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IL MAGAZINE PER SAPER SCEGLIERE ... - Alì Supermercati

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N.1 / 2012<br />

MVB <strong>MAGAZINE</strong> <strong>PER</strong>IODICO DI INFORMAZIONE A DISTRIBUZIONE GRATUITA development by<br />

MI VOGLIO BENE<br />

<strong>IL</strong> <strong>MAGAZINE</strong> <strong>PER</strong> SA<strong>PER</strong> <strong>SCEGLIERE</strong><br />

mvbmagazine.it<br />

Venezia: la storia dietro alla maschera<br />

L’arte in cucina: chef Marika Seguso<br />

Discipline per anima e corpo: tai chi<br />

Il tè: la bevanda nobile


Siamo una redazione<br />

Giorgia Pizzo<br />

di intolleranti!<br />

Siamo una redazione di intolleranti: alle rinunce,<br />

ai dubbi, ai pollini, al latte, al glutine, alle uova,<br />

al nickel e a tutto quello che può rendere più<br />

impegnativa la ricerca del benessere!<br />

Così ci siamo riuniti in un unico progetto, con il prezioso<br />

aiuto di medici, istruttori, associazioni, chef e altri intolleranti<br />

verso ciò che non ci fa star bene.<br />

Per questo è nato MVB magazine. Perché bisogna volersi<br />

bene, nella vita di tutti i giorni, nelle piccole e grandi scelte<br />

che si fanno per noi stessi e per le persone che amiamo, per<br />

l’ambiente che ci ospita, per gli amici che ci circondano!<br />

Dobbiamo conoscerci per capire di cosa potremmo aver bisogno per migliorare la nostra vita, la<br />

nostra salute e per prenderci cura di chi ci circonda. Il segreto sta nel ricordare che siamo tutti diversi, ognuno<br />

con le sue peculiarità ed esigenze e sta a noi cercare le soluzioni migliori per la nostra esistenza.<br />

“Mi Voglio Bene, vuol dire nutrire il corpo e la mente con informazioni, suggerimenti, alimenti e<br />

terapie che ci fortifichino e ci diano il necessario slancio per vivere la nostra vita all’insegna della<br />

libertà… di volerci bene!<br />

Poiché siamo convinti che la collaborazione e la condivisione diano i frutti migliori, apriamo il nostro<br />

Magazine alle idee, i suggerimenti, le ricette e le informazioni di chiunque di voi vorrà partecipare alla<br />

realizzazione di questo progetto!<br />

Aspettiamo di conoscervi e proseguire insieme questo cammino verso una vita più sana,<br />

cosciente e felice!<br />

www.mvbmagazine.it • info@mvbmagazine.it<br />

Editoriale<br />

MI VOGLIO BENE<br />

1


OMMARIO<br />

MI VOGLIO BENE<br />

1 Editoriale:<br />

Siamo una redazione di intolleranti<br />

4 Tai chi Chuan: energia respiro forza<br />

L’armonia della disciplina e le antiche concezioni cinesi<br />

8 A.I.C.: Che cos’è la celiachia?<br />

La parola all’Associazione Italiana Celiachia<br />

10 Il tè: la bevanda nobile<br />

Intervista al Prof. Livio Zanini, presidente<br />

dell’Associazione Italiana Cultura del Tè<br />

14 Cachi, Il Pane degli Dei!<br />

Storia e ricette del frutto di zucchero<br />

16 Venezia: La storia dietro alla maschera<br />

Un viaggio nella storia con Alberto Toso Fei<br />

21 Alí e Alíper:<br />

Libertà di mangiare<br />

25 S.O.S. Labbra<br />

Attenzioni e cure nella stagione fredda<br />

27 Reazioni avverse ai cibi:<br />

Allergie o intolleranze?<br />

30 L’Arte in cucina: Chef Marika Seguso<br />

Ricette speciali adatte anche a chi ha speciali esigenze<br />

36 Montagna: Coccole ad alta quota!<br />

La montagna come cura per lo spirito, la mente e il corpo<br />

40 MVB Consiglia


4<br />

10<br />

16<br />

8<br />

30 36<br />

Veneto<br />

14<br />

25<br />

MI VOGLIO BENE<br />

Periodico bimestrale<br />

testata in attesa di registrazione<br />

presso il Tribunale di Padova<br />

DIRETTORE RESPONSAB<strong>IL</strong>E<br />

Giorgia Pizzo<br />

DIRETTORE EDITORIALE<br />

Marta Fontana<br />

redazione@mvbmagazine.it<br />

EDITING E GRAFICA<br />

Puzzle Project srl<br />

GRAPHIC DESIGNER<br />

Remedios Favaretti<br />

grafica@mvbmagazine.it<br />

CONCESSIONARIA UNICA<br />

<strong>PER</strong> LA PUBBLICITÀ<br />

Puzzle Project srl<br />

Via Lombardia, 41<br />

35020 - Saonara (PD)<br />

t. 049 8754003<br />

www.puzzleproject.it<br />

FOTO<br />

Fotolia<br />

Tips Images/Photocuisine<br />

ALTRE FOTO<br />

AIC, Marika Seguso,<br />

Fabio Smolari<br />

EDITORE<br />

Il Prato Publishing House srl<br />

Via Lombardia, 41<br />

35020 - Saonara (PD)<br />

STAMPA<br />

Chinchio Industria Grafica spa<br />

35030 - Rubano (PD)<br />

HANNO COLLABORATO<br />

AIC Veneto, Marta Fontana,<br />

Giorgia Pizzo, Marika Seguso,<br />

Fabio Smolari, Alberto Toso Fei,<br />

Livio Zanini<br />

www.mvbmagazine.it<br />

info@mvbmagazine.it


Tai Chi Chuan<br />

energia<br />

respiro<br />

forza<br />

Il TAIJIQUAN, anche noto come TAICHI è, contemporaneamente, arte marziale<br />

ed esercizio per la salute ma anche disciplina per la coltivazione morale e<br />

caratteriale. Affinato nei secoli da generazioni di grandi maestri, è un metodo<br />

d’allenamento assolutamente originale basato sulle antiche concezioni cinesi di<br />

fisiologia energetica.<br />

I benefici<br />

Il blocco del flusso energetico è la principale causa<br />

scatenante delle malattie e il rimedio più efficace è<br />

quello di rimuoverlo.<br />

L’esercizio quotidiano del Tai Chi Chuan, grazie ai suoi<br />

movimenti fluidi e circolari, agisce beneficamente sul<br />

corpo e sullo spirito riattivando la corretta circolazione<br />

dell’energia.<br />

Se praticato correttamente crea un armonioso flusso di<br />

energia che porta a un elevato stato mentale capace di<br />

influenzare positivamente il nostro corpo.<br />

In particolare il Tai Chi Chuan è utile per:<br />

• SISTEMA IMMUNITARIO<br />

• SISTEMA DIGESTIVO<br />

• SISTEMA NERVOSO<br />

• LEGAMENTI ARTICOLARI E MUSCOLI<br />

• CIRCOLAZIONE SANGUIGNA<br />

4 Tai chi chuan<br />

MI VOGLIO BENE<br />

Col termine “arti marziali” si<br />

indica una famiglia di discipline<br />

estremorientali originariamente<br />

finalizzate al combattimento, a<br />

mani nude e con armi. Molte di<br />

queste hanno abbandonato nel<br />

dopoguerra il fine combattivo<br />

per divenire sport o esercizi<br />

ginnici. In altri casi invece hanno<br />

operato una sintesi tra le due<br />

vie, oppure si sono trasformate<br />

in forme di combattimento<br />

sportivo.


