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Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice

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98<br />

CONTE<br />

Ma cospetto!… T’accheta; invan t’adopri,<br />

resisti invan. De’ tuoi rigori insani<br />

giunse l’ultimo istante.<br />

(Toglie la scrittura <strong>di</strong> nozze dalle mani del notaro e<br />

la dà all’alcalde)<br />

giunse l’ultimo istante. In faccia al mondo<br />

io <strong>di</strong>chiaro altamente<br />

costei mia sposa: il nostro nodo, o cara,<br />

opra è d’Amore: Amore,<br />

che ti fe’ mia consorte,<br />

a me ti stringerà fino alla morte.<br />

Respira omai: del fido sposo in braccio<br />

vieni, vieni a goder sorte più lieta.<br />

BARTOLO<br />

Ma io…<br />

CONTE<br />

Ma io… Taci.<br />

GIOACHINO ROSSINI<br />

BARTOLO<br />

Ma io… Taci. Ma voi…<br />

CONTE<br />

Ma io… Taci. Ma voi… Non più, t’accheta.<br />

Cessa <strong>di</strong> più resistere, 19<br />

non cimentar mio sdegno:<br />

spezzato è il giogo indegno<br />

<strong>di</strong> tanta crudeltà.<br />

Della beltà dolente,<br />

d’un innocente amore,<br />

segue nota 18<br />

balcone; sarà questa la famosa «inutil precauzione», poiché il Conte e Figaro riescono ancora una volta a mutare<br />

a loro vantaggio una situazione sfavorevole facendo celebrare l’agognato matrimonio dei due amanti dallo stesso<br />

notaio ingaggiato da Bartolo, utilizzando il venale Basilio come testimone.<br />

19 n. 18. Aria Conte. Maestoso-<strong>La</strong>rgo-Allegro-Moderato – - , Si bemolle-Re bemolle.<br />

È proprio rispondendo alle ormai inutili proteste <strong>di</strong> Bartolo che il Conte si lancia nella sua ultima grande aria,<br />

che è nel contempo la più ampia dell’opera e l’unica a prevedere l’intervento del coro. Si tratta <strong>di</strong> un brano che,<br />

per varie cause – tra cui senz’altro l’estrema <strong>di</strong>fficoltà vocale e fors’anche la posizione drammatica (ci troviamo<br />

in un punto in cui tutto è ormai successo, e qualsiasi cosa <strong>di</strong>versa dal finale rischia <strong>di</strong> essere considerata una lungaggine<br />

inutile) –, finì ben presto per essere regolarmente omesso nelle rappresentazioni del <strong>Barbiere</strong>, tanto che<br />

Rossini non esitò a riutilizzarne l’ultima sezione più volte, dalla cantata Le nozze <strong>di</strong> Teti e Peleo sino al rondò finale<br />

della Cenerentola. <strong>La</strong> consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tagliare quest’aria rimane spesso ancora oggi (anche un <strong>di</strong>rettore filologicamente<br />

molto attento come Clau<strong>di</strong>o Abbado, interprete fondamentale nella storia recente del <strong>Barbiere</strong>,<br />

non la ha mai eseguita), anche se proprio il suo virtuosismo estremo ha fatto sì che negli ultimi anni <strong>di</strong>venisse cavallo<br />

<strong>di</strong> battaglia <strong>di</strong> star internazionali del belcanto quali Rockwell Blake o Juan Diego Flórez. Lo stile e il tono<br />

musicale <strong>di</strong> quest’aria è decisamente ‘serio’: lo rivela innanzitutto la struttura formale in tre sezioni, utilizzata sovente<br />

per le gran<strong>di</strong> arie delle opere serie e, quand’anche si riscontrino esempi in quelle buffe, sono sempre collocati<br />

in contesti ‘seri’ (un esempio ne è l’aria <strong>di</strong> Don Ramiro nell’atto secondo della Cenerentola). Anche il contenuto<br />

musicale non è da meno: il tono <strong>di</strong> nobile ed eroico sdegno che domina il Maestoso d’esor<strong>di</strong>o (a cui<br />

Rossini non manca <strong>di</strong> aggiungere pennellate <strong>di</strong> umana comprensione per «la beltà dolente») è seguito dalla dolcezza<br />

e dall’amore con cui il Conte guarda la misera situazione <strong>di</strong> Rosina nel cantabile, per poi concludersi con<br />

un rondò brillante nel quale il ritornello viene seguito da due variazioni dalla <strong>di</strong>fficoltà e dalla spettacolarità vocale<br />

sempre crescente che conducono verso la coda, dove il virtuosismo vocale raggiunge vette davvero siderali.<br />

Il Conte, abbandonato finalmente ogni travestimento e ogni accento da opera buffa, riprende i panni <strong>di</strong> nobile e<br />

illuminato Grande <strong>di</strong> Spagna e, tra il giubilo generale, si fa <strong>di</strong>fensore dei più deboli riscattando Rosina dal miserabile<br />

stato <strong>di</strong> oppressione in cui la teneva rinchiusa il malvagio Don Bartolo. Almaviva è così proiettato in una<br />

<strong>di</strong>mensione drammatica e anche sociale abissalmente superiore rispetto alla borghese, furbesca e talvolta un po’<br />

meschina quoti<strong>di</strong>anità degli altri personaggi; in una <strong>di</strong>mensione cioè (si perdoni il paragone forse un po’ forzoso)<br />

che lo accomuna in qualche maniera a quella schiera <strong>di</strong> sovrani <strong>di</strong> ascendenza metastasiana che col loro agire<br />

illuminato fanno in modo che la virtù trionfi sempre sulla malvagità. Fors’anche tale contenuto morale e sociale,<br />

così lontano dalla comicità realistica <strong>di</strong> fondo, ha contribuito alla sparizione <strong>di</strong> questo brano dal <strong>Barbiere</strong><br />

per un così lungo periodo. <strong>La</strong> struttura stessa dell’opera, così come è sinora stata intessuta da librettista e compositore,<br />

rischia in questo punto <strong>di</strong> spezzarsi <strong>di</strong> fronte ad un volo <strong>di</strong> contenuto così elevato. Quando Rossini riutilizzerà<br />

la stessa musica nella Cenerentola (dove si fa portatrice <strong>di</strong> contenuti in gran parte simili), lo farà ben<br />

conscio che l’intera struttura drammatica <strong>di</strong> quell’opera sarebbe stata proiettata proprio verso quel sublime punto<br />

<strong>di</strong> astrazione musicale e morale.

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