La straordinaria avventura del - Eni

FOCUS
La straordinaria avventura del
Kazakhstan
È un paese che sta cambiando volto e destino e che ha
nel petrolio la chiave del suo futuro. Grazie ai giacimenti
di Karachaganak e di Kashagan, il più importante al mondo
scoperto negli ultimi 30 anni, di cui Eni è operatore unico.
di MIMMO CÀNDITO
QUEL SABATO, AD ALMATY, L’ANTICA CAPITALE
kazakha, una coppia di ragazzi saliva su per la
scalinata del Parco dei Martiri. Lui l’abito
scuro dei contadini il giorno di festa, lei perduta
nei veli bianchi della tradizione, erano arrivati
sotto la scalinata da dentro una limousine biancolatte,
stralunga, quasi sbarcata da una sequenza del
“Miami Vice”. Avevano appena celebrato le nozze e,

FOCUS
prima del pranzo ufficiale, ora si consegnavano
docili alle pose che i fotografi suggerivano:
i loro abbandoni da fotoromanzo, i baci con
qualche rossore pubblico di fronte agli scatti
del flash, richiamavano dagherrotipi di cineamatorismo
familiare. I nostri anni Cinquanta.
Come sfondo, il set aveva scelto le grandi figure
di bronzo che, in alto, su un muro possente,
immortalano la resistenza ai nazisti. Hanno
muscoli giganteschi, le maschere dei soldati di
metallo si espongono straziate dalla sofferenza
e dall’eroismo. Le figurine degli sposi gli si
erano sottomesse per la seduta di posa sorridendo,
disinteressate al sacrificio che il monumento
ricorda con magniloquenza. Poi avevano
abbandonato il bouquet sul marmo celebrativo
(“Lo fanno tutti, da sempre”), ed erano
scomparse dentro quella limousine da Al
Capone. Lui disse allo straniero, che gli chiedeva,
di chiamarsi Alexei, lei era Ylenia. Partirono
che già un’altra coppia – anch’essa appena
sposata – dava loro il cambio sotto l’ombra
dei martiri, e basta fermarsi qualche minuto in
quell’angolo del Parco per scoprire, poi, che
tutte le coppie ripetono, immancabilmente, gli
stessi gesti e le stesse inquadrature.
Ci sono rituali che fissano nella memoria della
storia un tempo e una stagione come nessun
atto ufficiale mai riuscirebbe. Il Kazakhstan
oggi è la piccola vicenda felice e stranita di
queste coppie appena sposate, un mondo
disteso tra passato e futuro, dove l’iterazione
di gesti consumati dall’uso viene a ripetersi in
un contesto – la “americanizzazione” della
limousine color panna, delle telecamere digitali e dei flash
usati con la spregiudicatezza d’un film, della esibizione degli
abiti da boutique – che gli sarebbe estraneo se non fosse
per la naturalezza con la quale i protagonisti si dispongono
a interpretarli. L’affitto di quella macchinona costa
100 dollari al giorno; 100 dollari sono quasi lo stipendio
base d’un operaio, ma ad Almaty già un paio di limousine
bianche fanno questo servizio, e sono richiestissime, bisogna
far la coda. La nuova felicità economica impone doveri
sociali cui nessuno vuole resistere. Il paese è sulla soglia
di un boom e questa speranza che si apre sul futuro sdogana
dal mondo esterno comportamenti, bisogni, aspettative,
che le società del consumismo hanno metabolizzato ormai
da mezzo secolo. È una rincorsa al tempo che se n’era
andato via nella collettivizzazione forzata; il tempo nuovo
scorre rapido e già sogna quello che ancora deve arrivare.
I soldati di bronzo sono il monumento di un passato la cui
lenta sottrazione dalla memoria collettiva né il metallo potente
degli eroi d’una guerra ormai lontana né i loro muscoli
doverosamente zdanoviani possono bastare a fermare.
Il rituale delle foto sottomesse celebra l’ultima sopravvivenza
d’una storia ufficiale che oggi ha perso qualsiasi
valore semantico (“Lo fanno tutti”, dicono le coppie, indifferenti
agli eroi, e finisce lì). Ora è arrivato il petrolio, il
mondo è cambiato.
Certo, il petrolio c’era anche “prima”, quando il Kazakhstan
era una delle repubbliche dell’impero sovietico e i
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piani quinquennali dettati dal Cremlino imponevano scelte
fatte all’interno d’un sistema rigidamente centralizzato, dipendente
dai voleri e dagli interessi di Mosca. Allora il Kazakhstan
era anzitutto “il paese delle terre vergini”, come
Nikita Kruscev l’aveva definito, un immenso granaio che
avrebbe dovuto coprire i bisogni alimentari dei popoli
chiusi dentro le frontiere dell’Urss. Di quel tempo – che
pare lontano un secolo ed è vecchio, invece, di soltanto
una decina d’anni – il viaggiatore che attraversa la geografia
sterminata del Kazakhstan ritrova oggi rovine dovunque,
ruderi abbandonati alla polvere del tempo: trattori
giganteschi senza più motore, vecchie trebbiatrici
che si disfano di ruggine sul margine d’una fattoria collettiva
implosa con l’ultimo respiro del comunismo sovietico,
oppure macchinari enormi di qualche fabbrica senza più
lavoro perduti ora a macerarsi nella corrosione come reperti
d’una archeologia industriale espulsa dal ciclo vitale
della nuova società kazakha.
Soltanto oggi questa società sta imparando a conoscersi
nella propria identità nazionale e non è affatto un processo
facile quando tutta la storia del passato è scritta all’interno
d’un racconto che narra di orizzonti aperti, spalancati
sul vuoto dei territori che i cavalieri dell’Oriente – i
Tartari, i Mongoli di Gengis Khan, gli Unni di Attila – traversavano
nell’avventura d’una conquista del mondo che
ignorava confini e frontiere. Questo meticciato che la
steppa divorata dalla corsa dei popoli nomadi rimescola-
Eni’s Way
THE EXTRAORDINARY
ADVENTURE
OF KAZAKHSTAN
It is a country changing its face
and destiny and has the key to its future
in petroleum. Thanks to the deposits
of Karachaganak and Kashagan.
The latter is the largest one found
in the world in the last 30 years
and Eni is its sole operator.
by MIMMO CÀNDITO
ON THAT SATURDAY, IN ALMATY, THE ANCIENT
Kazakhstani capital, a young couple were going up
the stairway of the Park of Martyrs. He was wearing
the traditional peasant’s black holiday suit. She, lost
in the white veils of tradition. They got there in a cream white
limousine, extra long, like something out of Miami Vice. They were
just married and before the lunch, they were posing for
photographers: their picture romance abandon, their blushing
kisses flash-lit by photographers, all recalled the old
daguerreotypes of family portraits. Our nineteen-fifties.
Eni’s Way
GEOGRAFIA STERMINATA.
Con un’estensione di 2,7 milioni di
chilometri quadrati e circa 15 milioni
di abitanti, il Kazakhstan è il nono
paese al mondo per ampiezza di
territorio. Sopra, un veduta della città
di Atyrau e l’Uomo d’Oro, risalente al
IV-V secolo a.C. e divenuto il simbolo
del paese. A sinistra, una cappella
votiva ad Atyrau.
BOUNDLESS GEOGRAPHY.
Kazakhstan, covering 2.7 millions sq.
km. and with some 15 millions
inhabitants, is the ninth largest
country on the planet. Above, a view
of the town of Atyrau and the Gold
Man, dating back to the IV-V century
b.C., who has become the country’s
national symbol. Left, a votive chapel
at Atyrau.
As a background, the chosen set were the great bronze statues
mounted on a high wall to remember the anti-nazi resistance.
They have gigantic muscles, the soldiers’ metal faces exposed to
excruciating sufferance and heroism. The newly weds
submissively sat down for the pictures, smiling, uninterested in
the sacrifice the monument grandiloquently recalled. They then
abandoned their bouquet on the marble (“Everybody does it,
always”), and disappeared into that Al Capone-style limousine. He
had told the stranger asking him that his name was Alexei and
hers Ylenia. As they left, another fresh couple arrived to shade
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FOCUS
va di continuo si era però ancorato poi solidamente, nel
corso degli ultimi secoli, a un processo di “russificazione”
che integrava genti slavi e genti caucasiche. Soltanto un
terremoto epocale com’è stato il crollo dell’impero sovietico
poteva rompere quella continuità fissata dal tempo; in
quel crollo un mondo finiva bruscamente, un altro ne va
nascendo, lentamente.
È stato un percorso aspro, anche drammatico. All’improvviso,
tecnici, professionisti, capitali, investimenti, tutta la
“nomenklatura” che guidava il paese, è sparita dal corpo
istituzionale del Kazakhstan in una fuga verso Mosca ch’era
un’autentica migrazione di massa. Come in un dramma
di Cecov, memoria e realtà si sono misurate nello strappo
imposto da quel tempo nuovo e la ricostruzione ha voluto
lacrime e sangue. “Si stava meglio prima”, dice amaramente,
a mezza voce per lo straniero che lo interroga, un vecchio
seduto sulla panca di legno della stazioncina ferroviaria
d’un piccolo villaggio di Karabatan, un pugno di case
che i treni sorpassano senza fermarsi, salutando con un
lungo fischio prima di perdersi nell’orizzonte della steppa.
Lui, il vecchio, scuoteva la testa, e nemmeno guardava il
convoglio che filava via. Pensava a se stesso, al suo passato,
ma non s’accorgeva del gran lavoro che c’era attorno a
lui, i nuovi binari, la nuova stazione in costruzione, i giovani
operai che stavano trasformando il silenzio immobile
della steppa.
Oggi la storia di questa lunga scalata d’un popolo verso il
proprio futuro è raccontata orgogliosamente nel museo di
Almaty, in un percorso che simbolicamente risale dal sot-
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I due progetti
Eni è stata tra le prime compagnie petrolifere
occidentali a svolgere attività
di esplorazione e produzione in Kazakhstan.