Intervista al Maestro Fabio Smolari<br />

Per conoscere meglio questa disciplina e capirne<br />

i principi, abbiamo rivolto alcune domande<br />

al Maestro Fabio Smolari, esperto nella<br />

divulgazione delle discipline psicofisiche cinesi in<br />

Italia e all’estero.<br />

Cosa si intende per Fisiologia<br />

energetica?<br />

Nella concezione cinese del corpo<br />

umano i processi vitali avvengono<br />

per mezzo di un’energia e delle sue<br />

trasformazioni. Una visione condivisa<br />

anche dalla scienza occidentale, che<br />

però ha sviluppato una spiegazione e<br />

un’indagine dei meccanismi biologici<br />

di tipo chimico, biochimico ed elettrico.<br />

L’analisi cinese non entra così nel<br />

dettaglio e la stessa “energia” (qi) non<br />

ha ancora una chiara identificazione<br />

materiale. Ciò nonostante guida da<br />

duemila anni i medici cinesi nella<br />

diagnosi e nella terapia. Queste<br />

conoscenze rendevano più avanzata<br />

la medicina orientale rispetto a quella<br />

occidentale, poiché avevano individuato<br />

i processi circolatori già nel II sec. a.c.,<br />

una scoperta che in Occidente avvenne<br />

solo nel Cinquecento.<br />

La ginnastica daoyin, ad esempio, si<br />

fonda sul presupposto che una corretta<br />

circolazione dell’energia all’interno<br />

del corpo venga stimolata anche da<br />

un’opportuna attività fisica. Un concetto<br />

molto moderno! Affinché un esercizio<br />

fisico sia efficace e adeguato a questo<br />

scopo, deve però armonizzarsi con i<br />

principi della “circolazione energetica”<br />

del corpo, la quale ha centri principali<br />

di raccolta (ad esempio il basso ventre)<br />

e diffusione (muscoli, ossa, vene e<br />

meridiani energetici).<br />

Il taijiquan, disciplina che unisce i<br />

principi del daoyin all’arte marziale, è<br />

l’esempio più chiaro di questa simbiosi,<br />

e proprio perché adatto anche alla<br />

coltivazione della salute psicofisica<br />

è giunto sino a noi ed è ancor oggi<br />

apprezzato.<br />

Laureato in Lingue e<br />

Letterature Orientali<br />

(cinese) all’Università<br />

di Venezia, diplomato<br />

in Daoyin all’ISEF<br />

di Pechino (1993),<br />

Sinologo, storico del<br />

wushu, pratica le arti<br />

marziali dall’età di 12<br />

anni. Cinque volte<br />

campione italiano di<br />

taijiquan, campione<br />

europeo nel 1996,<br />

6° piazzamento<br />

ai Campionati del<br />

Mondo (USA 1995).<br />

Collabora attivamente<br />

con riviste<br />

specialistiche ed<br />

enti, italiani ed esteri,<br />

a ricerche storiche<br />

e tecniche sulle<br />

discipline orientali,<br />

organizza seminari,<br />

conferenze e viaggi<br />

aventi per tema la<br />

cultura e le tecniche<br />

del corpo tradizionali<br />

cinesi.<br />

Tai chi chuan<br />

MI VOGLIO BENE<br />

5


6<br />

Quali sono i punti essenziali del TAICHI?<br />

Da un certo punto di vista il taijiquan è uguale a ogni altro<br />

tipo di esercizio fisico. Se entriamo nello specifico possiamo<br />

però citare i vantaggi che ne hanno determinato il grande<br />

successo in Oriente e oggi anche in Occidente. Innanzitutto<br />

è una disciplina a corpo libero che non necessita di alcuno<br />

strumento, vestiario o condizione ambientale. Può essere<br />

praticato in ogni stagione, all’interno o all’esterno e ha come<br />

unico costo la lezione.<br />

Ma questo è il meno. Il vero punto di forza del taiji è la sua<br />

duttilità come metodo di allenamento, può cioè adattarsi a<br />

diverse esigenze e non ha particolari controindicazioni. É un<br />

esercizio bilanciato, equilibrato, simmetrico che promuove<br />

forza, elasticità, coordinazione, concentrazione e migliora le<br />

facoltà respiratorie. Troppo bello per essere vero? Dov’è il<br />

trucco? Beh non può piacere a tutti, richiede molta calma<br />

e pazienza. Chi pensa sia un esercizio di rilassamento ne<br />

sarà deluso. In realtà è quasi il contrario, cioè è necessario<br />

dominare a sufficienza una tecnica non facile per arrivare ad<br />

essere rilassati, solo allora funzionerà anche come metodo<br />

di rilassamento.<br />

Cosa significa “usare l’intenzione e non la<br />

forza”?<br />

Questo è uno dei principi più dibattuti, incompresi e fonte di<br />

polemica. Nell’allenamento a singolo del taiji v’è una fase<br />

nella quale è necessario cercare con precisione estrema<br />

la posizione e il movimento corretto, corretto non in senso<br />

formale o estetico, ma nel senso della fisiologia energetica.<br />

Cioè muoversi nella miglior ergonomia usando correttamente<br />

le forze interne al corpo.<br />

Per far ciò è necessario eliminare le forze che contrastano<br />

quelle fisiologiche e ne divengono antagoniste.<br />

Esempio: se per scagliare un sasso lontano contraggo il<br />

braccio, il lancio risulterà corto e impreciso. Un lancio lontano<br />

avverrà solo usando i muscoli giusti al momento giusto e<br />

con l’opportuno grado di tensione, mentre gli antagonisti<br />

contemporaneamente si rilassano.<br />

Ecco dunque che è necessario, una volta raggiunta una<br />

posizione sufficientemente corretta, rilassare il più possibile<br />

tutte le parti inutili e far lavorare solo i muscoli necessari.<br />

Tutto ciò si spiega in maniera efficace dicendo “rilassarsi<br />

il più possibile” o “non usar forza” o meglio “non usare più<br />

forza oltre la minima necessaria a mantenere la posizione<br />

e il movimento”. In verità non è nemmeno proprio così, ma<br />

diciamo che questo concetto lo può comprendere anche il<br />

neofita.<br />

Insomma per capire esattamente cosa muovere e fino a<br />

dove, è necessario usare l’intenzione, non lo si può fare in<br />

modo brutale. I maestri dicono infatti: “non si usi forza goffa,<br />

forza rigida” .<br />

In cosa consistono le “sequenze” ed i relativi<br />

“movimenti”?<br />

Le sequenze sono una caratteristica peculiare di molte arti<br />

marziali cinesi. Si tratta di esercizi nei quali i movimenti<br />

sono costruiti in “sequenza”, collegati cioè gli uni agli altri<br />

secondo un preciso schema, un po’ come una coreografia<br />

di danza o un esercizio di ginnastica artistica. Ma i fini di<br />

queste sequenze non sono estetici, sono di allenamento. Una<br />

sequenza contiene e trasmette un bagaglio tecnico e anche un<br />

volume d’allenamento minimo. I movimenti all’interno delle<br />

Per sprigionare la forza è necessario restare calmi e rilassati,<br />

permettendo al centro di gravità di affondare verso il basso.<br />

MI VOGLIO BENE<br />

Tai chi chuan


sequenze sono “tecniche”, “mosse” che hanno in origine un<br />

significato marziale o comunque di esercizio fisico.<br />

Ci sono limiti d’età per praticare il Taichi ?<br />

No, e questo è un altro dei motivi del grande successo<br />

del taiji. Ma neanche per il jogging e il nuoto vi sono limiti<br />

d’età. L’età può però determinare scelte pedagogiche<br />

dell’insegnante. In verità non tanto l’età in sé, vi sono<br />

anziani più forti, resistenti, abili e capaci dei giovani, quanto<br />

Il Serpente Bianco<br />

piuttosto perché con “età” intendiamo in genere una fascia<br />

di pubblico piuttosto sedentario che si rivolge a un esercizio<br />

fisico blando principalmente per mantenere o recuperare<br />

parte della funzionalità perduta.<br />

Possiamo paragonare allora il taiji alla bicicletta: c’è chi fa<br />

cross in mountain bike, chi fa velocità alle olimpiadi, chi<br />

fa il giro d’Italia, chi corre con gli amici la domenica, chi la<br />

spolvera con la bella stagione per fare un giretto attorno alla<br />

città. É sempre bicicletta ma è usata in modo molto diverso.<br />

Anche il taiji può essere usato in tutti questi diversi modi e<br />

risultare adatto a esigenze ed età diverse.<br />

Fondata da Fabio Smolari ormai vent’anni fa, l’Associazione Culturale Serpente Bianco è impegnata nello studio e<br />

nella diffusione delle arti marziali cinesi (soprattutto Taijiquan) e del Daoyin. Il Serpente Bianco non è solo attività fisica<br />

ma anche lingua e cultura, viaggi e turismo, conferenze e dibattiti, mostre, degustazioni guidate. La rete di contatti e<br />

collaborazioni dell’associazione con numerose realtà nazionali ed estere, la rende una fucina di offerte d’alto livello e<br />

una preziosa finestra per la conoscenza del mondo orientale. www.serpentebianco.org<br />

Tai chi chuan<br />

MI VOGLIO BENE<br />

7


?<br />

8<br />

Veneto<br />

Che cos’è<br />

la celiachia<br />

La celiachia è una patologia autoimmune che comporta una intolleranza<br />

permanente al glutine e colpisce 1 individuo su 100.<br />

L’introduzione di alimenti contenenti glutine determina, infatti,<br />

nelle persone predisposte geneticamente, una risposta immunitaria<br />

abnorme a livello dell’intestino tenue, con conseguente infiammazione<br />

e scomparsa dei villi intestinali: il cattivo assorbimento<br />

dei nutrienti ne è la logica conseguenza. La dieta priva di glutine<br />

resta al momento l’unica terapia possibile per la celiachia, poiché<br />

consente la completa normalizzazione della mucosa intestinale,<br />

con “ricrescita” dei villi ad altezza normale e scomparsa dei sintomi<br />

eventualmente presenti. Importanti e qualche volta irreversibili<br />

le malattie determinate da una diagnosi tardiva: osteoporosi,<br />

infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, epilessia con<br />

calcificazioni cerebrali e il temutissimo linfoma intestinale. Non<br />

sempre la celiachia si presenta in modo palese. Infatti le sue forme<br />

cliniche possono essere molteplici. La forma tipica ha come<br />

sintomatologia arresto di crescita (nel bambino), vomito, diarrea e<br />

perdita di peso, quella atipica si presenta tardivamente con sintomi<br />

prevalentemente extraintestinali (ad es. anemia), quella silente<br />

ha come peculiarità l’assenza di sintomi eclatanti e quella potenziale<br />

(o latente) si evidenzia con esami sierologici positivi, ma con<br />

biopsia intestinale normale.<br />

Che Cos’è il glutine<br />

Il glutine è un complesso proteico presente in alcuni cereali<br />

(frumento, orzo, segale, farro, kamut, spelta, triticale, avena) e<br />

nei prodotti alimentari derivati, rendendoli tossici ai celiaci<br />

che ad esso sono intolleranti. Gli alimenti non consentiti, se<br />

preparati con cereali tossici, sono: farina, amido, semolino, pasta<br />

(fresca, secca, con o senza ripieno), prodotti da forno dolci e salati<br />

(pane, grissini, crackers, fette biscottate, pan carrè, focacce,<br />

MI VOGLIO BENE<br />

AIC<br />

Veneto<br />

www.celiachia.it<br />

pizza, biscotti, torte, ecc.) e ancora crusca, malto d’orzo, müesli e<br />

fiocchi di miscele di cereali. Tra i cereali e i vegetali privi di glutine<br />

invece ci sono: amaranto, castagne, grano saraceno, legumi<br />

(fagioli, lenticchie, piselli, ecc.), mais, miglio, patate, quinoa, riso e<br />

riso glutinoso, sesamo, soia e sorgo.<br />

La contaminazione dei prodotti naturalmente privi di glutine.<br />

Per produrre prodotti idonei al consumo dei celiaci, le aziende devono<br />

applicare un corretto piano di controllo delle materie prime<br />

e del prodotto finito, e monitorare costantemente il processo produttivo,<br />

gli ambienti di lavoro, le attrezzature, gli impianti e gli operatori.<br />

Possono verificarsi, infatti, fenomeni di contaminazione per<br />

cui da un ingrediente naturalmente privo di glutine si può ottenere<br />

un prodotto finito contaminato (amidi, farine, fecole, ecc.). L’attuale<br />

normativa sull’etichettatura degli alimenti impone l’obbligo di riportare<br />

la presenza di glutine qualora sia aggiunto volontariamente<br />

nel prodotto finito, ma non obbliga a indicare la potenziale presenza<br />

in tracce dovuta a contaminazione accidentale. Per questo<br />

motivo AIC consiglia di consumare solo prodotti del Prontuario<br />

degli Alimenti, il cui consumo è reso sicuro dalle verifiche a cui<br />

sono sottoposti. Per i prodotti sostitutivi dietetici invece (pane senza<br />

glutine, la pasta senza glutine, ecc...) il Ministero della Salute ha<br />

istituito un apposito Registro Nazionale.


