da La scultura raccontata da Rudolf Wittkower - Artleo.It
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<strong>Rudolf</strong> <strong>Wittkower</strong> - <strong>La</strong> <strong>scultura</strong> <strong>raccontata</strong> <strong>da</strong> <strong>Rudolf</strong> <strong>Wittkower</strong><br />
le liberali, il cui ciclo era allora ristretto alle scienze linguistiche<br />
e matematiche. <strong>La</strong> nuova stirpe di pittori, scultori<br />
ed architetti mirò a farsi ammettere fra le Arti liberali<br />
e ad assumere il medesimo rango dei letterati, dei<br />
poeti e degli studiosi di geometria. In quanto all’artista<br />
liberale, doveva riconoscere il fon<strong>da</strong>mento scientifico<br />
della propria arte, doveva essere ferrato nella teoria artistica<br />
e, se possibile, persino contribuire personalmente<br />
ad elaborarla. Cosí, <strong>da</strong> allora in poi, le considerazioni<br />
teoriche accompagnarono la pratica dell’arte; o per essere<br />
piú precisi diviene, secondo me, articolo di fede degli<br />
artisti d’avanguardia che la pratica debba fon<strong>da</strong>rsi sulla<br />
teoria. Da quel momento non dovremo soltanto scoprire<br />
che cosa gli scultori fanno, ma anche che cosa pensino<br />
e dicano, o, quanto meno, che cosa abbiano espresso<br />
in parole i loro portavoce letterari.<br />
Accadde cosí che l’Alberti – egli stesso scrittore,<br />
umanista, dotto, teorico, filosofo e pensatore originale,<br />
architetto e scultore: in una parola, un precoce rappresentante<br />
dell’uomo universale del Rinascimento – si<br />
ponesse il compito di porre i fon<strong>da</strong>menti teorici di tutte<br />
e tre le arti. Dopo il suo trattato Della Pittura, si pensa<br />
subito ai suoi Dieci libri dell’Architettura. Quest’opera<br />
ponderosa, scritta in un lungo periodo di tempo e terminata<br />
all’inizio degli anni cinquanta del Quattrocento<br />
(circa un quindicennio dopo il Della Pittura) ebbe un<br />
influsso non meno generale di quest’ultimo. Il suo trattato<br />
di <strong>scultura</strong>, intitolato De Statua, non ha la classe<br />
delle altre due opere. È estremamente breve e sembra<br />
altamente specialistico. Il lettore moderno può trovarlo<br />
in gran parte sconcertante ed astruso, cosí che raramente<br />
viene letto o menzionato <strong>da</strong>gli storici dell’arte.<br />
Esistono una traduzione italiana del 1568 <strong>da</strong>ll’originale<br />
latino, una traduzione inglese del 1733, ed un’affi<strong>da</strong>bile<br />
edizione tedesca pubblicata nel 1877. Circa cinquant’anni<br />
fa, Panofsky ne commentò brevemente alcu-<br />
Storia dell’arte Einaudi 4