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Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice

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«UNA CANZONETTA, COSÌ ALLA BUONA»<br />

creativo del poeta-cantore. In alcune forme, come la tammurriata napoletana, è previsto<br />

il ripetersi organizzato <strong>di</strong> versi o porzioni <strong>di</strong> verso che vanno a riempire l’esteso spazio<br />

della melo<strong>di</strong>a. Talvolta, come nel canto alla lonuvucchisa calabrese, è possibile anche<br />

l’aggiunta <strong>di</strong> versi <strong>di</strong> circostanza allo schema metrico-poetico <strong>di</strong> base. Ma nelle<br />

forme in cui il contenuto testuale è particolarmente importante come l’ottava rima toscana<br />

e laziale, l’ottava sarda, o le fronne campane, la ripetizione non è prevista, anzi,<br />

sarebbe deplorevole. 29 Dal canto suo la paro<strong>di</strong>a o il canto sull’aria, che non necessariamente<br />

sono improvvisati, richiederebbero <strong>di</strong> sostituire i nuovi versi agli originali in<br />

modo fluido, foneticamente e metricamente efficiente.<br />

Paisiello probabilmente conosceva sia le norme del cantare all’improvviso, sia quelle<br />

del paro<strong>di</strong>are, <strong>di</strong> largo uso nella tra<strong>di</strong>zione napoletana. 30 Nella serenata <strong>di</strong> Almaviva<br />

è verosimile pensare che venga messa in scena l’inesperienza poetica dell’aristocratico.<br />

Ridotte a soli gesti <strong>di</strong> plauso («Figaro approva», «Figaro applau<strong>di</strong>sce», «Figaro<br />

batte le mani») le lusinghe <strong>di</strong> Figaro, che in Beaumarchais incoraggiavano con eccesso<br />

<strong>di</strong> zelo il Conte, finendo per metterne in evidenza l’incertezza e l’imperizia, l’accostamento<br />

tra l’elegante e scorrevole melo<strong>di</strong>a e il testo sghembo e certamente <strong>di</strong> non grande<br />

pregio suona come ironico. Non saprei <strong>di</strong>re se la serenata sia una vera paro<strong>di</strong>a, ovvero<br />

se, come sarebbe giustificato dalla trama, Paisiello abbia utilizzato veramente<br />

un’aria già nota, creando così sugli ascoltatori un effetto comico.<br />

Bisogna comunque ammettere che, almeno per orecchie moderne, il livello del trattamento<br />

testuale è mascherato dall’eleganza della musica (che ben poco avrebbe a che<br />

fare con le forme popolari poco fa citate) sia nel fraseggio pieno <strong>di</strong> grazia della voce, in<br />

quello stile che si troverà ancora nel «Voi che sapete» <strong>di</strong> Cherubino nelle Nozze <strong>di</strong> Figaro,<br />

sia nella ricchezza della parte <strong>di</strong> mandolino che interviene prepotentemente nell’introduzione<br />

e negli interlu<strong>di</strong>, accompagna il canto in modo sempre <strong>di</strong>verso e conclude<br />

l’aria con una ricca cadenza. Le altre parti strumentali (i violini pizzicati, il basso<br />

della viola e i bicor<strong>di</strong> tenuti <strong>di</strong> due clarinetti) si limitano ad un accompagnamento <strong>di</strong>screto.<br />

Forse non si trattava <strong>di</strong> Zaneboni, ma sicuramente il mandolinista doveva essere<br />

<strong>di</strong> pregio.<br />

Cronologicamente interme<strong>di</strong>a tra quella <strong>di</strong> Paisiello e quella <strong>di</strong> Rossini, va ricordata<br />

la celebre serenata del Don Giovanni a cui si è già accennato. Come ha fatto notare<br />

Wolfgang Osthoff, Da Ponte utilizza per questa serenata, come per quella (più allusa<br />

che reale) <strong>di</strong> Susanna nelle Nozze <strong>di</strong> Figaro, quartine <strong>di</strong> endecasillabi a rima alternata,<br />

una forma inconsueta nei suoi libretti e invece molto frequente nella tra<strong>di</strong>zione popolare<br />

(e colto-popolare) italiana, in particolare nella villotta veneta. 31 Mozart che, sempre<br />

secondo Osthoff, non conosceva la musica popolare italiana, ma piuttosto il modo<br />

<strong>di</strong> trattare gli endecasillabi nell’opera, crea una Canzonetta con una graziosa melo<strong>di</strong>a,<br />

29 Si veda DIEGO CARPITELLA (et alii), Il verso cantato, Roma, C.A.T.T.I.D. 1994.<br />

30 <strong>La</strong> paro<strong>di</strong>a era un espe<strong>di</strong>ente molto usato dai compositori napoletani per ottenere effetti comici nelle loro<br />

opere. Cfr. ROBERTO DE SIMONE, Prolegomeni al «Socrate immaginario», Torino, Einau<strong>di</strong>, 2005.<br />

31 Cfr. OSTHOFF, Gli endecasillabi villottistici cit.<br />

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