era de tipo familiare; ghe seri mì, mè
pader Ceser, la mama Celestina, el coeugh Tòni,
ona camerera giovina, giovina de nòmm Clarètta
e ona dòna anziana tutto fare, tutta savièzza, tutta
esperienza, tutt mestee che ciamavom “Marchesa”.
In chi temp là, mì seri anmò on student, frequentavi
el “ginnasio”. El paes l’era pròppi piscinin, quasi
sperduu in di bosch de l’alta bergamasca: in di mes
d’estaa, pien de villeggiant e d’invèrna movimentaa
da tanti famili che, specialment sòtta Natal, San
Silvèster, fin a la Befana, cercaven de fà el pien d’aria
bòna cont on poo de spòrt invernai.
Sì, on paesin pien de pas ma anca con tanta vivacità
paesana sicurada, soratutt, da tanti giovin, che se
daven on gran de fà per organizzà gioeugh, gar
sportiv, baler e, in particolar, la fèsta del Sant e l’era
in ’sti occasion che, despèss, nasseven di rappòrt de
sana amicizia tra i fioeu del paes e i villeggiant. L’era
quèll el temp di sògn, di mincionad, di fantasii, di
speranz, di illusion.
Ògni ann, da la metà de Luj fin a la fin d’Agost, ona
simpatica famiglia milanesa la trascorreva i sò vacanz
in la nòstra pension. Lù cerusich, lee maestrina e la
tosa, ona bèlla tosa: bionda, cavèi longh in sui spall,
oeugg verd, semper allegra, simpatica che ormai l’era
fissa in la nòstra compagnia de fiolòtt e tosann. La
gh’aveva on quaicòss de straordinari, savaria nò come
dì... ben dotada in del fisich, sensibil, intelligenta e ...
la promoveva ona fòrta attrazion emotiva in tutt el
nòster ròsc. L’era la nòstra punta de diamant, il pezzo
pregiato de tutta la compagnia. Ma quèll che pussee
ghe dava del brus, l’era la soa manera de presentass:
“Sono la ragazza di Gianni!”. Nissun l’ha mai savuu
el sò nòmm, el perchè de quèlla strana manera de
definiss. Inscì tutti, anca se serom curios, in manera
simpatica, la ciamavom la ragazza di Gianni.
Per la verità el Gianni, l’aveva mai vist nissun; nissun
saveva chi el podeva vèss, da dove el podeva vegnì,
se ’l gh’era verament ò l’era on’invenzion, ona strana
manera de fà presenza.
Lee l’era semper disponibil, gentil, confident, mai
on sègn de cediment ò de nervosismo. L’era per
tutt nunch, la ragazza di Gianni, amada, stimada,
rispettada, corteggiada, impossibil de ciappà. Nel
temp, s’era generaa, in di sò confront, come ’na sòrta
SCIROEU DE LA PRÒSA
d’ammirazion, de venerazion per la spontaneità e
l’allegria che la ghe dava a tucc.
Cont el passà di ann, pian, pian, cominciaven i primm
diserzion; la compagnia di amis la cominciava a pèrd
i tòcch; cambiaven i persònn, cambiava la nòstra vita,
i nòster abitudin, cambiava la realtà e la fisionomia
del pòst.
Quand i mè hinn andaa al foppon, hoo dovuu ciappà
in man mì i redin e fà andà avanti l’attività che, per
necessità strutturai e de adeguament ai tempi, la
s’era trasformada da pension in alberghètt, l’aveva
cambiaa faccia, l’aveva miss-sù el vestii de la fèsta,
si era adeguata ai tempi e ai gust de la clientela.
I affari andaven ben, el lavorà el mancava nò, tanti
ròbb eren cambiaa e anca mì seri cambiaa. Avevi
miss insèma ona famiglia unida, senza pretes,
semper ligada ai nòster tradizion e ai valor de la
vèggia generazion ma cont i oeugg e la ment voltaa
in avanti. De vègg gh’era restaa domà el nòmm
“Genzianella” .
On bèll dì, serom al principi de l’estaa, ona dòna
bellissima, bionda, cont on portament elegant e sicur
la ven dent in l’albergo, la tègn per man duu bèi bagai
che ghe somejaven in d’ona manera impressionant.
“Bondì sciora, mì son Carlo, el proprietari... la
desidera?”. Con grazia e pièna de bèi maner la me
slonga la man “Piacere”, on sospir e on sorris,
“sono... la ragazza di Gianni !”. Se sèmm guardaa
in di oeugg e senza nanca dervì el bècch, senza dì
nanca ’na paròla, se sèmm brasciaa-sù. Quanta
emozion, quanti domand e quanti rispòst, l’è staa on
tornà indree in del temp... on basin e on’ultima strètta
de man...
“Spero di rivederti presto, Carletto... è stata una
gioia, un immenso piacere”.
Seri in confusion total, trovavi pù nanca i paròll per
podè tità foeura tutta la felicità che la me piccava
de denter intanta che traversavom el salon ch’el
portava a la sortida. Tutt a on tratt, ècco... ona
domanda: “Scusom, me son desmentegaa... come el
sta el Gianni!”. On gran sorris l’ha illuminaa el sò
bèll faccin e poeu, con l’eleganza che l’ha semper
contraddistinta la fa: “Oh, sì... sta bene, sta molto
bene ...” .
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 13

