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LA BIOETICA: I PROBLEMI - Studium

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L‟etica di fine vita


Le tecniche di rianimazione<br />

prima del „900<br />

• I primi tentativi di sostenere le<br />

funzioni respiratorie sono riportati da<br />

Vesalio che, in De Humani Corporis<br />

Fabrica (1543), descrive l‟uso di<br />

soffietti per gonfiare i polmoni di un<br />

animale.<br />

• Il dr. John Daziel, un medico scozzese nel 1932,<br />

inventò in seguito un serbatoio in cui poter inserire<br />

un corpo umano, dotato di soffietti che creavano<br />

una pressione negativa in sincronia con<br />

l‟inspirazione.


Le tecniche di rianimazione<br />

prima del „900<br />

• I servizi di soccorso americani e britannici<br />

escogitarono, nel 19° secolo, varie tecniche<br />

rianimatorie per salvare le vittime di annegamenti.<br />

• I chirurghi che lavoravano con i nuovi e pericolosi<br />

anestetici iniziarono ad usare varie tecniche per<br />

rianimare i pazienti che andavano incontro ad<br />

arresti cardiaci sul tavolo operatorio.


Le tecniche di rianimazione<br />

a partire dal „900<br />

• Ciò che costrinse ad fare del supporto respiratorio una priorità, fu<br />

l‟epidemia di poliomielite che si diffuse negli USA ed in Europa negli<br />

Anni ‟30 e ‟40 del secolo scorso. La forma bulbare della poliomielite<br />

conduce infatti alla paralisi dei muscoli lunghi, così che il paziente<br />

diviene sempre più dispnoico, ma cosciente sino all‟ultimo respiro.<br />

• Nel 1929 Philip Drinker e Charles<br />

McKhann inventarono un serbatoiorespiratore<br />

per supportare le funzioni<br />

respiratorie dei poliomielitici. Il<br />

paziente veniva chiuso all‟interno di un<br />

serbatoio metallico, mentre una pompa<br />

elettrica spingeva l‟aria dentro e fuori,<br />

creando un ciclo di vuoto e pieno d‟aria<br />

che spingeva su e giù il petto. Questi<br />

strumenti, che erano conosciuti<br />

ufficialmente come “serbatoi di<br />

Drinker” e comunemente come “polmoni<br />

d‟acciaio”, salvarono molti pazienti nella<br />

fase più acuta della loro malattia.


Le tecniche di rianimazione<br />

a partire dal „900<br />

• Nel 1952 un epidemia di polio si diffuse in<br />

Danimarca e il dott. Bjorn Ibsen riuscì a<br />

salvare 75 pazienti, facendo alternare al loro<br />

capezzale 250 studenti di medicina che<br />

pompavano aria nei loro polmoni attraverso<br />

una sacca collegata ad un tubo infilato nella<br />

loro trachea.<br />

• Il moderno respiratore nacque quando,<br />

poco dopo, venne trovato un sostituto<br />

meccanico dello studente di medicina. In<br />

questo modo si potevano far sopravvivere<br />

pazienti condotti in ospedale per ictus,<br />

infarto del miocardio, coma diabetico,<br />

ecc.


Gli interrogativi etici<br />

• L‟uso dei respiratori sollevava pesanti interrogativi<br />

etici, perché i pazienti che sopravvivevano a<br />

lunghissimi periodi di dipendenza dal respiratore,<br />

continuavano a peggiorare e a stare sempre più male.<br />

• Ad un convegno tenutosi a Roma, il<br />

24 novembre 1957, la questione fu<br />

posta a Papa Pio XII, il quale rispose<br />

che i malati sono moralmente tenuti<br />

ad usare solo i mezzi terapeutici<br />

ordinari, ovvero quelli che non<br />

causano un grave peso a sé o ad altri.


