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ancora accaderti. Una figlia che ha volato sulle nuvole del<br />
mondo in guerra, che un giorno cade da una bicicletta. Una<br />
figlia spenta, una figlia come una foglia che si stacca dal ramo<br />
dei giorni e ti si deposita tra le braccia definitivamente inanimata.<br />
Definitivamente non è concetto che tu possa accettare,<br />
eppure stavolta è stato così. Nulla hai potuto fare, se non trascinarmi<br />
via con te, su un’auto che hai guidato a velocità folle<br />
per le valli di questa terra. Io giacevo immobile sul sedile<br />
posteriore e non mi sono accorta, ché ne avrei riso. Hai riunito<br />
dottori e battuto le mani sulle scrivanie di ognuno, incredula<br />
e impotente. Quando nessuno vedeva, ti sei tirata i capelli<br />
dalla testa fino a strapparli a brevi ciocche. Eppure nulla<br />
hai potuto fare. Non è più tornata la vita nel corpo dimenticato<br />
di tua figlia. Ti è rimasta tra le mani, giocattolo rotto per<br />
sempre, lei che aveva imparato a correre più veloce di te, che<br />
non ti somigliava più e che avresti voluto disegnare come il<br />
tuo ritratto. Sbriciolata tra le dita, statua di porcellana finissima<br />
di cui non avevi mai sospettato l’intima fragilità. Hai provato<br />
a rincollare ogni pezzo, con una cura che non è stata dettata<br />
dall’affetto ma piuttosto dall’esigenza isterica di ristabilire<br />
un ordine, di fare pulizia da capo nella tua vita provata dall’ennesimo<br />
evento sgradevole. Quanta fatica, Mutter R., e che<br />
pena vederti affannare inutilmente. Scegliere per me i vestiti<br />
e i nastri per i capelli. Ordinare che mani sconosciute di donne<br />
mi lavassero e profumassero, senza che mai le tue mi toccassero.<br />
Spiarti mentre fissi a disagio la mia figura distesa<br />
sulle lenzuola, le mani contorte l’una sull’altra, come avessi<br />
appena messo a letto una bambola, e questa bambola potesse<br />
svegliarsi da un momento all’altro e terrorizzarti solo spalancando<br />
gli occhi.<br />
Ti muovi sulla poltroncina, sciogli le gambe accavallate e<br />
ti metti in piedi, accosti la fronte alla finestra. Respiri piano e<br />
il tuo fiato appanna la superficie del vetro. Ti sei rassegnata<br />
infine, a questa realtà che sei incapace di raccontare e che<br />
tieni nascosta agli occhi di chiunque, persino al tuo stesso<br />
sguardo, ogni volta che ti è possibile. Un giorno di primavera<br />
mi hai riportata a casa, sulle rive del mio lago, nelle stanze<br />
che avevo scelto perché fossero il mio rifugio dal mondo intero.<br />
Il mio riparo dall’amore, sopra ogni altra cosa. Siamo<br />
ritornate insieme, su un’altra automobile. Sei rimasta con me<br />
alcuni giorni, il tempo necessario a sistemare la casa per il<br />
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