Parco Nord Milano
Il Parco Nord Milano si estende per circa 600 ettari
tra i quartieri della periferia nord di Milano. La sua
ideazione risale alla fine degli anni ’60, ma è solo nel
1975 che viene riconosciuto dalla Regione Lombardia
come parco regionale. La sua gestione è affidata ad un
Consorzio composto dai sei Comuni intorno al Parco
e della Provincia di Milano.
Il parco sorge in un contesto tra i più densamente
urbanizzati d’Europa, caratterizzato dalla presenza di
storiche fabbriche (oggi quasi del tutto scomparse a
seguito della de-industrializzazione) e grandi quartieri
edilizi che, nel tempo, hanno saldato la periferia nord
di Milano al suo hinterland senza alcun disegno
urbanistico.
1983
Grazie all’istituzione del Parco, i residui appezzamenti
agricoli scampati alla cementificazione e condannati
a scomparire in breve tempo, sono stati in parte
bonificati, rinverditi ed attrezzati per la fruizione
pubblica; in parte sono rimasti intatti, a testimonianza
delle profonde modificazioni subite dal territorio.
1988
I primi significativi interventi di forestazione
risalgono al 1983, quando furono messe a dimora
alcune migliaia di pianticelle che oggi mostrano già
un buon livello di crescita.
La zona della “montagnetta” sorge sulla ex discarica
delle scorie d’altoforno delle vicine acciaierie Breda,
ed è uno dei luoghi più rappresentativi del Parco:
non solo per la portata dell’intervento di bonifica e
successivo recupero ambientale che ha impegnato
il Consorzio dall’86 all’88, ma anche per il valore
simbolico che ha assunto agli occhi dei cittadini: quella
che un tempo era una zona abbandonata e degradata,
oggi è una collina fiorita aperta alla fruizione di tutti
i cittadini.
1993
Tra il 1993 e il 1998 oltre all’espansione delle aree
interessate agli interventi, bisogna considerare anche
la manutenzione continua delle aree già sistemate:
gli sfalci delle radure, i primi diradamenti forestali,
l’impianto di specie arbustive nel sottobosco.
1998
Infatti i primi rimboschimenti, oramai diventati veri
e propri boschi con piante di un’età media di 25 anni,
sono il simbolo del lavoro intrapreso, del recente
passato, di una scommessa vinta. Il Parco Nord così si
è trovato a partire dalla fine degli anni ’90 per la prima
volta, a dover gestire problemi di tipo agroforestale.
I boschi più maturi, oltre 60 ettari, e i filari che bordano
i percorsi ciclopedonali, sono composti da piante
ora alte 15-20 metri e necessitano di essere seguite
passo passo nella loro crescita e nel loro sviluppo,
pena l’ammaloramento, l’indebolimento, il rischio di
danni e pericoli al pubblico, uno sviluppo di crescita
scorretto.
Nel corso del 2000 il settore di gestione del Parco ha dato
avvio ad un progetto innovativo di gestione forestale:
attraverso la tecnologia GPS (rilevamento satellitare)
sono stati raccolti i dati sulle caratteristiche, lo stato
di salute e la storia degli interventi realizzati relativi
alle singole piante disposte a filare. Un lavoro analogo
è cominciato nel corso del 2001 per le particelle dei
boschi: in questo caso si doveva tenere conto anche
di molteplici fattori che condizionano i boschi quali
ad esempio la loro dimensione, la loro funzione
ecologica, la fruizione intensa e le problematiche che
ne derivano.
2003
Il Parco Nord Milano attualmente può contare
su circa 350 ettari di verde, organizzati in zone
boschive, radure, filari, macchie arbustive, siepi e
piccoli specchi d’acqua. Oggi il parco continua con
la metodologia di lavoro utilizzata in tutti questi anni
ad espandersi e a crescere, consapevole del proprio
ruolo sociale, urbanistico e ecologico. I nuovi lotti
di rimboschimento, con le piccole piantine di poche
decine di centimetri protette dai tutori sono il simbolo
del parco che cresce, dell’investimento nel futuro.
Ma è la gestione e manutenzione del verde che
meglio esprime la metodologia di lavoro utilizzata:
a problematiche nuove, sono state trovate soluzioni
nuove, tecnologicamente avanzate, per riuscire a
mantenere quello standard di qualità del verde, quella

cura e manutenzione, che
i cittadini si sono abituati
a vedere, e che fanno del
Parco Nord Milano un
esempio concreto di sviluppo
sostenibile per tutta la città,
similmente a quanto avviene
in altre importanti città
europee.
Un luogo di qualità,
dunque, dove tecnologia,
creatività, passione e serietà
professionale si incontrano
per soddisfare le aspettative
dei frequentatori e rispondere
ai bisogni profondi della
città.
Fonte: www.parconord.milano.it

16 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
ACCADEMIA
Garibaldi con la scimitarra?! Ma va!
di Giuliana Rivera
Ho sempre pensato che una delle maggiori fortune
della vita sia quella di essere felici del luogo dove
si vive.
Io abito in Piazza del Carmine, zona Brera, da quasi
cento anni. E sono felice.
Tempo fa, durante un’intervista, mi chiesero tra l’altro
qual’era stato il periodo migliore della zona. Risposi:
“Questo!”. Sgranarono gli occhi. Lo confermo.
Fino agli anni quaranta/cinquanta era una zona
di ladri, ma proprio ladri di professione, e zona
– detto alla moderna – di escort… molto, ma molto
stagionate.
Poi zona di pittori, la maggior parte in attesa di
fortuna.
E ci pensavano le sorelle P. anime pie, a far loro credito
nella trattoria che avevano in via Fiori Chiari.
Anni sessanta/settanta? Zona di hippies, droghe
leggere, lunghe tuniche, sdraiati su coperte e bianche
– beh, quasi bianche – lenzuola. Me ne ricordo uno,
sembrava Gesù Cristo.
Circa anni ottanta/novanta? Droga, droga a tutto
spiano. Alla luce del giorno. E alla sera.
Lo riconfermo: questo è il periodo migliore della
zona!
Tornando molto, molto indietro negli anni, penso
sorridendo al mitico cinema-teatro Fossati, Corso
Garibaldi.
Il film e poi, di seguito, l’avanspettacolo. Vagamente
Febbraio
Febbraio è l’unico che conta di 28 giorni (29 negli
anni bisestili).
Il nome del mese deriva dal latino februare, che
significa “purificare” o “un rimedio agli errori” dato
che nel calendario romano febbraio era il periodo dei
rituali di purificazione, tenuti in onore del dio etrusco
Februus e della Dea romana Febris. Il febbraio
originale conteneva 29 giorni (30 in un bisestile).
Augusto avrebbe rimosso in seguito un giorno di
febbraio per aggiungerlo al mese in suo nome,
agosto, (rinominato da Sestilio), in modo che il mese
dedicato a Giulio Cesare, luglio, non sarebbe stato
me lo ricordo.
E più avanti i film di Totò! Mancia alla maschera
(beh, chiamiamolo così quel vecchietto), entravamo
che il film era già cominciato e si usciva che ancora
doveva finire.
Riflesione: solo da quando è mancato, Totò è
diventato un “grande”. Allora sia lui che i suoi film
non erano considerati tali.
A proposito, sapevate che Lars Forssel, facente parte
della suprema commissione dei premi Nobel, nel
1991 lo voleva assegnare a Totò?
Ma torniamo al Fossati. In tutti questi anni mai mi ero
fermata ad osservare bene la facciata. Lho fatto giorni
fa, dopo aver letto sulla rivista satirica Febbraio 1864,
“Lo spirito Folletto” questo scambio di battute nella
cronaca di Milano: “Hai veduto la nuova facciata
del Fossati?” “L’ho veduta e mi piace!” “Anche
Garibaldi con la scimitarra?” “Quanto alla scimitarra
la colpa non è sua. La volta della nicchia è stata fatta
troppo bassa? La spada sguainata non ci stava? Oplà,
una bella curvatina e Garibaldi si deve accontentare
della scimitarra!”
E dopo 145 anni Garibaldi è ancora lì, con una
scimitarra. Vedere per credere.
Pensa un po’, solo di Garibaldi volevo parlarvi e
guardate invece come l’ho fatta lunga!
Con l’augurio che anche voi siate felici del luogo
dove vivete e con cari saluti.
più lungo. Questo fatto, provato da poche fonti, è
contestato da molti storici che reputano più probabile
un febbraio da sempre di 28 giorni.
Alcune volte i sacerdoti romani inserirono un mese
di mezzo, Mercedonius, dopo febbraio per riallineare
le stagioni.
Nomi storici di febbraio sono l’anglosassone
Solmoneth (“mese del fango”) e Kale-monath
così come il corrispettivo carolingio Hornung. Nel
vecchio calendario giapponese, il mese è chiamato
Kisaragi che letteralmente significa “il mese del
cambio di vesti”).
Continua a pag. 25