Il “coma depassé”<br />

• Alla fine degli Anni ‟50 alcuni neurologi<br />

francesi stavano studiando gruppi di<br />

pazienti che si trovavano in un coma<br />

tanto profondo da essere definito<br />

“coma depassé”, cioè ultra-coma.<br />

• Tale “ultra-coma” si caratterizzava per l‟assenza<br />

di attività elettrica del cervello correlata alla<br />

disfunzione irreversibile dell‟organo.<br />

• Questa condizione divenne presto di grande<br />

interesse per i medici trapiantisti, perché, se<br />

l‟ultra-coma fosse stato dichiarato identico alla<br />

morte, si sarebbero potuti espiantare organi<br />

ancora attivi, con maggiori probabilità di successo<br />

per i trapianti.


La morte cerebrale<br />

• Il 5 agosto 1968 venne pubblicato sul Journal of<br />

the American Medical Association, un articolo dal<br />

titolo “A definition of irreversible coma: report of<br />

the ad hoc committee at Harvard medical school to<br />

examine the definition of brain death”.<br />

• L‟articolo cominciava così: “Il<br />

nostro intento primario è quello di<br />

definire il coma irreversibile come<br />

un nuovo criterio di morte”.<br />

• L‟articolo era il risultato del lavoro<br />

di una commissione composta da<br />

otto medici, tra cui due chirurghi<br />

trapiantisti, e da tre accademici<br />

non medici: un giurista, un docente<br />

di storia della scienza ed un<br />

professore di etica sociale.


La morte cerebrale<br />

• Il rapporto di Harvard divenne presto un punto di<br />

riferimento: canonizzo la nozione di morte<br />

cerebrale, fornì ai medici dei criteri guida per<br />

diagnosticare questa condizione, diede ai<br />

trapiantisti degli “organi freschi”, consentì ai vari<br />

stati di legalizzare il criterio di morte cerebrale,<br />

evitando ai giudici l‟imbarazzante situazione di<br />

essere costretti a condannare dei medici per<br />

omicidio.<br />

• Alcuni, tra cui Hans Jonas,<br />

criticarono l‟ispirazione utilitaristica<br />

del documento.


La terapia intensiva neonatale<br />

• Gli incubatori che controllano il calore e l‟umidità per i<br />

bambini prematuri furono inventati da un medico<br />

francese negli Anni 80 dell‟Ottocento.<br />

• La prima clinica per bambini<br />

prematuri fu “La Maternité”,<br />

a Parigi, nel 1893.<br />

• Il dott. Julius Hees aprì la prima<br />

clinica americana presso il “Michael<br />

Reese Hospital” di Chicago nel<br />

1922.


La terapia intensiva neonatale<br />

• Tuttavia, le tecnologie per sostenere l‟immaturità<br />

polmonare, che costituisce la tipica patologia di<br />

questi piccoli bambini, divenne disponibile solo negli<br />

Anni ‟50 del „900.<br />

• Nella stessa decade ci furono dei progressi nella<br />

comprensione della fisiologia polmonare, delle<br />

tecniche di supporto ventilatorio, nei metodi per<br />

monitorare i gas presenti nel sangue.<br />

• Il termine “neonatologia”<br />

apparve per la prima volta nel<br />

libro di Alexander Schaffer‟s<br />

del 1960, dal titolo Diseases<br />

of the Newborn.


I bambini prematuri<br />

• La patologia primaria dei bambini prematuri è la<br />

sindrome da sofferenza respiratoria idiopatica,<br />

causata dall‟immaturità dei loro polmoni.<br />

• Insieme a questa patologia spesso essi ne<br />

presentano altre, di carattere cardiaco,<br />

neurologico e gastrointestinale.


I bambini prematuri<br />

• Durante gli Anni ‟70 la mortalità di questi bambini<br />

nel primo mese di vita venne più che dimezzata.<br />

• Tuttavia, non si poteva garantire ad essi anche la<br />

salute oltre che alla sopravvivenza. Molti di loro<br />

soffrivano di patologie polmonari croniche, spesso<br />

gli insulti subiti a livello neurologico conducevano a<br />

gravi ritardi mentali. Talvolta la stessa<br />

somministrazione di ossigeno poteva causare<br />

fibroplasia rentrolenticolare, ossia un danno alla<br />

retina che poteva portare alla cecità.


