N. 2 - Settembre 2011 - OFItalia
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Dal nord al sud dell’Italia, le prefiche,<br />
anche se chiamate con nomi<br />
diversi, sono presenti in quasi tutte<br />
le tradizioni regionali. In Puglia<br />
vi erano le “repute” o più correttamente<br />
“chiangimorti”, in Lombardia<br />
le “piansune”, in Toscana<br />
venivano chiamate “lamentatrici”,<br />
mentre in Piemonte ad essere<br />
“ingaggiate” erano le “piagnone”,<br />
ma testimonianze di queste figure<br />
si trovano in Sardegna, come<br />
anche in Molise e Abruzzo. Nomi<br />
diversi quindi che a parte qualche<br />
leggera variante indicavano sempre<br />
la stessa figura, la prefica per<br />
l’appunto che veniva incaricata<br />
dai familiari per piangere i propri<br />
defunti. A quel punto la veglia e il<br />
funerale si trasformavano in una<br />
sorta di rappresentazione teatrale<br />
del dolore, le cui protagoniste<br />
erano queste donne che si straziavano<br />
con grida e lamenti che la<br />
maggior parte delle volte superavano<br />
quelle degli stessi familiari,<br />
in alcuni casi arrivavano persino<br />
a strapparsi i capelli, a graffiarsi il<br />
viso e a simulare svenimenti. Ma<br />
non si trattava di una semplice<br />
recita, accollandosi l’onere del dolore<br />
a modo loro esorcizzavano la<br />
morte e la paura verso di essa, da<br />
sempre una costante dell’esistenza<br />
stessa. La parola Prefica deriva dal<br />
latino “praeficere” ovvero guidare,<br />
erano loro infatti che anticamente<br />
e fino a qualche decennio<br />
fa “guidavano” il pianto durante<br />
le celebrazioni funebri. Nell’antica<br />
Roma le prefiche erano co-<br />
loro che seguivano i portatori di<br />
fiaccole durante i cortei funebri<br />
ufficiali o quelli dei membri delle<br />
famiglie gentilizie, con il compito<br />
di innalzare strazianti grida di dolore<br />
e intonare nenie per elogiare<br />
il defunto. Testimonianze della<br />
presenza di figure simili si trovano<br />
anche in altri popoli mediterranei<br />
come ad esempio greci, egiziani,<br />
spagnoli, siriani, fenici, corsi, palestinesi,<br />
etc… Un mestiere non<br />
semplice quello delle prefiche che<br />
dovevano piangere ed esprimere<br />
cordoglio per persone con cui non<br />
avevano mai avuto nessun rapporto<br />
in vita, per fare questo esse<br />
venivano istruite fin dalla tenera<br />
età, imparando così ad esternare<br />
in una certa maniera la loro afflizione<br />
verso i trapassi. Ovviamente<br />
tutto il rituale non era lasciato al<br />
caso ma seguiva determinate regole<br />
e non sarebbe errato pensare<br />
che esistessero delle vere e proprie<br />
tecniche e regole seguite durante<br />
le cerimonie. Tuttavia la consapevolezza<br />
che lo strazio delle prefiche<br />
fosse illusorio o comunque<br />
non propriamente sentito, non<br />
influiva assolutamente sulla partecipazione<br />
dei presenti che non<br />
riuscivano a rimanere impassibili<br />
dinanzi a tanto sgomento e dolore.<br />
Questa pratica che ormai è quasi<br />
o completamente scomparsa, anticamente<br />
era molto sentita e gradita,<br />
ma al giorno d’oggi potrebbe<br />
sembrare alquanto macabra o comunque<br />
eccessiva.<br />
Antonio Fiori<br />
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