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- 1 - Renzo Zagnoni La stoRia deLL'industRia deL feRRo neLLa ...

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“accanto alle attività agricolo-pastorali, dalle relazioni del pe riodo 28 , risultano in funzione alcuni<br />

impianti per la lavorazione del ferro: si tratta di officine ferriere e distendini 29 , dove ve niva affinata<br />

e ridotta in barre la ghisa proveniente dalle fu sioni, nei forni dislocati lungo la costa maremmana,<br />

del minerale dell’isola d’elba. il loro insediamento nella zona, che risaliva al periodo comunale ed<br />

aveva alimentato a pistoia una ricercata produzione di armi e di strumenti in ferro battuto, era stato<br />

fa vorito dall’abbondanza dei corsi d’acqua (e quindi di energia idrica) e dall’esistenza di estese aree<br />

boschive da cui trarre il combustibile. Le favorevoli condizioni ambientali avevano alimen tato lo<br />

sviluppo della produzione e l’impianto di nuove officine cosicché, nonostante i pesanti oneri per il<br />

trasporto della ghisa dalla maremma alle ferriere locali, la montagna pistoiese era, verso la metà del<br />

‘700, la più importante area della regione per la lavorazione del ferro.<br />

Quasi tutti gli impianti siderurgici toscani erano, allora, di proprietà della magona, un ente statale<br />

che aveva la privativa della fabbricazione e della vendita del ferro in tutto il grandu cato. il controllo<br />

centralizzato di tutte le fasi della produzione (dalle operazioni interne alle officine, al reperimento<br />

del combu stibile ed al trasporto della materia prima fino al commercio dei prodotti) aveva reso<br />

possibile una forte mobilità della manodopera fra i vari centri di lavorazione ed una programmata<br />

distribuzione nel territorio delle attrezzature tecniche 30 .<br />

<strong>La</strong> prevalente concentrazione degli impianti nelle aree maremmana e pistoiese aveva portato poi ad<br />

una accentuazione del fenomeno della migrazione stagionale dei lavoratori della montagna, assegnando<br />

al rapporto già esistente fra le due zone il carattere di un organico ciclo territoriale di impiego<br />

della manodopera sovrab bondante”.<br />

Lo stesso breschi ricorda anche l’itinerario che seguiva la ghisa proveniente dai forni maremmani<br />

fino alle ferriere della montagna pistoiese. Tale annotazione risulta molto interessante anche dal nostro<br />

punto di vista poiché si trattava dello stesso itinerario lungo il quale, dagli anni 20 dell’ottocento,<br />

si sarebbe iniziato a trasportare anche la materia prima impiegata nelle ferriere della montagna<br />

bolognese:<br />

“<strong>La</strong> ghisa dai forni della costa maremmana veniva trasportata per via mare, fino alla foce dell’Arno.<br />

Di qui, sopra imbarcazioni più piccole, i cosiddetti “navicelli”, seguiva il corso del fiume fino<br />

al porto di Signa da dove, seguendo il corso del fiume Ombrone, raggiungeva Poggio a Caiano. In<br />

questa località la ghisa veniva caricata su barrocci e trasportata ai magazzini di Capostrada, a nord<br />

di Pistoia, da dove proseguiva a dorso di mulo fino alle fer riere della montagna”31 .<br />

28 Il Breschi parla di tali documenti alla nota 2, pp. 52­53: “Le relazioni sulle condizioni<br />

della città e montagna di Pistoia” di Carlo Fazzuoli (1767) e della Deputazione Alberti­Federighi­<br />

Querci (1768) sono citate in P. Leopoldo d’Asburgo Lorena, Relazioni sul governo della Toscana,<br />

Firenze 1970, vol. II, pp. 92­93. Le in chieste guidate da Gualtieri Neri (1748), da G.C. Miller (1767)<br />

e da Filippo Neri (1769) sono raccolte in Archivio di Stato di Fi renze, Carte Gianni, f. I, 2. Senza<br />

data, ma certamente dello stesso periodo sono le Notizie statistiche della città di Pistoia contenute in<br />

31 risposte e altrettanti quesiti in Biblioteca For teguerriana di Pistoia, Manoscritti, B 153”.<br />

29 Il Breschi afferma alla nota 10: “Nelle ferriere veniva effet tuata la prima fusione del<br />

“ferraccio” (la ghisa), riducendolo, con l’azione meccanica di grossi magli di ferro, in verghe ed in<br />

barre di notevoli dimensioni. Nei distendini si procedeva alla ri duzione in barrette di spessori minori e<br />

di forme variabili”. Oc corre ricordare che tale distinzione vale anche per le ferriere di tipo industriale<br />

che sarebbero sorte nella montagna bolognese nella prima metà dell’Ottocento; quando poi, nella<br />

seconda metà del se colo, tutti questi impianti si sarebbero ridotti ad una dimensione arti gianale il<br />

termine ferriera servì invece a definire un impianto di questo tipo, con magli di minori dimensioni<br />

adatti alla produ zione di attrezzi agricoli.<br />

30 Il Breschi, alla nota 12, p. 58, cita i documenti da lui consul tati: Archivio di Stato di<br />

Firenze, Magona, f. 2813, “Dimostrazione sopra i trasporti fatti e da farsi con cavalli e mule di conto<br />

proprio della Magona da Ferro di S.A.R. in Maremma ed in tutta la Montagna Pistoiese (anno 1769)”.<br />

31 Le informazioni sono tratte dal Breschi da Biblioteca Forteguer riana di Pistoia,<br />

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