Oggi la Società è presente in
due importanti progetti upstream: Karachaganak
e North Caspian Sea.
KARACHAGANAK
È il progetto relativo all’ulteriore sviluppo
del giacimento a olio, gas e condensati,
già operativo dagli anni Ottanta. Il giacimento
è situato nel nord-ovest del paese.
Eni, con una quota del 32,5%, è cooperatore
insieme alla British Gas.
L’accordo di production sharing prevede lo
sviluppo del giacimento per 40 anni da
parte del consorzio internazionale, costituito
da quattro compagnie: Eni, British
Gas, ChevronTexaco e Lukoil.
Con la seconda fase di sviluppo il Consorzio
ha realizzato un impianto di trattamento
(KPC), un impianto di reiniezione gas (Unità
2) e un oleodotto di 636 chilometri che collega
Karachaganak ad Atyrau, sulla costa
del Mar Caspio nel Kazakhstan settentrionale.
Ad Atyrau questo oleodotto si raccorda
con l’oleodotto CPC (Caspian Pipeline
Consortium), che collega il Mar Caspio con
il terminale di Novorossisk sul Mar Nero.
Grazie a questo collegamento, la produzio-
ne del KPC raggiunge i mercati internazionali.
Entro la fine dell’anno la produzione totale
di Karachaganak raggiungerà i 380 mila
barili di olio equivalente al giorno, con una
quota di spettanza Eni pari a 115 mila
boe al giorno.
Il KPC (Karachaganak Processing Centre)
ha una capacità di trattamento di 150 mila
barili di liquidi al giorno. La produzione di
gas del campo è pari a 14,5 miliardi di metri
cubi all’anno, 6,6 dei quali vengono reiniettati
nel giacimento dall’Unità 2 a pressioni
superiori alle 500 atmosfere.
NORTH CASPIAN SEA
È il progetto relativo all’esplorazione e sviluppo
di un’area offshore, nella parte settentrionale
del Mar Caspio kazako a sudest
di Atyrau.
L’area contrattuale copre 11 blocchi per
una superficie totale di oltre 5.500 km 2
in una profondità variabile tra i 2 e i 10
metri. L’attività è condotta da una joint
venture composta da Eni (attraverso Agip
Caspian Sea B.V. con una quota del
16,67%), e da altre sei compagnie petrolifere
internazionali. Dal febbraio 2001 Eni
è stata nominata operatore unico del North
Caspian Sea.
Nel 2000 è stata effettuata, con il pozzo
esplorativo KE-1, una importante scoperta
di idrocarburi nella struttura denominata
Kashagan.
Le elevate pressioni in giacimento e la presenza
di acido solfidrico rendono le tecnologie
adoperate a Kashagan tra le più avanzate
al mondo.
Il giacimento, che ha riserve recuperabili fino
a 13 miliardi di barili, è uno dei più grandi
scoperti negli ultimi trent’anni. Nel febbraio
2004 è stato approvato il piano di sviluppo
del giacimento che avverrà in fasi.
Nella prima, già in corso di esecuzione, si
raggiungerà una produzione di 75 mila barili
di olio al giorno nel 2008 che aumenterà
gradualmente fino a 450 mila barili nel
2010. Nelle fasi successive la produzione
si attesterà a un milione 200 mila barili al
giorno. Si prevede di reiniettare gran parte
del gas acido, associato alla produzione di
olio in giacimento riducendo in tal modo la
produzione di zolfo.
Nell’area contrattuale del North Caspian
Sea PSA, sono presenti
oltre a Kashagan altre
strutture di grande potenziale
attualmente in fase
“appraisal”, quali Kalamkas,
Aktote e Kairan.
terraneo fino al quarto piano, cominciando
– in basso, in una significativa semioscurità
– dalla più lontana preistoria dei nomadi
di queste terre, e arrivando poi alla luce
piena dell’ultimo piano, dove con la celebrazione
della nascita del nuovo stato indipendente
si conclude il processo della
“autoidentificazione nazionale”. Su una
parete di quest’ultima tappa della risalita,
un lungo pannello espone le bandierine
dei paesi che hanno riconosciuto il nuovo
Kazakhstan, aprendo relazioni diplomatiche
con Almaty: sono più di 150 bandiere,
l’ordine dell’esposizione segue semplicemente
la cronologia, non conta la potenza,
né l’importanza politica o le strategie delle
alleanze. E però la prima bandiera è quella a stelle e strisce
degli Stati Uniti d’America, 26 dicembre 1992. Il petrolio,
appunto.
Se la ricchezza reale d’un paese è segnata dalla combinazione
di tre fattori (il territorio, la popolazione, le sue risorse),
il Kazakhstan ha potenzialità straordinarie di crescita,
per la vastità d’una geografia che lo misura grande
quanto l’Europa occidentale, con una popolazione di appena
15 milioni di abitanti e una terra che, dentro, contiene
ogni tesoro immaginabile, uranio, ferro, tungsteno,
bauxite, petrolio. In un mondo sempre più assetato di fonti
d’energia alternative ai flussi petroliferi del Golfo – tanto
doviziosi quanto, però, rischiosamente destabilizzati – il
Eni’s Way
by the martyrs, and if you stop to watch a few minutes in that
corner of the park, you will find that all the couples inevitably
repeat the same gestures and pictures.
There are rituals which fix history and time in memory like no
official act ever could. Kazakhstan today is the small and happy
tale of these newly weds, in a world stretched between past and
future, where the iteration of time-worn gestures takes place in a
context - the “Americanisation” of the cream limousine, digital
cameras and flashes used as in a film, the exhibition of boutique
clothes – which would be out of place if not for the artlessness
people display in their roles. Renting that car costs 100 dollars a
day; 100 dollars are nearly a workman’s basic wage, but there are
already two white limousines providing this service in Almaty, and
Eni’s Way
OSTILITÀ AMBIENTALE. Mar Caspio, isole artificiali per la perforazione
offshore. A causa delle condizioni atmosferiche proibitive dei mesi
invernali si è resa necessaria la costruzione di barriere per proteggere
le strutture dagli accumuli di ghiaccio.
L’Eni è stata tra le prime compagnie petrolifere occidentali a svolgere
in Kazakhstan attività di esplorazione e produzione di idrocarburi,
ingegneria e costruzioni, distribuzione di prodotti petroliferi.
HOSTILE ENVIRONMENT. The Caspian Sea, man-made islands for
offshore well drilling. Owing to prohibitive weather conditions in winter
months it was necessary to build barriers to protect facilities from
heaping up ice.
Eni was among the first western oil companies to undertake gas and oil
exploration and production, engineering and construction activities and
oil product distribution in Kazakhstan.
they are highly requested, you have to wait. The new economic
happiness imposes social duties which no-one wants to resist to.
The country is on the verge of a boom and this hope opening out
onto the future brings in foreign forms of behaviour, needs and
expectations which consumer society digested half a century ago.
They are just chasing time which had escaped in forced
collectivisation; the new time runs faster and is already dreaming
of that to come.
The bronze soldiers are the monument to a past whose slow
escape from the collective memory neither the powerful metal of
heroes from a distant war nor their rigorously zhdanovian muscles
can stop. The ritual of the pix celebrates the last remnants of an
official history which has lost all semantic value today (“everybody
does it”, couples say, indifferent to the heroes). Now oil has
arrived, the world has changed.
Of course, petroleum was already there, when Kazakhstan was
one of the republics of the Soviet empire and five year plans
dictated by the Kremlin imposed choices made inside a rigidly
centralised system, dependent on the will and interests of
Moscow. Then, Kazakhstan was first of all “the country of virgin
lands”, as Nikita Khrushchev had described it, an immense
granary which would supposedly have covered the food needs of
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acino del Caspio offre oggi ai mercati internazionali prospettive
di forte attrattiva, in un’area che mantiene un rassicurante
equilibrio politico anche se, ai suoi margini meridionali,
la guerra afghana ha aperto processi duraturi di
crisi.
E nel Caspio, nelle acque della parte settentrionale di questo
mare interno, il Kazakhstan ha trovato la propria cornucopia.
Il giacimento di Kashagan contiene riserve petrolifere
che una stima prudente calcola in 13 miliardi di barili
di petrolio, ma che calcoli appena più ottimistici portano
fino al limite di 23,6 miliardi di barili. “È la più importante
scoperta petrolifera che il mondo abbia fatto negli ultimi
30 anni”, ricordano i tecnici dell’Eni, che oggi è orgogliosamente
l’operatore unico di un consorzio internazionale
creato per lo sfruttamento commerciale di questa ricchezza,
con la partecipazione delle majors degli idrocarburi, la
BG, la Shell, la Esso, la Total, la ConocoPhillips e la giapponese
Inpex.
Nel suo libro, di pochi mesi fa, sul mondo del petrolio
(“The End of Oil”), Paul Roberts liquida in due righe questa
straordinaria avventura: “Quando le compagnie petrolifere
internazionali hanno potuto mettere piede in
Kazakhstan, hanno trovato Kashagan in appena trentasei
minuti”. La realtà è assai più drammatica di quella che appare
l’occhiata felice d’un geologo fortunato: il campo di
Kashagan si trova in un’area dove le condizioni climatiche
e la natura del terreno d’esplorazione hanno imposto tecniche
d’intervento mai tentate prima, in una sfida che la
stupefacente pressione del gas e gli alti contenuti acidi del
petrolio rendevano una stimolante prova di creatività tec-
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nologica per l’intera industria mondiale degli idrocarburi.
Il Caspio, lassù, tra l’estuario dell’Ural e la foce della Volga,
nella solitudine muta e immobile d’una steppa che si stende
dentro un orizzonte senza fine, è un affascinante ecosistema
cui la latitudine settentrionale detta condizioni
estreme; e non soltanto per la fortissima escursione termica,
che porta fino a 40 gradi il calore dell’estate ma fa precipitare
a 30 gradi sottozero il lungo inverno caucasico. Le
acque di questo mare interno hanno, infatti, anche una
profondità da bagnarola,
che non supera mai
gli 8-10 metri e più
spesso, però, si adagia
su un fondo che la lunghezza
d’una pertica
raggiunge con tutta facilità.