Un film che fece riflettere<br />

• Il 16 ottobre 1971 si tenne un<br />

simposio organizzato dalla famiglia<br />

Kennedy sul tema del ritardo<br />

mentale, dei diritti umani e della<br />

ricerca, dal titolo “Choices on our<br />

Conscience”.<br />

• Il simposio fu aperto dalla proiezione di un filmshock<br />

di 30 minuti, girato da Werner Schuman,<br />

autore del film di presentazione di Bob Kennedy<br />

alla convention democratica del 1968.


Un film che fece riflettere<br />

• Il film trattava dei diritti dei ritardati, tema a cui<br />

i Kennedy erano particolarmente sensibili, anche<br />

per la vicenda della sorella Rosemary.<br />

• La vicenda narrata era quella di due genitori che<br />

avevano rifiutato una semplice operazione<br />

chirurgica che avrebbe salvato la vita al loro figlio<br />

neonato.<br />

• Il bambino, affetto da sindrome di Down, soffriva<br />

di atresia esofagea, patologia frequente nei<br />

bambini con questo difetto genetico.


Un film che fece riflettere<br />

• Il caso si era verificato del<br />

dipartimento di pediatria della<br />

John Hopkins Medical School.<br />

• Questo breve filmato divenne presto un punto di<br />

riferimento nella storia della bioetica, perché<br />

attrasse una grande attenzione e diede alla<br />

bioetica qualcosa di concreto da insegnare e su cui<br />

discutere.<br />

• Il dibattito sul film fu molto acceso, con posizioni<br />

che andavano dalla totale condanna ad altre che<br />

arrivavano persino a ipotizzare un danno<br />

esistenziale provocato dai genitori ai bambini<br />

handicappati che non venivano abortiti (H.T.<br />

Engelhardt).


Il caso Baby Doe<br />

• Un bambino molto simile a quello del film nacque a<br />

Bloomington, in Indiana, nei primi giorni dell‟aprile<br />

1982. I genitori, sapendo che era affetto da<br />

sindrome di Down e soffriva di atresia esofagea,<br />

rifiutarono il permesso all‟operazione.<br />

• I medici, non essendo d‟accordo, ricorsero al<br />

tribunale, che diede ragione ai genitori.<br />

• Baby Doe morì il 15 aprile e i media appresero del<br />

caso solo dopo la morte.


Il caso Baby Doe<br />

• Il presidente Reagan diede istruzione al suo<br />

segretario alla salute di intervenire per fermare<br />

queste discriminazioni contro i bambini<br />

handicappati, attraverso una direttiva federale e<br />

l‟istituzione di un servizio di investigazione su tali<br />

discriminazioni.<br />

• L‟Accademia di Pediatria criticò la direttiva e fece<br />

ricorso alla Corte Suprema, che stabilì che tale<br />

materia era di competenza degli stati.<br />

• Il Congresso allora approvò una legge che<br />

prevedeva un finanziamento federale per i servizi<br />

di protezione dei bambini da concedersi solo a<br />

quegli stati che accoglievano le normative federali<br />

anti-discriminazione. Alcuni stati accettarono ed<br />

altri, come la California, rifiutarono, rinunciando al<br />

finanziamento.


La spina bifida<br />

• Negli Anni ‟70 ci fu un intenso<br />

dibattito anche riguardo al<br />

trattamento dei bambini affetti<br />

da spina bifida.<br />

• Questi bambini hanno il midollo spinale che<br />

protrude dalla loro spina aperta e che è<br />

dunque soggetto ad infezioni.<br />

• Un operazione chirurgica consente di chiudere<br />

la lesione, proteggendola dall‟infezione, ma non<br />

è in grado di riparare il danno neurologico da<br />

cui i bambini sono affetti.


La spina bifida<br />

• Il neurologo inglese John Lorber,<br />

propose dei criteri per ammettere i<br />

bambini a questa chirurgia<br />

palliativa, tenendo conto della<br />

locazione della lesione sulla spina e<br />

dell‟eventuale idrocefalia.<br />

• I bambini con la prognosi più disperata non<br />

sarebbero stati operati, lasciandoli così morire per<br />

la conseguente infezione del midollo esposto.