veneto@celiachia.it - www.aicveneto.it<br />

nel bambino<br />

Nel bambino l’intolleranza si manifesta<br />

solitamente a distanza di circa qualche<br />

mese dall’introduzione del glutine nella<br />

dieta, con un quadro clinico caratterizzato<br />

da diarrea, vomito, anoressia, irritabilità,<br />

arresto della crescita o calo ponderale.<br />

Nelle forme che esordiscono tardivamente<br />

dopo il 2°-3° anno di vita la sintomatologia<br />

gastroenterica è per lo più sfumata<br />

e in genere prevalgono altri sintomi, quali<br />

deficit dell’accrescimento staturale e/o<br />

ponderale, ritardo dello sviluppo puberale,<br />

dolori addominali ricorrenti e anemia sideropenica<br />

che non risponde alla somministrazione<br />

del ferro per via orale. Alcuni<br />

esami di laboratorio possono rafforzare il<br />

sospetto diagnostico di celiachia, ma solo<br />

la documentazione di anomalie (atrofia<br />

parziale o totale dei villi) della mucosa<br />

enterica, prelevata mediante una biopsia,<br />

può consentire la diagnosi. Una volta formulata<br />

la diagnosi, la dieta senza glutine<br />

deve essere condotta con molto rigore,<br />

perché l’assunzione, anche in piccole<br />

quantità, può mantenere le lesioni della<br />

mucosa.<br />

nell’adulto<br />

La celiachia può colpire a qualsiasi età<br />

ma spesso per gli adulti non viene presa<br />

in considerazione. L’intolleranza, invece,<br />

può comparire dopo un evento stressante<br />

(gravidanza, intervento chirurgico o<br />

infezione intestinale). Le manifestazioni<br />

cliniche sono varie: alcuni soggetti presentano<br />

un quadro classico di malassorbimento<br />

con diarrea, perdita di peso e<br />

carenze nutritive multiple; altri riferiscono<br />

uno o più sintomi cronici spesso estranei<br />

all’apparato digerente. Sono comuni<br />

disturbi quali crampi, debolezza muscolare,<br />

formicolii, emorragie, gonfiore alle<br />

caviglie, dolori ossei, facilità alle fratture,<br />

alterazioni cutanee, afte, disturbi psichici.<br />

Molto frequente è l’anemia da carenza di<br />

ferro. Esistono anche soggetti che non<br />

lamentano sintomi o nei quali i disturbi<br />

sono talmente modesti da non richiedere<br />

l’intervento del medico; vengono diagnosticati<br />

solo perché nell’ambito familiare<br />

c’è una persona affetta da celiachia. Non<br />

raramente alla celiachia sono associate<br />

malattie quali diabete, artrite reumatoide,<br />

epatite cronica attiva, alterazioni della<br />

tiroide e dermatite erpetiforme. Anche<br />

nell’adulto la diagnosi si basa sulla biopsia<br />

intestinale.<br />

in società<br />

Rispettare una dieta rigorosamente priva<br />

di glutine non è una cosa drammatica,<br />

ma certamente pone una serie di ostacoli<br />

pratici con i quali i celiaci e le loro famiglie<br />

devono fare i conti ogni giorno, causando<br />

disagio alla vita quotidiana. Il veto agli alimenti<br />

comuni comporta una educazione<br />

alimentare ed una consapevolezza a cui<br />

molte persone non sono abituate.<br />

Se l’ampia scelta di prodotti oggi proposti<br />

dall’industria alimentare permette di<br />

seguire a casa una dieta sicura e varia,<br />

l’inserimento nelle comunità è tuttora<br />

problematico. Per i bambini nelle refezioni<br />

scolastiche e gli adulti nelle mense aziendali<br />

non è sempre stato facile alimentarsi:<br />

la “concessione” della dieta priva di glutine<br />

dipendeva largamente dalla sensibilità<br />

dei responsabili dei servizi di ristorazione<br />

collettiva. Oggi che, grazie all’intervento<br />

della L.123/05, il pasto senza glutine<br />

nelle mense pubbliche (scuole, ospedali<br />

e altre strutture pubbliche) è un diritto<br />

del celiaco, resta ancora il disagio del<br />

trasferimento per studio, lavoro, turismo<br />

e la difficoltà di incontrare operatori della<br />

ristorazione consapevoli delle regole della<br />

dieta senza glutine.<br />

AIC<br />

MI VOGLIO BENE<br />

9


10<br />

9<br />

La bevanda<br />

Espressione di una cultura evoluta<br />

e complessa, da millenni ormai, il<br />

tè e gli infusi accompagnano la<br />

vita dell’uomo in molti momenti<br />

della giornata, nei vari angoli del mondo.<br />

Rito ammantato di sacralità in Giappone. Fedele<br />

compagno nei nostri uffici, in tazze sempre<br />

più grandi. Tradizionale momento d’incontro<br />

familiare nelle case inglesi, arricchito da latte<br />

e zucchero. Indispensabile alleato, nelle diete<br />

più svariate, per le sue mille proprietà benefiche.<br />

Così importante da essere, dopo l’acqua,<br />

la bevanda più diffusa al mondo. Ma da dove<br />

arriva questo infuso, una volta sconosciuto ed<br />

esotico e oggi così comune da averne perduto<br />

le tracce nella memoria? Tante sono le leggende<br />

a riguardo ma le vere origini rimangono<br />

avvolte dal mistero. La storia ufficiale data il<br />

diffondersi del tè in Cina, ai primi secoli della<br />

nostra era. In precedenza le foglie della pianta<br />

erano raccolte e ridotte in poltiglia, fino a<br />

formare degli impiastri da applicare sulle parti<br />

doloranti per alleviare i dolori reumatici.<br />

Ogni dinastia,<br />

una tradizione!<br />

Nel VII sec. d.C., sotto la dinastia Tang, il tè<br />

divenne la bevanda nazionale cinese. Le foglie<br />

della pianta venivano cotte a vapore e poi<br />

pressate ed essiccate, formando dei panetti<br />

duri e facili da trasportare. Per poterlo consumare<br />

si staccava la quantità necessaria da<br />

questo blocco, per poi frantumarla nel mortaio<br />

e bollirla in acqua con altri ingredienti come<br />

sale, zenzero, buccia d’arancia e latte; qualche<br />

volta addirittura cipolle. Ancora oggi in Tibet,<br />

Mongolia e India il tè viene preparato quasi<br />

MI VOGLIO BENE<br />

Nobile<br />

la bevanda nobile<br />

allo stesso modo. Già nell’VIII secolo però, gran<br />

parte degli ingredienti erano scomparsi e il tè<br />

era ormai una bevanda alla moda, molto diffusa<br />

tra i dignitari di corte. Fu in questo periodo<br />

che venne scritta la prima opera “scientifica”<br />

sul tè: il Canone del Tè o Cha Ching, del poeta<br />

Lu Yu. Questo testo, divenuto famoso in breve<br />

tempo, descrive la pianta del tè da un punto di<br />

vista naturale, la scelta di foglie da effettuare<br />

durante la raccolta, la preparazione dell’infuso<br />

del tè e, infine, tutta la cerimonia che accompagna<br />

la preparazione e la degustazione della<br />

preziosa bevanda.<br />

Dal X secolo, sotto la dinastia Song, il tè conobbe<br />

la massima popolarità giocando un<br />

ruolo preponderante nella civiltà cinese. Costituiva<br />

parte del tesoro imperiale, era monopolio<br />

di Stato ed era usato come moneta di scambio.<br />

É di questo periodo la nascita di un nuovo<br />

modo di preparare e bere la preziosa bevanda.<br />

I pezzetti di pane di tè, venivano ora pestati<br />

fino a ridurli in polvere finissima che, messa<br />

poi in una ciotola con l’aggiunta di acqua calda,<br />

era sbattuta con un frustino di bambù fino<br />

a farla schiumare. Il tutto accompagnato da<br />

un rituale molto preciso che oggi sopravvive<br />

solo in Giappone nella Cerimonia del tè (Cha<br />

no yu).<br />

L’invasione mongola e l’avvento della dinastia<br />

Ming, nel XIII secolo, fecero scomparire completamente<br />

anche il ricordo di questa tecnica.<br />

Fu in quell’epoca, inoltre, che si passò dalla<br />

conservazione in pani a quella in foglie che<br />

vennero da allora cotte in padelle, essiccate e<br />

poi lasciate pochi minuti in infusione in acqua<br />

non bollente, seguendo il metodo che ancora<br />

oggi utilizziamo.<br />

Le leggende occidentali attribuiscono<br />

il merito della scoperta del tè a un<br />

remotissimo imperatore cinese, Shen<br />

Nong, celebre per la sua profonda<br />

conoscenza di erbe e piante medicinali.<br />

Questi, che amava molto viaggiare,<br />

durante le sue peregrinazioni era solito<br />

ristorarsi con acqua posta a riscaldare<br />

sul fuoco. Un giorno, nel 2737 a.C., si<br />

sarebbe seduto a riposare all’ombra<br />

di un albero di tè selvatico e alcune<br />

foglie staccatesi dalla pianta, sarebbero<br />

cadute nel recipiente dove l’acqua<br />

bolliva rendendo, all’istante, il liquido di<br />

colore giallo oro e diffondendo intorno<br />

una dolce fragranza. L’imperatore,<br />

incuriosito, avrebbe bevuto l’infuso<br />

dichiarando poi che dava vigore al corpo,<br />

felicità alla mente e determinazione<br />

negli scopi. Nacque così l’uso del tè.<br />

Secondo la tradizione cinese Shen<br />

Nong avrebbe usato il tè come antidoto<br />

contro le numerose piante velenose che<br />

ingeriva per scoprire e classificare le<br />

proprietà delle erbe medicinali.


Il Té e l’Europa<br />

Gli europei non conobbero l’esistenza del tè<br />

che assai più tardi. I primi furono i Portoghesi,<br />

che nel XVI secolo esplorarono il Giappone<br />

ma la prima importazione in Europa, avvenne<br />

solo nel 1610, ad opera della Compagnia<br />

Olandese delle Indie Orientali. Nei Paesi Bassi<br />

il tè si impose con relativa rapidità grazie<br />

alla calorosa collaborazione dei medici che<br />

continuavano a cantarne le lodi. Ben presto<br />

anche in Francia e Inghilterra arrivarono<br />

i primi carichi di tè e, quando gli stessi<br />

europei ne ebbero apprezzato l’importanza<br />

economica, introdussero la sua coltivazione<br />

nelle loro colonie. Nell’Ottocento la pianta<br />

si diffuse anche nella Russia caucasica,<br />

a Ceylon (oggi Sri Lanka) e in India, a quel<br />

tempo ancora sotto la dominazione inglese.<br />

Agli inizi del Novecento, anche Turchia, Iran<br />

e altri paesi medio orientali intrapresero la<br />

coltivazione del tè.<br />

Intervista al Prof. Livio Zanini, presidente<br />

dell’Associazione Italiana Cultura del Tè<br />

e docente presso l’univesità Cà Foscari<br />

Il tè Matcha e l’Arte del Tè giapponese.<br />

Come si svolge la Cerimonia del Tè<br />

e come mai questa tradizione si è<br />

conservata solo in Giappone assumendo<br />

un carattere quasi sacro?<br />

Il termine matcha (maccha) è una parola<br />

giapponese che indica un tè verde<br />

stabilizzato a vapore e polverizzato.<br />

Per preparare la bevanda si mescolano<br />

alcuni grammi di polvere di tè con l’acqua<br />

calda dentro a una tazza, usando uno<br />

speciale frullino in bambù. Questo tipo<br />

di preparazione era diffusa in Cina fino<br />

all’inizio della dinastia Ming (1368-1644)<br />

poi è scomparsa lasciando il posto al tè in<br />

foglie intere preparato nella teiera. L’uso del<br />

tè in polvere è stato importato in Giappone<br />

nel XII secolo dal monaco buddhista Eisai. In<br />

Giappone si è evoluto all’interno di un tipo di<br />

preparazione codificata, nata nei monasteri<br />

buddhisti e diffusasi tra l’élite dei guerrieri.<br />

Alla fine del XVI secolo il famoso maestro<br />

Sen Rikyu ha perfezionato tale arte, i cui<br />

movimenti e principi vengono tramandati in<br />

modo preciso e rigoroso delle varie scuole<br />

di arte del tè fondate dai suoi<br />

la bevanda nobile<br />

MI VOGLIO BENE<br />

11


12<br />

eredi e discepoli. Il cha no yu, l’arte del<br />

tè giapponese (chiamata impropriamente<br />

“cerimonia”) si fonda sulla ricerca estetica<br />

di tutti gli aspetti dell’evento “tè”, a partire<br />

dallo spazio dove esso si svolge, fino al<br />

cibo di accompagnamento. In virtù della<br />

totale concentrazione richiesta nella<br />

preparazione della bevanda – come altre<br />

arti giapponesi – il cha no yu ha assunto<br />

le caratteristiche di esercizio spirituale. I<br />

principi estetici dell’arte del tè giapponese,<br />

hanno valicato i confini della preparazione<br />

e degustazione della bevanda, influenzando<br />

molteplici aspetti della vita materiale e<br />

spirituale del Giappone e occupando una<br />

posizione centrale nell’identità culturale di<br />

tale paese.<br />

La pianta del tè è una e appartiene alla<br />

famiglia delle Camelie; è quindi solo la<br />

MI VOGLIO BENE<br />

la bevanda nobile<br />

红茶<br />

foglie e il suo uso storicamente precede il cinese hongcha, verosimilmente riferito al colore<br />

té nero<br />

Tè fatto ossidare completamente dopo la raccolta. In inglese black tea, chiamato in cinese<br />

hongcha 红茶 (tè rosso; in giapponese kōcha). Il termine inglese si riferisce al colore delle<br />

