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Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice

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«UNA CANZONETTA, COSÌ ALLA BUONA»<br />

In teatro, a partire dalla Comme<strong>di</strong>a dell’Arte, la serenata sotto il balcone <strong>di</strong>venne un<br />

topos, utilizzato a vari fini, che perdurò nel melodramma lungo tutto il <strong>di</strong>ciannovesimo<br />

secolo in contesti comici, ma anche drammatici (Il trovatore <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong>, il Faust <strong>di</strong><br />

Gounod, ecc). Ancora nel Novecento la troviamo in alcune produzioni cinematografiche<br />

(ricor<strong>di</strong>amo la serenata <strong>di</strong> riparazione, accompagnata da un’orchestrina, a cui è obbligato<br />

il protagonista <strong>di</strong> Sedotta e abbandonata <strong>di</strong> Pietro Germi).<br />

Un esempio da citare, per la vicinanza cronologica al <strong>Barbiere</strong> <strong>di</strong> <strong>Siviglia</strong>, è il Don<br />

Giovanni. <strong>La</strong> serenata («canzonetta») mozartiana è collocata in un momento comico<br />

della vicenda, quando in uno scambio <strong>di</strong> ruoli Don Giovanni <strong>di</strong>chiara, in una canzone<br />

sotto «la finestra», il suo amore alla servetta <strong>di</strong> Donna Elvira, mentre Leporello, travestito<br />

da Don Giovanni deve tenere a bada la stessa Donna Elvira. Ma in precedenti versioni<br />

del Don Giovanni una serenata era collocata in altri momenti: nel Convitato <strong>di</strong><br />

Pietra <strong>di</strong> Giacinto Andrea Cicognini (1640) è Don Ottavio a fare la serenata a Donna<br />

Anna mentre Don Giovanni, coprendosi con il mantello dello stesso Don Ottavio, si insinua<br />

nascostamente nella casa della dama. In ognuno <strong>di</strong> questi casi la presenza della<br />

musica in scena doveva rappresentare una sorta <strong>di</strong> parentesi nel canonico svolgimento<br />

drammatico, pur essendo giustificata e talvolta utile nella trama. Essendo inoltre la serenata<br />

un genere musicale socialmente ibrido, la sua frequentazione nel melodramma<br />

rientra nella più generale tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> rendere i personaggi popolari, per convenzione<br />

chiassosi e festaioli, protagonisti <strong>di</strong> canti, balli e musiche in scena. Ce ne sono vari<br />

esempi nel teatro settecentesco. Qui basti ricordare il corteo omaggiante <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni<br />

nelle Nozze <strong>di</strong> Figaro <strong>di</strong> Mozart.<br />

Rossini e il popolare ‘verosimile’<br />

<strong>La</strong> scena rossiniana dunque è perfettamente interna a questa tra<strong>di</strong>zione. Essa però rientra<br />

maggiormente in quel filone comico della rappresentazione dell’innamorato che era<br />

già in Striggio. <strong>La</strong> <strong>di</strong>chiarazione gridata dell’amore in una strada rendeva la serenata<br />

un evento pubblicamente con<strong>di</strong>viso. Se ci si voleva far sentire da una fanciulla addormentata<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> un muro, bisognava cantare ad alta voce. Familiari e vicini erano<br />

coinvolti come testimoni dell’evento e il più delle volte erano tolleranti. 19<br />

Il canto del resto è, in quasi tutte le culture del mondo, un modo formalizzato <strong>di</strong><br />

esprimere ma anche contenere i sentimenti. Il rispetto delle convenzioni formali e cerimoniali<br />

dell’esecuzione musicale è garanzia <strong>di</strong> un comportamento controllato e socialmente<br />

accettabile. Per questo è possibile, cantando, <strong>di</strong>re cose che le convenzioni sociali<br />

non consentirebbero in un normale <strong>di</strong>scorso, ivi compreso il parlare d’amore in una<br />

società sessualmente repressiva.<br />

Ma ciò non mette al riparo l’innamorato da alcune conseguenze, come il <strong>di</strong>leggio da<br />

parte <strong>di</strong> terzi o, come nel caso del Conte, la loro cinica in<strong>di</strong>fferenza. <strong>La</strong> burlesca sce-<br />

19 L’informazione deriva da una testimonianza da me raccolta nel 1977 presso un gruppo <strong>di</strong> uomini <strong>di</strong> Frosinone<br />

che portava le serenate negli anni Quaranta. Tra essi figurava, da giovane, il <strong>di</strong>rettore d’orchestra Daniele<br />

Paris che durante questi concertini suonava ad<strong>di</strong>rittura un pianoforte issato su un camioncino.<br />

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