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- 1 - Renzo Zagnoni La stoRia deLL'industRia deL feRRo neLLa ...

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ottura di ferro, acquistati a circa 15 centesimi il chilogrammo. ogni anno si consumavano circa 630<br />

tonnellate di carbone di legna (faggio e castagno) con la spesa di 4 centesimi il chilo.<br />

Veniva prodotta una vasta gamma di materiali semigrezzi in verghe e fasci di molteplici dimensioni e<br />

di forma quadrata, tonda, ot tangola, bisquadra, spiaggioni, spiagge sottili, assi da ruota, fili e pezzi diversi di<br />

commissione. in totale si trattava di 190 tonnellate di prodotto, da cui si ricavavano una media di 47<br />

cen tesimi il chilo, per un totale di 90.000 lire italiane. il mercato di questi prodotti era prevalentemente<br />

il bolognese, ma anche il ferrarese e la Romagna.<br />

anche in queste schede, come in quelle della incompleta statistica del 1850, troviamo un dato di notevole<br />

interesse: il giudizio dei singoli proprietari sullo stato delle loro attività produttive. Si tratta di<br />

un parere, ovviamente interessato e come abbiamo già visto orien tato soprattutto ad ottenere benefici<br />

e sgravi fiscali dal governo, allora pontificio e in questo momento italiano; ci sembra comunque<br />

che, confrontando questi dati con la situazione generale italiana, i pareri siano piuttosto attendibili.<br />

Egidio Francesco Succi dunque affermava: Le condizioni dell’industria del ferro si sono fatte deplorabili<br />

in causa della concorrenza Inglese divenuta più formi dabile per dazio lieve d’introduzione. Aggiungesi che a<br />

dispetto della unificazione d’Italia e quasi che le annessioni siano state uno scherzo, non si vuole accordare ai<br />

fabbricatori non Toscani quell’abbuono che il Governo della Toscana accordava con suo de creto del 15 marzo<br />

1860 ai fabbricatori Toscani sul prezzo del Ferraccio o Ghisa delle R.R. Fonderie. Lo stesso imprenditore<br />

po neva anche l’accento sul problema annoso dei trasporti, il cui co sto incideva pesantemente sul<br />

prezzo finale dei prodotti: L’officina non ha facili comunicazioni, anzi sarebbe necessario che se ne aprissero<br />

al più presto. Certamente in quest’ultima af fermazione si sente la eco di due problemi: prima di tutto<br />

dell’isolamento del Lizzanese collegato al fondovalle del Reno so lamente per mezzo di mulattiere; la<br />

strada porretta fanano che passò per Lizzano sarebbe stata costruita in epoca successiva anche per<br />

venire incontro alle necessità dell’industria del ferro; in secondo luogo il succi aveva sicuramente<br />

presente l’avanzare dei lavori della ferrovia transappennina che sarebbe stata aperta nel 1864. a proposito<br />

del problema dei trasporti mi sembra doveroso ricordare come nelle parole del succi sembra<br />

di sentire le stesse afferma zioni degli imprenditori montani di oggi, sempre alle prese col grave problema<br />

dei trasporti: il distretto industriale nato nell’Ottocento nella zona Venturina-Porretta-Sillagaggio-Lizzano<br />

e che vive oggi una fase di notevolissimo sviluppo, ancora oggi risulta gravemente<br />

svantaggiato proprio dai costi aggiuntivi imposti dall’isolamento, dalla scarsa manuten zione della<br />

porrettana e dalla sottoutilizzazione del trasporto ferroviario.<br />

4.3.2 <strong>La</strong> ferriera di francesco Vivarelli Colonna alla Venturina 102<br />

Questo impianto risulta dalla scheda della statistica in questo periodo meno potente di quelli del<br />

Lizzanese: consisteva infatti in soli due fuochi, uno grande da ferriera col relativo maglio della potenza<br />

di 5 ca valli dinamici, ed uno più piccolo da distendino con un secondo ma glio della potenza<br />

di tre cavalli. <strong>La</strong> manodopera impiegata, in tutto 7 persone, consisteva in un maestro di ferriera, un<br />

lavo rante, due manovali, un maestro di distendino ed un lavorante e un manovale per il distendino.<br />

il costo giornaliero del personale ammontava a 9 lire per gli impiegati nella ferriera e 6 per quelli del<br />

distendino; le giornate lavorate complessivamente in un anno erano dalle 200 alle 240.<br />

ogni anno venivano impiegate 115 tonnellate di ferraccio, assieme a carbone di legna in questo caso<br />

misurato in litri: 5 ettolitri e 181 litri. <strong>La</strong> produzione totale ammontava a tonnellate 84,32 di ferro<br />

battuto. anche per questa ferriera l’unità d’italia non aveva certo rappresentato un buon affare,<br />

per gli stessi motivi sopra esposti. <strong>La</strong> crisi si era manifestata in modo evidente tanto che l’impianto<br />

prima dell’unificazione funzionava a due fuochi, occupava un numero doppio di lavoranti ed aveva<br />

in funzione anche un’altra ferriera all’uso francese; ora invece, nel 1861, la produzione era stata drasticamente<br />

ridimensionata. <strong>La</strong> conclusione a cui giunse il Viva relli Colonna nella scheda che stiamo<br />

analizzando era davvero de solante: terminato i carbone dei contratti ancora in corso la pro prietà<br />

sarebbe stata costretta ad interrompere anche l’attività dell’unico fuoco ancora in funzione, reputando<br />

annualmente nell’operazione un sacrifizio invece di un utile.<br />

102 <strong>La</strong> scheda fu stesa da Francesco Vivarelli Colonna il 23 novembre 1861 ed è in ASB,<br />

Sottoprefettura di Vergato, Cave, Miniere, Industrie, Officine, busta 17.<br />

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