Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice
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34<br />
netta che chiude l’introduzione – in cui i musici ringraziano chiassosamente ed esageratamente<br />
il Conte che, evidentemente poco avvezzo alle consuetu<strong>di</strong>ni della strada, li<br />
ha strapagati – è <strong>di</strong> un realismo buffo quasi sarcastico. <strong>La</strong> venalità dei musici (che preannuncia<br />
quella <strong>di</strong> Figaro) e la loro ossequiosa gratitu<strong>di</strong>ne sono, <strong>di</strong> fatto, sorde agli affanni<br />
amorosi del nobiluomo. Il popolo dei Pulcinella, quello che sarà <strong>di</strong> Viviani e Scarpetta<br />
può, svoltato l’angolo, alzar le spalle e tirare avanti come può, magari irridendo,<br />
perché no, al buffo signore.<br />
Diego Carpitella, in uno stu<strong>di</strong>o sull’uso e sulla rappresentazione del ‘popolo’ e delle<br />
musiche popolari nel melodramma italiano, ha definito <strong>di</strong> «verosimiglianza» l’atteggiamento<br />
e gli esiti dei musicisti del periodo più prossimo all’Illuminismo, includendo<br />
tra essi anche Rossini. 20 Penso che si possa intravedere questa «verosimiglianza» anche<br />
in molti momenti del <strong>Barbiere</strong> <strong>di</strong> <strong>Siviglia</strong>, tra i quali le due serenate: la prima essenzialmente<br />
per le soluzioni sceniche, la seconda anche per alcuni elementi musicali.<br />
2. <strong>La</strong> seconda serenata: il canto-comunicazione<br />
SERENA FACCI<br />
Ih quant’è bellu lu ssapé sunare,<br />
massemamente lu cantare pure:<br />
quanno ’na nenna nun la può parlare,<br />
’ncanzone le può rì’ chello che vuoie.<br />
Alla fenesta la fai affacciare,<br />
po’ te la vuoti cu’ li mori tuoie.<br />
(Vomero, NA) 21<br />
Una <strong>di</strong>fferente situazione giustifica la seconda serenata del Conte, prevista dal testo <strong>di</strong><br />
Beaumarchais: Rosina in un biglietto lanciato dalla finestra ha chiesto al giovane <strong>di</strong> svelarle<br />
la sua identità e le sue intenzioni cantando «con in<strong>di</strong>fferenza sull’aria conosciuta<br />
<strong>di</strong> queste strofe». Il canto non serve più come una <strong>di</strong>chiarazione amorosa, ma per intrecciare<br />
un vero e proprio <strong>di</strong>alogo tra gli innamorati che sfruttano la prassi del canto<br />
in strada, abituale e socialmente tollerato, per passarsi informazioni.<br />
Queste finte serenate o generici canti eseguiti con «in<strong>di</strong>fferenza» allo scopo <strong>di</strong> veicolare<br />
avvertimenti o comunicazioni, non necessariamente <strong>di</strong> contenuto amoroso, sono abbondantemente<br />
attestati nella pratica musicale <strong>di</strong> strada del <strong>di</strong>ciannovesimo come del<br />
ventesimo secolo e se ne trovano tracce nella produzione teatrale e cinematografica soprattutto<br />
<strong>di</strong> ambientazione partenopea fino al secondo dopoguerra. 22<br />
20 DIEGO CARPITELLA, Musicisti e popolo nell’Italia romantica e moderna, in ID. Conversazioni sulla musica,<br />
Lezioni, conferenze, trasmissioni ra<strong>di</strong>ofoniche 1955-1990, Firenze, Ponte alle Grazie, 1992, pp. 81-165, p. 82 e<br />
segg. 21 Canzoniere Italiano cit., II, p. 363.<br />
22 Ricor<strong>di</strong>amo le fronne intonate per i detenuti <strong>di</strong> Poggio Reale nel primo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Ieri, Oggi, Domani <strong>di</strong><br />
Vittorio De Sica, o la ‘spiata’ in forma <strong>di</strong> canto che scatena la gelosia in Assunta Spina, film <strong>di</strong> Mario Mattoli con<br />
Anna Magnani ricavato dal dramma <strong>di</strong> Salvatore <strong>di</strong> Giacomo. Il canto è stato usato anche in contesti rurali come