Padrone ormai
delle strumentazioni
necessarie a rispondere
alle più difficili prove
dell’off-shore, con piattaforme
normalmente
operative parecchie miglia
fuoricosta, dal Mar
del Nord agli oceani della
Cina e dell’Africa e
comunque in acque
sempre profonde migliaia
di metri, il mondo
del petrolio si è invece
Eni’s Way
The two projects
Eni was among the first western oil
companies to undertake exploration
and production activities in
Kazakhstan. Today it is engaged in two
major upstream projects: Karachaganak
and North Caspian Sea.
KARACHAGANAK
This project concerns the further
development of the oil, gas and
condensate Karachaganak deposit,
situated in North West Kazakhstan and
operational since the 80s.
Eni, with a 32.5 pc stake, is co-operator
along with British Gas.
The production sharing agreement lays
out the development for 40 years by an
international consortium, made up of four
companies: Eni, British Gas,
ChevronTexaco and Lukoil.
In the second development stage, the
Consortium has set up a treatment plant
(KPC), a gas reinjection plant (Unit 2) and
a 636-km oil pipeline linking
Karachaganak to Atyrau, on the Caspian
Sea coast in northern Kazakhstan. In
Atyrau this oil duct links up to the CPC
(Caspian Pipeline Consortium) pipeline,
peoples locked inside the frontiers of USSR. Travellers crossing
today the infinite geography of Kazakhstan finds ruins everywhere
of that time – which seems a century away and instead is just
more than a decade ago –, remnants abandoned to the dust of
time: huge tractors with no engine any more, old threshers rusting
to bits on the edge of a collective farm imploded with the last
breath of soviet communism, or the enormous machinery of some
idle factory, left to rot in the corrosion like exhibits of industrial
archaeology expelled from the life cycle of Kazakhstani society.
Eni’s Way
which connects the Caspian Sea with the
Novorossisk terminal on the Black Sea.
Thanks to this connection, KPC oil
reaches international markets.
Total output at Karachaganak will rise to
380.000 barrels a day by yearend, with
Eni’s share at 115,000 boe a day. KPC
(Karachaganak Processing Centre) has a
capacity of 150,000 barrels of liquids.
Karachaganak also produces 14.5 billion
cubic metres of gas per year, 6. 6 of
which is re-injected in the reservoir by
Unit 2 at a pressure of over 500
atmospheres.
NORTH CASPIAN SEA
This project is about the exploration and
development of an offshore area, in the
northern section of the Kazakhstan
Caspian Sea, south east of Atyrau.
The contract area covers 11 blocks for a
surface total of over 5,500 square kilometres
with a depth ranging from two to ten metres.
The project is carried out by a joint venture
including Eni (through Agip Caspian Sea B.V.
with a 16.67 percent stake), and six other
international oil companies. In February
2001, Eni was named sole operator in the
North Caspian Sea.
SOLUZIONI ENI.
A fronte, la ferrovia di
West Eskene che l’Eni
ha collegato al centro
trattamento olio con
un’apposita bretella.
Accanto, particolare
dell’helideck
di una piattaforma
nel Mar Caspio.
ENI SOLUTIONS.
Opposite, the railway
at West Eskene, which
Eni connected to the
oil processing centre
with a specially-built
link-up. Alongside,
a detail of the helideck
on a Caspian Sea
platform.
An important discovery of hydrocarbons
was made at the KE-1 exploration well in
the Kashagan structure in 2000.
Due to high reservoir pressure and the
presence of hydrogen sulphide, the
technologies adopted in Kashagan rank
among the most advanced in the world.
The deposit, which holds recoverable
reserves of up to 13 billion barrels, is
among the largest discovered over the
last 30 years. The Kashagan development
plan was approved in February 2004. It
will be implemented in stages. During the
first one, currently underway, the field will
reach an output of 75,000 barrels of
crude a day by 2008, to gradually
increase up to 450,000 barrels by 2010.
Production will be expanded in the
following stages to a plateau of
1,200,000 barrels a day. A lot of the acid
gas associated with crude pumped at
Kashagan, is expected to be re-injected,
thus reducing the production of sulphur. In
the contract area of the North Caspian
Sea PSA, besides Kashagan, there are
other high-potential structures, currently in
the “appraisal” stage, such as Kalamkas,
Aktote and Kairan.
Only now is this society learning its own national identity, which
is not easy when all past history is a tale of open landscapes
and empty spaces that oriental knights –the Tartars, the
Mongols of Gengis Khan, the Huns of Attila – crossed to
conquer a world which knew no borders or limits. This cauldron
of peoples which the steppes devoured by the race of nomads
constantly stirred, gradually found stability over the last
centuries through a “Russification” process, integrating Slav
and Caucasian peoples. Only an epochal earthquake like the fall
of the Soviet empire could break that continuity fixed in time. In
that fall a world abruptly ended and another one is being born,
slowly.
It was a bitter process, often dramatic. Suddenly, technicians,
professionals, capitals, investments, the whole “nomenklatura”
which led the country, disappeared from the institutional body of
Kazakhstan in a flee towards Moscow. It was a real mass
migration. As in Chekhov a play, memory and reality measured
themselves in a painful tear imposed by that new era and
reconstruction exacted blood and tears. “It was better before”,
an old man says bitterly, sitting on a wooden bench of the
Karabatan village train station. A bunch of houses which trains
rarely stop for, whistling their salute before disappearing into the
horizon of the steppes. The old man shook his head and didn’t
even look at the escaping train. He thought of himself, his past,
but he didn’t realise the great amount of work going on around
him, the new tracks, the new station being built, the young
workers who were transforming the motionless silence of the
steppes.
Today the story of this nation long struggle to its future is proudly
recounted in the Almaty museum, in a journey which
9

FOCUS
trovato, a Kashagan, a dover rovesciare la propria ottica,
costretto a inventarsi un modo d’operare mai sperimentato
prima, in acque bassissime e in un terreno poco più
omogeneo d’una palude.
La soluzione che alla fine si è trovata abbandona forzatamente
la pratica consolidata della piattaforma, e la sostituisce
con la creazione di piccole isole artificiali, che punteggiano
la superficie del Caspio come minuscole oasi di
roccia e di metalli sorte per un improvviso corrugamento
della natura. A vederle oggi operative, nella loro routine
quotidiana, si ha difficoltà a percepire quali problemi abbiano
consegnato ai progettisti. Ma la nascita di quelle
“isole” è stata invece un disegno industriale di complessità
straordinaria, anche perché la geografia di questo mare interno,
chiuso, senza sbocchi, ha imposto che il trasporto
degli impianti e dei macchinari da alloggiare sulle “isole”
potesse essere fatto soltanto su
chiatte di basso pescaggio e attraverso
il lungo corso della Volga e
del Don.
Poi l’inverno rigido che stringe queste
latitudini da ottobre-novembre a
marzo-aprile ghiaccia completamen-
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Operatore Eni S.p.A. con BG Group
Operator Eni S.p.A. with BG Group
- Estensione: 280 km 2
- Extension: 280 km 2
- Profondità del giacimento: 5.000 m
- Depth of deposit: 5,000 m
- Spessore medio del giacimento: 600 m
- Average thickness of deposit: 600 m
- Riserve: 5 miliardi di barili equivalenti
- Reserves: 5 billion barrel equivalent
- Produzione attuale: 400.000 boepd
- Current production: 400,000 boepd
te la superficie del Caspio, trasformandola in una banchisa
polare che immobilizza qualsiasi attività industriale. E il
vento gelido che cala già dalla Siberia ruggendo, senza incontrare
sul proprio percorso ostacoli o montagne che ne
controllino la potenza, sbatte violento sulle acque e sulla
banchisa in formazione, con effetti sorprendenti: porta via
larghe onde di mare, che prosciugano ulteriormente il già
basso livello della profondità, ma soprattutto fa rotolare
verso Sud giganteschi blocchi di ghiaccio, che tendono ad
addossarsi minacciosi, come piccole montagne spinte da
un moto inquietante, sulle “isole” poste sottovento. L’utilizzo
di barge (imbarcazioni) che vengono affondate accanto
alle “isole” come minidighe di contenimento, con
una superficie d’impatto concava, che sfrutta la spinta di
quegli enormi blocchi e tende ad accatastarli rovesciandoli
all’indietro, salva dallo sfascio le “piattaforme” di roccia
imposte al mare; ma lo spettacolo
è davvero impressionante,
come una sequenza fascinosamente
simbolica della
competizione tra la società industriale
e la forza primigenia
della natura.
Di questa competizione – che
ha ormai pochi altri esempi in
un mondo dominato sempre
più dalla indifferenza algida,
GIACIMENTO A NORD-OVEST. Immagini
del Karachaganak Processing Centre (KPC),
il più importante impianto mai realizzato
nel suo genere che si estende su una superficie
di due chilometri quadrati.
FIELD IN THE NORTHWEST. Images of the
Karachaganak Processing Centre (KPC), the most
important facility of its kind ever built, spreading over
two square kilometres.
Campo di Karachaganak (onshore) Karachaganak Field (onshore)
- Produzione prevista a completamento delle fasi di espansione: 610.000
boepd
- Production expected upon completion of expansion phase: 610,000
boepd
tutta astratta, delle macchine
elettroniche – i tecnici che lavorano
nel Caspio mostrano un
consapevole orgoglio. Italiani,
inglesi, scozzesi, americani,
equadoregni, quale che sia comunque
la loro nazionalità, se
parlano di Kashagan lo rac-
- Capacità di Iniezione di gas acido a 500 atm: 6,6 miliardi di m3 di gas/anno
- Injection Capacity of acid gas at 500 atm: 6.6 billion m3 of gas/year
- Capacità di trattamento e demercaptanizzazione: 150.000 bopd di condensato,
inviato a Novorossyisk (via CPC)
- Treatment capacity and demercaptanization: 150,000 bopd of condensate,
sent to Novorossyisk (via CPC)
Eni’s Way
symbolically rises from the cellars to the fourth floor, starting –
below in a meaningful semidarkness – from the most distant prehistory
of the nomads of these lands, to ascend to full light on
the top floor, where the “national self-identification” process winds
up with the birth of the new independent state. On a wall of the
last leg upstairs, a long
panel displays the little
flags of countries
recognising the new
Kazakhstan, opening
diplomatic relations with
Eni’s Way
INNOVAZIONI
PER IL PROGETTO.
