Barbiere di Siviglia - Teatro La Fenice
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APPENDICE – LE VOCI<br />
vo <strong>di</strong> García (che da alcuni contemporanei era ad<strong>di</strong>rittura considerato eccessivo) poteva<br />
esprimersi al suo meglio: nella raffinata e impegnativa serenata dell’introduzione<br />
e nella grande aria finale, dove le <strong>di</strong>fficoltà tecniche raggiungono un livello davvero<br />
impressionante. Non è un caso che si tratti proprio dei due momenti in cui il Conte<br />
esprime tutta la sua natura aristocratica, nutrita <strong>di</strong> un sentimento amoroso elevato che<br />
lo porterà a rappresentarsi come il nobile salvatore dell’innocente oppressa; tutto ciò<br />
è naturalmente evidenziato per contrasto dal continuo rapporto che il personaggio<br />
coltiva con Figaro, ancorato ai valori più prosaici del danaro e della scaltrezza. Ma<br />
non è questa la sola faccia che il Conte mostra agli spettatori: egli si presenterà durante<br />
l’opera con ben tre travestimenti <strong>di</strong>versi (quasi un record in un genere operistico<br />
in cui espe<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> questo tipo pure costituivano la regola), a cui corrispondono,<br />
come si è cercato <strong>di</strong> evidenziare nella guida all’ascolto, altrettante caratterizzazioni<br />
musicali: si va dalla toccante e semplice melo<strong>di</strong>a con cui Lindoro fa definitivamente<br />
breccia nel cuore <strong>di</strong> Rosina, alle frasi irregolari e spezzate del soldato ubriaco, sino alla<br />
cantilenante nenia <strong>di</strong> Don Alonso. Un campionario <strong>di</strong> caratterizzazioni insomma<br />
che richiedeva a García (e agli interpreti <strong>di</strong> oggi), oltre che una grande padronanza della<br />
tecnica vocale, una capacità attoriale non in<strong>di</strong>fferente, che il celebre tenore possedeva<br />
in misura ragguardevole.<br />
Terzo e ultimo personaggio dei ‘buoni’ è naturalmente Rosina, ossia l’oggetto delle<br />
attenzioni amorose del Conte. Ella non ubbi<strong>di</strong>sce certo al topos della povera e fragile<br />
fanciulla repressa dal malvagio tutore, ma si rivela essere in grado <strong>di</strong> rivaleggiare con Figaro<br />
quanto ad astuzia e intraprendenza: lo rivelano, oltre alla descrizione che fa <strong>di</strong> sé<br />
nella sua cavatina, il duello ingaggiato con il barbiere nel loro duetto n. 7 (sfida che la<br />
vede uscire <strong>di</strong> fatto vincitrice) e il fatto che durante l’opera non avrà <strong>di</strong>fficoltà in ogni<br />
occasione a seguire intelligentemente le furbe macchinazioni messe in opera da Figaro e<br />
dal Conte. Alla prima esecuzione Rossini affidò la parte alle cure <strong>di</strong> Gertrude Righetti-<br />
Giorgi, anch’essa <strong>di</strong> origine bolognese, che un anno dopo avrà l’onore <strong>di</strong> sostenere la<br />
parte della protagonista alla première della Cenerentola. <strong>La</strong> parte che il compositore preparò<br />
per lei, se si escludono alcuni affon<strong>di</strong> nel registro grave (si veda l’es. 11 della guida)<br />
si muove prevalentemente nel registro centrale con <strong>di</strong>verse escursioni nella parte acuta,<br />
cosa che in qualche modo finì per favorire col tempo l’uso <strong>di</strong> affidare il ruolo a un<br />
soprano, ovviamente riscrivendo tutte quelle sezioni dove la tessitura si faceva troppo<br />
bassa. Negli ultimi decenni tale consuetu<strong>di</strong>ne è andata via via scomparendo, e Rosina è<br />
tornata appannaggio dei contralti, così come Rossini l’aveva concepita.<br />
Del novero dei personaggi negativi fa parte Don Bartolo, a cui Rossini affida il ruolo<br />
<strong>di</strong> «buffo parlante» (in contrasto con Figaro, «buffo cantante»), tipologia vocale che<br />
ha i maggiori pregi non tanto nel canto spianato, ma nella caricaturale caratterizzazione<br />
scenica e nella capacità virtuosistica <strong>di</strong> declamare sillabati in maniera velocissima<br />
quasi a per<strong>di</strong>fiato. Di tale dote doveva certo eccellere il primo interprete Bartolomeo<br />
Botticelli, per cui Rossini scrisse un’aria (n. 8) dove tale tecnica è portata agli estremi<br />
limiti. <strong>La</strong> <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> tale brano è tanta che già nei primi anni dopo la prima invalse<br />
l’uso <strong>di</strong> sostituirlo con uno più semplice, composto da Pietro Romani per il buffo Ro-