Mysterion - rivista di spiritualità e mistica

Mysterion - rivista di spiritualità e mistica Mysterion - rivista di spiritualità e mistica

15.06.2013 Views

www.MYS ERION.it S. BONGIOVANNI S.I. 36 1 (2008) 32-42 inquietudine che può crescere fino all’angoscia, ma non esclude affatto la fascinazione (4), l’attrazione e la seduzione che invitano a seguirlo a qualunque costo. Il Mistero, inoltre, è caratterizzato dalla compresenza di evidenza e di segretezza (5): se fosse del tutto evidente, cesserebbe di essere un Mistero; ma se fosse del tutto segreto, non sarebbe affatto riconoscibile in quanto tale. C’è, dunque, un lato di evidenza, in cui esso si rivolge verso colui che lo incontra. Inoltre, il confine tra evidenza e segretezza non è fisso ma mobile (6) e conosce gradi differenti di manifestazione e di nascondimento, diversi a seconda del nostro modo di avvicinarci ad esso. Il Mistero, infine, non può mai essere totalmente sviscerato (7): sua caratteristica essenziale è il costante oscillare (8) tra l’attrazione che suscita e il sottrarsi ad ogni presa, inafferrabilità che invita al tempo stesso alla comprensione. La ricerca di Weischedel identifica il Mistero (che considera l’unica verità possibile di Dio oggi) con il Vonwoher (il ‘da dove’), la direzione da cui avviene ciò che accade e che suscita la problematicità radicale del tutto. Il Vonwoher non è alcun ente separato, ma un processo (Processus) che lascia scaturire la problematicità del mondo. In tal modo, il filosofo tedesco si propone di andare alle radici del tutto raggiungendo le condizioni di possibilità della problematicità radicale stessa, riconosciuta quale unico punto stabile di partenza – se si evita di ricorrere ai concetti e alle dimostrazioni della ‘metafisica cosale’. Nei suoi ultimi studi prima della morte Weischedel farà un passo ulteriore nell’analisi identificando l’estremo orizzonte del Mistero con la stessa realtà nella sua radicale problematicità, pur costituendone la dimensione originaria e fondante. Il Mistero non sarà più considerato alla luce trascendentale della condizione di possibilità della problematicità: Weischedel, infatti, si renderà conto che una tale posizione rischia ancora di situare la sua ricerca all’interno di un’ottica soggettiva di piani separati del reale. Rimane tuttavia da chiarire la modalità del darsi stesso della problematicità radicale individuata in quanto ‘Mistero’. Quanto fin qui è stato detto è da considerarsi come preparatorio all’analisi del carattere simbolico del mistero. 4. Il carattere simbolico del mistero Per chiarificare il senso dell’attribuzione simbolica del mistero occorre anzitutto analizzare il senso generale del simbolo 7 . Uno degli autori recenti che maggiormente si sono impegnati in un’ermeneutica del simbolo è stato il filosofo francese P. Ricoeur. Quanto segue riprende liberamente alcune sue argomentazioni 8 . 7 Si può ricordare che nel mondo greco, il termine simbolon designava i due frammenti di un coccio che fungevano da mezzi di riconoscimento di una unità originaria. Si trattava una specie di tessera (tessera hospitalis) impiegata per indicare il legame di ospitalità esistente tra due persone, due famiglie, due città. La tessera veniva spezzata in due parti, ognuna delle quali era consegnata ai due contraenti quale garanzia e contrassegno del legame stabilito. 8 I testi più importanti in merito sono: La Symbolique du mal, Aubier, Paris 1960 (Symbolique); Le conflit des interprétations, Seuil, Paris 1969 (Conflit); De l’interprétation, Seuil, Paris 1965; La métaphore