LEGGIUU E SCOLTAA
“Sciroeu di poetta” ospita, così come ci sono pervenute le composizioni, “lette e ascoltate”, noi le pubblichiamo, correggendo qualche palese refuso, convinti di stimolare la volontà
di chi sente spontaneo il desiderio di esprimersi, interloquendo con la musa, in dialetto milanese e con l’augurio che queste pagine possano scoprire nuovi talenti.
PARÒLL E FACC
Me par che coi paròll s’intendom pù
ò se capiss di vòlt tutt al contrari.
Se doperen poeu l’ingles per fà i depù
occor tegnì sòtt man vocabolari.
I fioeu, senza stà tròpp a pensagh sù,
hann ditt che per l’economia, magari,
vocai e consonant ghe serven pù
e col TVB saren tùcc i conversari.
Ma la pubblicità che l’è ’na iena
la s’è mangiaa i paròll e l’espression
per mettegh al sò pòst dò facc appèna
voeuna di dò la piang, quasi debon,
l’altra la par sorrid pròppi serèna
fòrsi per fà cress on poo la produzion.
EL PRIMM DE L’ANN
Augusto Mazzoleni
Tich, trii, tacch, duu, tich vun…
Mezzanòtt!!
Buscion che salta,
spumant e auguri
e via vers on ann noeuv!
Propòsit e tant’idei,
e sentiment d’amor,
vers tutti i mè fradei,
vers tutt el mond in pas.
Tich, tach,
dì, passen i dì.
Ma mì ricòrdi nò,
mì me ricordi pù...chi?
I mè fradei...
quai fradei?
Tich, tach,
ah, sì, cominciaroo va ben,
ma ... forsi l’ann che ven,
sì, sì, mì son sicur,
tich tach
e passen i mes
e passen i ann,
tich, vun, tach, duu, trii ...
Gianfranco Gandini
LA PRIMA ROEUDA
Il primo collegamento radioamatoriale sulla frequenza
della “banda cittadina”
La prima roeuda, quattòrdes de genar:
“…Clelia… te senti!… Canale trentaduu…”
El baracchin el bui come on caldar:
“…Clelia…break… Clelia… CQ… te senti pù!”
Aspetti on poo, ed ecco che la riva:
“Ciao Lucio!… Ma dì on poo… come t’hee faa …
- numm sèmm su ona frequenza on poo abusiva -
a ciapamm col baracco omologaa?”
Soo nò ’se ditt, Cuor d’Oro, ma l’è inscì:
giravi el manettin a tutta bira,
“scanalavo” se dis, e t’hoo sentii
tì e tutta la toa roeuda che la gira…
Ti, Clelia, quiètta, dolza come el mel,
la Lidia con la soa bella vosètta,
el Nando ch’el fa acuti fina in ciel,
la Carla che la stira, poverètta!
Poeu gh’era el Lampo da la soa cabina,
el Leon ch’el ruggiva come on gatt,
Ferruccio che l’ha faa la dormidina
e ’l Sierra Alfa che ’l me pias de matt.
Sii vos per mì, e ve pensi in carna e òss:
la prima roeuda… sii staa pròppi vialter,
e se ’l destin el cunta anmò on quaicòss,
ve ciappi inscì e, ve ’l giuri, n’occor alter.
Lucio Calenzani
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 17

CÀ MIA
Bell tornà a cà venerdì sera,
quand foeura pioeuv e la giornada
l’è stada pròppi nera.
Per i scall te comincet a sentì
de cald on ciccinin,
e poeu te riva al nas
anca on bell profumin.
In d’on canton l’ombrella,
via scarp e vestii bagnaa
poggiaa rent a la stua
comincen a fumà.
Tucc i penser farlòcch
mandii a fass benedì
la settimana l’è finida
ghe penseremm lunedì.
Sul tavol de la cusina
la manda el sò candor
ona tovaja bianca
sòtt a la lampadina.
El pairoeu de ramm
el brilla come l’òr
te tiret sù el coverc
e te se slarga el coeur
ma manca anmò on quaicòss
per tiratt pròppi sù:
te voeuiet la polenta
e par che splenda el sô.
Maria Pavesi
18 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
LEGGIUU E SCOLTAA
EL DIVÒRZI
’Na dòna, in là cont i ann,
ma drizza e ben tegnuda,
sentendos in affann
per via d’ona battuda,
la va in del sò avocatt,
con fà on poo disperaa
ghe dis inscì, de scatt:
“Mì voeuri divorzià!”
“Me disa – ghe dis lù –
coss’el gh’ha combinaa?”
E lee, cont i oeucc in su:
“Nagòtt, se ’l voeur ch’el fa?!”
“Ma cara la mia sciora
– l’avocatt el ghe ribatt
senza pensagh a sora –
per romp in duu el contratt,
ghe voeur ona reson,
ghe voeur ’na bòna scusa:
soo nò… on abbandon…
òppur l’è sempr’a strusa…”
“ ’Na scusa mì ghe l’hoo
e voeuna de quei bèi
e… ghe l’hoo chì in del coo:
mì, n’hoo trovaa vun mej!”
Edoardo Bossi
AUTUNN IN DEL BOSCH
Cammini in mezz al bosch
i piant che me circonda
hinn ’dree giamò a ingialdiss
e on gran silenzi intorna
me tegn de compagnia.
D’on bòtt travers i lares
on ragg de sô, ’na sferla
la passa e la s’ciariss
’sto bosch che par che’l dòrma
On attim, ona lusnada,
poeu torna anmò tutt scur.
Voo innanz e in lontananza
senti el boià d’on can
e i vers de duu scorbatt
che giren in del ciel.
Rimiri la vallada
E ’l so che pian el cala,
on sòn legger legger
lontan d’ona campana
el me scorliss: e già
l’è ora de tornà
alter campann risponden
sònen… ven giò la sera.
Finiss ’n’altra giornada,
vivuda in santa pas
là in alt, visin al ciel
distant da sto mondasc,
ingord e prepotent
che ha miss de part la gent
de bòna volontà.
Alarico Zeni