In alto, Aksai, la sala
controllo del nuovo Centro
di Trattamento di olio
e iniezione di gas avviato
nel giugno 2004; a destra,
particolare dell’impianto
di Karachaganak che
include anche una centrale
di compressione
per l’iniezione di gas
nel giacimento.
INNOVATIONS FOR THE
PROJECT. Above, Aksai,
the control room at the new
Centre for oil processing
and gas injection, started up
in June 2004. Right, a detail
of the Karachaganak
facilities including also
a compression station
for injecting gas into
the reservoir.
Almaty. There are more than 150 flags, the order strictly
chronological. Power doesn’t matter, nor do political importance or
the strategies of alliances. The first flag, though, is that of the US
stars ‘n’ stripes, December 26, 1992. Petroleum, as we were
saying.
If the true wealth of a country is a combination of three factors
(territory, population, resources), Kazakhstan has extraordinary
growth potential, for the vastness of a geography making it as big
as Western Europe, with a population of just 15 million
inhabitants and a land which, inside, holds all imaginable
treasures, uranium, iron, tungsten, bauxite, oil. In a world ever
more thirsty for alternative energy sources to oil flows from the
Gulf – as much bountiful as they are dangerously destabilized –
the Caspian basin today offers international markets with strongly
attractive prospects, in an area which maintains a reassuring
political balance even though, at its southern borders, the Afghan
war has opened a lasting crisis.
And in the Caspian, in the northern waters of this landlocked sea,
Kazakhstan has found its cornucopia. The Kashagan deposit
contains oil reserves which a prudent estimate values at 13
billion barrels, but a just a bit more optimistic calculation pushes
up to 23.6 billion barrels. “This is the most important oil
discovery in the world in the last 30 years”, Eni technicians recall.
Eni is the sole operator of an international consortium created for
the commercial exploitation of this deposit and including oil
majors BG, Shell, ExxonMobil, Total, ConocoPhillips and Japan’s
Inpex.
In his book on the world of petroleum, published a few months
ago, “The End of Oil”, Paul Roberts disposes of this extraordinary
adventure in two lines: “When international oil set foot in
Kazakhstan, they found Kashagan in just 36 minutes”. Reality is
11

FOCUS
contano immancabilmente come “un’avventura che valeva
la pena affrontare”. Sono tecnici di alta professionalità,
sperimentati in ambienti spesso estremi quanto a difficoltà
di lavoro, dall’Africa al Medio Oriente; ma la soddisfazione
che manifestano quando gli si chiede di questa “avventura”
va oltre il riconoscimento d’un compito assolto in
misura adeguata. Kashagan, per loro, è stato l’impegno
che più ha richiesto in studio, progettualità, creatività, anche
capacità di risposta in tempo reale, a problemi mai affrontati
prima in una simile dimensione e in un contesto
tanto problematico.
E ora che questa “avventura” va perdendo progressiva-
12
Operatore unico Eni S.p.A.
Sole operator Eni S.p.A.
- Estensione: 1.300 km 2
- Extension: 1,300 km 2
- Profondità del giacimento: 4.500 m
- Depth of deposit: 4,500 m
- Spessore medio del giacimento: 600 m
- Average thickness of deposit: 600 m
- Riserve: fino a 13 miliardi di barili
- Reserves: Up to 13 billion barrels
mente parte del suo fascino di frontiera inesplorata, poiché
si avvicina la piena realizzazione del ciclo produttivo e
i moduli d’intervento si avviano a regime, la memoria di
quanto è stato fatto appare introiettata come un prezioso
bagaglio di acquisizioni – umane prima ancora che professionali
– che soltanto pochi hanno avuto il privilegio di
conquistarsi. Era lo spirito dei pionieri un secolo fa. Incontrarlo
oggi in un campo di tecnologie altamente sofisticate
non è l’ultimo dei paradossi che il mondo del petrolio offre
alla società dei consumi.
Ma è l’intero Kazakhstan a vivere di queste contraddizioni
e a doverle affrontare. Liberarsi della storia del passato, e
inventarsi di colpo una storia nuova, è un’impresa nella
quale davvero un popolo si trova a misurare interamente
la forza del proprio spirito. Il passato è certamente quell’archeologia
industriale in rovina che il viaggiatore oggi
incontra in ogni parte del paese (i pozzi di petrolio abbandonati
dai sovietici, sulla costa di Tengiz, autentiche bombe
ecologiche, sono anch’essi una testimonianza amara
della fine d’un tempo); ma, quel passato, è soprattutto la
cultura dell’indifferenza, della passività, spesso della neghittosità,
che il vecchio tempo collettivista instillava nel
costume quotidiano. Alexei e Ylenia, i due del Parco dei
Martiri, sono, lui, un operaio e, lei, una tecnica di laboratorio.
Sono due come tanti, in Kazakhstan;
ma dovunque poi si vada a
chiedere, a indagare, a interrogare –
per esempio, nei corsi di formazione
professionale che l’Eni ha creato ad
Atyrau, o tra le squadre di tecnici
che hanno ridato vita ai vecchi impianti
sovietici di Karachaganak – le
risposte parlano sempre d’una forte
tensione dinamica dei più giovani,
d’una voglia reale d’impegnarsi, del
Campo di Kashagan (offshore Caspio) Kashagan Field (Caspian offshore)
- Produzione prevista a plateau: 1,2 milioni di barili/giorno
- Expected plateau production: 1.2 billion barrels a day
- Qualità del greggio: 45 °API
- Quality of crude: 45 °API
- Pressione del giacimento: 800 atm
- Pressure in the deposit: 800 atm
IL GIGANTE DI KASHAGAN.
L’isola offshore costruita
per lo sfruttamento
del campo di Aktote,
anch’esso parte
delle aree operate
dall’AgipKco.
THE GIANT OF KASHAGAN.
The offshore island
built to exploit the Aktote
field, also part
of the areas operated
by AgipKco.
- Iniezione di gas acido associato (con il 20% di H2S e a 800 atm): oltre 20
miliardi di m3 di gas/anno
- Injection of associated acid gas (with 20 percent of H2S and at 800 atm):
more than 20 billion cubic meters of gas/year
Eni’s Way
much more dramatic: the Kashagan field is situated in an area
where climate and the nature of the terrain have imposed
unprecedented techniques, challenged by the amazing gas
pressure and acid content of the petroleum that turned Kashagan
into a stimulating technological creativity test for the whole oil
industry in the world.
The Caspian, up there between the estuary of the Ural and the
delta of the Volga, in the silent and immobile solitude of a steppe
spreading out over an endless horizon, is a fascinating ecosystem
whose northern latitude dictates extreme conditions. And not just
because of high temperature swings, with summers at 40 and
winters at minus 30 degrees Centigrade. The waters in the
Northern portion of this landlocked sea are never more than 8-10
metres deep and often much shallower. Master of all off-shore
techniques, with platforms many miles off the coast, from the
North Sea to the Oceans of China and Africa, with deposits
thousands of feet below, the oil world found itself forced at
Kashagan to look at things differently, inventing a totally new
method, in extremely shallow waters and on a terrain hardly more
homogeneous than a swamp.
The solution which was found in the end had to dump the
consolidated platforms and replace them with small, artificial
islands, dotting the surface of the Caspian like tiny oases of rock
Eni’s Way
and metal arisen due to a sudden corrugation of nature. Seeing
them working today, in their daily routine, one can hardly figure the
problems they posed for developers. But the birth of those
‘islands’ was an extraordinarily complex industrial design also
because the landlocked sea forced machinery to be carried on
shallow keel barges down the Volga and the Don.
Then the rigid winter which takes hold at these latitudes from
October-November to March-April, freezes over the surface of the
sea and turns it into a polar ice pack, hindering all industrial
activity. And the freezing wind which roars in from Siberia, meeting
no obstacles on its course, violently hits at the water and the
growing ice pack with astounding results: it blows water away
making the see even shallower but worst of all it rolls giant ice
blocks southwards, which tend to threateningly pile up like small,
shifting mountains against the ‘islands’ downwind. The use of
barges sunk next to the islands like little containment dams with
a concave impact surface exploits the push from those enormous
blocks of ice and tends to pile them up and tip them over
backwards, so saving the ‘platforms’ of rock imposed on the sea.
It is quite an impressive sight, like a fascinatingly symbolic
sequence of the competition between industrial society and the
primary force of nature.
Out of this competition – which has now few other examples in a
ATTENZIONE ALL’AMBIENTE. Atyrau, pescatori sulle sponde del fiume Ural.
Il Piano di Sviluppo di Kashagan tiene conto delle particolari sensibilità
ambientali e per questo sono state adottate soluzioni idonee a non turbare
il delicato ecosistema del Mar Caspio. Di particolare importanza per
l’economia della regione è il progetto di ristrutturazione di due vivai
per l’allevamento degli storioni. L’iniziativa si inserisce nel programma
di salvaguardia e ripopolamento delle riserve di pesce del fiume Ural
e del Mar Caspio. Accanto, foche nei pressi del giacimento di Kashagan.
CARE FOR THE ENVIRONMENT. Atyrau, fishermen on the banks of the
Ural river. The Kashagan Development Plan takes into account the
special sensitivities of the environment and adequate solutions have
been adopted for this reason to avoid upsetting the Caspian Sea’s delicate
ecosystem. Particularly important to the local economy is the project to
redevelop two sturgeon farms. This project belongs to the program for
protecting and restocking the fish preserves of the Ural river and the
Caspian Sea. Alongside, seals near the Kashagan field.