dell’infuso. L’equivalenza tra i due termini è attestata dai maggiori dizionari sul tè e dalle<br />

tabelle doganali cinesi. Il tè nero viene anche definito tè “completamente fermentato”, in<br />

cinese quan fajiao cha 全发酵茶 ed è prodotto molto in India e nei paesi africani per accontentare<br />

il gusto occidentale che richiede tè forti e ricchi di teina, capaci di sostituire egregiamente il caffè.<br />

té bianco<br />

白茶<br />

Tè fatto appassire all’aria dopo la raccolta. In inglese white tea, dal cinese baicha 白茶 (tè<br />

bianco). Prodotti solo in alcune aree della Cina con cultivar particolari e, da alcuni anni, anche<br />

in altri paesi. Il nome è attribuibile al colore argenteo delle pubescenze sulle gemme di alcuni<br />

di questi tè. L’appartenenza a tale tipologia è determinata dal modo di lavorazione e non dal<br />

tipo di materia prima. Il tè bianco è leggermente (parzialmente) ossidato ed è uno dei tè cinesi<br />

più preziosi e ricercati. Viene prodotto in quantità minime e solo una parte raggiunge l’Europa,<br />

ecco perché ha spesso prezzi proibitivi.<br />

绿茶<br />

杀青) è il processo termico che inibisce gli enzimi responsabili dell’ossidazione e permette alle<br />

té verde<br />

Tè stabilizzato dopo la raccolta senza essere sottoposto a ossidazione. In inglese green tea, identico<br />

al termine cinese lücha 绿茶 (tè verde). La stabilizzazione (in inglese fixation, in cinese shaqing<br />

foglie di mantenere il loro colore verde. Può essere eseguita con calore secco (tostatura) come nel<br />

caso dei tè verdi cinesi, oppure calore umido (vaporizzatura) come nel caso dei tè verdi prodotti in<br />

Giappone e in diversi altri paesi. Il tè verde viene anche definito tè “non fermentato”, in cinese bu<br />

fajiao cha 不发酵茶 ed è proprio perché le foglie non vengono sottoposte a tale procedimento che<br />

conservano il loro colore verde, producendo un infuso chiaro e profumato.<br />

lavorazione a creare le differenze? Da<br />

dove arrivano i ceppi originali? Quali<br />

sono stati i criteri di scelta nel tempo<br />

per cui alcuni tipi di tè sono rimasti<br />

mentre altri sono stati scartati e quindi<br />

perduti?<br />

La Camellia sinensis, (L.) O. Kuntze, ovvero la<br />

pianta del tè, è originaria dell’area tropicale<br />

e subtropicale che comprende la Cina sud<br />

occidentale e le zone limitrofe, come molte<br />

altre specie del genere Camellia. Nel corso<br />

del tempo si è estesa a tutta la Cina<br />

meridionale. Come per tutte le specie<br />

vegetali, esistono numerose varietà di<br />

Camellia sinensis con caratteristiche<br />

proprie, che si sono diffuse in determinate<br />

aree in base alle specifiche condizioni<br />

pedoclimatiche. In Cina vi sono alcune<br />

varietà a diffusione nazionale e numerose<br />

varietà autoctone. Come per tutte le piante


ad uso alimentare, la ricerca ha cercato<br />

di selezionare cultivar con determinate<br />

caratteristiche qualitative unite a una<br />

buona produttività e resistenza. Negli<br />

ultimi decenni la crescita del mercato<br />

interno cinese ha portato a una riscoperta<br />

delle varietà minori. Detto questo però, il<br />

fattore più importante che determina le<br />

caratteristiche delle diverse tipologie di tè<br />

in commercio è la lavorazione. Le foglie<br />

della stessa pianta possono dare prodotti<br />

completamente diversi in base al modo in<br />

cui vengono trattate.<br />

Popolazioni assai diverse e distanti,<br />

come Giappone e Inghilterra, legano le<br />

loro tradizioni al tè. Se in Giappone è un<br />

rito, quale storia particolate lega invece<br />

l’Inghilterra al tè?<br />

Il tè è arrivato in Inghilterra piuttosto tardi<br />

rispetto ai paesi dell’Europa continentale.<br />

La prima locandina che ne pubblicizzava<br />

le virtù e la vendita risale al 1660. A<br />

differenza del Giappone, dove si coltiva il<br />

tè, per i paesi europei il tè è sempre stato<br />

un prodotto esotico d’importazione, così<br />

come il caffè. All’origine del successo<br />

del tè in Inghilterra vi è un inestricabile<br />

insieme di fattori che comprendono gli<br />

interessi commerciali della Compagnia<br />

delle Indie (l’unico importatore autorizzato),<br />

lo scarso coinvolgimento degli inglesi nella<br />

coltivazione del caffè nelle loro colonie e<br />

l’enorme disponibilità di tè di contrabbando<br />

che giungeva sulle isole britanniche. Le<br />

modalità di consumo tipicamente inglesi,<br />

con l’aggiunta di latte e zucchero, sono le<br />

stesse consigliate da gran parte dei vari<br />

trattati di medicina europei del XVII secolo.<br />

Arrivati al XIX secolo in Gran Bretagna il<br />

tè aveva perso l’originaria immagine di<br />

bevanda straniera ed esotica bevuta nei<br />

locali pubblici. Il suo consumo era diffuso<br />

tra tutte le fasce sociali e si era colorato<br />

con le calde note della tipica vita domestica<br />

inglese, divenendo un elemento distintivo<br />

e irrinunciabile dell’identità culturale<br />

britannica.<br />

L’Associazione Italiana Cultura de Tè.<br />

Perché è nata, cosa si propone e quali<br />

sono le sue attività principali?<br />

L’associazione era nata come un gruppo di<br />

ricerca, con l’obiettivo di unire le persone<br />

che si occupano di studi sulla cultura del<br />

tè, come una qualsiasi associazione di tipo<br />

accademico. C’è voluto poco tempo per<br />

capire che le persone che in Italia svolgono<br />

ricerca su questi argomenti si contano sulle<br />

dita di una mano. Nel contempo ci siamo<br />

resi conto che c’era una crescita di interesse<br />

per il tè nel nostro paese, a fronte della<br />

quale le uniche fonti d’informazione sulla<br />

bevanda disponibili erano rappresentate dai<br />

commercianti, spesso con una conoscenza<br />

limitata della materia e assai poco propensi<br />

a far conoscere qualsiasi cosa andasse<br />

oltre la lista dei propri prodotti, e da pochi<br />

libri, con poche eccezioni scritti da “esperti”<br />

improvvisati. Dal 2006 abbiamo iniziato<br />

a svolgere attività didattica organizzando<br />

corsi e seminari. Oggi la maggior parte<br />

dei nostri soci è costituita da professionisti<br />

del settore e appassionati della bevanda<br />

che prendono parte ai corsi e alle altre<br />

attività dell’associazione. Oltre a questo<br />

cerchiamo di svolgere attività divulgative<br />

con manifestazioni ed eventi pubblici.<br />

Associazione Italiana<br />

Cultura del Tè<br />

www.aictea.it<br />

Livio Zanini,<br />

Presidente in carica. Professore<br />

a contratto di Interpretazione<br />

dal Cinese dell’Università Ca’<br />

Foscari di Venezia, cofondatore<br />

dell’Associazione, consigliere<br />

onorario del China International<br />

Tea Culture Institute. Ha svolto<br />

studi e numerosi viaggi di<br />

ricerca per approfondire sia gli<br />

aspetti storici della bevanda, sia<br />

quelli legati alla sua produzione,<br />

preparazione e degustazione,<br />

con la visita a numerose aree di<br />

produzione in Cina, in Giappone<br />

e in Corea. Da anni impegnato<br />

nella diffusione della cultura del<br />

tè nel nostro paese, ha curato<br />

la realizzazioni di numerosi<br />

eventi legati ad esso. Autore<br />

di diversi articoli sulla storia e<br />

sulla tradizione della bevanda<br />

ha appena dato alle stampe<br />

il suo primo libro, “La via del<br />

tè: la Compagnia Inglese delle<br />

Indie Orientali e la Cina”, che<br />

uscirà nei prossimi mesi, edito<br />

da Il Portolano.<br />

la bevanda nobile<br />

MI VOGLIO BENE<br />

13


14<br />

Il cachi, abbreviazione del nome<br />

giapponese “Kaki no ki”, noto<br />

anche come “mela d’oriente” o<br />

“loto”, è un’antica pianta di origine<br />

cinese, particolarmente estesasi poi in<br />

Giappone. La dolcezza e la ricchezza di<br />

questo frutto furono così apprezzate nel<br />

mondo, da essere chiamato Diospyros,<br />

cioè “Pane degli Dei”.<br />

I popoli asiatici lo considerano l’albero<br />

dalle sette virtù:<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

la lunga vita<br />

la grande ombra<br />

la mancanza di nidi tra i rami<br />

l’assenza di tarli nel legno<br />

la possibilità di giocare con le<br />

foglie indurite dal gelo<br />

il bel fuoco ricavato dalle sue<br />

spesse foglie secche<br />

l’ottimo concime che si ottiene<br />

dalle foglie cadute<br />

In Europa arrivò nel 1700,<br />

prevalentemente come pianta<br />

ornamentale, ma la sua coltura si<br />

diffuse presto grazie alla bontà e alle<br />

qualità del suo frutto.<br />

Il cachi infatti, chiamato così sia al<br />

singolare che al plurale, è ricco oltre<br />

che di zuccheri di beta-carotene<br />

che dona la brillantezza al suo color<br />

MI VOGLIO BENE<br />

“CACHI,<br />

<strong>IL</strong> PANE DEGLI<br />

DEI!”<br />

Cachi, il pane degli Dei!<br />

arancio. Il betacarotene è un potente<br />

antiossidante utile per la prevenzione<br />

delle malattie cardiovascolari e il<br />

rafforzamento del sistema immunitario.<br />

É, inoltre, un precursore della vitamina<br />

A, necessaria per la protezione di pelle,<br />

unghie e capelli. Queste sue virtù,<br />

lo rendono largamente adoperato in<br />

cosmetica, per la preparazione di<br />

maschere nutrienti e rassodanti.<br />

Il cachi, ricco di potassio, calcio,<br />

fosforo e fibre ha proprietà diuretiche<br />

e lassative, utili alle funzionalità<br />

intestinali e indicate in caso di stipsi<br />

oltre ad essere un ottimo alleato contro<br />

la ritenzione idrica.<br />

La ricchezza di zuccheri e sostanze<br />

contenute nella polpa del frutto, lo<br />

rendono poi un ottimo rimedio per<br />

combattere le sindromi da stanchezza,<br />

nonché un valido ricostituente nei casi<br />

di debilitazione e convalescenza.<br />

I cachi devono esser consumati<br />

a maturazione completa per<br />

evitare l’effetto astringente dovuto alla<br />

presenza di tannini, astringenti naturali,<br />

il cui sapore “lega”il palato. Durante la<br />

maturazione infatti, i tannini vengono<br />

sostituiti da zuccheri conferendo così,<br />

al cachi, il suo sapore dolce e delicato<br />

e rendendone la polpa morbida e<br />

cremosa.<br />

Un’ottima maschera,<br />

facile e veloce, si può<br />

preparare semplicemente<br />

schiacciando la polpa<br />

matura del cachi e<br />

spalmandola sul viso.<br />

Al risciacquo con<br />

acqua tiepida dopo 15-<br />

20 minuti, avremo la<br />

pelle del viso nutrita e<br />

luminosa!<br />

Il cachi mela<br />

Oltre al cachi comune, esiste anche il<br />

cachi “mela” e “vaniglia”. La polpa è<br />

leggermente meno dolce, più soda e<br />

croccante e il frutto può essere sbucciato<br />

e tagliato come una mela.