ON’ECCEZION
Primm ciar de la matinna.
El sô te fa l’oggin
de sora i copp di tecc
umid e frecc.
Ormai gh’è nient de fà,
on poo per l’abitudin
e on poo l’è per l’età,
inscì anca stamatinna
a la bonora sont in pee.
Intanta che ’l mè òmm
l’è in lett a poltronà
quattaa fin sora el coo,
me levi pian pianin
e me rifili in bagn.
Gh’hoo pròppi minga pressa,
nissun ch’el và a lavorà,
e me prepari bella
coi laver pitturaa.
Ma quand mì voo in cusinna
troeuvi ’na sorpresina:
lì gh’era giamò pront
on bell cafè fumant.
Per mì ’na ròbba noeuva,
o almen foeura stagion.
El mè òmm el par pù quell,
ch’el daga de cervell?
Gh’hoo pù paròll,
soo nò se dì.
Tutta commòssa
ghe disi – grazie –
e la fenissi lì.
Mì foo sù el lett…
e lù me da ona man,
me metti a scoà…
e lù el voeur spolverà,
intanta che mì stiri
el và foeura a fà la spesa
e inscì ’l m’ha portaa a cà
’na tròtta salmonada
che la pareva viva,
o almen penna pescada.
Insòmma ona giornada
tutta de foeura via
che mì gh’hoo mai avuu
in tutt la vitta mia.
E supergiò l’è inscì
finna al moment
de andà a dormì.
LEGGIUU E SCOLTAA
M’el sòlit lù el va prima
e poeu quand voo ancamì
per minga dessedall
voo sòtta pian pianin,
ma subitt lù el vessiga,
me se cascia vesin.
…………………….
On sògn, on “paradis”.
Se smorza el ciar.
Basin tira basin…
parevom duu sposin.
Paròll… nagòtt,
passa la nòtt.
…………………….
A la mattina prest
son tutta ancamò dolza
e me lassi tentà
de fagh dò carezzin,
ma… resti lì de gess.
Succ succ lù me rimbròtta:
“Ohei tì, belezza,
cossè che te gh’hee in ment?
De tutt el tò de fà
te gh’hee pù nient?”
Troeuvi ancamò la fòrza
de rebeccà:
“Ma come? Prima…
tutt latt e mel…
e adess te see tornaa
ancamò pesg del fell?”
E lù, brutt bòia,
e on’aria tira s’giaff
el me dis:
“Pòdi nò vess semper gentil,
ghe n’è appena vun
de primm d’april”
Cesare Acquilini
VEDAREMM ANCA I STELL
“Gh’è tutt scur in la nòtt
…se ved minga de stell”
(Come denter ’na stòria
a gh’è vun che va innanz
semper con la covertina.)
Col cossin, brascià-sù
sù la pòrta… lù spetta.
“Depermì gh’hoo paura
…vedi minga de stell”
on sògn brutt, on stremizzi
fa nagòtta el perché.
On sorris el te ciama
“Dai vegn chì, vegn chì insema
l’è pù scura la nòtt,
vedaremm anca i stell!”
Mara Chierichetti
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 19

Gli innamorati di Milano
di Osmano Cifaldi
Si sente sovente dire in giro che Milano non è più
quella di una volta: sporca, rumorosa, inquinata,
sgorbiata sui muri, pubblicità invasiva, traffico
incessante, l’incubo del parcheggio carissima.
Potremmo continuare sulla strada delle lamentele,
però è proprio così?
Ebbene c’è chi non cambierebbe la città della
“Madunina” per nessun’altra delle belle città di cui
la nostra Italia è dotata.
Questi innamorati di Milano pur verificando un
obiettivo peggioramento della vivibilità, sono felici
di vivere in un luogo ancora sorprendente, sono
felici di vivere all’ombra dello splendido Duomo,
di avvertire il pulsare dell’attività della Borsa, delle
grandi Banche, delle importanti case editrici, sono
felici di passeggiare lungo il quadrilatero della
capitale mondiale della moda, di ascoltare le melodie
della Scala, di ammirare gli splendidi musei quali
Brera, l’Ambrosiana, Poldi Pezzoli, di effettuare lo
“struscio” per gli acquisti in Corso Buenos Aires.
Questi innamorati avvertono che la città offre
accoglienza, che è ancora come fu per il passato,
levatrice di talenti, città che ottiene riconoscenza
da tanti figli spuri illustri che qui si realizzarono
mettendo le loro radici nella nuova paria elettiva.
Insomma l’orgoglio di vivere a Milano non è mai
domo, perché è difficile sfuggire da una vorticosa
presenza di uomini, di donne, di attività, di sogni,
di destini, di speranze che spesso con fatica si
realizzano.
Milano fu da sempre la casa del migliore giornalismo
e di grandi scrittori: Barzini, Montanelli, Afeltra,
Vergani, D’Anzi, Brera, Cederna, Biagi, Buzzati,
Savinio, Gadda, Stendhal, Quasimodo, Manzoni,
Porta, Feltri. Le penne milanesi infatti hanno e scritto
in modo mirabilmente efficace vizi e virtù di questa
prorompente città.
Come dimenticare le descrizioni di Montanelli
mentre, lui toscano, scopre Milano. Tadini che
racconta il Duomo e a sua piazza, Vergani che parla
del “Piccolo Teatro” e della Milano teatrale. Come
on ricordare gli “ascolti” di Milano del napoletano
Afeltra, uno degli innamorati ella città. E Alberto
Savinio che ascoltava il cuore della città perdendosi
tra le magiche sale del Poldi Pezzoli.
Già in tempi passati fu al centro delle meraviglie
24 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
ACCADEMIA
e degli apprezzamenti di Stendhal (1763-1842),
l’innamorato di Milano, che scriveva “…. Milano è
vero amore e, per quanto sia ammaliante, non chiede
il sacrifizio per tutta la vita di tutto ciò che come
sigillo indelebile vi distingue dagli altri.”
Charle Dickens nel suo viaggio invernale a Milano
(1844) trovò una nebbia così fitta da non potere
vedere il Duomo. Tornò in una giornata d’estate e
catturò la grazia dello splendido Duomo ammirò la
Madonnina avvolta nell’azzurro del cielo e individuò
le vicine Alpi lombarde in un mirabile assieme di
guglie, marmi, picchi montani. Ne fu tramortito.
Carlo Emilio Gadda (1893-1973), altro innamorato,
rientrando a Milano guadagnò corso Garibaldi
ove improvvisamente il suo passò si rivitalizzò
diventando “celere e vellutato”.
Lo stesso Mark Twain (1835-1910) che non stava più
nella pelle di vedere il Duomo disse: “finalmente sui
tetti delle minuscole case, s’innalzò una foresta di
aghi graziosi che scintillavano nella luce d’ambra.
Il duomo!”.
I marmi del Duomo, nebbie, traffico continuo, via
vai veloce, un catino di smog, molte speranze. Così
è Milano. Ancora accogliente, quasi poetica, di cui ci
si può innamorare. È un amore da dividere con fior
di cervelli di tutti i calibri e versati a svariati cimenti
che Milano l’hanno ammirata, analizzata pensata,
vissuta, valorizzata, impregnata d’attività.
E vogliamo chiudere con un innamorato di Milano
tra i più convinti, un tifoso della “Madunina”: Piero
Mazzarella. Un uomo, un attore, costituzionalmente,
biologicamente un prodotto della città ambrosiana;
mescolanza di sangue siciliano e milanese, natura
mediterranea e arcaica, grande per natura e arte
teatrale, la sua voce roca
e nebbiosa, trapiantato
nell’euroempirismo
della metropoli
lombarda. Un
instancabile innamorato
e interprete da 60 anni
dell’anima della città
in palcoscenico, ove
risuscita le atmosfere
dei grandi milanesi
come Carlo Maria
Maggi, Carlo Porta,
Delio Tessa, Edoardo
Ferravilla...