13

FOCUS
loro desiderio evidente d’acchiappare la fortuna che
sta arrivando nel paese scrollandosi via – con l’applicazione,
con lo studio, con la diligenza – certe pigrizie
antiche.
Non è un passaggio lineare; le incrostazioni del vecchio
costume sono poi forme concrete che impegnano
severamente l’esperienza quotidiana di questa
società nuova.
Karachaganak, uno dei maggiori campi a olio e condensati
del mondo, può forse essere preso come la
più efficace rappresentazione simbolica di questo
complesso e articolato processo di trasformazione
dal vecchio verso il nuovo. È un campo perduto nel
Nord-Ovest del paese, a poco più d’un centinaio di
chilometri dalla Russia (e di quell’immenso paese
quasi vi s’avverte il respiro profondo, il peso gigantesco
d’una presenza incombente e della quale, comunque,
bisogna far conto); scoperto nel 1979 dalla
Gazprom sovietica, era stato messo in produzione
nel 1984. Ma le difficoltà che presto erano sorte per
un suo efficace sfruttamento – difficoltà create dalla
carenza di tecnologie adeguate a controllare l’altissima
pressione del gas – avevano spinto le autorità
moscovite a decidere l’abbandono del campo: management
e tecnici kazakhi si mostravano assolutamente
consapevoli dell’alto potenziale del giacimento,
e però si trovavano impossibilitati a conquistarsene
i contenuti; era come avere un forziere a portata di
mano, ma non possederne poi le chiavi.
Per il viaggiatore che traversava le terre del Nord, e che
ancora lontano molte miglia scorgeva già il profilo metallico
dell’impianto, in quel tempo difficile le torri di Karachaganak
si elevavano dalla linea verde dell’orizzonte come
un gigantesco monumento all’impotenza del Kazakhstan
sovietico. Ma il crollo del sistema comunista, nei primi anni
Novanta e la nuova vogliosa sovranità kazakha hanno
aperto il mercato nazionale agli investimenti occidentali e
alle tecnologie avanzate che quegli investimenti potevano
offrire nel ricupero di un impianto che, per anni, era rima-
14
INIZIATIVE SOCIALI. In alto, la piscina del sanatorio “Ok-Zhetpes” a Borovoje
utilizzata per esercizi di riabilitazione. Il sanatorio, realizzato dall’Eni,
è un centro di vacanze e cure mediche a 250 km a nord di Astana, la capitale.
In basso, la locomotiva “Enrico Mattei” all’opera sul tratto di ferrovia
di West Eskene.
SOCIAL INITIATIVES. Above, the swimming pool at the “Ok-Zhetpes” sanatorium,
Borovoje, employed for rehabilitation exercise. The sanatorium, paid for by Eni,
is a holiday and medical treatment centre 250 km to the north of Astana,
the Kazakh capital. Below, the “Enrico Mattei” locomotive riding
the West Eskene tracks.
sto praticamente abbandonato alla sua apparente inutilità.
I 4,3 miliardi di dollari importati da un consorzio internazionale
(l’Eni operatore del campo con Bg ha il 65% del
giacimento) hanno riavviato il ciclo produttivo. Con i 20
mila tecnici e operai – in gran parte manodopera locale –
che ora vi trovano occupazione è stato possibile ampliare
lo spettro delle possibilità di sfruttamento e le turbine della
Nuova Pignone, d’assoluta avanguardia ingegneristica,
hanno finalmente messo sotto controllo la potenza del
gas, reiniettandolo nei pozzi alla stupefacente pressione
di 500 atmosfere. Oggi, Karachaganak è uno dei più grandi
centri di trattamento di olio nel mondo e il 10 giugno
Eni’s Way
world which is ever more dominated by the cold and abstract
indifference of electronic machines – the technicians working in
the Caspian Sea show a knowing pride. Italians, English, Scots,
Americans, Ecuadorians, whatever their nationality, when they
speak about Kashagan they inevitably speak of it as “an
adventure worth facing”. They are highly professional
technicians, tried and tested in often extreme environments,
from Africa to the Middle East; but the satisfaction they manifest
when asked about this adventure goes beyond the recognition of
a task adequately carried out. Kashagan, for them, was the
biggest commitment in terms of study, planning, creativity and
also capability of providing real-time response to problems never
faced before in so great dimension and problematic context.
And now that this adventure is progressively losing part of its
unexplored frontier charm, as it is nearing full implementation of
the production cycle, the memory of what has been done
appears like an interior and precious baggage of acquisitions –
human before professional – which only a few had the privilege of
gaining. This was the spirit of the pioneers of a century ago. To
find it today in a field of highly sophisticated technology is not the
Eni’s Way
CONTRIBUTI FORMATIVI. Tecnici al lavoro nei pressi
di Karachaganak. L’Eni valorizza la crescita
del personale locale: per questo è stato realizzato
ad Atyrau un centro di addestramento
per neodiplomati e neolaureati di nazionalità
kazaka con corsi di formazione incentrati
sull’attività petrolifera.
TRAINING CONTRIBUTION. Technicians at work near
Karachaganak. Eni enhances the development of
local manpower: a training centre was set up for this
reason at Atyrau. The centre is meant for recently
university and high school graduated Kazakhstani
citizens. Its training courses are focused on oil
activity.
last of the paradoxes which the oil world offers
the consumer society.
But the whole of Kazakhstan is living these
contradictions and has to cope with them. To
free oneself from past history and invent all of
a sudden a new history, is a challenge in which
a nation has to thoroughly size up the strength
of its spirit. The past is certainly that industrial
archaeology in ruins which travellers encounter
all over the country (the abandoned Soviet oil
wells, on the Tengiz coast, actual ecological
time bombs, also bear witness to a bitter end
of an era). But that past is above all the culture
of indifference, passivity, often idleness which
the old collectivist time instilled in daily habits.
Alexei and Ylenia, the newly weds from the
Park of Martyrs, are a workman and a
laboratory technician. They are two like many
others, in Kazakhstan. But wherever you go
and ask, investigate, interrogate – e.g. at the
training courses set up by Eni in Atyrau, or
among teams of technicians who have returned
to life the old soviet plants of Karachaganak –
the answers always include a strong dynamic
tension among the youngest, their evident
desire to catch the luck which is coming to
their country, brushing off – with application,
study and diligence – a certain ancient
laziness.
It is not a plain passage; the incrustations of old habits are
concrete forms which severely engage daily experience in this
new society.
Karachaganak, one of the largest oil and condensate fields in the
world, can perhaps be taken as the most effective symbolical
representation of this complex and articulated change from old
to new. It is a field lost in the North-West of the country, little
more than 100 Km. away from Russia (and you nearly feel the
deep breath of that immense country, the gigantic weight of a
looming presence and which, in any case, has to be kept account
for. Discovered in 1979 by the Soviet Gazprom, it entered
production in 1984. But the difficulties soon arisen in its
effective utilisation, due to a lack of adequate technology to
check the extremely high pressure of the gas – had prompted
Moscow to abandon the field. The Kazakhstani management and
technicians were perfectly aware of the high potential of the
reservoir but found that they could not reach out to its content.
Like having a safe and no keys.
For travellers crossing the lands of the North, and who could make
out from the coast the metal outline of the plant, at that time the
15

FOCUS
il primo carico di 89 mila tonnellate di greggio di
spettanza Eni veniva avviato al terminale russo di
Novorossysk (sul Mar Nero). Il ciclo del “nuovo”
aveva rotto la continuità penalizzante del passato.
Di questo ciclo è comunque simbolo nazionale, il
più orgoglioso, la nuova capitale, Astana. La vecchia
Alma Ata (che nella lingua kazakha ora si
chiama Almaty) poggia tuttora solidamente sulle
radici della propria storia secolare. E in quelle radici
trova il conforto d’una continuità che solo il
tempo potrà cambiare, tant’è che oggi il primo volo
del mattino del lunedì che da Almaty porta ad
Astana è praticamente “sold out” per gli alti funzionari,
i tecnici, anche i ministri, che tornano a
Nord per una nuova settimana di lavoro dopo il
weekend consumato nelle vecchie abitudini. Simile
in qualche modo al progetto di Brasilia – con il
desiderio dunque di spostare le frontiere interne
del paese e di imprimere il marchio forte di una
rottura anche psicologica – Astana è figlia comunque
di questo tempo, e però anche di questa latitudine,
culturale e politica: le sue architetture non
hanno la fascinazione del segno aperto, fantasioso,
ellittico, che Oscar Niemeyer diede alla “sua” città
nel sogno tropicalista degli anni Sessanta.
Una nuova frontiera ha bisogno di creare simboli
e metafore forti, per ancorarvi l’adesione e la
partecipazione della società che cambia. Astana
ci prova, con un progetto che tiene conto non
soltanto delle frontiere interne ma, anche, del
difficile contesto regionale nel quale il nuovo
Kazakhstan deve sapersi muovere.
Ponte tra l’Europa e l’Asia, tra l’Occidente e
l’Oriente, anche tra la Russia e la Cina, il paese si
propone oggi all’interno d’una strategia di lungo
termine, che gioca sulle rivalità tra i suoi due potenti
vicini per sfruttarne ogni possibile vantaggio.
Nell’orizzonte disegnato dalla ricchezza dei nuovi
giacimenti, tende soprattutto a riequilibrare in una
misura accettabile quel sottile gioco d’influenza
politica ed economica che Mosca vorrebbe continuare
a svolgervi, quasi come eredità naturale d’una
storia che fu prima zarista e poi sovietica. E
questo riequilibrio si esprime in una decisa attenzione
alle lusinghe che una Cina assetata di petrolio
lancia verso il Kazakhstan senza nemmeno troppi pudori.
Gli “scienziati” dei due Paesi stanno lavorando alla costruzione
dell’ “Oleodotto del secolo”, per portare verso il
Celeste Impero (e poi il Giappone), la ricchezza che il Caspio
nasconde nel proprio sottosuolo. E Uzakbai Karabalin,
il presidente di KazMunaiGas, non nasconde quali orecchie
interessate si prestino a quelle lusinghe: “Questi progetti
vanno seguiti con molta attenzione. La Cina avrà bisogno di
milioni di tonnellate di petrolio, non dovremmo perdere
questa straordinaria opportunità”.
