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Premio Energheia Vol.9

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ancora accaderti. Una figlia che ha volato sulle nuvole del<br />

mondo in guerra, che un giorno cade da una bicicletta. Una<br />

figlia spenta, una figlia come una foglia che si stacca dal ramo<br />

dei giorni e ti si deposita tra le braccia definitivamente inanimata.<br />

Definitivamente non è concetto che tu possa accettare,<br />

eppure stavolta è stato così. Nulla hai potuto fare, se non trascinarmi<br />

via con te, su un’auto che hai guidato a velocità folle<br />

per le valli di questa terra. Io giacevo immobile sul sedile<br />

posteriore e non mi sono accorta, ché ne avrei riso. Hai riunito<br />

dottori e battuto le mani sulle scrivanie di ognuno, incredula<br />

e impotente. Quando nessuno vedeva, ti sei tirata i capelli<br />

dalla testa fino a strapparli a brevi ciocche. Eppure nulla<br />

hai potuto fare. Non è più tornata la vita nel corpo dimenticato<br />

di tua figlia. Ti è rimasta tra le mani, giocattolo rotto per<br />

sempre, lei che aveva imparato a correre più veloce di te, che<br />

non ti somigliava più e che avresti voluto disegnare come il<br />

tuo ritratto. Sbriciolata tra le dita, statua di porcellana finissima<br />

di cui non avevi mai sospettato l’intima fragilità. Hai provato<br />

a rincollare ogni pezzo, con una cura che non è stata dettata<br />

dall’affetto ma piuttosto dall’esigenza isterica di ristabilire<br />

un ordine, di fare pulizia da capo nella tua vita provata dall’ennesimo<br />

evento sgradevole. Quanta fatica, Mutter R., e che<br />

pena vederti affannare inutilmente. Scegliere per me i vestiti<br />

e i nastri per i capelli. Ordinare che mani sconosciute di donne<br />

mi lavassero e profumassero, senza che mai le tue mi toccassero.<br />

Spiarti mentre fissi a disagio la mia figura distesa<br />

sulle lenzuola, le mani contorte l’una sull’altra, come avessi<br />

appena messo a letto una bambola, e questa bambola potesse<br />

svegliarsi da un momento all’altro e terrorizzarti solo spalancando<br />

gli occhi.<br />

Ti muovi sulla poltroncina, sciogli le gambe accavallate e<br />

ti metti in piedi, accosti la fronte alla finestra. Respiri piano e<br />

il tuo fiato appanna la superficie del vetro. Ti sei rassegnata<br />

infine, a questa realtà che sei incapace di raccontare e che<br />

tieni nascosta agli occhi di chiunque, persino al tuo stesso<br />

sguardo, ogni volta che ti è possibile. Un giorno di primavera<br />

mi hai riportata a casa, sulle rive del mio lago, nelle stanze<br />

che avevo scelto perché fossero il mio rifugio dal mondo intero.<br />

Il mio riparo dall’amore, sopra ogni altra cosa. Siamo<br />

ritornate insieme, su un’altra automobile. Sei rimasta con me<br />

alcuni giorni, il tempo necessario a sistemare la casa per il<br />

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