Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice
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SERENA FACCI<br />
3. Breve conclusione sulla strada: intreccio <strong>di</strong> canti, incontro <strong>di</strong> uomini<br />
<strong>La</strong> serenata è un genere musicale en plein air. Giar<strong>di</strong>ni, piazze e strade ne sono lo scenario.<br />
<strong>La</strong> strada citta<strong>di</strong>na è anche luogo deputato all’incontro e alla mescolanza tra i<br />
ceti sociali e favorevole dunque allo scambio <strong>di</strong> prodotti materiali o immateriali, come<br />
la musica.<br />
Le serenate del <strong>Barbiere</strong> <strong>di</strong> <strong>Siviglia</strong> (da Beaumarchais a Rossini), verosimilmente testimoniano<br />
<strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> incontro facendo <strong>di</strong> un topos teatrale-musicale un punto<br />
centrale del contratto <strong>di</strong> alleanza che si stipula talvolta tra i personaggi <strong>di</strong> rango elevato<br />
e i loro collaboratori <strong>di</strong> estrazione popolare. Questo contratto viene suggellato ad<strong>di</strong>rittura<br />
da uno scambio <strong>di</strong> abiti e <strong>di</strong> ruoli (come in Don Giovanni e Nozze <strong>di</strong> Figaro).<br />
Nel <strong>Barbiere</strong> <strong>di</strong> <strong>Siviglia</strong> non c’è reciproco travestimento tra il Conte e Figaro ma è<br />
comunque il mascheramento <strong>di</strong> Almaviva a ingannare Rosina e a costringere il «signor<br />
contino» a destreggiarsi tra versi improvvisati e accompagnamento musicale. Il contratto<br />
tra i due uomini (in tutte le versioni a partire da quella <strong>di</strong> Beaumarchais) è invece<br />
chiaramente sancito da un gesto spontaneo del barbiere-musico: il prestito della chitarra,<br />
lo strumento che, anche ai tempi <strong>di</strong> Rossini, era simbolo <strong>di</strong> ibridazione sociale.<br />
Nel <strong>Barbiere</strong> la chitarra compare in tutte e due le serenate a definire il contesto del<br />
canto <strong>di</strong> strada. I due momenti si contrastano e completano: l’uno descrive una performance<br />
musicale preparata, commissionata, interpretata e pagata da un nobiluomo,<br />
l’altro mantiene la freschezza del cantare estemporaneo e alla buona. Due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere<br />
della performance sotto la finestra, che convivevano tranquillamente nelle città del<br />
centro-sud Italia.<br />
È molto <strong>di</strong>fficile trovare contatti tra le serenate operistiche oggetto <strong>di</strong> questo saggio<br />
e le ‘vere’ serenate popolari, ad eccezione, forse, dell’uso comune della forma strofica.<br />
Mi stimola però il contrasto tra la serenità delle canzoni <strong>di</strong> Paisiello e Mozart, alla quale<br />
si può in parte accostare anche la cavatina <strong>di</strong> Almaviva in Rossini, e il tono più lamentoso<br />
della seconda serenata del <strong>Barbiere</strong>. Le due corde, è vero, sono attribuibili a<br />
<strong>di</strong>fferenti scelte stilistiche dei compositori ma, a ben vedere, sono anche giustificate dalla<br />
complessità dell’espressione amorosa, che richiede, per la conquista <strong>di</strong> un altro cuore,<br />
ora la baldanza, ora la pietà:<br />
Calasciuncello mio, calasciuncello,<br />
cumme te voglio romper’ e scassare!<br />
Da stamattina ca’ ncuollo te porto<br />
nisciuna nenna m’he fatt’affacciare.<br />
Calasciuncello mio se vota e <strong>di</strong>ce:<br />
«Mietteme ’ncorda ca voglio sunare:<br />
tanto che voglio fa’ nu suon’affritto,<br />
la nenna ca tu vuo’ facci’ affacciare!» 38<br />
(Vomero, NA)<br />
38 Canzoniere Italiano cit., II, p. 355.