Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice
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Le <strong>di</strong>fferenze sono notevolissime anche nel trattamento poetico e musicale dei soliti<br />
contenuti (la presentazione <strong>di</strong> Lindoro, del suo stato sociale e l’accorata <strong>di</strong>chiarazione<br />
d’amore). Una prima lampante <strong>di</strong>screpanza sta nella tonalità, <strong>di</strong> modo minore, mentre<br />
le precedenti serenate citate <strong>di</strong> Paisiello e Mozart erano in modo maggiore (e notiamo<br />
che la tonalità <strong>di</strong> <strong>La</strong> minore, come il Do maggiore della prima serenata, è ‘comoda’ per<br />
i chitarristi).<br />
Il testo <strong>di</strong> Sterbini è formato da due strofe (interrotte da un breve <strong>di</strong>alogo tra il Conte<br />
e Figaro e da un intervento dall’interno <strong>di</strong> Rosina), con una versificazione articolata:<br />
due decasillabi piani seguiti da quattro senari e infine una sorta <strong>di</strong> ritornello <strong>di</strong> due decasillabi<br />
tronchi. 32 In mancanza <strong>di</strong> un accompagnamento strumentale elaborato e ricco<br />
<strong>di</strong> interlu<strong>di</strong>, come quello <strong>di</strong> Paisiello, Sterbini e Rossini recuperano, anche se in modo<br />
completamente <strong>di</strong>verso rispetto a Beaumarchais, l’intercalare parlato tra una strofa<br />
e l’altra, qui in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso a tre:<br />
CONTE<br />
Se il mio nome saper voi bramate,<br />
dal mio labbro il mio nome ascoltate.<br />
Io sono Lindoro<br />
che fido v’adoro,<br />
che sposa vi bramo,<br />
che a nome vi chiamo,<br />
<strong>di</strong> voi sempre cantando così,<br />
dall’aurora al tramonto del dì.<br />
(Di dentro si sente la voce <strong>di</strong> Rosina ripetere il ritornello della canzone)<br />
FIGARO<br />
Sentite?… ah, che vi pare?<br />
CONTE<br />
Sentite?… ah, che vi pare?Oh me felice!<br />
FIGARO<br />
Evviva, a voi, seguite.<br />
CONTE (canta)<br />
L’amoroso sincero Lindoro<br />
non può darvi, mia cara, un tesoro.<br />
Io ricco non sono<br />
ma un core vi dono,<br />
un’anima amante<br />
che fida e costante<br />
per voi sempre sospira così<br />
dall’aurora al tramonto del dì.<br />
SERENA FACCI<br />
32 Si veda a questo proposito DANIELA GOLDIN, «Il barbiere <strong>di</strong> <strong>Siviglia</strong>», da Beaumarchais all’opera buffa (in<br />
Venezia e il melodramma del Settecento cit., pp. 323-349).