Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice

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15.06.2013 Views

80 CONTE Freddo ed immobile come una statua, fiato non restagli da respirar. FIGARO (ridendo) Guarda Don Bartolo! Sembra una statua! Ah ah dal ridere sto per crepar. BARTOLO (all’uffiziale) Ma signor… CORO Ma signor… Zitto tu! 10e BARTOLO Ma un dottor… CORO Ma un dottor… Oh non più! BARTOLO Ma se lei… CORO Ma se lei… Non parlar… BARTOLO Ma vorrei… ESEMPIO 17 ( 4 88) segue nota 10d CORO Ma vorrei… Non gridar… BERTA, BARTOLO e BASILIO Ma se noi… CORO Ma se noi… Zitti voi. BERTA, BARTOLO e BASILIO Ma se poi… CORO Ma se poi… Pensiam noi. Vada ognun pe’ fatti suoi, si finisca d’altercar. TUTTI Mi par d’esser con la testa10f in un’orrida fucina, dove cresce e mai non resta delle incudini sonore l’importuno strepitar. Alternando questo e quello pesantissimo martello fa con barbara armonia muri e volte rimbombar. E il cervello poverello, già stordito, sbalordito, non ragiona, si confonde, si riduce ad impazzar. GIOACHINO ROSSINI Giunto il suo turno, Figaro si intromette nella polifonia con un tema assolutamente diverso, di carattere canzonatorio: ESEMPIO 18 (89) Il barbiere, lo ricordiamo, è l’unico personaggio ad avere sotto controllo la situazione e a conoscere il possibile stato d’animo degli altri: Rossini lo ha ben presente e sembra assegnargli il ruolo di divertito spettatore che, grazie al suo distacco emotivo, può permettersi di irridere gli altri personaggi. Ancora una volta si possono dunque ravvisare due livelli: al primo è collocato lo stupore generale, al secondo Figaro che osserva e commenta (per sé e per gli spettatori) il medesimo stupore, questa volta realizzati con mezzi puramente musicali. 10e n. 9: [Tempo di mezzo e] Stretta del finale primo. Allegro – , Do maggiore. 10f Durante il breve tempo di mezzo sembrano risvegliarsi tutti assieme quei tumulti caratteristici di quello d’attacco: si tratta dal punto di una semplice transizione verso la grande stretta, sigillo di questo lungo finale d’atto. Questo

ATTO SECONDO Camera in casa di Bartolo, con sedia ed un pianoforte con varie carte di musica. SCENA PRIMA BARTOLO solo BARTOLO Ma vedi il mio destino! Quel soldato per quanto abbia cercato niun lo conosce in tutto il reggimento. Io dubito… Eh cospetto! Che dubitar? Scommetto che dal Conte d’Almaviva è stato qua spedito quel signore ad esplorar della Rosina il core. Nemmeno in casa propria sicuri si può star!… ma io… (Battono) sicuri si può star!… ma io… Chi batte? (Verso le quinte) Ehi, chi è di là? Battono, non sentite? In casa io son; non v’è timore, aprite. SCENA II a Il CONTE travestito da maestro di musica, e detto CONTE XVII Pace e gioia il ciel vi dia. 11 BARTOLO Mille grazie, non s’incomodi. CONTE Gioia e pace per mill’anni. BARTOLO Obbligato in verità. (Questo volto non m’è ignoto, non ravviso… non ricordo… ma quel volto… ma quell’abito…XVIII non capisco… chi sarà?) CONTE (Ah se un colpo è andato a vuoto, a gabbar questo balordo segue nota 10e pezzo non offre grosse novità rispetto a brani analoghi: da un punto di vista formale è difatti costituito da un tema a cui segue un crescendo che porta a una sezione intermedia in fortissimo; tutto ciò viene ripetuto e chiosato da una lunga serie di cadenze. Ma la sostanza, l’inventiva e la qualità musicale con cui Rossini riempie tale forma sono davvero formidabili, tanto da far diventare questa stretta una delle chiusure d’atto più famose e trascinanti dell’intera produzione operistica del compositore. Tanti sono i dettagli degni di nota, a partire dal tema iniziale insolitamente lungo e articolato cantato tutto sottovoce assai dai cantanti all’unisono, e accompagnato dal brusio delle rapidissime terzine dei violini e da una particolarissima figurazione dei fiati nella quale trombe, corni, clarinetti e ottavino riempiono nell’ordine ciascuno dei quattro quarti del tempo, arricchiti dal tintinnìo del sistro sull’ultimo quarto. O come durante il crescendo animato dalle implacabili raffiche di terzine velocissime dell’orchestra, dove le parole «Alternando, questo e quello» sono effettivamente avvicendate tra Bartolo e Basilio prima, tra Basilio e i bassi del coro poi, creando un effetto di eco che sembra guidare il cicaleccio degli altri cantanti impegnati in un rapido sillabato di crome. O come, infine, lo splendido effetto di sorpresa che deriva dall’iniziare la ripetizione del tema non già nella tonalità base di Do, ma un tono e mezzo sopra, in Mi bemolle; il che ‘costringe’ il compositore a dover rientrare alla tonalità base durante l’enunciazione del tema e ad inventarsi una discesa modulante dall’effetto elettrizzante. Tutto ciò (e altro) fa di questa stretta una degna conclusione di un finale di notevole complessità scenica, le cui briglie musicali sono saldamente tenute in mano da un Rossini in stato di grazia con mille trovate guidate da un attentissimo controllo formale. XVII «sia con voi.». XVIII «quel volto». 11 n. 10. Duetto Conte-Bartolo. Andantino moderato – , Si bemolle. Nel perseguire il suo scopo Almaviva non si fa certo scoraggiare dal fatto che il primo colpo sia andato a vuoto, anzi persiste nella pratica del travestimento: quella dell’improbabile maestro di musica Don Alonso (sostituto di Basilio) è la terza identità fasulla che acquisisce durante l’opera. Come negli altri casi a un travestimento scenico equivale per Rossini un analogo travestimento musicale: pochi tocchi, quelli della noiosa e untuosa nenia con cui saluta Bartolo (con quel monotono pedale dei contrabbassi), bastano per disegnarne musicalmente il profilo:

