Bollettino_files/settembre 2010.pdf - Oratorio di Rovato
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Dalla umiliata<br />
alla umile<br />
Cosa avrebbero detto i padri<br />
del Concilio vaticano II se<br />
lo scandalo della pedofilia,<br />
<strong>di</strong> cui oggi la Chiesa soffre,<br />
fosse scoppiato al tempo del<br />
loro incontrarsi nella basilica <strong>di</strong><br />
San Pietro? Pur vivendo allora la<br />
Chiesa un tempo felice, nel quale<br />
stava godendo, anche grazie<br />
al concilio in atto, <strong>di</strong> notevole<br />
considerazione e stima nel mondo,<br />
essi avevano chiara consapevolezza<br />
<strong>di</strong> non poter parlare <strong>di</strong><br />
santità della Chiesa ignorando il<br />
peccato e i suoi drammi. Scrivevano,<br />
infatti, in Lumen Gentium<br />
8: “Mentre Cristo, «santo, innocente,<br />
immacolato» (Eb 7,26),<br />
non conobbe il peccato (cfr. 2<br />
Cor 5,21) e venne solo allo scopo<br />
<strong>di</strong> espiare i peccati del popolo<br />
(cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che<br />
comprende nel suo seno peccatori<br />
ed è perciò santa e insieme<br />
sempre bisognosa <strong>di</strong> purificazione,<br />
avanza continuamente per il<br />
cammino della penitenza e del<br />
rinnovamento”.<br />
Il problema della necessità della<br />
penitenza e del rinnovamento,<br />
però, non interessa esclusivamente<br />
la vita interna della<br />
comunità cristiana, coinvolge<br />
bensì il suo rapporto con la società<br />
civile e con il mondo. Se la<br />
Chiesa, come <strong>di</strong>chiara il famoso<br />
incipit della Gau<strong>di</strong>um et Spes, è<br />
“realmente e intimamente solidale<br />
con il genere umano e con<br />
la sua storia” nel con<strong>di</strong>videre “le<br />
gioie e le speranze”, lo è anche<br />
nel viverne insieme “le tristezze<br />
e le angosce”, compresa la tristezza<br />
e l’angoscia più pesante<br />
<strong>di</strong> tutte, quella dell’esperienza<br />
del peccato e della vergogna.<br />
Rileggendo oggi i testi conciliari,<br />
nella triste situazione che si è<br />
creata, è facile percepire l’importanza<br />
<strong>di</strong> quella consapevolezza<br />
<strong>di</strong> fede che ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> collocarci<br />
sul piedestallo nei confronti<br />
del mondo. La Gau<strong>di</strong>um<br />
et Spes al numero 40 <strong>di</strong>chiara<br />
con chiarezza, a nome <strong>di</strong> tutta<br />
la chiesa, che essa “cammina<br />
insieme con l’umanità tutta e<br />
sperimenta assieme al mondo la<br />
medesima sorte terrena”. Il numero<br />
43, quin<strong>di</strong>, raccoglie molte<br />
osservazioni che sono <strong>di</strong> grande<br />
attualità. La chiesa del concilio<br />
riconosce “quanto <strong>di</strong>stanti siano<br />
tra loro il messaggio ch’essa<br />
reca e l’umana debolezza <strong>di</strong> coloro<br />
cui è affidato il Vangelo”.<br />
<strong>di</strong> fronte, quin<strong>di</strong>, al giu<strong>di</strong>zio del<br />
mondo, l’unica preoccupazione<br />
seria dei padri conciliari sarebbe<br />
oggi, non quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi,<br />
ma quella <strong>di</strong> far sì che “non<br />
ne abbia danno la <strong>di</strong>ffusione del<br />
vangelo”.<br />
Più che dal peccato, che mai in<br />
questo mondo potrà essere del<br />
tutto eliminato, gran danno al<br />
vangelo viene dalla contrad<strong>di</strong>zione<br />
fra le pretese della chiesa<br />
<strong>di</strong> essere, non solo per i credenti<br />
ma per il mondo intero, l’unica<br />
interprete dei valori morali, da<br />
un lato, e la condotta immorale,<br />
che non manca <strong>di</strong> abitare anche<br />
al suo interno, dall’altro.<br />
Anche per questo il concilio affermava<br />
che la Chiesa ha bisogno<br />
<strong>di</strong> “continuamente maturare,<br />
imparando dall’esperienza <strong>di</strong><br />
secoli, nel modo <strong>di</strong> realizzare i<br />
suoi rapporti col mondo”, senza<br />
misconoscere “che molto giovamento<br />
le è venuto e le può venire<br />
perfino dall’opposizione <strong>di</strong><br />
quanti la avversano o la perseguitano”<br />
(Gau<strong>di</strong>um et Spes 44).<br />
La lezione che in questo momento<br />
sembra <strong>di</strong> dover apprendere è<br />
quella, non certo <strong>di</strong> derogare ad<br />
alcuno dei doveri della propria<br />
missione, ma sì <strong>di</strong> concentrar-<br />
7<br />
“Pianta dei cippi,<br />
metti paletti in<strong>di</strong>catori,<br />
ricorda il sentiero,<br />
la via che hai percorso”<br />
(Geremia 31,21)<br />
si nella semplice ed essenziale<br />
proposta della fede in Gesù.<br />
Ma soprattutto la lezione da apprendere<br />
è quella dell’umiltà,<br />
che ci permetta <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogare con<br />
gli uomini <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>versa visione<br />
del mondo, sempre proponendo<br />
e mai imponendo e rinunciando<br />
alla ricerca <strong>di</strong> qualsiasi posizione<br />
<strong>di</strong> potere, sia pure nell’intento<br />
<strong>di</strong> far prevalere il bene sul male.<br />
A questo proposito non va <strong>di</strong>menticato<br />
il monito <strong>di</strong> Gau<strong>di</strong>um<br />
et Spes 42: “La forza che la<br />
Chiesa riesce a immettere nella<br />
società umana contemporanea<br />
consiste in quella fede e carità<br />
effettivamente vissute, e non in<br />
una qualche sovranità esteriore<br />
esercitata con mezzi puramente<br />
umani”.<br />
Severino Dianich