Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice

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15.06.2013 Views

26 SERENA FACCI dall’arrivo di Figaro che entra in scena cantando con «una chitarra appesa a bandoliera sulla schiena». Nella versione operistica di Paisiello il Conte, solo anche in questo caso, intona un’Introduzione, accompagnato da un richiamo di corni evocativo dell’imminente arrivo del giorno. I pochi versi articolati su una melodia ripetuta recitano solo: «Ecco l’ora s’avvicina / per veder la mia Rosina / ov’è solita venir». Sono un condensato del testo teatrale e d’origine, di cui ripropongono la funzione introduttiva di narrare un antefatto. Non v’è alcuna traccia di quegli elementi che rendono riconoscibile una serenata, in particolare l’indirizzamento esplicito all’amata/o a cui ci si rivolge con il «tu». La seconda parte della breve Introduzione esprime il disappunto del nobiluomo all’arrivo del barbiere, che come nell’originale di Beaumarchais reca una chitarra sulle spalle e canta. Sia in Beaumarchais, dunque, sia in Paisiello il personaggio che entra in scena cantando (non nel senso fittizio del recitar-cantando, ma in quello concreto dell’eseguire un canto) è Figaro che, aspirante musicista, sta componendo una canzone che ben figurerebbe nei repertori dei canti d’osteria. Al Conte, invece, spetta il compito di far presente al pubblico l’antefatto della vicenda, assolvendo all’antica funzione narrativa del Prologo. Intenzionato, probabilmente, a dare più spazio al tenore, Rossini trasforma le poche frasi di spiegazione di Beaumarchais in una plateale e gridata dichiarazione d’amore e, non si sa quanto coscientemente, introduce nella scena e nella forma stessa della musica la contraddizione espressa verbalmente nel testo teatrale tra il reale stato sociale del Conte e quello del povero Lindoro che egli vorrebbe interpretare per farsi amare da Rosina. La serenata in strada, infatti, non sarebbe adatta a un aristocratico avvezzo a vivere nelle corti. Il fatto che venga accompagnato da un folto gruppo di musici ne tradisce il censo. L’evidenza che i musici vengano organizzati da un servitore, prima ancora del suo arrivo, ne suggerisce la casta. Dicevamo che anche la musica aiuta a definire l’ambiguità del travestimento. L’aria è bipartita, come è d’uso nelle cavatine, costruita su quattro strofe di quattro versi. Gli elementi testuali che richiamano al genere della serenata sono nelle prime due quartine con versi settenari, di cui il quarto tronco, e schema rimico ABBC. Una forma aulica, frequente nel melodramma settecentesco e di sapore metastasiano: Ecco ridente in cielo spunta la bella aurora e tu non sorgi ancora e puoi dormir così? Sorgi, mia bella speme, vieni, bell’idol mio, rendi men crudo, oh dio! lo stral che mi ferì. La melodia concorre alla definizione di uno stile alto, confacente al rango nobiliare del personaggio. È ripetuta nelle due strofe, ma in modo sensibilmente variato. Riccamen-

«UNA CANZONETTA, COSÌ ALLA BUONA» Scena del Barbier de Séville di Beaumarchais. Disegno coevo a penna. Parigi, Bibliothèque de l’Arsenal (Collezione teatrale Rondel). Esempi musicali dalla partitura originale del Barbier de Séville: l’arietta «Banissons le chagrin», improvvisata da Figaro (I.2), e i couplets del Conte «Je suis Lindor». Da E. J. Arnould, La genèse du Barbier de Séville, Dublin, Dublin University Press-Paris, Minard, 1965, Tav. XIV. 27

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SERENA FACCI<br />

dall’arrivo <strong>di</strong> Figaro che entra in scena cantando con «una chitarra appesa a bandoliera<br />

sulla schiena».<br />

Nella versione operistica <strong>di</strong> Paisiello il Conte, solo anche in questo caso, intona un’Introduzione,<br />

accompagnato da un richiamo <strong>di</strong> corni evocativo dell’imminente arrivo del<br />

giorno. I pochi versi articolati su una melo<strong>di</strong>a ripetuta recitano solo: «Ecco l’ora s’avvicina<br />

/ per veder la mia Rosina / ov’è solita venir». Sono un condensato del testo teatrale<br />

e d’origine, <strong>di</strong> cui ripropongono la funzione introduttiva <strong>di</strong> narrare un antefatto. Non<br />

v’è alcuna traccia <strong>di</strong> quegli elementi che rendono riconoscibile una serenata, in particolare<br />

l’in<strong>di</strong>rizzamento esplicito all’amata/o a cui ci si rivolge con il «tu». <strong>La</strong> seconda parte<br />

della breve Introduzione esprime il <strong>di</strong>sappunto del nobiluomo all’arrivo del barbiere,<br />

che come nell’originale <strong>di</strong> Beaumarchais reca una chitarra sulle spalle e canta.<br />

Sia in Beaumarchais, dunque, sia in Paisiello il personaggio che entra in scena cantando<br />

(non nel senso fittizio del recitar-cantando, ma in quello concreto dell’eseguire un<br />

canto) è Figaro che, aspirante musicista, sta componendo una canzone che ben figurerebbe<br />

nei repertori dei canti d’osteria.<br />

Al Conte, invece, spetta il compito <strong>di</strong> far presente al pubblico l’antefatto della vicenda,<br />

assolvendo all’antica funzione narrativa del Prologo. Intenzionato, probabilmente,<br />

a dare più spazio al tenore, Rossini trasforma le poche frasi <strong>di</strong> spiegazione <strong>di</strong><br />

Beaumarchais in una plateale e gridata <strong>di</strong>chiarazione d’amore e, non si sa quanto coscientemente,<br />

introduce nella scena e nella forma stessa della musica la contrad<strong>di</strong>zione<br />

espressa verbalmente nel testo teatrale tra il reale stato sociale del Conte e quello del<br />

povero Lindoro che egli vorrebbe interpretare per farsi amare da Rosina. <strong>La</strong> serenata<br />

in strada, infatti, non sarebbe adatta a un aristocratico avvezzo a vivere nelle corti. Il<br />

fatto che venga accompagnato da un folto gruppo <strong>di</strong> musici ne tra<strong>di</strong>sce il censo. L’evidenza<br />

che i musici vengano organizzati da un servitore, prima ancora del suo arrivo, ne<br />

suggerisce la casta.<br />

Dicevamo che anche la musica aiuta a definire l’ambiguità del travestimento. L’aria<br />

è bipartita, come è d’uso nelle cavatine, costruita su quattro strofe <strong>di</strong> quattro versi. Gli<br />

elementi testuali che richiamano al genere della serenata sono nelle prime due quartine<br />

con versi settenari, <strong>di</strong> cui il quarto tronco, e schema rimico ABBC. Una forma aulica, frequente<br />

nel melodramma settecentesco e <strong>di</strong> sapore metastasiano:<br />

Ecco ridente in cielo<br />

spunta la bella aurora<br />

e tu non sorgi ancora<br />

e puoi dormir così?<br />

Sorgi, mia bella speme,<br />

vieni, bell’idol mio,<br />

ren<strong>di</strong> men crudo, oh <strong>di</strong>o!<br />

lo stral che mi ferì.<br />

<strong>La</strong> melo<strong>di</strong>a concorre alla definizione <strong>di</strong> uno stile alto, confacente al rango nobiliare del<br />

personaggio. È ripetuta nelle due strofe, ma in modo sensibilmente variato. Riccamen-

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