Ulivo, trionfo di luce
di Fior-ella
VEDRINA DE LA BOTANICA
Pianta sempreverde di lenta crescita, longeva,
coltivata fin dai tempi antichi nell’area mediterranea
in zone aride allo stato selvatico. Spesso piantumata
anche nei giardini dato che non necessita di cure
particolari: richiede poca acqua, teme i ristagni e la
carenza di terreno calcare, ma desidera essere baciata
dal sole.
Pare sia di provenienza dall’Asia minore dove
cresceva allo stato selvatico e venne diffusa dai Fenici
nel paesi del Mediterraneo, Grecia, Turchia, Spagna
Francia, Italia delimitando quindi regioni climatiche
ben definite, per cui queste vennero chiamate “regioni
dell’ulivo” dato che le temperature minime invernali
raramente sono inferiori a –8 gradi.
Appartiene alla famiglia Oleacee come Olea
europaea sativa, ma se ne possono contare 4-500
specie diverse. Può raggiungere un’altezza di 15-20
metri .
La corteccia liscia e grigia ricopre un tronco spesso
cavo contorto, vuoto e screpolato con la parte
basale più grande dove si formano rigonfiamenti ed
emergono i polloni per la crescita di altre piante.
I rami sono molto robusti e quasi sempre contorti
dal legno giallo con venature brune, usato per
falegnameria ed ebanisteria. Risulta essere un buon
combustibile
I fiori piccoli bianco-verdastri in infiorescenza
ascellare, contengono due stami e solo una piccola
parte si trasforma in frutto a causa di un naturale
aborto floreale.
Le foglie opposte, lanceolate, lucide, coriacee lunghe
2-8 cm. di colore verde scuro sopra, mentre nella
pagina inferiore sono grigio argento.
Dal frutto, una drupa ovale con un solo grosso seme,
l’oliva, si produce l’olio, estratto per pressione a
freddo, usato in cucina ed in medicina come lieve
lassativo e lubrificante intestinale.
La polpa o mesocarpo è carnosa, contiene oltre il 25-
30% di olio, oltre a glucidi, protidi, minerali, calcio,
enzimi e vitamine A B1+B2 e PP. La sua assunzione
facilita la diminuzione del colesterolo nel sangue.
Per uso esterno i massaggi con l’olio d’oliva possono
risultare un bagno di giovinezza per l’effetto
lenitivo ed emolliente. Molto usato un tempo e
divenuto celebre era il “Balsamo del Samaritano”
composto dall’emulsione di olio di olivo, vino ed
a cura di Fior-ella
albume d’uovo in parti uguali per la cura di ustioni,
screpolature e pruriti della pelle.
Nella Genesi si narra che quando le acque del diluvio
universale calarono, Noè fece uscire dall’Arca una
colomba che rientrò portando nel becco un ramoscello
di ulivo, cresciuto sulla tomba di Adamo. Quindi
l’ulivo diventò simbolo non solo per i cristiani di
rigenerazione, pace, prosperità, luce divina, sapienza
e vita.
Nella domenica delle Palme, si trovano all’uscita
delle Chiese cattoliche rami di ulivo per ricordare
la riconciliazione tra il Signore e gli Uomini nella
giornata di Pasqua.
Molti altri simboli sono riferiti all’Ulivo, come l’Olio
sacro con il quale si ungevano re e sacerdoti prima di
venir consacrati.
Per ordine dell’Oracolo di Delfi, dopo la VII
Olimpiade, i vincitori ricevevano una corona di
oleastro, i cui rami venivano tagliati da un giovinetto
che impugnava un falcetto d’oro, mentre il popolo
in corteo lanciava foglie di ulivo danzando fino a
giungere all’Aula del Consiglio Supremo.
L’ulivo fu ritenuto albero sacro non solo dagli Ebrei
ma da tutti i popoli dell’antichità che lo consideravano
l’albero della vergine Atena, la quale piantò per la
prima volta un ulivo in Grecia come indicato sul
frontone occidentale dell’Acropoli di Atene. Da allora
questa pianta venne ritenuta emblema di castità con
la proibizione di bruciarne il legno o danneggiarne
il tronco.
Anche Gabriele d’Annunzio in una sua composizione
lo associa alla Dea, alla luce e ne esalta la presenza:
Laudato sia l’ulivo nel mattino!
Una ghirlanda semplice, una bianca
tunica, una preghiera armoniosa
a noi son festa….
Esili foglie, magri rami, cavo
tronco, distorte barbe, piccol frutto
Ecco, e un nume ineffabile risplende
nel suo pallore!
Concludo con una affermazione di Mauro Corona,
tratta dal libro “Le Voci del bosco”… “l’ulivo è un
albero serio, bello, nobile, universale che rispecchia
la vita di ogni uomo vivente dalla sofferenza non
gridata che piega l’anima e contorce i giorni…”
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 21

CICCIARADA N° 8
ON POO DE GRAMMATICA MILANESA
- sostantiv femminil che finissen per “a”
quand la “a” l’è preceduda da la “i” oppur da la “j”
atona, se pèrd domà la “a” come per esempi:
medaja-medaj; tenaja-tenaj; rotaja-rotaj; pobbiapobbi;
tòppia-tòppi; lòbbia-lòbbi
quand la “a” l’è preceduda da la “i” tònica, se pèrd
la “a” ma ghe se gionta la “i” come per esempi:
mania-manii; fobia-fobii; badia-badii; energiaenergii
’sti sostantiv pòden rientrà fra quèi che finissen per
“ia” quand la “a” l’è preceduda da la “e” oppur da
la “ò” (avèrta), se pèrd la “a” , rèsten la “e” e la “ò”
e ghe se gionta ona “i” come per esempi:
dea-dèi; trincea-trincèi; schea-schèi; bòa-boi
quand la “a” l’è preceduda da la “o” oppur da la
“u”, la “a” la se pèrd e la se sostituiss con la “v”
come per esempi:
coa-cov; loa-lov; stua-stov; spua-spuv; motoamotov
- sostantiv femminil che finissen in “ma” e in “na”
se la paròla l’è piana se pèrd la “a” e se raddoppia la
consonat, come per esempi:
mama-mamm; lama-lamm; rama-ramm; tramatramm;
ambrosiana-ambrosiann; antana-antann;
rana-rann; dòna-dònn
se la paròla l’è sdrucciola se pèrd domà la “a” come
per esempi:
anima-anim; elemòsina-elemòsin; lendena-lenden
- sostantiv femminil che finissen per “glia”
la desinenza “glia” la se cambia in “li” come per
esempi:
guglia-guli; battaglia-battali; vaglia-vali; vituagliavituali
- sostantiv femminil che finissen per “ra”
pèrden la desinenza “ra” e ghe se giunta la desinenza
“er” come per esempi:
manòvra-manòver; cavra-caver; finèstra-finèster;
negra-negher; minèstra-minèster
sostantiv femminil con desinenza in “azia-ezia-iziaozia-uzia
se pèrd la desinenza “ia” e la se cambia in “zi” come
per esempi:
22 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
EL SUSSIDIARI
grazia-grazi; astuzia-astuzi; malizia-malizi
sostantiv plural femminil invariabil
- sostantiv plural femminil monosillabo che finissen
cont ona consonant
el plural l’è istèss del singolar come per esempi:
famm; piev; set; nev; réd; crós; nós
- sostantiv plural femminil che finissen in “es” e “is”
come per esempi:
scés; fòrbés; cornis; lavatris; pernis; radis; valis;
vernis
- sostantiv plural femminil che finissen con vocal
tronca
come per esempi:
abilità; contabilità; agilità; grù; gioventù; servitù;
virtù
- sostantiv plural femminil che finissen in “i”
come per esempi:
crisi; paralisi; tesi; analisi
- sostantiv plural femminil che corrisponden a quei
italian sdruccio e che finissen in “in”
come per esempi:
abitudin; incudin; gratitudin
- sostantiv plural femminil tronch nasal in “on”
come per esempi:
stagion; canzon; apparizion; nazion; occasion;
pension; sanzion; sezion

