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- 1 - Renzo Zagnoni La stoRia deLL'industRia deL feRRo neLLa ...

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gestione dell’intera industria di stato. anche la costruzione della ferriera della Venturina a ridosso del<br />

confine granducale-pontificio avvenuta in quegli anni, va dunque inserita in questa febbrile attività<br />

della fami glia. in realtà il tentativo di acquisto dell’intera siderurgia toscana non riuscì, poiché il governo<br />

granducale non volle la cre azione di un vero e proprio monopolio privato, a cui erano con trari<br />

soprattutto i funzionari statali della magona.<br />

<strong>La</strong> presenza dell’industria del ferro nella montagna pistoiese in qualche modo coinvolse anche la<br />

vicina montagna bolognese fin dal periodo compreso fra il Cinquecento ed il Settecento, sia per la<br />

possibilità che le ferriere toscane offrivano come sbocco per la locale produzione di carbone sia per<br />

quelle di tipo commerciale offerte dei canali di distribuzione della produzione del ferro nello stato<br />

Pontificio. Per il secolo XVI così si esprime Alfeo Giacomelli: Qualche lavo razione ferrosa inoltre passò<br />

(con l’apporto anche qui di mae stranze lombarde e nordiche) sul versante porrettano capugnanese, ed in particolare<br />

alcune famiglie locali stabilirono con la Magona granducale un rapporto privilegiato nella commercializzazione<br />

verso il Bolognese del ferro semilavorato 34 .<br />

L’altra, più consistente, attività indotta nella montagna bolo gnese fu l’incremento della produzione<br />

del carbone di legna prove niente dalle selve del belvedere, del Capugnanese e del granaglio nese,<br />

territori tutti contigui alla toscana. i motivi delle ri chieste che provenivano dalle ferriere toscane<br />

sono sicuramente da ricercare nel fatto che la loro attività, presente in montagna oramai da secoli,<br />

aveva notevolmente depauperato il patrimonio bo schivo del versante sud, cosicché si poneva il<br />

problema dell’approvvigionamento del carbone di legna. <strong>La</strong> montagna bolo gnese, vicinissima e per<br />

lunghissimo tratto confinante, poteva perciò offrire vaste possibilità di acquisto. Bernardino Farolfi,<br />

che ha approfonditamente studiato il problema dei beni comunali e del taglio dei boschi in questa<br />

zona nel settecento, ha ripetuta mente rilevato questo interesse economico bolognese soprattutto<br />

nei confronti della ferriera di Pracchia la più vicina al confine pontificio ed ai boschi comunali delle<br />

comunità della montagna bolognese 35 . ad esempio nel 1734 è documentata la vendita all’asta che<br />

il massaro ed i consiglieri del comune di granaglione fecero di una faggeta posta proprio presso il<br />

confine col Granducato sul monte Cocomero o Pian di Mezzo fra le valli della Randaragna e dell’orsigna;<br />

l’aggiudicatario Giacomo Lenzi, affittuario di un’altra bandita e depositario della comunità,<br />

si proponeva di servirsi della legna ricavata dal taglio per fare tanto carbone per servizio della ferriera di<br />

Sua Altezza Reale di Toschana in Prachia. <strong>La</strong> legna avrebbe dovuto essere carbonizzata sul posto, cioè<br />

sul monte Coco mero, per essere poi trasportata a pracchia a poche miglia di di stanza e per di più<br />

lungo mulattiere tutte in discesa! In quell’occasione però il negozio non andò a buon fine poiché i<br />

ministri di essa ferriera in questo anno che sarìa l’ultimo del sgombra mento sudetto non si trovano comodi di<br />

prendere il carbone da farsi da detta legna a causa della provisione per essi loro fatta l’anno scorso ed anche nel<br />

presente da diverse altre persone 36 .<br />

due anni dopo anche gli uomini di Capugnano, evidentemente allet tati dalla possibilità di un sicuro<br />

e consistente guadagno già sperimentata dai Granaglionesi, al fine di aumentare le entrate della<br />

comunità e poter così pagare il debito contratto con la Ca mera di bologna per il mancato pagamento<br />

del dazio imposta, chie sero la facoltà di fare un taglio d’alberi nella macchia in sito denominato la Fonda per<br />

vendere il legname alli ferracieri di Pracchia. senza poi attendere l’autorizzazione iniziarono il ta glio,<br />

provocando in questo modo la denuncia di tre consiglieri del vicino comune di Belvedere: questi ultimi<br />

sostennero che il taglio veniva fatto sui crinali e sulle cime dei monti, con grave pregiu dizio per<br />

le comunità a causa del fatto che, secondo la credenza popolare di allora, tali tagli lasciavano la via<br />

libera ai venti impetuosi che in questo modo non trovavano il loro naturale riparo nei faggi di alto<br />

fusto. <strong>La</strong> controversia fu risolta con una ispe zione che diede ragione ai Capugnanesi che poterono<br />

così conti nuare a tagliare per poter vendere al signor fatore Corsini di Prachia il legname per il quale<br />

34 A. Giacomelli, Popolazione e società in un’area dell’alto Appen nino bolognese, in<br />

Popolazione ed economia dei territori bolognesi durante il Settecento, Atti del III colloquio (Bologna,<br />

15 gennaio 1983), Bologna 1985, pp. 167-168 e nota 13.<br />

35 Cfr. B. Farolfi, L’uso e il mercimonio. Comunità e beni comunali nella montagna<br />

bolognese del Settecento, Bologna 1987.<br />

36 Farolfi, L’uso e il mercimonio, pp. 77­78, e nota 52, che ri cava l’informazione da<br />

ASB, Ufficio del notaio di governo, Atti del governo, Filze, 87, 1734, n. 297.<br />

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