SENZA GLUTINE SENZA UOVA<br />

Dessert cremoso<br />

con salsa di cachi<br />

INGREDIENTI<br />

(per 4 persone):<br />

• 4 cachi<br />

• 200 g ricotta<br />

• 3 cucchiai di panna da montare<br />

• 1 cucchiaio di succo d’acero<br />

• cioccolato fondente a scaglie<br />

• foglioline di menta per guarnizione<br />

• liquore per guarnizione (a piacere)<br />

PREPARAZIONE:<br />

1. Svuotate i cachi con un cucchiaio eliminando completamente la<br />

buccia e le parti bianche e mettete da parte la polpa.<br />

2. Montate la panna poi incorporatela gentilmente alla ricotta fino<br />

a ottenere una crema. Aggiungete quindi metà della polpa di cachi<br />

frullata e il succo d’acero.<br />

3. Versate la crema in 4 coppette, o bicchieri, cospargete con le<br />

scagliette di cioccolato fondente e ricoprite il tutto con la restante<br />

polpa di cachi.<br />

4. Lasciate raffreddare le coppette in frigo per almeno 3 ore e, prima<br />

di servire, guarnitele con le foglioline di menta e qualche goccia di<br />

liquore.<br />

I CONSIGLI DELLO CHEF:<br />

Le scagliette di cioccolato posso essere sostituite con amaretti sbriciolati.<br />

Valori nutrizionali<br />

100 gr di cachi<br />

• 65-70 kcal<br />

• acqua 80%<br />

• zuccheri 16-18%<br />

Per favorire la<br />

maturazione dei cachi<br />

bisogna disporli su un<br />

cartone, o in una cassetta,<br />

in un luogo caldo e<br />

asciutto, distanziati<br />

tra di loro e intervallati<br />

da delle mele. Le<br />

mele, infatti, liberano<br />

acetilene ed etilene, due<br />

gas che favoriscono la<br />

maturazione dei cachi,<br />

arricchendoli di zuccheri.<br />

Cachi, il pane degli Dei!<br />

MI VOGLIO BENE<br />

15


Alberto Toso Fei<br />

La Storia<br />

dietro la Maschera<br />

Per molti secoli, nel mondo, la parola<br />

“Carnevale” è stata quasi un sinonimo<br />

di “Venezia”, tanta era la corrispondenza<br />

tra la teatralità e la festosità del periodo<br />

che precede la Quaresima e la vita della<br />

città lagunare.<br />

A Venezia ci si poteva mascherare da<br />

ottobre fino a martedì grasso, anche se<br />

il culmine dei festeggiamenti iniziava<br />

a Santo Stefano, giorno nel quale<br />

terminava la “tregua” Natalizia e, con il<br />

“Liston delle Maschere”, ci si avviava<br />

alle lunghe settimane finali.


18<br />

La maschera ha sempre assunto un significato rituale: era<br />

lo spogliarsi della propria identità pubblica per seguire con<br />

più libertà i propri istinti, in uno strano miscuglio di verità e<br />

illusione. Una sorta di abito magico che donava un potere<br />

nuovo e insperato a chiunque l’indossasse. Chiunque si<br />

mascherasse aveva l’impressione di non avere più vincoli e<br />

legami con la sua vita di sempre.<br />

Storie e storielle<br />

Celebri sono rimasti a Venezia i carnevali molto allegri di<br />

Elena Priuli, moglie del potente procuratore Federico Venier,<br />

che appostata alla verandina del suo “casinetto” situato sul<br />

ponte dei Bareteri, in piena Merceria, osservava da quel<br />

punto privilegiato lo sfilare delle maschere. Appena notata<br />

una “preda” appetibile, la nobildonna infilava larva e tricorno,<br />

e nascosta dalla sua bautta (la tipica maschera veneziana<br />

conosciuta anche come “volto bianco”) scendeva a sedurre<br />

il prescelto, invitandolo di sopra e trascinandolo nella sua<br />

alcova al suono dei violini di alcuni musicisti nascosti in una<br />

stanzetta attigua da cui la melodia si diffondeva.<br />

La Priuli non temeva certo d’essere sorpresa da qualche visita<br />

improvvisa: stando davanti alla porta d’entrata, da un foro<br />

ancora esistente sul pavimento del salone, semplicemente<br />

sollevando una piastrella, si poteva facilmente riconoscere<br />

il molesto importuno. Secondo la leggenda il Casino Venier<br />

aveva un’uscita segreta proprio sotto il ponte.<br />

Non sempre però l’uso della Bautta garantì dei vantaggi,<br />

come emerge da un episodio del 1548 in cui, dopo aver<br />

partecipato a giostre e tornei in campo Santo Stefano, il<br />

Duca di Ferrandina si recò a Murano per una festa. Celato<br />

dietro la sua maschera, fece un invito troppo galante a una<br />

gentildonna locale, scatenando le ire di due nobili veneziani,<br />

tra cui Marco Giustinian. Ne nacque una rissa in cui il<br />

Giustinian ferì mortalmente alla testa il Duca, e quest’ultimo,<br />

per errore, sferrò una letale stoccata al proprio amico Fantino<br />

Diedo: morirono entrambi pochi giorni dopo.<br />

Si tenne in campo Santo Stefano, il 22 febbraio<br />

1802, l’ultima caccia dei tori di un carnevale<br />

veneziano. Era una sorta di corrida - ne avvenivano<br />

anche con gli orsi - che si teneva nel corso<br />

delle settimane finali, assieme alle più semplici<br />

“regatte” di carriole.<br />

MI VOGLIO BENE<br />

la storia dietro la maschera


Compagnie della<br />

Calza e banchetti<br />

Tutti i festeggiamenti – in particolare quelli nobiliari privati<br />

– avevano sempre un’aura di grandissimo sfarzo. Signori<br />

incontrastati degli antichi Carnevali veneziani erano i giovani<br />

nobili appartenenti alle Compagnie della Calza, aggregazioni<br />

che organizzarono la vita di spettacolo veneziana tra il XV e<br />

il XVI secolo. Le varie Compagnie avevano nomi di fantasia<br />

ispirati alle virtù come i Floridi, degli Uniti o i Concordi e<br />

si distinguevano per i diversi colori con cui decoravano le<br />

proprie lunghe calze.<br />

Fra le altre cose, i Compagni di Calza introdussero nei<br />

banchetti veneziani nuove consuetudini, specialmente<br />

durante il Rinascimento, quando si affermò l’uso di pasticci<br />

singolari, chiamati pastelli, che venivano serviti a tavola più<br />

per meravigliare i commensali che per essere mangiati.<br />

Una volta tagliati, da essi zampettavano fuori ricci, conigli<br />

e granchi vivi. Nel 1542, durante un banchetto del patriarca<br />

Marco Grimani, una delle novanta portate fu particolarmente<br />

spettacolare: tagliati i pasticci ne uscirono uccelli che<br />

cominciarono a svolazzare per la sala.<br />

Non tutti i banchetti furono però un successo: i giovani della<br />

Compagnia degli Eterni, offesi per il misero pranzo imbandito<br />

in occasione delle nozze di Alvise Morosini, loro compagno<br />

di Calza, non trovarono di meglio che mettere a soqquadro<br />

la casa della sposa e impadronirsi di due bacili d’argento<br />

che impegnarono a Rialto per poi spendere il ricavato in una<br />

lauta cena all’osteria della Campana, si immagina alla salute<br />

degli sposi.<br />

Il bisogno di mascherarsi, di<br />

abbandonarsi all’ebbrezza e al<br />

gioco è in realtà antichissimo, al<br />

punto che sull’origine del moderno<br />

carnevale si sprecano le ipotesi:<br />

c’è chi vorrebbe far risalire i<br />

festeggiamenti ai Saturnali romani,<br />

chi alle orge dionisiache, chi a<br />

perduti riti caldei.<br />

la storia dietro la maschera<br />

MI VOGLIO BENE<br />

19


20<br />

L’Amor Sacro<br />

e l’Amor Profano<br />

Dai festeggiamenti non erano peraltro escluse monache ed<br />

ecclesiastici, come emerge più volte nel corso dei secoli.<br />

Cosimo III di Toscana, narrando il suo viaggio per l’alta<br />

Italia, si stupì dell’eleganza civettuola delle monache di San<br />

Lorenzo, che vestivano “leggiadrissimamente con abito<br />

bianco come alla francese”, con busti di bisso a piegoline,<br />

capelli arricciati e bene accomodati. Scrive poi un anonimo<br />

libellista cinquecentesco: “Il Carnevale molte monache<br />

se ne mascarono, e poi a piedi, vanno per tutta la città e<br />

festini, e tornano quando gli pare.” Nel Settecento le cose<br />

non migliorarono di certo. Sappiamo da alcuni dispacci di<br />

agenti segreti, inoltrati agli Inquisitori di Stato nell’ottobre<br />

1705, che i parlatori del monastero di San Lorenzo, erano<br />

“frequentati da maschere che vi dimorano per più ore, et a<br />

Santa Caterina ho osservato quei parlatori star aperti fino<br />

passate le quattro della notte”. Ecco, infine, cosa scriveva in<br />

rima il poeta Francesco Berni, sulle monache della Celestia:<br />

“Stiamo in una contrada et in un rio<br />

Presso alla Trinità e all’Arsenale<br />

Incontro a certe monache di Dio<br />

Che fan la Pasqua come il Carnevale”.<br />

MI VOGLIO BENE<br />

la storia dietro la maschera<br />

ALBERTO TOSO FEI<br />

Alberto Toso Fei,<br />

appassionato di storia<br />

veneziana, discende da<br />

una antica famiglia di<br />

vetrai di Murano. Scrive<br />

libri sulla Venezia curiosa<br />

e del mistero, tra storia e<br />

leggenda, recuperando<br />

il patrimonio della<br />

tradizione orale: i più<br />

recenti, editi da Studio LT2, sono “I segreti del Canal Grande”<br />

e “Misteri di Venezia” (a cui è associato il libro gemello<br />

“Misteri di Roma”, della stessa collana). Sulle due città ha<br />

realizzato anche due libri-gioco per Log607/Marsilio, dando<br />

vita alla saga del “Ruyi”. È fondatore e direttore artistico<br />

del Festival del Mistero, interamente dedicato al Veneto e ai<br />

suoi luoghi leggendari.<br />

www.albertotosofei.it<br />

“L’abito fu la maschera veneziana, che voi conoscete,<br />

e che può dirsi piuttosto un abito di convenzione che<br />

di decorazione. L’uso di quella non è men vantaggioso<br />

al popolo che alla nobiltà. Questa vi si nasconde per<br />

entro con preziosa libertà, gran parte dell’anno e<br />

il popolo crede, che la rassomiglianza dell’abito lo<br />

inalzi a rassomiglianza in certo modo al signore. Il<br />

saggio Governo ha conceduto privilegi alle maschere,<br />

e il dabben popolare, lusingato da questa ingegnosa<br />

comunanza, crede di non aver più nessuno al di sopra,<br />

quand’ha la maschera al volto.” Giustiniana Wynne de<br />

Rosenberg, scrittrice amica di Casanova.


