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La Via Flaminia - cesano home page

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già nel secolo XIII, quando fu trasformato<br />

in casale; si deve perciò ritenere frutto di<br />

fantasia erudita un disegno di Giuliano da<br />

Sangallo, che lo mostra ornato da colonne<br />

e paraste corinzie su due ordini e sormontato<br />

da una cuspide a cono.<br />

<strong>La</strong> tecnica edilizia, i dettagli architettonici<br />

concordano per una sua datazione nei<br />

primi decenni del IV sec. d.C. Si è supposto<br />

che l’arco commemori la battaglia dei<br />

Saxa Rubra, eretto nel luogo ove Costantino<br />

aveva posto il campo alla vigilia dello<br />

scontro che lo vide prevalere su Massenzio<br />

il 28 Ottobre del 312 d.C.<br />

Al IX miglio della via <strong>Flaminia</strong>, presso<br />

l’odierno Borgo di Prima Porta, la testimonianza<br />

dello scrittore Plinio il Vecchio<br />

ricorda la presenza di una sontuosa villa<br />

appartenente a Livia Drusilla, moglie<br />

dell’imperatore Augusto (27 a.C.-14 d.C.)<br />

e denominata ad gallinas albas, di cui parlano<br />

anche altre fonti antiche. <strong>La</strong> denominazione<br />

derivava dalla notizia di un evento<br />

prodigioso qui accaduto: un’aquila avrebbe<br />

lasciato cadere in grembo a Livia una<br />

gallina candida con un ramo di alloro nel<br />

becco; piantato questo ramo, ne era nato<br />

un boschetto dei cui alberi Augusto e gli<br />

altri successori avrebbero poi utilizzato<br />

i rami per la corona d’alloro, simbolo del<br />

potere imperiale.<br />

In questa zona si intrapresero nella seconda<br />

metà dell’Ottocento alcuni scavi che<br />

portarono alla scoperta di gran parte delle<br />

strutture della villa, con una statua di Augusto<br />

loricato (c.d. Augusto di Prima Porta),<br />

acquisita dai Musei Vaticani e con le<br />

pitture con vedute di giardino, poi staccate<br />

dal loro ambiente nel 1951 per ragioni di<br />

conservazione e portate nel Museo Nazionale<br />

Romano (oggi nella sede di Palazzo<br />

Massimo). Scavi recenti, intrapresi a partire<br />

dal 1982, hanno permesso di completare<br />

la conoscenza della planimetria della villa,<br />

che era dotata di ampi quartieri residenziali<br />

e di adeguate installazioni di servizio.<br />

Avvicinandoci a Ponte Milvio, percorrendo<br />

a ritroso la consolare, un lungo tratto della<br />

Fig. 3<br />

<strong>Via</strong> <strong>Flaminia</strong>, fiancheggiato da monumenti<br />

sepolcrali (piccoli colombari, tombe a podio<br />

o a esedra, semplici stele per lo più di<br />

pretoriani) è stato scoperto nella piana di<br />

Tor di Quinto, poco a nord di un interessante<br />

mausoleo di epoca imperiale romana.<br />

Rinvenuto nel 1876 nell’ambito di scavi<br />

condotti da privati con lo scopo di trarne<br />

materiali da costruzione, il sepolcro fu<br />

smontato e smantellato (eccetto il nucleo<br />

ancora oggi esistente presso il Poligono di<br />

Tiro Nazionale) per poi essere ricostruito<br />

lungo il muro di cinta di Villa Blanc in via<br />

Nomentana per iniziativa di uno dei più geniali<br />

e autorevoli archeologi italiani nel periodo<br />

a cavallo tra Ottocento e Novecento:<br />

Giacomo Boni. Il mausoleo constava di un<br />

dado parallelepipedo in tufo, sormontato<br />

da due corpi cilindrici a blocchi isodomi<br />

di marmo lunense con base adorna di un<br />

motivo a foglie di acanto. I cilindri erano<br />

coronati da un fregio a girali, supportanti<br />

una cornice molto aggettante riccamente<br />

decorata. Una merlatura a specchi lisci<br />

