Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice

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15.06.2013 Views

Gertrude Righetti-Giorgi, la prima Rosina e la prima Cenerentola. La Righetti-Giorgi (1793-1862) partecipò alla prima rappresentazione dei Pitocchi fortunati di Stefano Pavesi (Dilara).

Il barbiere di Siviglia, in breve a cura di Gianni Ruffin Almaviva o sia L’inutile precauzione era il titolo con cui il 20 febbraio 1816 Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini debuttò sulle scene del Teatro Argentina di Roma. Il Pesarese aveva scritto l’opera di tutta fretta (poco più, poco meno di venti giorni) su un libretto del giovane poeta Cesare Sterbini, rimodellando Le barbier de Séville di Beaumarchais già tradotto e ridotto a libretto, nel 1782, per Paisiello (un vero capolavoro, che lasciò tracce profonde anche su Mozart). Il misurarsi con la fama di uno dei più acclamati maestri della tradizione napoletana fu certo impresa ardua, ma dopo qualche contestazione il successo puntualmente arrivò, e già a partire dalle successive serate romane Il barbiere si affermò come una delle opere più note ed eseguite, sia sulle grandi piazze teatrali, sia – soprattutto – nei circuiti minori e provinciali (secondo un veloce calcolo, è nel manipolo di opere che ha ricevuto il maggior numero di rappresentazioni sulla faccia della terra). Per giungere a capo delle seicento pagine che compongono la partitura, il Maestro utilizzò – come fece in altre occasioni – spunti melodici e brani tratti dalle sue opere precedenti (ma non, ovviamente, da quelle già date sulle scene romane). Si sentono così gli echi di pagine del Sigismondo («Piano, pianissimo»), di Aureliano in Palmira («Ecco ridente in cielo» e «Io sono docile»), della Cambiale di matrimonio (duetto tra Figaro e Rosina), dal Signor Bruschino (aria di Bartolo). A partire dalla versione bolognese dell’agosto 1816, l’Ouverture originale di cui poco si conosce venne sostituita con quella già utilizzata per Elisabetta, regina d’Inghilterra (Napoli 1815), e prima ancora per Aureliano in Palmira (Milano 1813). In accordo con le riscoperte dell’odierna Rossini-renaissance, la straordinaria diffusione del Barbiere ha definitivamente annesso tali brani a questo capolavoro. Pur senza discostarsi molto da Beaumarchais e da Petrosellini, Rossini impose subito il suo sigillo di modernità scegliendo di infrangere in più occasioni le consuetudini e i codici vigenti (mancata cavatina al comparire di Rosina, vitalissima presentazione di Figaro) e lanciò alcuni numeri d’impatto immediato (l’«Aria della Vipera» di Rosina – a Roma interpretata dal contralto Gertrude Righetti-Giorgi, anche se in seguito, e spesso ancor oggi, fu impersonata da un soprano – e l’«aria della Calunnia» di Don Basilio). L’elemento di maggior attualità stilistica è tuttavia l’inserimento, nella trama del Barbiere, dei grandi finali d’atto, la cui forma – applicabile sia al genere comico che a quello serio – Rossini andava perfezionando in quegli anni: con il loro perfetto meccanismo, che alterna stasi e concitazione, con l’utilizzo a effetto delle risorse armoniche e dinamiche (l’arcinoto crescendo), Rossini supera i confini del tradizionale realismo buffo per ottenere una comicità ludica estraniante, nevrotica e modernissima. Permangono comunque, specie nell’atto secondo, i «luoghi» consueti della tradizione buffa: travestimento, commedia nella commedia, satira di costume (l’esilarante duetto «Pace e gioia», con l’untuoso salmodiare ecclesiastico del finto Don Alonso) e la lezione di canto, uno dei più tipici effetti di musica in scena. Un contesto ideale, fra l’altro, per sostituire l’originario «Contro un cor che accende amore» con altri brani, a ca-

Gertrude Righetti-Giorgi, la prima Rosina e la prima Cenerentola. <strong>La</strong> Righetti-Giorgi (1793-1862) partecipò alla<br />

prima rappresentazione dei Pitocchi fortunati <strong>di</strong> Stefano Pavesi (Dilara).

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