Nelle rigide giornate invernali,<br />

ci si protegge<br />

dal freddo con maglioni,<br />

sciarpe, giacche e cappelli.<br />

Alcune parti del<br />

nostro corpo però, come viso e mani,<br />

restano più esposte alle intemperie. Le<br />

labbra in particolare, il cui colore più<br />

acceso è dovuto al fatto che la pelle lì<br />

è più sottile che nel resto del viso, sono<br />

messe a dura prova dagli agenti atmosferici<br />

e tendono a seccarsi fino a screpolarsi,<br />

a causa di una sostanziale perdita<br />

d’umidità. L’eccessiva secchezza<br />

porta poi a desquamazione, screpolature<br />

o piccoli tagli e ferite. Ecco perché<br />

cura e idratazione sono fondamentali,<br />

soprattutto quando siamo esposti a<br />

freddo e vento!<br />

In queste situazioni si deve, prima di<br />

tutto, evitare assolutamente di umettarsi<br />

continuamente le labbra con la sa-<br />

liva o mordicchiarle con i denti perché,<br />

dopo l’apparente sollievo, si peggiora la<br />

situazione e si aggravano le lesioni.<br />

Miele<br />

Prevenire il problema però si può, usando<br />

prodotti emollienti specifici per la cura<br />

quotidiana, ma ricorrendo anche a rimedi<br />

naturali come piccoli trucchi “casalinghi”<br />

e consigli della nonna, particolarmente<br />

utili quando le labbra danno i primi segni<br />

di disidratazione.<br />

Il rimedio naturale per eccellenza<br />

è il miele, che nutre e<br />

favorisce la cicatrizzazione<br />

delle<br />

screpolature.<br />

Basta spalmarne<br />

un po’ con un<br />

cucchiaino, come<br />

fosse un rossetto,<br />

e lasciarlo in posa<br />

sulle labbra per almeno<br />

15 minuti, massaggiandole<br />

ogni tanto.<br />

MI VOGLIO BENE<br />

25


26<br />

Noterete immediatamente i suoi effetti lenitivi<br />

ed emollienti!<br />

Anche il burro però, può essere un<br />

rimedio casalingo molto efficace per<br />

delle labbra sofferenti. Basta applicarne<br />

una discreta quantità, direttamente<br />

sulla bocca, e lasciarlo in posa per 10<br />

minuti. Lo si può poi rimuovere con uno<br />

spazzolino morbido, favorendo così<br />

l’esfoliazione e la rimozione delle pellicine.<br />

In passato si usava anche una sorta di<br />

burrocacao, ottenuto da cera d’api e<br />

olio d’oliva o di mandorla. Il procedimento<br />

è molto semplice. Dopo aver<br />

sciolto in un pentolino la cera d’api unita<br />

all’olio, si mescola il tutto fino a raggiungere<br />

la consistenza di una crema<br />

densa che si lascia poi raffreddare in<br />

un contenitore, o un barattolino, ottenendo<br />

una specie di saponetta densa<br />

da spalmare poi, frequentemente, sulle<br />

MI VOGLIO BENE<br />

labbra. L’effetto balsamico e calmante<br />

è istantaneo e, l’uso di ingredienti naturali,<br />

lo rende perfetto anche per chi è<br />

allergico alle sostanze chimiche contenute<br />

in molti prodotti cosmetici e mal<br />

tollerate dalla pelle.<br />

Un prodigioso prodotto per le epidermidi<br />

delicate, particolamente efficace nel<br />

caso di infezioni micotiche e irritazioni<br />

cutanee, è poi l’olio di Tea Tree o “albero<br />

del tè”. Versandone qualche goccia<br />

con le dita e massaggiandolo sulle<br />

labbra, donerà un piacevole sollievo fin<br />

dalla prima applicazione.<br />

Un altro rimedio curativo molto noto,<br />

è infine l’Aloe Vera, ricca di proprietà<br />

emollienti e lenitive. Scegliere un<br />

prodotto che ne contenga una buona<br />

percentuale consente, quindi anche, il<br />

mantenimento della corretta idratazione<br />

della pelle. Le sue doti terapeutiche,<br />

sono frutto degli innumerevoli principi<br />

attivi e nutritivi presenti nelle foglie della<br />

pianta, a partire dai Mucopolisaccaridi,<br />

ovvero quegli zuccheri complessi<br />

racchiusi nel gel interno alla foglia.<br />

Labbra e mani sono più soggette<br />

a disidratazione, fragilità e<br />

screpolature. Perchè? Cos’hanno<br />

in comune? Sono entrambe<br />

prive di ghiandole sebacee. Il<br />

sebo è un grasso naturale che<br />

forma una pellicola protettiva<br />

ed evita che la pelle si secchi<br />

eccessivamente. La cute<br />

di bocca e mani si inaridisce<br />

quindi con maggiore facilità,<br />

screpolandosi e lesionandosi.<br />

La pelle è un organo che va nutrito<br />

e dissetato regolarmente,<br />

sia dall’interno che dall’esterno<br />

e questa è una regola particolarmente<br />

valida per le labbra,<br />

che presentano una cute molto<br />

sottile e sensibile. La struttura<br />

della pelle delle labbra è, infatti,<br />

molto diversa da quella del<br />

resto del corpo poiché manca<br />

di cheratina, una sostanza che<br />

conferisce una certa rigidità<br />

all’epidermide in generale, rendendo<br />

quella delle labbra più<br />

morbida, delicata e esposta alle<br />

condizioni climatiche e ambientali.<br />

Attenzione quindi a freddo e vento,<br />

ma anche a caloriferi e caldo<br />

troppo secco i n casa o in ufficio!


REAZIONI AVVERSE AI CIBI<br />

Allergie o<br />

Intolleranze?<br />

Fin dall’antichità siamo a<br />

conoscenza del legame esistente<br />

tra alimentazione e<br />

salute. Già nel 400 a.c. Ippocrate<br />

aveva notato come il<br />

latte di mucca potesse produrre<br />

degli effetti negativi su<br />

alcuni soggetti. Egli sottolineava<br />

infatti, l’importanza<br />

dell’alimentazione suggerendo<br />

“che l’alimento sia la<br />

tua medicina e la medicina<br />

sia il tuo alimento”.<br />

Tuttavia, le REAZIONI AV-<br />

VERSE AL CIBO rientrano<br />

ancor oggi tra le tematiche<br />

controverse della medicina<br />

e le definizioni di allergie e<br />

intolleranze alimentari sono<br />

al centro di un complesso dibattito<br />

in campo scientifico.<br />

Attualmente si utilizza il termine<br />

di “REAZIONI AVVER-<br />

SE AI CIBI” per definire genericamente<br />

i disturbi legati<br />

all’ingestione del cibo, specificando<br />

poi la distinzione<br />

tra allergie e intolleranze.<br />

Nel tentativo di classificare le reazioni avverse al cibo,<br />

l’Accademia Americana di Allergologia, Asma ed Immunologia<br />

(AAAAI) ha classificato i cinque stadi di avversione secondo le<br />

caratteristiche dei vari tipi di reazione:<br />

• Reazioni allergiche propriamente dette<br />

•<br />

•<br />

•<br />

•<br />

Pseudoallergie da deficit enzimatici<br />

(es. deficit di lattasi con intolleranza al latte)<br />

Reazioni pseudoallergiche<br />

(ipersensibilità con vari sintomi, come le cefalee)<br />

Reazioni tossiche agli alimenti<br />

(es. avvelenamento da funghi)<br />

Intolleranze alimentari<br />

(nelle quali, eliminando completamente<br />

l’alimento nocivo, scompare il sintomo)<br />

reazioni avverse ai cibi<br />

MI VOGLIO BENE<br />

27


28<br />

L’Accademia Europea di Allergologia ed Immunologia Clinica<br />

(EAACI) ha introdotto la distinzione tra reazioni avverse<br />

tossiche e non tossiche, definendo quelle tossiche, o<br />

da avvelenamento, come causate dalla presenza di tossine<br />

nell’alimento ingerito (come nel caso di funghi velenosi) e le<br />

non tossiche come dipendenti dalla specificità dell’individuo,<br />

dividendole in allergie o intolleranze.<br />

Generalmente si ritiene che le allergie siano mediate da<br />

meccanismi immunologici mentre le intolleranze non siano<br />

provocate dal sistema immunitario.<br />

Si parla di allergia alimentare quando il sistema immunitario<br />

reagisce istantaneamente, in maniera anomala, a un<br />

agente esterno (allergene) innocuo per la maggior parte delle<br />

persone. Tale reazione si esprime al primo contatto attraverso<br />

la formazione di anticorpi specifici, chiamati IgE, che<br />

hanno il compito di difendere l’organismo da ciò che, l’organismo<br />

stesso, riconosce come estraneo a sé, comportandosi<br />

in modo simile a quando reagiscono a batteri o virus.<br />

Le intolleranze alimentari dipendono, invece, da un progressivo<br />

accumulo di sostanze infiammatorie nell’organismo<br />

che scatena reazioni negative anche a distanza di tempo<br />

dall’assunzione del cibo ingerito, coinvolgendo il metabolismo<br />

ma non il sistema immunitario. La reazione scatenata<br />

MI VOGLIO BENE<br />

reazioni avverse ai cibi<br />

dall’ingestione di uno o più alimenti è legata alla quantità<br />

ingerita (dose-dipendente) ma, a differenza delle allergie alimentari,<br />

non è mediata da meccanismi immunologici, anche<br />

se si manifesta con l’insorgere di sintomi spesso sovrapponibili<br />

a quelli delle allergie stesse.<br />

Le reazioni istantanee allergiche, come l’orticaria data<br />

dall’ingestione di fragole, l’asma, l’edema delle mucose<br />

dopo aver mangiato crostacei o lo shock anafilattico, sono<br />

diverse dalla sintomatologia associata alle intolleranze<br />

alimentari. Queste infatti, perdurando nel tempo, possono<br />

dare luogo a problemi cronici e provocare alterazioni come<br />

difficoltà digestive, palpitazioni cardiache, alitosi, stanchezza<br />

dopo i pasti, crampi diurni e notturni, ipersudorazione, afte<br />

orali, aerofagia, pruriti, ecc...<br />

Questi e altri sintomi sono indicativi per suggerire la presenza<br />

di eventuali patologie dovute a una difficoltà dell’organismo<br />

a digerire o metabolizzare un alimento o un suo<br />

componente.<br />

É fondamentale quindi, se si ritiene di essere a rischio di<br />

allergie o intolleranze, consultare il proprio medico per individuare<br />

con precisione i cibi responsabili delle reazioni<br />

avverse e valutare il metodo diagnostico più idoneo tra quelli<br />

presenti, così da adottare delle sane abitudini alimentari<br />

escludendo gli allergeni responsabili.