A Bautino, piccola punta di penisola sul Mar Caspio, base
logistica per i lavori di perforazione e costruzione di
Kashagan, qualche tempo fa il minuscolo teatro del villaggio
di Fort Scevcenko (saranno un migliaio di abitanti) ha
ospitato una recita offerta da una compagnia di giro. Il
viaggiatore straniero si è unito, curioso, alla gente del luo-
16
go. Dopo che il sindaco ha fatto un suo lungo pistolotto introduttivo,
ancora in stile di pura retorica sovietica, finalmente
gli attori hanno potuto iniziare la loro recita: il testo
raccontava d’una figlia ribelle – che ama la musica rock e i
vestiti glamour – costretta a misurarsi con lo spirito conservatore
dell’ambiente nel quale si trova a vivere. Era una
metafora sul Kazakhstan oggi. Il pubblico seguiva la commedia
– che, tra equivoci e colpi di scena, aveva un gustoso
andamento da sceneggiata napoletana – con grandi risate,
spassandosela un mondo alle disavventure della ragazza
e alla sua lotta per cambiare la testa di chi le stava
d’attorno. Finiva, naturalmente, che la ragazza trionfava.
Anche il suo nome era Ylenia.
Mimmo Càndito è inviato speciale e commentatore politico
del quotidiano “La Stampa”.
Eni’s Way
towers of Karachaganak would rise above
the green line of the horizon like a giant
monument to Soviet Kazakhstan’s
impotency. But the downfall of the
communist system, in the early 90s and
the new sovereign Kazakhstani will
opened the national market to Western
investments and the cutting edge
technologies those investments could
offer in the recovery of a plant which for
years had been practically abandoned to
its apparent uselessness. The 4.3 billion
USD imported by an international
consortium (Eni, field operator jointly with
Bg, has a 65 percent share of the
deposit) restarted production. With 20
thousand technicians and workers –
mostly local – currently employed, it has been possible to extend
the range of exploitation. The Nuova Pignone turbines, of
absolute engineering avant-garde, could finally harness the power
of the gas, re-injecting it in the wells at the amazing pressure of
500 atmospheres. Today, Karachaganak is one of the biggest oil
processing centres in the world and on June 10 the first load of
89 thousand tons of crude for Eni was sent off to the Russian
terminal of Novorossysk (on the Black Sea). The cycle of the
“new” had broken the penalizing continuity of the past.
The new capital, Astana, is certainly the proud national symbol
of this new cycle. The old Alma Ata (which in Kazakhstani is
now called Almaty) still rests solidly on the roots of its ancient
history. And in those roots it finds a continuity which only time
can change, to the extent that the first flight on Monday
morning from Almaty to Astana is practically “sold out” for the
ranking officials, technicians and also ministers returning
Eni’s Way
INTERVENTI REALIZZATI. A destra, una cappella votiva e una chiesa
ortodossa ad Atyrau. Nella città l’Eni ha partecipato al piano
di ammodernamento di alcuni quartieri popolari, alla realizzazione
di un centro sportivo, di un teatro lirico e di un Museo delle Scienze.
In alto, ragazze in costume kazako.
ACCOMPLISHED UNDERTAKINGS. Right, a votive chapel
and an Orthodox church at Atyrau. In this town Eni has taken part
to the redevelopment plan of some working-class neighbourhoods
and the construction of a sports centre, an opera house and a Science
Museum. Above, girls dressed in the Kazakh costume.
North for a new week of work after the
weekend of old habits. Similar in some
way to the Brasilia project – with the
desire to move the internal frontiers of
the country and impress the strong
stamp of an also psychological break –
Astana is the daughter of this era, and
also of this latitude, cultural and political.
Its architecture does not contain the
charm of the open, imaginative, elliptical
stroke Oscar Niemeyer gave to his city in
the tropic dream of the 60s.
A new frontier needs to create strong
metaphors and symbols, to anchor
loyalty and participation in a changing
society. Astana gives it a try, with a
project which takes into account not only
internal frontiers but also the difficult
regional context in which the new
Kazakhstan must learn to move.
Kazakhstan today offers itself to be a
bridge between Europe and Asia, East
and West, also between Russia and
China, in the context of a long term
strategy, which plays on the rivalry
between its two powerful neighbours to
use every possible advantage. On the
horizon marked out by the wealth of the
new deposits, it especially aims at redesigning that subtle
game of political and economical influence which Moscow
would like to continue carrying out, almost like a natural
heritage of a history which was at first czarist and then
Soviet. And this re-balancing is expressed in a decided
attention for the flattery which an oil thirsty China is openly
addressing to the people of Kazakhstan. The “scientists” of
the two countries are working together to build the “Oil
pipeline of the century”, to take the wealth from underneath
the Caspian to the Celestial Empire (and Japan). And
Uzakbai Karabalin, the president of KazMunaiGas, does not
disguise his interest for this flattery “These projects must be
monitored very carefully. China will need millions of tons of
oil. We should not miss this unique opportunity”.
In Bautin, the small tip of a peninsula on the Caspian Sea,
supplies and communications centre for the Kashagan drilling
and construction operations, some time ago the minuscule
theatre of the village of Fort Scevchenko (about 1000
inhabitants) hosted a performance by a touring company. The
foreign traveller curiously joined locals. After the mayor’s
Soviet style introductory speech, finally actors began their
play. It told about a rebel daughter who loved rock music and
glamour clothes and had to pitch herself against the
conservative spirit around her. It was a metaphor on today’s
Kazakhstan. The public watched the comedy – which, amidst
equivocations and coups de theatre, had the pace of a
Neapolitan light opera – with big laughs, enjoying the
misadventures of the girl and her fight to change the mentality of
people around her. It naturally ended with a triumph for the girl.
Her name, too, was Ylenia.
Mimmo Càndito is a special correspondent and political commentator
for the daily “La Stampa”.
17

FRONTIERE - FRONTIERS
Tutte le risorse
del gas
Oggi le innovazioni tecnologiche permettono di valorizzare
il gas naturale dei giacimenti remoti e lo sfruttamento
degli oli pesanti. Ne è un esempio il processo Est di Eni.
di MARZIO BELLACCI
LA VIA DEL GAS. Piemonte, Val Formazza,
lavori di potenziamento del gasdotto
per l’importazione dall’Olanda (1998).
THE GAS ROAD. Piedmont, Formazza Valley,
upgrading the pipeline for natural gas
imported from the Netherlands (1998).

FRONTIERE - FRONTIERS
CI RISIAMO! IL PREZZO DEL BARILE DI GREGGIO
è da mesi in fibrillazione. Le attese per un suo riequilibrio
verso il basso non si sono avverate. Gli
esperti concordano nel prevedere, almeno per il
medio periodo, livelli di prezzi alti. Di fatto si sta consolidando
una realtà ben nota agli operatori di settore: la domanda
e l’offerta di greggio si equivalgono e non vi sono
elementi significativi che possano modificare questo equilibrio.
La produzione di greggio faticherà, per diversi anni a venire,
a crescere al ritmo della prevedibile domanda del futuro
più prossimo e – quand’anche quest’ultima avesse dei
momenti di stanca – scenderebbe difficilmente ai più bassi
livelli del passato. Basta pensare che la Cina, da sola, ha
aumentato il consumo di petrolio di un buon 10% in un
anno e che a questa circostanza si sono sommati lo sviluppo
del continente indiano, la ripresa dell’economia statunitense
e giapponese, il rilancio di quella russa. Fenomeni
che stanno ridimensionando il peso dei vari paesi produttori
di idrocarburi nel gestire la ricchezza petrolio e che
rendono le loro manovre di mercato meno incisive di
quanto non sia avvenuto nel passato.
Lo stesso incremento di produzione dell’Opec è una formula
palliativa, tenuto conto che, fatta eccezione dell’Arabia
Saudita, nessuno dei membri del cartello è veramen-
34
2004
Miliardi di metri cubi
Billion cubic metres
Fonte: Eni World Oil and Gas Review 2004
Eni’s Way
DALL’ALGERIA ALL’ITALIA. Tunisia, Capo Bon, particolare della
centrale di spinta del Transmed. La condotta – che trasporta gas
algerino – raggiunge le coste siciliane per poi proseguire fino a
Minerbio, al centro della Pianura Padana.
Eni’s Way
ALL THE RESOURCES
OF GAS
Today, technological innovations help
upgrade natural gas from remote fields
and the exploitation of heavy oils.
One example is the Est process by Eni.
by MARZIO BELLACCI
HERE WE GO AGAIN! THE COST OF A BARREL OF
crude oil has been in a feverish state for months.
Expectations for a downward re-balancing have not
materialized. Experts agree in predicting high
prices, at least in the middle term. Indeed, a fact well-known
to energy operators has become established: crude supply
and demand are about equal and there are no significant
factors that can alter this fact.
Oil production can hardly match, for several years to come,
the foreseeable increase of demand in the nearest future.
And even if demand may go through slack periods, it is
unlikely to drop to the low levels seen in the past. Just think
that China, by itself, increased oil consumption by a good
Gas naturale - Riserve Natural Gas - Reserves Gas naturale - Rapporto riserve su produzione Natural Gas - Reserves Production Ratios
Aree / Areas
Fonte: Eni World Oil and Gas Review 2004
FROM ALGERIA TO ITALY. Tunisia, Cap Bon, a detail of the Transmed
boosting station. The pipeline carrying Algerian natural gas crosses over
to Sicily and continues northward up to Minerbio, in the middle of the
River Po Valley.
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te in grado di produrre più barili di quanti non offra già al
mercato. La grande speranza di un Iraq a pieno regime è
rimandata sine die, mentre lo sfruttamento dei giacimenti
operativi da decenni nel resto del mondo incomincia a essere
pesantemente condizionato dall’usura del tempo.