incorniciati completava l’edificio, databile<br />

nell’ambito del I sec. d.C.<br />

Alla stessa epoca, ma più verso la prima<br />

metà del secolo, risalgono i resti pertinenti<br />

ad una fastosa residenza suburbana di<br />

epoca romana rimessi in luce nell’autunno-inverno<br />

del 2000 alle pendici meridionali<br />

della cosiddetta Collina Fleming. Qui,<br />

tra viale Tor di Quinto e via Lupi, a fianco<br />

di Corso Francia, in vista dell’elegante<br />

facciata di Villa Mazzanti, ad un passo dal<br />

“Ponte Molle”, vicino a zone trafficate oggi<br />

come nell’antichità, allora ricche di tombe<br />

monumentali, è stato scavato, a breve distanza<br />

dal Tevere, un padiglione estivo di<br />

una villa, un “casino delle delizie” che si<br />

apriva alle feste e ai banchetti, con un’area<br />

centrale scoperta, delimitata almeno su<br />

due lati contigui da muri in opera reticolata.<br />

Attorno a questo nucleo ben conservato<br />

si disponevano altri ambienti dalle<br />

pareti originariamente affrescate, tra cui<br />

ne spicca uno con pavimento a mosaico<br />

marmoreo, di circa quattro metri quadrati,<br />

Settembre 2009<br />

Fig. 4<br />

Nelle foto:<br />

1.Grottarossa, la via <strong>Flaminia</strong> al VI miglio (da<br />

Saxa Rubra, RM 2007, p. 97)<br />

2. Prima Porta, disegno del Catasto Alessandrino<br />

(da <strong>La</strong> via <strong>Flaminia</strong>, RM-1991, p. 207)<br />

3. Affreschi a Villa di Livia<br />

4. Horti di Ovidio<br />

decorato con un motivo a “scudo” di triangoli<br />

in bianco e nero al centro del quale<br />

campeggia un medaglione policromo con<br />

un busto di Sileno. In forza della cronologia<br />

dei reperti rinvenuti, dell’alto livello<br />

delle decorazioni pittoriche e musive, nonché<br />

dell’ubicazione della signorile dimora,<br />

è stato proposto di riferire quest’ultima a<br />

Publio Ovidio Nasone, uno dei più celebri<br />

e sventurati poeti dell’antica Roma, esiliato<br />

dall’imperatore Augusto nell’8 d.C. per<br />

alcune gravi (ma a noi ignote) colpe commesse.<br />

Costui, infatti, in alcuni passi delle<br />

cosiddette opere dell’esilio (“Epistole dal<br />

Ponto” e “Tristia”), ove i temi dominanti<br />

sono il dolore per il distacco dai familiari<br />

e la nostalgia della patria abbandonata, si<br />

lascia andare al ricordo dei suoi amatissimi<br />

horti suburbani, da lui posti “sul colle pinifero<br />

in vista della via Clodia, là dove questa<br />

si congiunge con la via <strong>Flaminia</strong>”. Ovidio<br />

indica quindi con precisione assoluta<br />

l’ubicazione della sua residenza-giardino<br />

su un poggio levantesi subito oltre Ponte<br />

Milvio, dove la via Clodia, che nel primo<br />

tratto coincide con la Cassia, si distacca<br />

dalla <strong>Flaminia</strong>, la quale volge ad oriente<br />

per aggirare una delle alture colà esistenti<br />

e riprendere poi nella piana di Tor di Quinto<br />

il suo andamento rettilineo verso nord sino<br />

a Prima Porta.<br />

Questi, in estrema sintesi, gli argomenti<br />

trattati in oltre tre ore di esposizione, con<br />

duplice intento: innanzitutto far avvicinare<br />

il pubblico, specie quello più giovane,<br />

alle testimonianze del passato meno conosciute,<br />

al fine di suscitarne la sensibilità<br />

e favorirne approcci nuovi; in secondo<br />

luogo, fissare capisaldi di conoscenza da<br />

cui partire per avviare progetti di recupero<br />

e di fruizione dal punto di vista latamente<br />

culturale oltre che turistico. Risultati – per<br />

quanto mi consta – pienamente raggiunti!

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