I vesin de la cà in faccia
di Ella Torretta
Su la terrazza de cà mia me pias ciappà l’aria fresca
de la sera, intanta guardà el via-vai de la gent che
passa. Quei che se ferma a sabettà, quei che spetta
la morosa, quei che tutti i ser, a la stessa ora, vann
a fà el gir de la cà per portà a spass el can ò per tra
via el ruff, quell che intanta ch’el va innanz e indree
el cicciara cont el “telefonino o cellulare” anca per
mezz’ora.
Tra i vesin de la cà in faccia pòdi pròpri notà la gran
varietà de gent che ghe sta.
In d’on appartament al primm pian, tutti i ser l’è de
turno on papà cont on fiolin in brascia ch’el seguita
a ninà fin’ a quand el se indormenta.
Gh’è on scior che dòpo avè scorlii la tovaja, senza
guardà giò se ghe passa quaivun de sòtt, el gh’ ha
el vizi de dacquà, minga i fior in sul poggioeu, ma
el marciapee. Quand a la sera se soffega per el cald,
el trà giò sidei d’acqua, perché el dis che inscì se
rinfresca el soeul e ghe riva sù l’aria pussee fresca
de la nòtt.
In d’on alter appartament on giovin deperlù el se
impasta denanz a la Television a guardà i programmi
de la nòtt, che se rifletten in di veder de la finestra e
se veden pussee ingrandii con tanti bei color.
Ona tosa inveci, la soa vesina, l’è semper settada
denanz al “computer” per di or fin ‘a quand ghe
cròda el cô denanz al “video” e lì la se indormenta
‘me on nisciorin.
On alter bel spilett el succed quand el Vincenz,
on volontari d’ona Cà per Anzian, che ògni sera
el compagna a cà su on furgonin on para de dònn
“handicappate”, el troeuva regolarment occupaa el
sò pòst da ona quai otomòbil privada. Allora el se
ferma in mezz a la strada, el tira foeura dal baul, on
gran pedrioeu, le dopera come on “megafono” e el
vosa el numer de la targa de l’otomobil che l’infescia.
Pòcch lontan gh’è on caffè pien de sbarbaa e tosann
che gh’hann el vizi de mettes dove ghe fa pussee
còmod, anca in di postegg riservaa ò in strada in
doppia fila. I camerer ormai el conossen e vann de
tavol in tavol per cercà el ziffolòtt de menta che,
pussee che in pressa, el dev menà i tòll.
Questi hinn i vesin de la cà de facciada e de strada
che sortissen a la nòtt, ma gh’è anca quei del dì, bon
domà de fass vedè, de dà fastidi al pròssim come
per esempi quell fioeu che l’è adree a imparà a sonà
CUNTA SÙ
a cura di Ella Torretta
la tromba. Se sent semper la stessa solfa, istess nòt,
provaa e provaa de noeuv cent milla vòlt. Ògni tant
ona vesina del pian de sòtta la ghe vosa de moccala,
perché ghe n’ ha pien la scuffia, lù el fa nanca ona
piega, el ghe da minga a trà e el seguita a fà di vers
de lira.
A ona sciora d’ona certa età ghe pias mettes in
mostra, mezza biòtta, denanz a la finestra intanta
che la fa esercizi de ginnastica. La se moeuv come
ona gatta, ma la par ona bissa scudellera, perché
la fa i moviment adasi, adasi per minga straccass
tròpp adree a ona musica che la faria indormentà
anca i sass.
Al second pian on’ altra maggia. On scior che
ciappa el sô sul poggioeu, quand el gh’è, slongaa su
la sdraio, i pee a moeuj in d’on cadin e cont in man
ona penna d’òca el fa mostra de scriv sora on foeuj
de carta che però el resta semper bianch, perchè
compar mai ona paròla ò on penser. Ògni tant va
a trovall on amis ch’el se setta in faccia a lù sul
poggioeu su ona cadrega de paja.
Quest el gh’ ha la mania de tajà foeura articol e fòto
dai giornai e impastai su on quaderno de scòla già
dopraa dal fioeu del portinar che lù el troeuva in del
bidon de la carta strascia.
Pussee simpatica de tucc l’è la sciora Rosina, ona
maestra in pension, che a la mattina bonora la
compar a la finestra per cicciarà cont i fior e i piant
de la vesina, perché lee la gh’ ha minga pòst per
tegnii. La soa vos s’ceppa la se sent giò fin’ in strada
anca perché ghe pias ciamà per nòmm i uselitt in la
gabietta e lor saltapicchen de chi e de là per beccà
dai sò man el mej che la ghe dà.
Ai quattr’or del dòpomezzdì, riva el fioeu de la
farmacista. La soa mamma la ghe slonga giò da la
finestra on cavagnoeu ligaa cont ona cordetta con
dent la “Merenda”. Lù el voeur minga fà i scal per
andà de sora a toeula e perd el temp dedicaa a tirà
pesciad al ballon ch’el par impastaa ai sò scarp de
folball, semper dislazzaa.
Riva de spess el Giorgio, quell de la mòto, che l’ha
desmentegaa in offizi i ciav del portell, allora el
tacca a sonà el clacson poeu el “citofono”.
Continua a pag. 26
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 23