La rianimazione cardiopolmonare<br />

• Per secoli l‟umanità ha identificato la<br />

morte con la cessazione del battito<br />

cardiaco e, prima ancora, con la<br />

cessazione del respiro.<br />

• Eppure, già nel 1898, alcuni chirurghi francesi,<br />

trovandosi con un paziente infartuato durante<br />

un‟operazione, erano riusciti a far ripartire il<br />

battito del cuore di questo paziente<br />

attraverso la compressione ritmica dell‟organo<br />

chirurgicamente esposto.


La rianimazione cardiopolmonare<br />

• Questa tecnica poteva essere usata<br />

in casi eccezionali, durante le<br />

operazioni. Solo più tardi, con<br />

l‟introduzione di droghe cardiotoniche<br />

(procaina e adrenalina) e di tecniche<br />

elettriche di defibrillazione all‟inizio<br />

degli Anni ‟40, fu possibile<br />

estendere la rianimazione anche ad<br />

altri pazienti.<br />

• Le tecniche per il massaggio<br />

cardiaco esterno vennero<br />

introdotte nel 1960.


Le squadre d‟emergenza<br />

• Gli ospedali cominciarono ad organizzare gruppi di<br />

medici, infermieri, tecnici, pronti a rispondere con<br />

farmaci, massaggio cardiaco, elettrocardioversione,<br />

ad improvvisi arresti cardiaci che si fossero verificati<br />

nei reparti.<br />

• L‟associazione americana di cardiologia stabilì nel<br />

1974, alcuni criteri per la rianimazione, non<br />

indicandola in situazioni di malattia terminale<br />

irreversibile nei quali la morte non fosse inaspettata.<br />

• Tali criteri risultavano difficili da applicare in pratica,<br />

perché le squadre agivano in situazioni d‟emergenza,<br />

non conoscendo bene le condizioni del paziente.


Le squadre d‟emergenza<br />

• I risultati a volte erano di maggior danno che<br />

beneficio, nei casi, ad esempio, di pazienti che stavano<br />

per morire di cancro, i quali venivano rianimati con il<br />

solo risultato di prolungare l‟agonia.<br />

• Comparve in molti ospedali l‟”ordine di non rianimare”<br />

(DNR): il primo ordine, in medicina, che prescrivesse<br />

di non far qualcosa.<br />

• Tali ordini inizialmente venivano scritti in matita e poi<br />

cancellati non appena eseguiti. Solo nel 1979 il primo<br />

DNR fu reso legale nella contea di Los Angeles.<br />

• Emerse un nuovo concetto per giustificare i DNR:<br />

quello di futilità. In alcuni casi esso risultava di facile<br />

applicazione: cancro metastatico o shock settico; in<br />

altri risultava più problematico.


Il caso Quinlan<br />

• Il 15 aprile 1975 Karen Ann<br />

Quinlan, di 21 anni, venne condotta<br />

presso un ospedale del New Jersey<br />

in stato comatoso.<br />

• Il suo coma era conseguente ad<br />

un‟ingestione di barbiturici, valium ed alcol.<br />

• Karen aveva festeggiato il compleanno di un<br />

amico in un locale ed era stata portata a<br />

casa e messa a letto ubriaca da alcuni amici


Il caso Quinlan<br />

• Un quarto d‟ora dopo la sua compagna di stanza si<br />

accorse che Karen non respirava più, chiamò un<br />

poliziotto che la rianimò e la condusse in ospedale,<br />

dove Karen venne collegata ad un respiratore.<br />

• Nei 5 mesi successivi le sue condizioni si<br />

deteriorarono e Karen non riuscì più a riprendere<br />

coscienza.<br />

• I suoi genitori chiesero il distacco del respiratore,<br />

per lasciarla morire, ma il medico rifiutò di aderire<br />

alla richiesta.<br />

• I genitori erano cattolici e trovarono l‟appoggio del<br />

proprio parroco e del proprio vescovo, sulla base<br />

della dottrina dei mezzi straordinari.