Per maggiori informazioni, approfondimenti e suggerimenti pratici, vi consigliamo di<br />

visitare il sito del Ministero della Salute.<br />

ALLERGIA ALIMETARE INTOLLERANZA ALIMENTARE<br />

¥che cosa é?<br />

É una reazione del sistema immunitario nei<br />

confronti di un alimento o di un suo<br />

componente.<br />

¥Quando si manifesta?<br />

I sintomi di un’allergia alimentare si<br />

manifestano in breve tempo dall’ingestione di<br />

un particolare alimento.<br />

¥Quali sono gli alimenti coinvolti?<br />

Anche se le allergie alimentari possono<br />

manifestarsi con qualsiasi alimento o<br />

componente alimentare, tra i più comuni<br />

vi sono: latte vaccino, uova, arachidi,<br />

crostacei, frutta secca, soia.<br />

¥che cosa é?<br />

É una reazione negativa che dipende da<br />

una difficoltà dell’organismo a digerire<br />

o metabolizzare un alimento o un suo<br />

componente.<br />

¥Quando si manifesta?<br />

I sintomi di un’intolleranza alimentare posso<br />

comparire anche a distanza di tempo dal<br />

consumo dell’alimento responsabile.<br />

¥Quali sono gli alimenti coinvolti?<br />

Le due cause più comuni responsabili di<br />

un’intolleranza alimentare sono: lattosio e<br />

glutine. fonte: www.ministerodellasalute.it<br />

reazioni avverse ai cibi<br />

MI VOGLIO BENE<br />

29


30<br />

L’amore per la buona cucina è qualcosa con cui Marika<br />

è nata e cresciuta, guidata e ispirata, in questa sua<br />

passione, dalle nonne, abilissime cuoche e dai genitori<br />

che adoravano coinvolgerla, fin da piccolissima, nelle<br />

loro “maratone culinarie”.<br />

Talento, creatività e una naturale predisposizione<br />

nell’arte del ricevere troveranno risposta nel 1998<br />

nell’incontro con Yolanda Garretti e Viola Buitoni che<br />

offrono a Marika un ruolo di responsabilità nel loro<br />

Catering-Store di Madison Avenue. Nel 2001 Marika si<br />

diploma con successo all’Insitute of Culinary Education<br />

di NY che le aprirà le porte per una breve ma significativa<br />

esperienza presso uno dei ristoranti più rinomati di New<br />

York: Chantarelle, dal cui famoso chef owner David<br />

Waltuck, apprende tecniche e segreti dell’alta cucina<br />

francese.<br />

Nel Settembre 2001 Marika e i suoi soci, fondano, a<br />

New York, Acquolina e sarà l’inizio di un’incredibile<br />

avventura che porterà Acquolina ad affermarsi in pochi<br />

anni come il Catering di fiducia di importanti aziende di<br />

fama internazionale.<br />

Col ritorno in Italia prende forma in Marika il desiderio di<br />

riportare Acquolina e il suo successo alle origini e dove<br />

L’Arte in cucina<br />

Chef Marika Seguso<br />

...a proposito di Marika<br />

In ogni numero di MVB, il nostro Chef prenderà spunto dagli argomenti proposti e<br />

preparerà ricette speciali adatte anche a chi ha speciali esigenze!<br />

MI VOGLIO BENE<br />

L’Arte in cucina<br />

il sogno era iniziato. Cosi, mentre a New York le redini<br />

restano nelle mani dei suoi soci, in Italia, con base a<br />

Venezia, nel 2006, Marika crea la sorella Italiana di<br />

Acquolina.<br />

Quella di Marika è una cucina che affonda le sue radici<br />

nella semplicità e nei sapori della tradizione italiana, ma<br />

sempre rivisitata e interpretata alla luce delle influenze<br />

e tendenze della cucina contemporanea in un’armonia<br />

di profumi e sapori, con un’estrema attenzione<br />

all’accostamento dei colori e delle forme: nascono cosi,<br />

piccole opere d’arte gastronomica che sono una gioia<br />

per gli occhi prima ancora di assaporarle!<br />

Villa Ines - B&B al Lido di Venezia<br />

www.acquolina.com


SENZA GLUTINE<br />

SENZA UOVA<br />

INGREDIENTI<br />

(per 6 persone):<br />

• 10 foglie di salvia intere<br />

• 1/2 peperone rosso tagliati a striscioline<br />

• 1/2 peperone giallo tagliati a striscioline<br />

• 1 piccolo cuore di finocchio tagliato a fettine<br />

• 1 piccola zucchina tagliata a rondelle<br />

• 1 piccolo porro tagliato a rondelle<br />

• 150 gr. formaggio fresco tipo primosale o riccotta<br />

tagliato a cubotti di 2 cm.<br />

• 1 tazza di farina di riso<br />

• acqua minerale gasata ghiacciata q.b.<br />

• sale q.b.<br />

<strong>PER</strong> FRIGGERE:<br />

Olio di semi di arachidi o olio di semi di girasole<br />

L’Arte in cucina<br />

Chef Marika Seguso<br />

TEMPURA ALLA VENEZIANA<br />

PREPARAZIONE:<br />

1. Con una frusta mescolare la farina di riso con acqua minerale gasata ghiacciata 2. Aggiungere a poco a poco<br />

l’acqua, la quantità adeguata per ottenere un composto liscio (senza grumi) e cremoso. 3. Salare e lasciar riposare<br />

il composto in frigorifero per 20 minuti. 4. Mondare e preparare le verdure e i cubotti di formaggio. 5. Scaldare l’olio<br />

in una pentola alta almeno 20 cm. 6. Preparare un vassoio foderato di carta assorbente e una schiumarola. 7. Fare<br />

un test per capire se l’olio è alla temperatura giusta: immergere una foglia di salvia nella pastella e lasciarla cadere<br />

gentilmente nell’olio. Se la foglia tocca il fondo e subito torna a galla significa che l’olio ha raggiunto la temperatura<br />

corretta. 8. Procedendo con una tipologia di verdura alla volta lasciar scivolare i pezzi coperti di pastella nell’olio bollente<br />

avendo cura di porli distanziati gli uni dagli altri. Muoverli subito con la schiumarola e girarli. 9. Appena prendono colore<br />

da entrambi i lati scolarli e disporli sulla carta assorbente. 10. Spolverizzare di sale prima di servire.<br />

I CONSIGLI DELLO CHEF:<br />

Pulisci sempre l’olio da eventuali gocce di pastella e scarti tra una<br />

frittura e l’altra. Evita che l’olio si scaldi troppo e inizi a fumare.<br />

L’Arte in cucina 31<br />

MI VOGLIO BENE


32<br />

SENZA GLUTINE<br />

SENZA UOVA<br />

L’Arte in cucina<br />

Chef Marika Seguso<br />

SENZA LATTE<br />

PETTO D’ANATRA<br />

CON ARANCIA E TÈ AL BERGAMOTTO<br />

INGREDIENTI<br />

(per 6 persone):<br />

• 2 petti d’anatra (700 gr. totali)<br />

• un pezzo di porro tagliato a rondelle finissime<br />

• burro q.b. (sostituibile con olio evo)<br />

• 2 arance non trattate<br />

• 4 bustine di té al bergamotto<br />

• 2 cucchiai di Grand Marnier<br />

• 1 spicchio d’aglio<br />

• sale e pepe<br />

• pane ai cereali (senza glutine)<br />

COMPOSTA DI ARANCE E SCORZETTE:<br />

• 500 gr di arance non trattate<br />

• 350 gr di zucchero<br />

I CONSIGLI DELLO CHEF:<br />

Per verificare la corretta densità del composto<br />

mettere una goccia su un piatto e inclinarlo. La<br />

goccia dev’essere densa e far fatica a colare,<br />

altrimenti continuare la cottura fino a ottenere la<br />

giusta densità.<br />

MI VOGLIO BENE<br />

L’Arte in cucina<br />

COMPOSTA:<br />

1. Togliere la parte gialla delle arance e tagliarla a listarelle.<br />

2. Bollirle in acqua per 2-3 minuti. 3. Cambiare l’acqua e<br />

ripetere la stessa operazione altre 2 volte. 4. Pelare le arance<br />

a vivo scartando tutta la parte bianca. 5. Tagliarle a piccoli<br />

pezzi, aggiungere lo zucchero e cuocere a fuoco basso, in<br />

un pentolino antiaderente, per un’ora circa continuando a<br />

mescolare di tanto in tanto. 6. Aggiungere le scorzette ben<br />

scolate dall’acqua e cuocere a fuoco basso per altri 30 minuti.<br />

PREPARAZIONE:<br />

1. Sciacquare e asciugare i petti d’anatra. 2. Marinare i petti<br />

di anatra con le 4 bustine di té al Bergamotto fatte rinvenire<br />

in poca acqua bollente e il succo di un’arancia. 3. Salare<br />

pepare e lasciare l’anatra coperta con la marinata per una<br />

notte (o per una paio di ore se è possibile metterla sottovuoto).<br />

4. Dopo la marinatura scolare, asciugare e incidere la pelle<br />

creando delle losanghe con dei tagli in diagonale. 5. Salare<br />

e pepare entrambi i lati 6. In una padella antiaderente<br />

caramellare a fuoco bassissimo i porri in poco burro per 2-3<br />

minuti. 7. Aggiungere i petti d’anatra con la parte della pelle<br />

verso il basso. 8. Far cuocere 3-4 minuti il lato grasso e<br />

quando prende colore girare e scottare l’altro lato. 9. Salare,<br />

pepare e bagnare col Grand Marnier e lasciar evaporare.<br />

10. Portare a media cottura lasciando il centro rosa. Quindi<br />

togliere dal fuoco il petto e lasciar intiepidire. 11. Nel fondo di<br />

cottura aggiungere la spremuta d’arancia lasciar addensare e<br />

completare con una noce di burro o con l’olio evo.<br />

12. Affettare i petti di uno spessore di 1/2 cm, condire col<br />

fondo di cottura ristretto e servire con pane ai cereali tostato e<br />

la composta di arance e scorzette a lato.


34<br />

INGREDIENTI<br />

(per 4 persone):<br />

• 500 g di fegato di vitello tagliato a fettine sottili<br />

• 500 g di cipolla bianca tagliata finissima<br />

• 25 g di burro (sostituibile con 25 ml. di olio evo)<br />

• 5 cucchiai di olio evo<br />

• 10 ml di vino bianco secco<br />

• 1 cucchiaio di prezzemolo tritato fino<br />

• sale e pepe q.b.<br />

I CONSIGLI DELLO CHEF:<br />

L’Arte in cucina<br />

Chef Marika Seguso<br />

FEGATO DI VITELLO<br />

ALLA VENEZIANA<br />

PREPARAZIONE:<br />

1. In una pentola antiaderente con olio di oliva e<br />

eventualmente burro rosolare la cipolla per 10-15 minuti<br />

a fuoco bassissimo mescolando al bisogno.<br />

2. Sfumare col vino bianco, regolare di sale e pepe e<br />

lasciar cuocere per 20-25 minuti a pentola semicoperta<br />

mescolando di tanto in tanto.<br />

3. Mettere da parte le cipolle.<br />

4. Tagliare il vitello a striscioline (da 4-5mm) e aggiungerle al<br />

fondo di cottura. Cuocere a fuoco vivo per pochi minuti.<br />

5. Aggiustare di sale e pepe e aggiungere le cipolle alla<br />

preparazione.<br />

6. Lasciar insaporire insieme alle cipolle per un paio di<br />

minuti prima di servire.<br />

7. Cospargere (a piacere) di prezzemolo tritato e servire<br />

accompagnato da polenta alla griglia.<br />

Il fegato deve cuocere per non più di 2-3 minuti a fuoco alto (una cottura prolungata tende a indurirlo) e le strisce di fegato<br />

devono stare ampie e ben distese al fine di dorare omogeneamente (se la padella è piccola cucinarle in più tempi).<br />

MI VOGLIO BENE<br />

SENZA GLUTINE<br />

SENZA UOVA<br />

SENZA LATTE<br />

L’Arte in cucina


“Coccole ad<br />

alta Quota!”<br />

La montagna<br />

come cura<br />

per lo spirito,<br />

la mente<br />

e il corpo.<br />

Immersi in paesaggi meravigliosi,<br />

beauty farm e wellness center alpini<br />

riscoprono tradizioni antiche e rimedi<br />

contadini per ritemprare lo spirito e il<br />

corpo con mele, erbe officinali, latte,<br />

acini d’uva e cure di salute e bellezza<br />

che giungono di lontano.<br />

I trattamenti tipici della montagna hanno<br />

storie e origini diverse, a volte intrise di<br />

leggenda. Rituali antichi che conoscono<br />

la natura e la sua forza, le erbe e le loro<br />

proprietà. Conoscenze remote, lontane<br />

dalle nostre vite frenetiche, che però ci<br />

attirano e invitano ogni giorno di più.<br />

Ecco alcuni consigli su come staccare la<br />

spina dallo stress quotidiano, rilassarsi e<br />

ritrovare un profondo benessere psicofisico<br />

attraverso il riavvicinamento agli<br />

elementi naturali.


