Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice

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15.06.2013 Views

Charles-Nicolas Cochin (1715-1790), Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais.

Il barbiere di Siviglia, libretto e guida all’opera a cura di Stefano Piana Il libretto che qui si presenta sulla base dell’edizione stampata per la première al Teatro Argentina di Roma (20 febbraio 1816), è aperto da un celebre Avvertimento al pubblico, nel quale Cesare Sterbini tocca alcune questioni che in prospettiva storica si rivelano piuttosto interessanti. 1 L’intento principale è d’invocare una sorta di indulgenza anticipata per aver ripreso il soggetto di una fortunata opera di Paisiello del 1782, 2 ma Sterbini finisce così per dichiarare in maniera esplicita la sua fonte principale, costituita proprio dal libretto intonato dal collega. E poi si spinge oltre, segnalando la necessità di inserire nella vecchia struttura «nuove situazioni di pezzi musicali». Nell’opera di primo Ottocento si era ormai consolidato un sistema di convenzioni per molti aspetti diverso da quello che vigeva anche solo un trentennio prima: il librettista fa qui riferimento in particolare alla necessità di includere brani quali l’introduzione, che di consueto era costituita da una scena piuttosto ampia, conclusa da un concertato di una certa importanza, o il finale primo, verso cui era uso fare tendere quasi l’intera struttura drammatica e dove si inserivano colpi di scena che portavano a chiudere l’atto nello scompiglio generale. Piuttosto numerose (se non altro ben al di sopra della media consueta) sono le divergenze che si riscontrano tra il testo stampato nel primo libretto e quello musicato in partitura. Alcune di queste si possono forse imputare alla gran fretta con cui si dovette preparare il tutto: tali possono essere considerate ad esempio le parti che qua e là mancano nel testo stampato e che sono presenti invece in partitura, come i versi isolati nella serenata iniziale del Conte o nella cavatina di Figaro (la cui assenza finisce per 1 Il frontespizio recita: «ALMAVIVA / O SIA / L’INUTILE PRECAUZIONE / COMMEDIA / DEL SIGNOR BEAUMARCHAIS / Di nuovo interamente versificata, e / ridotta ad uso dell’odierno teatro / Musicale Italiano / DA CESARE STERBINI RO- MANO / DA RAPPRESENTARSI / NEL NOBIL TEATRO / DI TORRE ARGENTINA / NEL CARNEVALE DELL’ANNO 1816. / Con Musica del Maestro / GIOACHINO ROSSINI. / ROMA / Nella Stamperia di Crispino Puccinelli / presso S. Andrea della Valle». Nella trascrizione abbiamo scelto di non modernizzare la grafia. 2 Per lungo tempo attribuito a Giuseppe Petrosellini, tale testo è in realtà opera di un autore sconosciuto che si limitò a tradurre e a risistemare in versi la celebre commedia omonima di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais (1775). Un confronto anche rapido tra questo libretto e quello di Sterbini rivela il grande debito del secondo rispetto al primo in quanto a distribuzione della materia drammatica e persino versificazione (alcuni passi dei due testi suonano del tutto simili). Per una discussione su tale attribuzione si rimanda tra l’altro al volume stampato in occasione della recente esecuzione veneziana (giugno 2004) del Barbiere di Siviglia di Paisiello («La Fenice prima dell’opera» 6, 2004).

Il barbiere <strong>di</strong> <strong>Siviglia</strong>, libretto e guida all’opera<br />

a cura <strong>di</strong> Stefano Piana<br />

Il libretto che qui si presenta sulla base dell’e<strong>di</strong>zione stampata per la première al <strong>Teatro</strong><br />

Argentina <strong>di</strong> Roma (20 febbraio 1816), è aperto da un celebre Avvertimento al pubblico,<br />

nel quale Cesare Sterbini tocca alcune questioni che in prospettiva storica si rivelano<br />

piuttosto interessanti. 1 L’intento principale è d’invocare una sorta <strong>di</strong> indulgenza<br />

anticipata per aver ripreso il soggetto <strong>di</strong> una fortunata opera <strong>di</strong> Paisiello del 1782, 2 ma<br />

Sterbini finisce così per <strong>di</strong>chiarare in maniera esplicita la sua fonte principale, costituita<br />

proprio dal libretto intonato dal collega. E poi si spinge oltre, segnalando la necessità<br />

<strong>di</strong> inserire nella vecchia struttura «nuove situazioni <strong>di</strong> pezzi musicali». Nell’opera<br />

<strong>di</strong> primo Ottocento si era ormai consolidato un sistema <strong>di</strong> convenzioni per molti aspetti<br />

<strong>di</strong>verso da quello che vigeva anche solo un trentennio prima: il librettista fa qui riferimento<br />

in particolare alla necessità <strong>di</strong> includere brani quali l’introduzione, che <strong>di</strong> consueto<br />

era costituita da una scena piuttosto ampia, conclusa da un concertato <strong>di</strong> una<br />

certa importanza, o il finale primo, verso cui era uso fare tendere quasi l’intera struttura<br />

drammatica e dove si inserivano colpi <strong>di</strong> scena che portavano a chiudere l’atto nello<br />

scompiglio generale.<br />

Piuttosto numerose (se non altro ben al <strong>di</strong> sopra della me<strong>di</strong>a consueta) sono le <strong>di</strong>vergenze<br />

che si riscontrano tra il testo stampato nel primo libretto e quello musicato in<br />

partitura. Alcune <strong>di</strong> queste si possono forse imputare alla gran fretta con cui si dovette<br />

preparare il tutto: tali possono essere considerate ad esempio le parti che qua e là<br />

mancano nel testo stampato e che sono presenti invece in partitura, come i versi isolati<br />

nella serenata iniziale del Conte o nella cavatina <strong>di</strong> Figaro (la cui assenza finisce per<br />

1 Il frontespizio recita: «ALMAVIVA / O SIA / L’INUTILE PRECAUZIONE / COMMEDIA / DEL SIGNOR BEAUMARCHAIS /<br />

Di nuovo interamente versificata, e / ridotta ad uso dell’o<strong>di</strong>erno teatro / Musicale Italiano / DA CESARE STERBINI RO-<br />

MANO / DA RAPPRESENTARSI / NEL NOBIL TEATRO / DI TORRE ARGENTINA / NEL CARNEVALE DELL’ANNO 1816. / Con Musica<br />

del Maestro / GIOACHINO ROSSINI. / ROMA / Nella Stamperia <strong>di</strong> Crispino Puccinelli / presso S. Andrea della Valle».<br />

Nella trascrizione abbiamo scelto <strong>di</strong> non modernizzare la grafia.<br />

2 Per lungo tempo attribuito a Giuseppe Petrosellini, tale testo è in realtà opera <strong>di</strong> un autore sconosciuto che<br />

si limitò a tradurre e a risistemare in versi la celebre comme<strong>di</strong>a omonima <strong>di</strong> Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais<br />

(1775). Un confronto anche rapido tra questo libretto e quello <strong>di</strong> Sterbini rivela il grande debito del secondo<br />

rispetto al primo in quanto a <strong>di</strong>stribuzione della materia drammatica e persino versificazione (alcuni passi dei<br />

due testi suonano del tutto simili). Per una <strong>di</strong>scussione su tale attribuzione si rimanda tra l’altro al volume stampato<br />

in occasione della recente esecuzione veneziana (giugno 2004) del <strong>Barbiere</strong> <strong>di</strong> <strong>Siviglia</strong> <strong>di</strong> Paisiello («<strong>La</strong> <strong>Fenice</strong><br />

prima dell’opera» 6, 2004).

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