Come nasce un farmaco
di Filippo Bianchi
Quando ci capita fra le mani una confezione di una
qualsiasi medicina, ci siamo mai chiesti come quel
farmaco, prima di venire messo in commercio, sia
stato ideato, provato, prodotto? Quanto in esso sia
racchiuso di sforzi tecnici, di speranze deluse e di
geniali intuizioni?
Vediamo innanzitutto cosa si intende con la parola
farmaco: si definisce tale ogni sostanza che comporti
un mutamento in una qualsiasi attività di un organismo
vivente; poiché tuttavia una delle più seccanti
alterazioni di attività dell’organismo è la malattia,
è solamente alle sostanze in grado di modificare
favorevolmente questo processo negativo, in quanto
apportatori di salute, che si riserva il nome di
“farmaco”. Nel corso dei secoli i medici si sono sempre
sforzati di fare della farmacologia, pure in mancanza
di sicure basi scientifiche, ma fino a che i medici non
divennero sperimentatori l’arte di guarire non fece
grandi progressi; solo negli ultimi sessant’anni la
farmacologia, divenuta scienza autonoma, ha potuto
avocare a se il compito di ricercare sperimentalmente
nuovi farmaci, di accertarne l’efficacia curativa,
di stabilirne la possibile nocività, d’investigarne
l’intimo meccanismo d’azione. Ciò premesso, è
chiaro perché un laboratorio farmacologico sia anche
una specie di piccolo zoo, costituito da topi, cavie,
conigli, scimmie eccetera, sono tutti indispensabili
per le ricerche farmacologiche prima che i farmaci
vengano provati sull’uomo malato. Infatti l’atto
preliminare che permette di constatare gli effetti che
un nuovo medicinale può svolgere è, ovviamente, la
somministrazione ad un essere vivente, nel nostro
caso un animale;in seguito bisogna constatare
come si siano comportati il sangue, l’urina, la bile,
le feci ed i visceri dell’animale sotto l’azione di
tale sostanza assunta. Per quanto utile possa essere
l’indagine farmacologica svolta in condizioni di
normalità, rimane però inoppugnabile il fatto che le
speranze di vittoria contro una determinata malattia
sono in proporzione diretta della riproducibilità
sperimentale della malattia stessa negli animali da
laboratorio, che sola può offrire ai farmaci la prova
adeguata e sicura della loro efficacia; è il caso, ad
esempio, di alcune malattie infettive che si provocano
negli animali inoculando loro i germi responsabili,
per poi vedere come e quanto agiscano i nuovi
24 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
SALUTE A MILANO
a cura di Filippo Bianchi
antibiotici; altre malattie ovviamente sono meno
facili da riprodurre sperimentalmente. In ogni caso,
provando e riprovando, si riesce così a stabilire in
che misura un farmaco si dimostra efficace: si scova
il “cammino” che esso compie nel sangue fino a che
abbia raggiunto il suo “organo-bersaglio” (quello sul
quale deve agire in caso di malattia) e poi attraverso
quali vie tale medicina lasci l’organismo, dopo avere
svolto la sua benefica azione.
A questo punto, però, una domanda si impone:
da dove si ricavano i farmaci? Alcuni dal regno
minerale (come lo zolfo ed il ferro), altri dal mondo
vegetale (come la digitale, la valeriana e gli stessi
antibiotici), altri ancora dal regno animale (come la
cantaridina e gli ormoni). Oggi tuttavia i farmacologi
hanno imparato - grazie alle conquiste della chimica
moderna - a fabbricare artificialmente, in laboratorio,
molte, per non dire tutte, le sostanze medicamentose,
riproducendo in via sintetica quelle naturali; ad
esempio, le vitamine che oggigiorno consumiamo
come farmaci, sono “vitamine sintetiche”, vale
a dire ricostruite in laboratorio secondo la loro
struttura chimica; esistono ovviamente parecchi
farmaci esclusivamente sintetici, quindi ricavati
sinteticamente senza ricalcare sostanze presenti in
natura.
Nato e cresciuto nello spazio segreto dei laboratori
farmacologici, al riparo da sguardi indiscreti, il
farmaco alla fine inizia ufficialmente la sua “vita
sociale” che lo porterà a contatto di medici e malati,
nelle corsie ospedaliere, affinchè sia sanzionata
definitivamente nell’uomo la sua reale portata
curativa. È forse il momento più delicato e più
impegnativo, la “prova del nove”. E se questa prova
è favorevole - massimi effetti positivi e minimi effetti
negativi - il farmaco potrà fare allora il suo ingresso
ufficiale presso il pubblico. Ma anche quest’ultima
fase si effettua non senza poca fatica teorica e
sperimentale.

Vi è anzitutto il problema di trasportare su scala
industriale i processi di fabbricazione del nuovo
prodotto farmaceutico, problema che soltanto in
pochi casi fortunati si riduce ad una copia ingrandita
e moltiplicata dell’originale; più spesso le difficoltà
tecniche ed economiche, trascurabili in fase di
ricerca, diventano imponenti, sicchè l’organizzazione
richiesta è talora sbalorditiva. Esistono poi una serie
di problemi ai quali forse normalmente non si pensa,
ma anche essi importanti, come ad esempio trovare la
composizione finale di uno sciroppo che sia gradevole,
non ammuffisca, mantenga inalterata l’attività dei
suoi componenti e non dia intolleranza gastrica; non
è sempre agevole far sciogliere sostanze in liquidi
oleosi od acquosi, o imprigionarle in compresse
abbastanza dure da non sfaldarsi col tempo, ma
anche sufficientemente friabili a da diluirsi con
rapidità nello stomaco o nell’intestino; il contenuto
di una fiala invece non deve essere eccessivo come
quantità, e nemmeno troppo doloroso.
Proprio per questi molteplici, indispensabili compiti
che l’industria farmacologica deve assolvere, essa
non gode eccessive simpatie da parte del pubblico,
spesso spaventato dal prezzo non sempre modesto
dei medicinali, prezzo che oltre a ripagare uno
stuolo di tecnici che lavorano in questo importante
campo, deve anche essere remunerativo - bisogna
riconoscerlo - per tutta la ricerca che sta a monte
della realizzazione di un nuovo farmaco; bisogna
infatti anche considerare il fatto che assai di rado le
indagini per la realizzazione di un nuovo medicinale
sono coronate da successo, talora i farmacologi si
affaticano per anni attorno a sostanze che poi alla fine
risultano inapplicabili nella terapia pratica, per cui
alla fine finiscono per avere lavorato per niente, senza
risultati concreti: per ogni prodotto farmaceutico che
giunge a disposizione del pubblico nelle farmacie
ce ne sono centinaia che rimangono inutilizzati nei
laboratori chimici ed il cui costo incide notevolmente
anche sulle poche realizzazioni positive.
Si dice che per il farmacologo moderno il primo
stimolo alla ricerca sia la curiosità intellettuale,
come per tutti gli scienziati, ma deve esserci anche
un certo senso filantropico: non cerca farmaci chi
non crede che la vita valga la pena di essere vissuta e
conservata in tutta la sua interezza e chi non ravveda
in ogni creatura un insopprimibile diritto alla vita ed
alla salute.
ACCADEMIA
Continua da pag. 16 - Febbraio
Altro nome nipponico è Mumetsuki che
significa letteralmente “il mese in cui si
vedono i fiori di prugno”) o Konometsuki
“il mese nel quale gli alberi prendono
nuova vita”). In finlandese, il mese è
chiamato helmikuu, “mese della perla”.
Aneddoti
Febbraio inizia lo stesso giorno di marzo e
novembre nell’anno normale, e di agosto
nell’anno bisestile.
Febbraio nell’emisfero boreale è
l’equivalente stagionale di agosto in quello
australe e viceversa.
La pietra del mese è l’ametista.
Il fiore del mese è la violetta o la primula.
In alcuni casi è esistito anche un 30
febbraio: è stato introdotto in Svezia nel
1712 e in Unione Sovietica nel 1930 e
1931. Secondo il De Anni Ratione di
Giovanni Sacrobosco (1235) esso è stato in
uso anche a Roma per alcuni anni a cavallo
tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.
Tutti gli anni, il giorno corrispondente al
28 febbraio, o al 29 se l’anno è bisestile,
è lo stesso giorno del 4/4, 6/6, 8/8, 10/10
e 12/12 e per i mesi dispari 9/5, 5/9, 11/7
e 7/11.
Per esempio il 28 febbraio 2005 era un
lunedì quindi anche il 4 aprile, il 6 giugno,
l’8 agosto, il 10 ottobre, il 12 dicembre e il
9 maggio, il 5 settembre, l’11 luglio e il 7
novembre del 2005 erano lunedì.
Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010 25