www.MYS ERION.it 4.1. 4.1. Per Per Per un’ermeneutica un’ermeneutica del del simbolo simbolo S. BONGIOVANNI S.I. 37 1 (2008) 32-42 Per iniziare, è utile fare emergere per contrasto il senso di un’ermeneutica del simbolo rispetto al modo di procedere di tipo concettuale. - Il concetto è la definizione dell’essenza di una cosa che corrisponde alla domanda sul ‘che cos’è (una certa cosa)?’: esso esprime ciò che era stata la conoscenza dell’Idea da parte della mente umana in Platone, e ciò che sarà la conoscenza dell’universale in Kant. In generale, la conoscenza concettuale appare come una modalità epistemologica volta all’oggettivazione della cosa in questione, secondo il modello della separazione distanziante che permette di osservare, oggettivare, definire, determinare. La conoscenza concettuale è positiva e necessaria, ma non è l’unica possibile e neppure la più adeguata per ogni genere di esperienza. Inoltre, il concetto presuppone una capacità di apprensione diretta e immediata del reale e può implicare (sia pure non necessariamente) una concezione di tipo possessivo e manipolativo del reale. - Il simbolo inaugura un’altra strutturazione del nostro rapporto al mondo che possiamo individuare nel paradigma della appartenenza. Secondo Ricoeur il simbolico è l’universale mediazione dello spirito tra noi e il reale: prima di essere una funzione del linguaggio il simbolo è una struttura profonda della nostra relazione al reale, e si radica nel legame profondo e originario tra la nostra vita personale e la vita e l’esistenza del reale nella sua totalità. In tal senso, il simbolo manifesta il fatto che non tutto nel linguaggio è di ordine concettuale. Con il simbolo accediamo alla dimensione ermeneutica del nostro rapporto al reale, dove il carattere immediato nell’apprensione delle cose non viene più presupposto. In questo senso il simbolo dice la non immediata trasparenza del nostro rapporto al reale. Il suo linguaggio non si riferisce alla realtà come a qualcosa di già dato e disponibile: la conoscenza simbolica del reale non si articola secondo un modello riproduttivo di semplice copia di esso. Il simbolico si riferisce al reale in modo produttivo, e non semplicemente rappresentativo o oggettivo. Nell’evocazione instaurata dal simbolo si assiste ad una presentazione del reale che si costituisce e si dona attraverso le funzioni simboliche del linguaggio e del pensiero. Se nel concetto prevale il metodo dell’oggettivazione, il simbolo si struttura nella dimensione dell’appartenenza. Ciò significa che il simbolo non rappresenta la realtà ma coinvolge l’uomo nello stesso movimento del prodursi del suo senso. In questo senso, il simbolo non ha un referente già dato o oggettivato in una rappresentazione rispetto alla quale posso pormi davanti come ad un oggetto: ma intenziona la realtà in modo produttivo e creativo. A partire da queste indicazioni è possibile riassumere sinteticamente almeno tre aspetti della rilevanza ontologica ed epistemologica del simbolo. Essi dispiegano la struttura fondamentale della conoscenza simbolica, da intendere quale capacità di tenere-insieme (sym-ballein) aspetti diversi e non assimilabili del pensiero e dell’esistenza umani, quali la relazione originaria e fondamentale tra la riflessione e la vita, il passato e il futuro, la presenza e l’assenza. vive, Seuil, Paris 1975 (Métaphore). Ci riferiamo anche a C. LAVAUD, «Symbole», in Encyclopédie Philosophique Universelle, II Les notions philosophiques, S. Auroux (dir.), PUF, Paris 1990.

www.MYS ERION.it<br />

4.1. 4.1. Per Per Per un’ermeneutica un’ermeneutica del del simbolo<br />

simbolo<br />

S. BONGIOVANNI S.I.<br />

37<br />

1 (2008) 32-42<br />

Per iniziare, è utile fare emergere per contrasto il senso <strong>di</strong> un’ermeneutica del simbolo<br />

rispetto al modo <strong>di</strong> procedere <strong>di</strong> tipo concettuale.<br />

- Il concetto è la definizione dell’essenza <strong>di</strong> una cosa che corrisponde alla domanda<br />

sul ‘che cos’è (una certa cosa)?’: esso esprime ciò che era stata la conoscenza dell’Idea<br />

da parte della mente umana in Platone, e ciò che sarà la conoscenza dell’universale in<br />