Bagno con le mele<br />

Il Trentino Alto Adige è la più vasta zona<br />

d’Europa coltivata a mele e la mela,<br />

grazie alle sue infinite proprietà benefiche,<br />

è l’ingrediente principale di numerosi<br />

trattamenti e percorsi wellness. Se<br />

ne beve il succo, la si usa nei prodotti<br />

di bellezza e nelle creme ed è usata anche<br />

per i massaggi. La mela incide positivamente,<br />

infatti, sull’elasticità della<br />

pelle rigenerandola e purificandola e<br />

ha un’azione anti età, anche grazie alle<br />

vitamine e alle pectine contenute.<br />

Come funziona: dopo aver bevuto un<br />

bicchiere di succo appena spremuto,<br />

o un tè alla mela, ci si immerge in un<br />

bagno caldo rigenerante e profumato,<br />

arricchito da una sinergia di pezzi di<br />

polpa, succo e aceto di mela. Le vitamine,<br />

i minerali e le pectine presenti rafforzano<br />

gli effetti purificanti, protettivi e<br />

depurativi della pelle durante il bagno e<br />

si gode di uno specifico peeling grazie<br />

anche alla presenza degli acidi della<br />

frutta. Il bagno con le mele è indicato<br />

anche per chi ha la pelle sensibile e<br />

delicata e vuole beneficiare di un trattamento<br />

disintossicante ed estremamente<br />

rilassante.<br />

Bagno di Fieno<br />

Il bagno di fieno è un trattamento curativo<br />

naturale che agisce sul sistema<br />

immunitario; elimina tossine, scorie e<br />

ha proprietà rilassanti, depurative e<br />

defatiganti. Viene<br />

generalmente consigliato<br />

per i dolori<br />

articolari, le<br />

patologie reumatiche,<br />

le nevralgie<br />

e i disturbi<br />

dell’apparato muscolo<br />

scheletrico.<br />

L’erba utilizzata,<br />

raccolta e lasciata<br />

in fermentazione,<br />

combina numerose<br />

specie aromatiche e<br />

officinali, tra le quali<br />

anche arnica, genziana,<br />

timo, pulsatilla,<br />

veronica e camomilla di montagna. Il<br />

trattamento termale consiste in un’immersione,<br />

a corpo nudo, in un letto di<br />

erba fresca in fermentazione naturale.<br />

Ricoperti con uno strato di 15-20 cm,<br />

eccetto il capo, ci si rilassa sfruttando il<br />

calore e la ricca componente aromati-<br />

Fitobalneoterapia<br />

Detta impropriamente “bagni<br />

di fieno”, è una vera e propria<br />

fitoterapia anadermica che utilizza<br />

erbe di montagna fresche in via<br />

di fermentazione. Questa terapia<br />

affonda le sue radici nelle usanze<br />

rurali di Trentino e Alto Adige ed è<br />

uno dei rimedi naturali più antichi<br />

ed efficaci. I contadini infatti,<br />

quando si recavano agli alpeggi<br />

per rifornirsi di foraggio per gli<br />

animali, erano soliti dormire avvolti<br />

da strati di fieno appena raccolto<br />

che toglieva loro la spossatezza<br />

ridandogli le forze. Si svegliavano<br />

quindi riposati e pronti per un’altra<br />

giornata di lavoro! L’efficacia di<br />

questa cura è data dalle piante<br />

officinali contenute nella miscela<br />

di erbe: con il caldo umido che si<br />

sprigiona dal fieno i principi attivi<br />

contenuti in queste erbe vengono<br />

assorbiti dall’organismo.<br />

ca. La durata del bagno varia in relazione<br />

alle condizioni cliniche del paziente ed alla<br />

tolleranza individuale. Segue quindi una<br />

seconda fase durante la quale si stimola<br />

ulteriormente la sudorazione corporea,<br />

dopo che il calore del fieno ha consentito<br />

l’apertura dei pori e la penetrazione dei<br />

principi attivi delle piante. Riposando ancora<br />

per circa 40 minuti, si viene avvolti<br />

Coccole ad alta quota 37<br />

MI VOGLIO BENE


38<br />

in coperte di lana e ci si sdraia su un<br />

lettino di reazione, così da sfruttare al<br />

massimo la fase di purificazione. La sudorazione,<br />

che nella prima fase è molto<br />

intensa, si protrae anche per 3-4 ore e<br />

lascia un senso di benessere che dura<br />

tutto il giorno. Al termine della seduta<br />

può essere praticato un massaggio.<br />

Un ciclo di fitobalneoterapia è composto,<br />

in media, da dieci sedute spesso<br />

intervallate da un giorno di riposo.<br />

Bagno al latte<br />

Questo trattamento, già conosciuto dai<br />

popoli antichi, con le varianze d’uso del<br />

latte di asina, di capra e del siero di latte,<br />

venne reso immortale dalla Regina<br />

Cleopatra che, secondo la tradizione,<br />

era solita immergersi nel latte quotidianamente,<br />

per mantenere splendente la<br />

sua preziosa bellezza. É il trattamento<br />

ideale per chi cerca sollievo per la<br />

pelle secca che, specialmente in inverno,<br />

“tira” e prude ma anche per le<br />

pelli impure grazie a vitamine, minerali,<br />

aminoacidi e proteine. I moderni<br />

centri benessere propongono un bagno<br />

con un mix di elementi idratanti e<br />

emollienti, come miele e olii essenziali,<br />

utili anche per contrastare il forte odore<br />

del latte stesso.<br />

MI VOGLIO BENE<br />

Coccole ad alta quota<br />

Biosauna<br />

Si tratta di una sauna rigenerante nella<br />

quale la temperatura non supera i<br />

50°C, mentre l’umidità può arrivare al<br />

65-70%. Il vapore, generato da erbe<br />

essiccate inumidite, riproduce le condizioni<br />

del bagno di fieno. É un trattamento<br />

intermedio tra la sauna finlandese<br />

e il bagno turco, che si caratterizza<br />

da una temperatura non troppo elevata<br />

e un tasso d’umidità contenuto, rendendo<br />

maggiormente sopportabile e rigenerante<br />

la permanenza nella cabina.<br />

Grazie a queste condizioni meno stressanti<br />

per la circolazione sanguinea, il<br />

trattamento si può prolungare rispetto


ai normali tempi di una sauna classica,<br />

rendendolo un toccasana rilassante e<br />

purificante. L’alternanza con bagni o<br />

docce fredde allena attivamente il sistema<br />

circolatorio e aumenta l’elasticità<br />

dei vasi sanguinei.<br />

Massaggio con olio di<br />

Pino Mugo<br />

Il Pino Mugo fa parte delle piante officinali<br />

spontanee e viene utilizzato per<br />

estrarne un olio essenziale, ricavato<br />

dalla distillazione degli aghi e dei rami,<br />

che cura tosse e raffreddore, contusioni,<br />

storte e strappi muscolari.<br />

Può essere usato nei bagni, avvolti in<br />

un lenzuolo e immersi in trucioli caldi<br />

di pino, oppure nei massaggi, con l’olio<br />

balsamico usato per rinfrescare la pelle<br />

e sprigionare le sua proprietà antisettiche.<br />

La sinergia tra i benefici del massaggio<br />

e l’aroma sprigionato dall’olio<br />

agisce su più livelli di benessere, diventando<br />

un valido alleato anche nella<br />

cura e nella prevenzione di problematiche<br />

legate alle malattie dell’apparato<br />

respiratorio.<br />

Vinoterapia e<br />

Ampeloterapia<br />

Le cure purificanti a base d’uva, tramandateci<br />

dalle civiltà Greca, Romana e Araba,<br />

trovano riscontro negli studi scientifici<br />

odierni, secondo i quali alcune sostanze<br />

contenute nel vino aiutano a limitare il<br />

processo di invecchiamento.<br />

L’elemento di studio è il polifenolo,<br />

una sostanza presente nell’uva, che<br />

viene estratto attraverso il processo di<br />

fermentazione e lo si ritrova anche nel<br />

vino. I polifenoli hanno delle potenti capacità<br />

antiossidanti che, veicolate in diversi<br />

trattamenti purificanti e disintos-<br />

sicanti, donano un aspetto luminoso e<br />

sano e stimolano la circolazione.<br />

L’ampeloterapia (dal greco “ampelos”,<br />

vite), comunemente chiamata<br />

cura dell’uva, consiste nell’ assumere<br />

quotidianamente, per un determinato<br />

periodo di tempo, una crescente quantità<br />

d’uva. É dimostrato che la “purificazione”<br />

di cui parlavano gli antichi,<br />

è l’effetto disintossicante dato dalle<br />

proprietà lassative del frutto, ricco di<br />

enzimi, pectine e cellulosa, ma anche<br />

di potassio, che favorisce la diuresi.<br />

La vinoterapia è, invece, molto recente<br />

e si basa sull’impiego di succo e bucce<br />

d’uva, acini, foglie e vino, il tutto articolato<br />

in diversi trattamenti quali lo scrub<br />

con le bucce dell’uva, i massaggi con<br />

l’olio di vinacciolo, impacchi e maschere<br />

di acini freschi e immersioni nel vino<br />

o applicazioni dello stesso sulla pelle.<br />

Si utilizza l’uva allo stato fresco, ma<br />

anche il mosto concentrato – per riattivare<br />

la circolazione del sangue – e<br />

l’olio estratto dai vinaccioli, cioè i semi<br />

dell’uva, efficace rimedio contro il colesterolo<br />

“cattivo”. I trattamenti proposti<br />

hanno obiettivi estetici e curativi, con<br />

particolari proprietà rigeneranti, antiossidanti,<br />

depurative e benefici anche per<br />

la circolazione sanguinea.<br />

Coccole ad alta quota 39<br />

MI VOGLIO BENE


40<br />

MI VOGLIO BENE<br />

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Ogni sentimento espresso attraverso il linguaggio dei fiori diventa sublime<br />

Da sempre, la magia dei fiori accompagna i momenti più indimenticabili della nostra vita. La ricerca dell’eccellenza che<br />

contraddistingue i nostri saponi naturali ha portato i maestri saponieri di Nesti Dante attraverso le meravigliose terre toscane alla<br />

ricerca di due bouquet che fossero la miglior rappresentazione della loro passione nel “fare sapone”.<br />

Hanno così raccolto le essenze di quelle che, per fragranza e rimandi emotivi, sono le gemme più romantiche della nostra terra, e le<br />

hanno rese le regine dei due nuovi saponi naturali di Nesti Dante: così che i migliori bouquet non siano solo un regalo per i momenti<br />

da ricordare, ma parte delle nostre coccole quotidiane.<br />

Rosa Medicea e Peonia ∙ Glicine di Bolgheri e lilla ∙ Ciliegio Nobile e Basilico<br />

Giglio del Granducato e Narciso ∙ Violacciocca Fiesolana e Fucsia ∙ Spigo Toscano e Verbena<br />

MI VOGLIO BENE<br />

MVB Consiglia

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