Occorre trovare, pertanto, una nuova strada per convivere
con una realtà che non sembra più ciclica. Se il barile
non è destinato a significativi rimbalzi verso il basso, vanno
ricercate nuove strategie di convivenza con questa
fonte essenziale che condiziona l’intera filiera dei consumi
energetici.
La risposta più immediata e concreta è quella di mettere a
fuoco un pacchetto tecnologico in grado di operare su più
livelli per raffreddare i costi finali dell’energia sul versante
che oggi appare più critico, quello dell’offerta, introducendo
criteri innovativi sullo sfruttamento dell’esistente, sia
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potenziandolo sia modificandone il mix di impiego. Un approccio
che diventa naturale per una compagnia integrata
come è l’Eni e che cerca le risposte più adeguate nelle sue
filiere operative. “Si tratta di conciliare esigenze soltanto
in apparenza contraddittorie tra loro”, afferma Luigi Patron,
presidente di Snamprogetti e direttore tecnico Eni,
“individuare, cioè, un uso di tecnologie capaci di contenere
i prezzi finali dell’energia sia sul versante immediato dei
consumatori sia su quello, a più lunga durata, di una economia
allargata in cui costi e benefici siano coerenti con
uno sviluppo ordinato”.
Il progetto di partenza di Eni e di Snamprogetti è quello di
un pacchetto tecnologico integrato per fronteggiare la
crescita dei consumi di idrocarburi su due fronti energetici
ben definiti: quello legato ai trasporti (benzine e gasoli)
e quello legato all’energia elettrica (olio combustibile e
Eni’s Way
10 percent in one year and that you have to add the
expansion of the Indian subcontinent on top of this, along
with the recovery of the US and Japanese economies and the
revival of the Russian one. Events which are cutting back the
role of oil producing nations in managing oil resources and
lessen the impact of their market manoeuvres.
Even OPEC’s decision to increase production is but a
cosmetic one, bearing in mind that, except for Saudi Arabia,
no member of the cartel can really pump more oil that what
has been putting on the market. The great hope of Iraq
running regularly has been postponed indefinitely, whilst the
exploitation of fields which have been operating for decades
elsewhere in the world starts to feel the wear of time.
There is a need, therefore, to find a new road to cope with a
situation which appears no longer cyclical. If no significant
downward correction is in store for the barrel, new strategies
Eni’s Way
Layout dell’impianto dimostrativo Est
Layout of the Est demo plant
ENI SLURRY TECHNOLOGY. Si tratta di un processo innovativo
che consente di convertire greggi pesanti e non convenzionali
in distillati pregiati, eliminando quasi completamente i residui.
La tecnologia, sperimentata nei laboratori di EniTecnologie,
sarà testata nella raffineria di Taranto in un impianto dimostrativo
da 1.200 barili al giorno.
ENI SLURRY TECHNOLOGY. Est is a cutting edge process which
allows to convert heavy and non-conventional crudes into valued
distillates, doing away with residues almost completely. The Est
technology, experimented in EniTechnologie laboratories, will be tested in
a 1,200-barrel-a-day demo plant at the Taranto refinery.
must be found to live together with this essential source
which conditions the whole energy consumption line.
The most immediate and concrete answer would be to define
a technological package capable of working on different
levels to cool the final costs of energy on what seems to be
the most critical front today, that of supply, bringing in novel
criteria for the exploitation of what is available, by both
upgrading it and modifying the mix employed. This approach
becomes almost natural for an integrated company like Eni
which seeks the most adequate answers in its operating
lines. “It is a question of reconciling apparently conflicting
requirements”, said Luigi Patron, chairman of Snamprogetti
and Eni Chief Technology Officer, “i.e. to find out how to use
technologies capable of containing final energy prices both
on the immediate front of consumers and on that, more long
term, of an expanded economy where costs and benefits can
be consistent with orderly development”.
The starting project of Eni and Snamprogetti is of an
integrated technological package to address rising oil and
gas consumption on two distinct energy fronts:
transportation (petrol and diesel) and electricity (fuel oil and
natural gas). The main idea being, cutting fuel oil
consumption and expand that of gas to generate power and
the optimal re-conversion of fuel oil to produce light
products, such as gasolines and diesel oils.
The meeting point of these two production lines is a refining
technology called Est (Eni Slurry Technology) experimented
37

FRONTIERE - FRONTIERS
gas naturale). Idea portante, un minor impiego di olio combustibile
nella produzione di energia elettrica a favore del
gas naturale e una sua riconversione ottimale in prodotti
leggeri, come benzine e gasoli.
L’anello di congiunzione di queste due filiere è una tecnologia
di raffinazione denominata Est (Eni Slurry Technology)
sperimentata nei laboratori di EniTecnologie e che sarà
testata in un impianto pilota da 1.200 barili giorno nella
raffineria di gruppo di Taranto. “Per apprezzare Est”, spiega
Patron, “è sufficiente un dato: al termine della conversione
il residuo di un intero barile di greggio non supera l’1%. Il
che significa che i prodotti leggeri, a fine conversione, la
fanno da padroni e l’olio combustibile è praticamente scomparso.
Inoltre il procedimento è ad altissima flessibilità e si
possono ricavare forti quantità di benzine oppure di gasoli
secondo le esigenze del mercato a valle della raffineria”. In
altre parole, ai prezzi alti del barile occorre contrapporre un
risparmio immediato, come è la conversione dell’olio in distillati
leggeri. Ma non basta.
Se oggi su tre barili di greggio raffinati, due danno prodotti
a grande valore aggiunto e uno si trasforma in un prodotto
che può essere bruciato solamente in caldaia per dare calore
o chilowattora elettrico, la tecnologia Est (idrogeno a
contatto con un catalizzatore al molibdeno) rompe questo
ciclo dispendioso. L’olio sottratto alla termoelettrica può essere
sostituito dal gas naturale che, come è noto, ha un bilancio
finale in resa calorica nettamente superiore e, quindi,
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Opzioni gas to market Gas to Market Options
L’opzione ottimale è spesso funzione dei volumi trasportati e della distanza
The optimal solution is often a function of volumes transported and distance
EFFETTI POSITIVI. Le centrali elettriche si orientano sempre più
verso il gas naturale piuttosto che verso l’olio combustile perché di
minore impatto ambientale e di maggiore efficienza. Accanto,
particolare di una centrale di spinta.
POSITIVE EFFECTS. Electric power stations are increasingly turning to
natural gas rather than fuel oil because gas has greater efficiency and
lower environmental impact. Alongside, a detail of a boosting station.
con una produzione elettrica a costi più contenuti. Per non
parlare dei positivi effetti ambientali che si ottengono con la
combustione del gas rispetto a quella dell’olio combustibile.
Si tratta di un percorso che può rappresentare la naturale
evoluzione di un sistema produttivo dove greggio e gas sono
già altamente integrati all’interno dell’Eni. Ma quel che più
conta, dove la nuova tecnologia di raffinazione fin dalle sue
prime applicazioni, vale a dire la conversione dell’olio, trova
una piena giustificazione nella capacità del Gruppo di immettere
sul mercato grandi quantità di gas naturale. L’evoluzione
della rete di trasporto del metano da giacimenti anche
molto lontani dalle aree di consumo è un dato acquisito
per l’Eni, presente in questo mercato con i grandi gasdotti
dalla Russia verso l’Europa, dal Mare del Nord verso le aree
più a sud, dall’Africa all’intero Mediterraneo. “Questo è
Eni’s Way
in the laboratories of EniTecnologie and which will be tested
in a 1,200-barrels-a-day pilot plant at the Eni group Taranto
refinery. “One fact is enough to appreciate Est”, Patron
explained. “At the end of the conversion process, the residue
of a whole barrel of crude does not exceed one percent. This
means that light products, after the conversion, dominate
and fuel oil has virtually disappeared. On top of it, the
process is very highly flexible and you can have a high
quantity either of gasolines or diesel oils, depending on the
market”.
In other words, you have to counter the expensive barrel with
immediate savings, such as the conversion of oil to light
distillates. But it is not enough.
Out of three barrels of crude refined today you get two of
high added-value products, and one of a product which can
Eni’s Way
only be burned in a furnace to produce heat or electrical
kilowatt hours. But the Est technology (hydrogen in contact
with molybdenum catalyst) breaks this costly cycle. Oil taken
away from power production can be replaced with natural gas
which, as is known, has much higher final heat yield, and,
therefore, helps lower power generation costs. Not to
mention the positive environmental effects you achieve by
burning gas rather than fuel oil.
It is a route which may represent the natural evolution of a
production system where crude and gas are already highly
integrated at Eni; but – what matters most – where the new
refining technology from its very first applications, i.e. oil
conversion, meets a full justification in Eni group’s capability to
feed large quantities of natural gas to the market. Advancement
in the natural gas transportation network from fields even very
39

FRONTIERE - FRONTIERS
l’altro punto di forza del pacchetto tecnologico su cui contiamo”,
precisa Luigi Patron, “vale a dire la nostra capacità
sperimentata e d’avanguardia nel trasporto del gas naturale
attraverso grandi metanodotti”.
Per rendere possibili nuove e più convenienti soluzioni, si
stanno moltiplicando, con il coinvolgimento diretto delle
maggiori oil companies, gli sforzi per far progredire ulteriormente
le tecnologie di costruzione puntando sull’impiego
di materiali speciali ad alto grado di resistenza, in modo
da innalzare la pressione di trasporto e con essa la quantità
di gas trasportato. Non è lontano il momento in cui si potrà
raddoppiare da 3.000 a 6.000 chilometri la distanza di limite
entro la quale il trasporto di gas in condotta è economicamente
conveniente.
In aggiunta a queste due filiere, ve ne è una terza per la
quale Snamprogetti ha sommato anni di esperienza e raffinato
il proprio know-how e cioè il trasporto del gas naturale
sotto forma di Gnl. Rispetto ai primi impianti di Gnl degli
anni Settanta, che consentivano l’ingresso sul mercato di
gas più costoso di quello trasportato via tubo, oggi il costo
di liquefazione è stato ridotto di tre volte e la capacità di
una singola linea di produzione è cresciuta di dieci volte. Riduzioni
significative che si sono scaricate sui costi di trasporto
e di rigassificazione. Ciò ha permesso di dilatare ulteriormente
le percorrenze di trasporto del gas naturale
verso mercati lontani dai giacimenti.
