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IL MAGAZINE PER SAPER SCEGLIERE ... - Alì Supermercati

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18<br />

La maschera ha sempre assunto un significato rituale: era<br />

lo spogliarsi della propria identità pubblica per seguire con<br />

più libertà i propri istinti, in uno strano miscuglio di verità e<br />

illusione. Una sorta di abito magico che donava un potere<br />

nuovo e insperato a chiunque l’indossasse. Chiunque si<br />

mascherasse aveva l’impressione di non avere più vincoli e<br />

legami con la sua vita di sempre.<br />

Storie e storielle<br />

Celebri sono rimasti a Venezia i carnevali molto allegri di<br />

Elena Priuli, moglie del potente procuratore Federico Venier,<br />

che appostata alla verandina del suo “casinetto” situato sul<br />

ponte dei Bareteri, in piena Merceria, osservava da quel<br />

punto privilegiato lo sfilare delle maschere. Appena notata<br />

una “preda” appetibile, la nobildonna infilava larva e tricorno,<br />

e nascosta dalla sua bautta (la tipica maschera veneziana<br />

conosciuta anche come “volto bianco”) scendeva a sedurre<br />

il prescelto, invitandolo di sopra e trascinandolo nella sua<br />

alcova al suono dei violini di alcuni musicisti nascosti in una<br />

stanzetta attigua da cui la melodia si diffondeva.<br />

La Priuli non temeva certo d’essere sorpresa da qualche visita<br />

improvvisa: stando davanti alla porta d’entrata, da un foro<br />

ancora esistente sul pavimento del salone, semplicemente<br />

sollevando una piastrella, si poteva facilmente riconoscere<br />

il molesto importuno. Secondo la leggenda il Casino Venier<br />

aveva un’uscita segreta proprio sotto il ponte.<br />

Non sempre però l’uso della Bautta garantì dei vantaggi,<br />

come emerge da un episodio del 1548 in cui, dopo aver<br />

partecipato a giostre e tornei in campo Santo Stefano, il<br />

Duca di Ferrandina si recò a Murano per una festa. Celato<br />

dietro la sua maschera, fece un invito troppo galante a una<br />

gentildonna locale, scatenando le ire di due nobili veneziani,<br />

tra cui Marco Giustinian. Ne nacque una rissa in cui il<br />

Giustinian ferì mortalmente alla testa il Duca, e quest’ultimo,<br />

per errore, sferrò una letale stoccata al proprio amico Fantino<br />

Diedo: morirono entrambi pochi giorni dopo.<br />

Si tenne in campo Santo Stefano, il 22 febbraio<br />

1802, l’ultima caccia dei tori di un carnevale<br />

veneziano. Era una sorta di corrida - ne avvenivano<br />

anche con gli orsi - che si teneva nel corso<br />

delle settimane finali, assieme alle più semplici<br />

“regatte” di carriole.<br />

MI VOGLIO BENE<br />

la storia dietro la maschera

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