Il caso Quinlan<br />

• Inoltre i Quinlan chiesero l‟aiuto di una figura<br />

nuova, quella del bioeticista Robert Veatch, allora<br />

impiegato presso l‟Hastings Center.<br />

• Il caso venne affrontato da diverse corti, sino ad<br />

arrivare alla Corte Suprema del New Jersey, che<br />

concesse il distacco del respiratore, ritenendo, in<br />

base al parere dei medici, che Karen non avesse a<br />

disposizione che pochissimi penosi mesi di vita.<br />

• Dopo il distacco del respiratore Karen,<br />

sorprendentemente, riprese a respirare<br />

autonomamente, rimanendo per 10 anni in SVP.<br />

Morì il giorno 11 giugno 1985, all‟età di 31 anni.


Il caso Saikewicz<br />

• Quattro mesi dopo la decisione sul caso<br />

Quinlan, la Corte suprema del Massachussets<br />

dovette affrontare il caso di Joseph<br />

Saikewicz, un uomo di 67 anni, affetto da<br />

leucemia, residente in una casa di riposo e<br />

profondamente ritardato.<br />

• I responsabili della casa di riposo avevano<br />

chiesto alla corte di poter rinunciare alla<br />

chemioterapia.


Il caso Saikewicz<br />

• Saikewicz non era in grado di comprendere la sua<br />

attuale condizione di malattia e la sua prognosi e<br />

dunque, non sarebbe stato in grado di capire quale<br />

fosse lo scopo del profondo disagio causato dalla<br />

forte tossicità della chemioterapia a cui avrebbe<br />

dovuto essere forzatamente sottoposto e il cui<br />

esito risultava incerto.<br />

• Egli avrebbe provato un profondo senso di angoscia<br />

senza poter trovare la forza di superare l‟angoscia<br />

attraverso la comprensione della finalità di quella<br />

cura.<br />

• Per questi motivi la Corte suprema accolse la<br />

richiesta di non iniziare la chemioterapia.


Nel 2006, Piergiorgio Welby malato terminale di<br />

sclerosi laterale amiotrofica ha chiesto pubblicamente<br />

che gli venisse staccato il respiratore che lo teneva in<br />

vita, rifiutando la prosecuzione delle terapie invasive<br />

di sostegno vitale. Dopo alterne sorti giudiziarie e<br />

pubblico dibattito, il medico anestesista Mario Riccio<br />

si è reso disponibile ad assistere Welby al distaco del<br />

respiratore sotto sedazione.


Nel 2007, Giovanni Nuvoli, ammalato di sclerosi laterale<br />

amiotrofica e ormai completamente paralizzato, chiese<br />

più volte ai medici che gli staccassero il respiratore<br />

artificiale che lo manteneva in vita. Il medico anestesista<br />

che stava per eseguire le sue volontà, fu bloccato<br />

dall'intervento dei carabinieri e della procura. A seguito<br />

di ciò, Giovanni Nuvoli iniziò uno sciopero della sete e<br />

della fame che lo portò alla morte.


• Molto dibattuto in Italia, per le implicazioni etiche e politiche<br />

è stato il caso di Eluana Englaro, una giovane donna di Lecco<br />

che, dopo un grave incidente stradale avvenuto nel 1992, è<br />

rimasta in stato vegetativo persistente fino alla sua morte<br />

nel febbraio del 2009. La richiesta del padre della donna di<br />

sospendere ogni terapia, considerata inutile accanimento<br />

terapeutico, è stata accolta dalla magistratura per la<br />

mancanza di ragionevoli speranze di ripresa ed in base alla<br />

volontà ricostruita della ragazza.<br />

• Prima e dopo la morte della donna, avvenuta nella clinica "La<br />

Quiete" di Udine nella quale era ricoverata per dare<br />

attuazione alla sentenza, la vicenda ha colpito fortemente<br />

l'opinione pubblica, spaccata in due, anche con roventi<br />

polemiche e strascichi politici.

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