ATTO SECONDO<br />

Camera in casa <strong>di</strong> Bartolo, con se<strong>di</strong>a ed un pianoforte<br />

con varie carte <strong>di</strong> musica.<br />

SCENA PRIMA<br />

BARTOLO solo<br />

BARTOLO<br />

Ma ve<strong>di</strong> il mio destino! Quel soldato<br />

per quanto abbia cercato<br />

niun lo conosce in tutto il reggimento.<br />

Io dubito… Eh cospetto!<br />

Che dubitar? Scommetto<br />

che dal Conte d’Almaviva<br />

è stato qua spe<strong>di</strong>to quel signore<br />

ad esplorar della Rosina il core.<br />

Nemmeno in casa propria<br />

sicuri si può star!… ma io…<br />

(Battono)<br />

sicuri si può star!… ma io… Chi batte?<br />

(Verso le quinte)<br />

Ehi, chi è <strong>di</strong> là? Battono, non sentite?<br />

In casa io son; non v’è timore, aprite.<br />

SCENA II a<br />

Il CONTE travestito da maestro <strong>di</strong> musica, e detto<br />

CONTE<br />

XVII Pace e gioia il ciel vi <strong>di</strong>a. 11<br />

BARTOLO<br />

Mille grazie, non s’incomo<strong>di</strong>.<br />

CONTE<br />

Gioia e pace per mill’anni.<br />

BARTOLO<br />

Obbligato in verità.<br />

(Questo volto non m’è ignoto,<br />

non ravviso… non ricordo…<br />

ma quel volto… ma quell’abito…XVIII non capisco… chi sarà?)<br />

CONTE<br />

(Ah se un colpo è andato a vuoto,<br />

a gabbar questo balordo<br />

segue nota 10e<br />

pezzo non offre grosse novità rispetto a brani analoghi: da un punto <strong>di</strong> vista formale è <strong>di</strong>fatti costituito da un tema<br />

a cui segue un crescendo che porta a una sezione interme<strong>di</strong>a in fortissimo; tutto ciò viene ripetuto e chiosato<br />

da una lunga serie <strong>di</strong> cadenze. Ma la sostanza, l’inventiva e la qualità musicale con cui Rossini riempie tale forma<br />

sono davvero formidabili, tanto da far <strong>di</strong>ventare questa stretta una delle chiusure d’atto più famose e trascinanti<br />

dell’intera produzione operistica del compositore. Tanti sono i dettagli degni <strong>di</strong> nota, a partire dal tema iniziale insolitamente<br />

lungo e articolato cantato tutto sottovoce assai dai cantanti all’unisono, e accompagnato dal brusio<br />

delle rapi<strong>di</strong>ssime terzine dei violini e da una particolarissima figurazione dei fiati nella quale trombe, corni, clarinetti<br />

e ottavino riempiono nell’or<strong>di</strong>ne ciascuno dei quattro quarti del tempo, arricchiti dal tintinnìo del sistro sull’ultimo<br />

quarto. O come durante il crescendo animato dalle implacabili raffiche <strong>di</strong> terzine velocissime dell’orchestra,<br />

dove le parole «Alternando, questo e quello» sono effettivamente avvicendate tra Bartolo e Basilio prima, tra<br />

Basilio e i bassi del coro poi, creando un effetto <strong>di</strong> eco che sembra guidare il cicaleccio degli altri cantanti impegnati<br />

in un rapido sillabato <strong>di</strong> crome. O come, infine, lo splen<strong>di</strong>do effetto <strong>di</strong> sorpresa che deriva dall’iniziare la ripetizione<br />

del tema non già nella tonalità base <strong>di</strong> Do, ma un tono e mezzo sopra, in Mi bemolle; il che ‘costringe’<br />

il compositore a dover rientrare alla tonalità base durante l’enunciazione del tema e ad inventarsi una <strong>di</strong>scesa modulante<br />

dall’effetto elettrizzante. Tutto ciò (e altro) fa <strong>di</strong> questa stretta una degna conclusione <strong>di</strong> un finale <strong>di</strong> notevole<br />

complessità scenica, le cui briglie musicali sono saldamente tenute in mano da un Rossini in stato <strong>di</strong> grazia<br />

con mille trovate guidate da un attentissimo controllo formale.<br />

XVII «sia con voi.».<br />

XVIII «quel volto».<br />

11 n. 10. Duetto Conte-Bartolo. Andantino moderato – , Si bemolle.<br />

Nel perseguire il suo scopo Almaviva non si fa certo scoraggiare dal fatto che il primo colpo sia andato a vuoto,<br />

anzi persiste nella pratica del travestimento: quella dell’improbabile maestro <strong>di</strong> musica Don Alonso (sostituto <strong>di</strong><br />

Basilio) è la terza identità fasulla che acquisisce durante l’opera. Come negli altri casi a un travestimento scenico<br />

equivale per Rossini un analogo travestimento musicale: pochi tocchi, quelli della noiosa e untuosa nenia con cui<br />

saluta Bartolo (con quel monotono pedale dei contrabbassi), bastano per <strong>di</strong>segnarne musicalmente il profilo:

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