15.06.2013 Views

- 1 - Renzo Zagnoni La stoRia deLL'industRia deL feRRo neLLa ...

- 1 - Renzo Zagnoni La stoRia deLL'industRia deL feRRo neLLa ...

- 1 - Renzo Zagnoni La stoRia deLL'industRia deL feRRo neLLa ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Colonna erano costretti ad im portare carbone dalla Toscana. <strong>La</strong> tesoreria dello Stato Pontificio aveva<br />

poi imposto il dazio sull’introduzione del ferro estero per le Provincie del Mediterraneo come provviste di<br />

folte macchie lungo il Littorale e quindi capaci d’una estesa fabbricazione, per la ragione inversa ha ribassato<br />

di due terzi lo stesso dazio per le provincie nostre riguardanti il Mediterraneo.<br />

di fronte a prese di posizione così nette e circostanziate il permesso a giovanni gentilini non venne<br />

accordato.<br />

egli non si perse però d’animo, lasciò passare qualche anno e nel 1850 decise di rinnovare la sua richiesta.<br />

in questa occasione non lo troviamo però da solo nell’impresa. evidentemente nel frat tempo<br />

egli aveva contattato un altro imprenditore montano, quel giovanni bontempelli che già gestiva la<br />

ferriera di Panigale di Sotto: come vedremo il primo era il proprietario del terreno men tre il secondo<br />

avrebbe in seguito assunto la gestione della ra miera 86 . Questa volta non fu il potere politico ad opporsi,<br />

ma un imprenditore bolognese, Luigi pasquini, conduttore del maglio da rame di pontecchio,<br />

di proprietà della contessa Ersilia Rossi Marsili, ed anche del maglio della Canonica: il 13 marzo 1850<br />

egli scrisse al legato per fargli sapere come già al presente egli trovava notevoli difficoltà a procurarsi<br />

il carbone necessario alla produzione, e come anche le fer riere montane del belvedere e della<br />

Venturina fossero costrette a procurarselo importandone dalla Toscana: evidentemente erano bastati<br />

vent’anni dalla costruzione delle prime ferriere a depauperare le folte foreste della montagna. alla<br />

costruzione della ramiera si oppose anche lo stesso fratello di giovanni gentilini, quel giuseppe che<br />

al mulino di tardino, dove avrebbe dovuto sor gere la nuova ramiera, gestiva una bottega da tintore;<br />

egli uti lizzava l’acqua del Reno per il mangano e valchiera, e paventava che l’acqua del già esistente<br />

canale non fosse sufficiente per en trambi i motori idraulici della sua gualchiera e del nuovo opifi cio<br />

del fratello. Egli affidò le sue rimostranze a due lettere in viate al legato rispettivamente il 29 agosto<br />

ed il 19 ottobre 1850; in esse, oltre alla questione della scarsità d’acqua, rile vava anche il pericolo di<br />

incendio che avrebbe rappresentato il magazzino del carbone che avrebbe dovuto essere ricavato<br />

da un lo cale distante solamente 7 o 8 piedi (m. 2,60-2,70) dalla sua casa e bottega. E che si dirà poi del<br />

disturbo pel continuo rumore e fracasso del Malio! (un pericolo di inquinamento acustico ante lit teram!)<br />

anche se il maglio della sua gualchiera non doveva certo essere da meno nel creare rumori assordanti.<br />

Questa volta però la società gentilini-bontempelli riuscì ad ottenere il permesso così a lungo atteso,<br />

soprattutto perché l’ispezione boschiva aveva constatato un aumento delle foreste compatibile<br />

col consumo di carbone della nuova ramiera. a soste nere l’impresa fu soprattutto la commissione<br />

municipale di Gaggio di Montagna, al cui confine doveva sorgere l’opificio, che rilevò come la nuova<br />

produzione sarebbe stata molto utile per i montanari costretti a recarsi a bologna per i loro acquisti<br />

o a servirsi da gli esosi mercanti ambulanti; la stessa commissione rilevò poi una inesattezza, molto<br />

probabilmente voluta, nel reclamo del fratello del Gentilini: il deposito di carbone non si trovava a<br />

7 o 8 piedi dalla sua gualchiera, sibbene 38 (m. 14,40) e per di più il canale separava i due impianti,<br />

co sicché il pericolo d’incendio risultava davvero remoto!<br />

3.6.3 <strong>La</strong> ferriera gherardi (poi ramiera Rossi) di Linaro presso Vimignano<br />

un altro tentativo di impiantare una ferriera fu quello di fran cesco gherardi. Costui era nativo di<br />

bergamo, come molti ferraioli delle ferriere della montagna, ed era probabilmente un amico del Calvi.<br />

Quest’ultimo infatti nel 1834 lo aveva chiamato per impie garlo nella ferriera di Corvella fondata<br />

da soli due anni. anche lui seguì la strada del suo datore di lavoro e dopo tredici anni, avendo messo<br />

da parte un po’ di denaro, decise di mettersi in pro prio. A tal fine aveva comperato da don Felice<br />

parisi un pezzo di terra nella località Linaro, lungo la Limentra orientale, in par rocchia di Vimignano<br />

in quello che allora era detto comune di ta vernola, oggi di grizzana morandi. in questo caso i<br />

primi a negare per ben due volte il permesso di costruire un opifizio da fabbro ferraio e da distendino,<br />

erano stati i membri del consiglio comu nale; le motivazioni, a detta del gherardi, non erano però<br />

delle più nobili, poiché erano legate ad interessi privati del priore comunale, quello che oggi si chiamerebbe<br />

il sindaco: costui avrebbe infatti negato il permesso poiché temeva che vengano dan neggiati<br />

alcuni suoi parenti che praticano simile arte! Così il 1° agosto 1847 il gherardi scrisse al cardinale legato<br />

86 <strong>La</strong> documentazione relativa a questo secondo tentativo è in ASB, Legazione, 1850.<br />

- 29 -

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!