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Bollettino_files/settembre 2010.pdf - Oratorio di Rovato

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parrocchia<br />

La parola <strong>di</strong> Dio<br />

è sorgente inesauribile <strong>di</strong> vita<br />

Chi è capace <strong>di</strong> comprendere,<br />

Signore, tutta la ricchezza <strong>di</strong><br />

una sola delle tue parole?<br />

E’ molto più ciò che ci sfugge <strong>di</strong><br />

quanto riusciamo a comprendere.<br />

Siamo proprio come gli assetati<br />

che bevono ad una fonte. La tua<br />

parola offre molti aspetti <strong>di</strong>versi,<br />

come numerose sono le prospettive<br />

<strong>di</strong> coloro che la stu<strong>di</strong>ano. Il<br />

Signore ha colorato la sua parola<br />

<strong>di</strong> bellezze svariate, perché coloro<br />

che la scrutano possano contemplare<br />

ciò che preferiscono.<br />

ha nascosto nella sua parola tutti<br />

i tesori, perché ciascuno <strong>di</strong> noi<br />

trovi una ricchezza in ciò che contempla.<br />

La sua parola è un albero <strong>di</strong> vita<br />

che, da ogni parte, ti porge dei<br />

frutti benedetti. Essa è come quella<br />

roccia aperta nel deserto, che<br />

<strong>di</strong>venne per ogni uomo, da ogni<br />

parte, una bevanda spirituale. Essi<br />

mangiarono, <strong>di</strong>ce l’Apostolo, un<br />

cibo spirituale e bevvero una bevanda<br />

spirituale (cfr. 1 Cor 10, 2).<br />

Colui al quale tocca una <strong>di</strong> queste<br />

ricchezze non creda che non<br />

vi sia altro nella parola <strong>di</strong> <strong>di</strong>o oltre<br />

ciò che egli ha trovato. Si renda<br />

conto piuttosto che egli non è stato<br />

capace <strong>di</strong> scoprirvi se non una<br />

sola cosa fra molte altre.<br />

dopo essersi arricchito della parola,<br />

non creda che questa venga<br />

da ciò impoverita. Incapace<br />

<strong>di</strong> esaurirne la ricchezza, renda<br />

grazie per la immensità <strong>di</strong> essa.<br />

Rallegrati perché sei stato saziato,<br />

ma non rattristarti per il fatto<br />

che la ricchezza della parola ti<br />

superi. Colui che ha sete è lieto<br />

<strong>di</strong> bere, ma non si rattrista perché<br />

non riesce a prosciugare la<br />

fonte. E` meglio che la fonte sod-<br />

Viaggiatori per fede<br />

Un vascello che ha come<br />

meta la pa tria perduta, riconquistata<br />

attraver so un<br />

lungo viaggio <strong>di</strong> ritorno. Un uomo<br />

che marcia col suo clan verso una<br />

terra ignota, ma promessa con<br />

un giura mento <strong>di</strong>vino. Ecco, secondo<br />

il celebre sag gio Mìmesis,<br />

pubblicato nel 1946 dal criti co e<br />

filologo berlinese Erich Auerbach,<br />

i due archetipi della letteratura e<br />

della stessa cultura occidentale.<br />

da una parte c’è Ulisse che intraprende<br />

il nóstos, ossia il cammino<br />

<strong>di</strong> ritorno verso l’in<strong>di</strong>menticata<br />

Itaca, dan do origine a quel capolavoro<br />

poetico e “no stalgico” che<br />

è l’O<strong>di</strong>ssea. d’altra parte si le va<br />

Abramo che s’avvia lungo le piste<br />

del deserto che dalla Ur mesopotamica<br />

condu cono fino a hebron<br />

nella terra <strong>di</strong> Canaan, regione a<br />

lui sconosciuta. Un itinerario che<br />

si trasforma in pellegrinaggio perché<br />

all’ori gine c’è un appello <strong>di</strong>vino:<br />

“vattene dalla tua terra, dalla<br />

tua parentela e dalla casa <strong>di</strong> tuo<br />

padre verso la terra che io ti in<strong>di</strong>cherò!”<br />

(Genesi 12,1). E “per fede<br />

Abramo, chia mato da <strong>di</strong>o, obbedì<br />

partendo per un luo go che doveva<br />

