Guerra di liberazione - Fondazione Cassa di Risparmio di Fano
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UNA PASQUA CLANDESTINA:<br />
A MONTE GIOVE CON VALERIO VOLPINI<br />
Correva la primavera del 1944. Quell’anno la Pasqua era stata “alta”.<br />
Noi <strong>di</strong>sertori dell’esercito della R.S.I e partigiani l’avevamo festeggiata,<br />
come tutti, un po’ in sor<strong>di</strong>na.<br />
Valerio qualche giorno dopo mi <strong>di</strong>sse: “Dobbiamo ‘prendere Pasqua’ e<br />
fare la Comunione”.<br />
Non era un problema; il Seminario Regionale, luogo sicuro per noi, era<br />
lì vicino e ci avrebbe facilmente ospitato per una breve permanenza.<br />
Ma Valerio continuò: “Andremo a Monte Giove, lì ci sono solo i frati<br />
e ci staremo per un giorno intero, così avremo anche modo <strong>di</strong> riflettere<br />
con calma”. Si vede che nel suo animo c’era ancora nostalgia per i<br />
ritiri spirituali tante volte fatti lassù.<br />
Valerio era il comandante del <strong>di</strong>staccamento partigiano fanese, io ero<br />
in qualche modo il suo aiutante: entrambi provenivamo dalla F.U.C.I.,<br />
la Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Bene, si decise per<br />
Monte Giove. Per non dare nell’occhio andammo, una mattina <strong>di</strong> buonora,<br />
solo noi due. Le inseparabili biciclette, inservibili da Rosciano in<br />
su (la “costa” per arrivare all’eremo è piuttosto lunga), ci sarebbero<br />
invece state utili per il ritorno e pertanto non ce ne separammo. Mentre<br />
salivamo parlammo a lungo delle nostre responsabilità sia verso chi<br />
faceva parte attiva della Resistenza (un centinaio <strong>di</strong> persone) sia verso<br />
la popolazione, in gran<strong>di</strong>ssima parte sfollata dalla città e sistemata<br />
nelle case e nei villaggi <strong>di</strong> campagna. Era costante preoccupazione <strong>di</strong><br />
Valerio non coinvolgere i civili in atti <strong>di</strong> guerra, evitando quei colpi <strong>di</strong><br />
testa che provocavano da parte tedesca, lo sapevamo da vari racconti,<br />
feroci e selvagge rappresaglie.<br />
Suonammo alla porta dell’eremo; venne ad aprire don Michele, il<br />
padre “cellerario”, cioè l’economo della comunità monastica; ci conosceva<br />
bene e ci accolse con grande affabilità. Spiegammo il perché<br />
della nostra visita; ci portò subito in chiesa e fu lui stesso ad ascoltare<br />
la nostra confessione e a somministrarci la Comunione.<br />
Intanto qualche altro camaldolese, incuriosito, venne e ci propose <strong>di</strong><br />
salire sul campanile; così, per passare un po’ <strong>di</strong> tempo. Salimmo e<br />
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