Kant. In generale, la conoscenza concettuale appare come una modalità epistemologica<br />

volta all’oggettivazione della cosa in questione, secondo il modello della separazione<br />

<strong>di</strong>stanziante che permette <strong>di</strong> osservare, oggettivare, definire, determinare. La conoscenza<br />

concettuale è positiva e necessaria, ma non è l’unica possibile e neppure la più adeguata<br />

per ogni genere <strong>di</strong> esperienza. Inoltre, il concetto presuppone una capacità <strong>di</strong><br />

apprensione <strong>di</strong>retta e imme<strong>di</strong>ata del reale e può implicare (sia pure non necessariamente)<br />

una concezione <strong>di</strong> tipo possessivo e manipolativo del reale.<br />

- Il simbolo inaugura un’altra strutturazione del nostro rapporto al mondo che possiamo<br />

in<strong>di</strong>viduare nel para<strong>di</strong>gma della appartenenza. Secondo Ricoeur il simbolico è<br />

l’universale me<strong>di</strong>azione dello spirito tra noi e il reale: prima <strong>di</strong> essere una funzione del<br />

linguaggio il simbolo è una struttura profonda della nostra relazione al reale, e si ra<strong>di</strong>ca<br />

nel legame profondo e originario tra la nostra vita personale e la vita e l’esistenza del<br />

reale nella sua totalità. In tal senso, il simbolo manifesta il fatto che non tutto nel linguaggio<br />

è <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne concettuale. Con il simbolo acce<strong>di</strong>amo alla <strong>di</strong>mensione ermeneutica<br />

del nostro rapporto al reale, dove il carattere imme<strong>di</strong>ato nell’apprensione delle cose non<br />

viene più presupposto.<br />

In questo senso il simbolo <strong>di</strong>ce la non imme<strong>di</strong>ata trasparenza del nostro rapporto al<br />

reale. Il suo linguaggio non si riferisce alla realtà come a qualcosa <strong>di</strong> già dato e <strong>di</strong>sponibile:<br />

la conoscenza simbolica del reale non si articola secondo un modello riproduttivo<br />

<strong>di</strong> semplice copia <strong>di</strong> esso. Il simbolico si riferisce al reale in modo produttivo, e non<br />

semplicemente rappresentativo o oggettivo. Nell’evocazione instaurata dal simbolo si<br />

assiste ad una presentazione del reale che si costituisce e si dona attraverso le funzioni<br />

simboliche del linguaggio e del pensiero. Se nel concetto prevale il metodo dell’oggettivazione,<br />

il simbolo si struttura nella <strong>di</strong>mensione dell’appartenenza. Ciò significa che il<br />

simbolo non rappresenta la realtà ma coinvolge l’uomo nello stesso movimento del prodursi<br />

del suo senso. In questo senso, il simbolo non ha un referente già dato o oggettivato<br />

in una rappresentazione rispetto alla quale posso pormi davanti come ad un oggetto:<br />

ma intenziona la realtà in modo produttivo e creativo.<br />

A partire da queste in<strong>di</strong>cazioni è possibile riassumere sinteticamente almeno tre aspetti<br />

della rilevanza ontologica ed epistemologica del simbolo. Essi <strong>di</strong>spiegano la struttura<br />

fondamentale della conoscenza simbolica, da intendere quale capacità <strong>di</strong> tenere-insieme<br />

(sym-ballein) aspetti <strong>di</strong>versi e non assimilabili del pensiero e dell’esistenza umani,<br />

quali la relazione originaria e fondamentale tra la riflessione e la vita, il passato e il<br />

futuro, la presenza e l’assenza.<br />

vive, Seuil, Paris 1975 (Métaphore). Ci riferiamo anche a C. LAVAUD, «Symbole», in Encyclopé<strong>di</strong>e Philosophique<br />

Universelle, II Les notions philosophiques, S. Auroux (<strong>di</strong>r.), PUF, Paris 1990.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!