ricevere in ere<strong>di</strong>tà, e partì senza<br />

sapere dove andava” (Ebrei 11,8).<br />

Un viaggio nel passato per Ulisse,<br />

un cammino verso il futuro per<br />

Abramo: due mo<strong>di</strong> per rappresentare<br />

la storia come ricerca <strong>di</strong> una<br />

mitica età dell’oro perduta oppure<br />

come tensione escatologica verso<br />

una salvezza promessa. Sempre,<br />

però, come movimento. Il cammino,<br />

che è alla base della stessa<br />

esistenza umana (l’homo viator),<br />

<strong>di</strong>venta una parabola per cui non<br />

si procede mai solo spazialmente,<br />

ma anche esistenzial mente.<br />

Lo sapeva bene la tra<strong>di</strong>zione<br />

orien tale che descriveva tre <strong>di</strong>versi<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> muo versi. C’è chi viaggia<br />

coi pie<strong>di</strong> e sono i mer canti.<br />

C’è chi cammina con gli occhi ed<br />

è il sapiente (dovrebbe essere il<br />

vero “turi smo”...). E, infine, c’è chi<br />

avanza col cuo re, pur spostandosi<br />

coi pie<strong>di</strong> e con gli occhi aperti, ed<br />

è il pellegrino, che cerca il mistero<br />

in ogni creatura e nei “luoghi<br />

santi”.<br />

Sì, perché le epifanie <strong>di</strong>vine non<br />

sono so lo da cercare nella rivelazione,<br />

nella co scienza, negli<br />

eventi, ma si manifestano an che<br />

6<br />

<strong>di</strong>sfi la tua sete, piuttosto che la<br />

sete esaurisca la fonte. Se la tua<br />

sete è spenta senza che la fonte<br />

sia inari<strong>di</strong>ta, potrai bervi <strong>di</strong> nuovo<br />

ogni volta che ne avrai bisogno.<br />

Se invece saziandoti seccassi la<br />

sorgente, la tua vittoria sarebbe la<br />

tua sciagura. Ringrazia per quanto<br />

hai ricevuto e non mormorare<br />

per ciò che resta inutilizzato.<br />

Quello che hai preso o portato via<br />

è cosa tua, ma quello che resta è<br />

ancora tua ere<strong>di</strong>tà. Ciò che non<br />

hai potuto ricevere subito a causa<br />

della tua debolezza, ricevilo in altri<br />

momenti con la tua perseveranza.<br />

Non avere l’impudenza <strong>di</strong> voler<br />

prendere in un sol colpo ciò che<br />

non può essere prelevato se non<br />

a più riprese, e non allontanarti da<br />

ciò che potresti ricevere solo un<br />

po’ alla volta.<br />

Efrem il Siro<br />

nello spazio sacro dei santuari.<br />

Il primo “centro” <strong>di</strong> or<strong>di</strong>namento<br />

del cosmo - come ha insegnato<br />

lo stu<strong>di</strong>oso delle religioni Mircea<br />

Eliade - è il perimetro del tempio<br />

ove l’uomo depone le spoglie del<br />

profano e del quoti<strong>di</strong>ano e incrocia<br />

terra e ciclo, im manenza e trascendenza,<br />

umano e <strong>di</strong>vino. verso<br />

questi “centri” si stende una rete<br />

<strong>di</strong> itinerari che avvolgono tutto il<br />

nostro glo bo e su questi percorsi<br />

avanzano i musul mani che pellegrinano<br />

alla Mecca, gli hindù<br />

che si recano ai fiumi sacri o ai<br />

loro templi, gli ebrei che hanno<br />

il cuore rivolto a Gerusalemme, i<br />

cristiani che accorrono a Roma o<br />

nei santuari mariani e dei martiri.<br />

Ma anche un popolo secolarizzato<br />

com’è quello della modernità<br />

ha le sue migrazio ni, come pure i<br />

suoi viaggi <strong>di</strong> piacere.<br />

E nell’ultima sera della sua vita<br />

terrena, prima <strong>di</strong> “ritornare al Padre”,<br />

Gesù Cristo aveva <strong>di</strong>chiarato:<br />

“lo sono la via, la verità e la<br />

vita” (Giovanni 14,6).<br />

Gianfranco Ravasi<br />

(in luoghi dell’infinito n.142 luglio-agosto 2010)

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