Continua da pag.23 - I vesin de la cà in
faccia
El vosa come on strasciee, perché la nònna la gh’ ha
l’oreggia panada e in cà l’è deperlee; dòpo trii piatt,
la capiss quell ch’el voeur el sò nevod: la ciav del
portell e ghe la trà giò de la finestra.
Anca i bottegar hinn di bei element… a vun che ghe
pias pòcch stà in bottega, intanta ch’el spetta i client,
el mett foeura in sul marciapee on cadreghin longh
dove el se setta insema a on para de amis e lì cicciaren
e fann el coronin a tutti i bei tosann che passa.
Gh’è anca on negozi dove giusten e metten i tacconi
ai tappee, naturalment gestii da on marocchin che in
quanto a danee el dev vess pròpri a bolletta sparada,
tant de savè mai cosa mett a coeus in la padella. L’ha
inventaa sto sistema per regoeuj on quaicòss e spend
nient. Pòcch prima de sarà sù, el spantega ona filera
de gran de ris denanz e fin dent al sò negozi. El se
mett dedree di veder a spettà che riva on quai piccion,
le lassa beccà polito e quand l’è ormai dent in del
negòzi, “tracchetà” el sara sù l’uss, el tira giò la cler
e… chi gh’è denter, pesg per lù, el finirà a ròst!
Insòmma stà a la finestra l’è come andà a vedè ona
commedia de rid, sì, de rid fin’ a quand stuffissen
minga sti personagg che tutti i dì e nòtt fann istess
moviment, ripeten istess situazion e per chi gh’ ha de
sopportai l’è nò ona bellezza podè minga sta quiett,
in silenzi e solitudin magari per scoltà ona musica
che slarga el coeur e fa dislenguà l’anima.
GLOSSARIO
scorlii = scrollare
nisciorin = ghiro
pedrioeu = imbuto
ziffolòtt de menta = sprovveduto
moccala = smetterla
ghe n’ ha pien la scuffia = non ne può più
fa nanca ona piega = non cambia
fà di vers de lira = musica o rumori acuti
bissa scudellera = tartaruga
maggia = on tipo ameno
i pee a moeuj = i piedi a bagno
impastai = incollarli
vos s’ceppa = voce acuta
saltapicchen = zampettano
oreggia panada = sorda
fann el coronin = commentano con malizia
metten i tacconi = mettere le pezze
bolletta sparada = senza un quattrino
26 Sciroeu de Milan - Gennaio/Febbraio 2010
ACCADEMIA
Continua da pag. 11 - Le vie
Visconti
scrisse vari libri, tra cui quello sulla Storia
di Milano (ora ed. Virgilio). Bernabò
Visconti è il più “antico”, nacque a Milano
nel 1325 e morì a Trezzo nel 1385, dopo
essere stato preso a tradimento dal nipote
Gian Galeazzo e richiuso nel castello. La
via a lui dedicata è in zona Magenta nella
direzione di via Novara. Un’altra via è per
Alessandro Visconti D’Aragona, patriota
milanese (1788 – 1851) e si trova da via
Amedeo a via Strambio in zona Venezia. Via
Emilio Visconti Venosta è da piazza Cinque
Giornate a viale Regina Margherita (Milano
1829, Roma 1914), più volte ministro degli
esteri e senatore del Regno; un interessante
libro scritto da suo fratello Giovanni
riguarda la vita di Emilio fino alle 1859 e
si intitola “Ricordi di Gioventù” (Milano
1904). Le autobiografie familiari possono
interessare anche gli estranei. Via Luchino
Visconti (1906 – 1976) ricorda il grande
regista cinematografico del novecento ed è
una traversa di Corso Garibaldi; aveva lo
stesso nome del suo antenato, Signore di
Milano nel 1339. Dei Visconti c’è anche
una illustre famiglia fiorente a Roma dal
XVIII secolo: proveniente dalla Liguria
vanta insigni archeologi (è ora estinta). Così
Ennio Quirino Visconti (Roma 1751 – Parigi
1818), pure archeologo. Ermes Visconti
(Milano 1784 – Crema 1841), letterato. Altri
Visconti hanno talvolta doppi cognomi,
come i Visconti Maggiori, i Visconti Prasca,
i Visconti di Invorio e così via.

Attraverso le vesti stracciate si mostrano i vizi
minori: gli abiti da cerimonia e le pellicce li
nascondono tutti.
William Shakespeare
È meglio abolire la servitù dall’alto che attendere
che si abolisca da se dal basso.
Alessandro II
Il denaro è come il letame che non serve se non è
sparso.
Francis Bacon
Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli
altri posti erano occupati.
Bertolt Brecht
Cultura: l’urlo degli uomini in faccia al loro
destino.
Albert Camus
Se le mogli fossero una bella cosa, Dio ne avrebbe
una.
(Proverbio afgano)
Helga Pfau Collamati
“Lucia sul lago di Como”
Olio su tela - 50x60
Firifiss
Helga Pfau Collamati
“Veduta di Codevilla”
Olio su tela - 30x40
Vos de ringhera
L’amor, la fiamma e la toss se fann conoss.
(L’amore, il fuoco e la tosse non si possono celare).
Quand se mangia gaudeamus, quand gh’è de pagà
suspiramus.
(Quando si mangia siamo contenti, quando si deve pagare
invece sospiriamo.)
Spetta spetta che l’erba la cress.
(Aspetta pure invano)
Chi sa el latin, loda l’acqua e bev el vin.
(chi sa parlare il latino loda l’acqua e beve il vino)
El stuàa bisogna mangiall cont el cugiàa.
(Lo stufato bisogna mangiarlo con il cucchiaio)

SCIROEU de MILAN
Parco Nord - Villa Torretta
In copertina:
Parco Nord Milano