Se la convenienza di un metanodotto risulterà valida anche
con un tubo da 6.000 chilometri, quella di una catena di liquefazione-trasporto
via nave-rigassificazione giustifica ormai
una percorrenza totale di diecimila chilometri. Praticamente
le distanze non sono più una barriera per l’impiego
del gas naturale al posto dell’olio combustibile. Il Medio
Oriente, attraverso la liquefazione e il trasporto via mare
può rifornire, a costi equilibrati, mercati fondamentali come
gli Stati Uniti e il Giappone.
Nel 2002 sono stati prodotti e trasportati nel mondo 113 milioni
di tonnellate di Gnl, con previsione di raggiungere la
quota di 250 milioni di tonnellate nel 2010. Si tratta di una
crescita che richiederà investimenti stimati in oltre 100 miliardi
di euro per il prossimo decennio e finalizzati soprattutto
alla crescita di domanda di gas naturale per la generazione
elettrica.
La messa a punto della tecnologia Est, secondo la scansione
che l’Eni sta portando avanti per sostituire con gas l’olio
trasformato con ampia flessibilità in prodotti leggeri, è anche
un approccio fortemente innovativo rispetto a quanto
altre grandi compagnie stanno sperimentando nel campo
della raffinazione. Questa scelta si muove nel filone tradizionale
della compagnia italiana che spesso ha imboccato
una propria via di sviluppo tecnologico superando le perplessità
di altri operatori. È stato così per i metanodotti posati
a grandi e a grandissime profondità marine. Si sta ripetendo
oggi nella sfida per la conversione del gas naturale in
prodotti liquidi.
Il processo Gtl (Gas to Liquids) fa parte di progetti in fase
di avvio sia in Medio Oriente che nel West Africa, in
corrispondenza di giacimenti con grandi disponibilità di
gas. Il fine ultimo è quello di sostituire, ovunque sia possibile,
con i liquidi da gas quelli oggi estraibili soltanto dal
barile di greggio. Ma la strada in questa direzione è un
sentiero stretto. La tecnologia Gtl non ha ancora risolto
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un problema fondamentale, vale a dire la sua reale efficienza.
Di fatto, una buona metà dell’energia inizialmente
presente nel gas naturale è assorbita dal processo di conversione
in liquidi.
Perché allora – e sta qui la scommessa di Snamprogetti –
non puntare decisamente la carta su Est già in grado di
“succhiare” migliaia di barili di olio combustibile e trasformarli
in prodotti ad alto valore aggiunto sia per il mercato
dei trasporti sia per il comparto petrolchimico in senso lato?
Conclude il presidente di Snamprogetti, Patron: “La via
individuata e messa a punto non è convincente solo per noi.
Incomincia ad apparire ottimale anche a quei produttori
che hanno in carico greggi molto pesanti, di basso valore e
trasformabili con maggiore difficoltà. Sono convinto che il
nostro approccio sia un primo grande passo per convivere
con un barile di greggio sempre più prezioso nell’attesa che
il Gas to Liquids conquisti un’efficienza sostanzialmente
analoga a quella che noi abbiamo testato con l’Eni Slurry
Technology”. ■
Eni’s Way
far away from consumer areas is an
established fact with Eni, which is
active on this market with the large
gas pipelines from Russia to Europe,
from the North Sea southwards, from
Africa across Mediterranean. “This”,
said Luigi Patron, “is the other strong
point in the technological package we
are banking on. That is, our
experimented and cutting edge
capacity to transport natural gas
through big pipelines”.
To achieve new and more
convenient solutions, efforts are
being multiplied – with the direct
involvement of oil majors - to
further advance construction
technology, banking on the use of
special highly resistant materials,
so we can raise transport pressure
and as a result the amount of gas
transported. The time is not far
away when the distance limit within which gas can be
commercially transported by pipeline can be doubled from
3,000 to 6,000 kilometres.
In addition to these two lines, there is a third one where
Snamprogetti has piled up years of experience and refined
its know-how, that is natural gas transportation as LNG.
Compared to the first LNG plants of the 70s, which brought
on the market a more expensive gas than that carried by
pipe, today liquefying costs have been reduced to a third and
the capacity of a single production line has grown tenfold.
Significant reductions which have been passed on to
transportation and regasification costs. This made it
possible to further extend gas transportation distance to
reach markets far away from the production fields.
While also 6,000-km gas pipelines become commercially
viable, the liquefaction-transport by sea-regasification line is
today commercially viable even over a overall distance of
10,000 km.. In fact, distance is no longer a barrier for using
natural gas instead of oil. The Middle East, through
Eni’s Way
NUOVE STRATEGIE.
La domanda di petrolio
è in costante crescita
non solo per la richiesta
del mondo occidentale,
ma in particolare
per l’aumento dei consumi
di paesi quali Cina e India.
È necessario quindi
integrare sempre più
le diverse fonti energetiche
per affrontare questa realtà.
NEW STRATEGIES.
Oil demand is steadily rising
boosted not only by the
Western World but in
particolar by expanding
consumption in countries
like China and India. It is
therefore necessary to ever
more integrate the various
energy sources to cope with
this fact.
liquefaction and sea transport can supply, at a reasonable
cost, key markets such as the United States and Japan.
In 2002, 113 million tons of LNG were produced and
transported across the world. The total is expected to rise to
250 million tons by 2010. This will require investments
estimated at around 100 billion Euro over the next decade,
mostly to cope with the fast increasing demand of gas for
power generation.
The development of the Est technology, according to the
timetable Eni is implementing to bring in gas to replace
crude converted with ample flexibility in light products, is
also a strongly innovative approach compared with
experiments other major companies are carrying on in
refining. This choice moves along Eni’s traditional line often
setting out on a way of its own in technological development
and overcoming the perplexities of others in the trade. The
same went for gas pipelines laid at huge sea depths. The
same goes today with the challenge to convert natural gas
into liquid products.
The GTL (Gas to Liquids) process is part of projects
starting up both in the Middle East and in West Africa,
when large gas deposits are available. The ultimate aim is
to replace, wherever possible, liquids which today can be
extracted only from oil with gas-derived ones. But the path
is narrow in that direction. GTL technology has not solved a
basic problem yet, that of its real efficiency. Half the
energy originally present in the gas is absorbed by the gasto-liquids
process.
Why then – and this is what Snamprogetti is betting on –
shouldn’t we aim decisively for Est which can already “suck
in” thousands of barrels of fuel oil and turn them into higher
added-value products both for transportation and the
petrochemical industry in a broad sense? Snamprogetti
chairman Patron concluded: “The course we identified and
developed is a convincing one, and not only for us. It is
beginning to appear optimal also for producers laden with
very heavy crudes, of low value and harder to transform. I
am convinced our approach is one first big strep forward to
live with a barrel of crude ever more precious while waiting
for Gas to Liquids to achieve an efficiency somehow similar
to what we have tested with Eni Slurry Technology”. ■
41

SOLUZIONI - SOLUTIONS
A caccia
dicomete
La tecnologia petrolifera al servizio
della ricerca aerospaziale. Come quella
di Tecnomare per la sonda Rosetta.
L’astronauta Maurizio Cheli spiega
gli obiettivi delle nuove missioni
nello spazio e quale ruolo vi ricopre l’Italia.
42
di ANDREA VICO
IN UNA LIMPIDA MATTINA DELLO SCORSO MARZO,
mentre i bagliori rossastri del potente razzo Ariane si
spegnevano nell’oceano verde che bagna le coste della
Guyana francese, dalla base Esa di Kourou, una nuova
sonda automatica ha iniziato un viaggio particolarissimo.
Intercettare una cometa e sganciare un lander capace di
atterrare sul suo nucleo per carpirne i segreti e capire
qualcosa in più dell’origine della vita sulla Terra e del nostro
sistema solare.
È questo il compito di Rosetta (che prende il nome dalla
celebre “stele” egizia che servì a decifrare i segreti dei geroglifici),
la sonda costruita dall’European Space Agency,
con sostanziosi contributi dell’industria italiana, che verrà
portato a termine solo fra 10 anni. Tanto ci
vuole a “centrare” l’obiettivo cosmico a centinaia
di milioni di chilometri dalla Terra, la
cometa Churyumov-Gerasimenko.
E per farlo, tre volte dovrà ritornare in
GLORIA ITALIANA. Maurizio Cheli, il primo astronauta
italiano che, nel febbraio 1996, ha partecipato
òad una missione dello Space Shuttle come
“specialista di missione” dell’Agenzia spaziale europea.
ITALIAN GLORY. Maurizio Cheli, the first Italian
astronaut. In February 1996 he took part
to a Space Shuttle mission as “mission specialist”
of the European Space Agency.

SOLUZIONI - SOLUTIONS
prossimità della Terra e
una volta girare attorno a
Marte, per ricevere quelle
spinte gravitazionali
che limitano al massimo
il consumo di combustibile;
quindi resterà “ibernata”
per ben 80 mesi.
Quando sarà arrivata, nel
novembre 2014, Rosetta
sgancerà un piccolo modulo
di atterraggio, che
sarà dotato di uno scudo
per proteggersi dall’impatto
con le piccole particelle
di ghiaccio che si
sciolgono dal nucleo cometario,
e che, a quelle
velocità hanno lo stesso
effetto di un proiettile
sparato da un fucile a distanza
ravvicinata. Il lander,
chiamato Philae (così
battezzato da una studentessa
milanese di 15
anni) dovrà tuffarsi nella
chioma della cometa e
aggrapparsi alla superficie
tramite sistemi di ancoraggio
che “arpioneranno”
il nucleo cometario
come un felino la sua
preda.
“Ogni missione spaziale è
sempre frutto di un grande
lavoro di squadra.
Ognuno mette del suo e
solo molto tempo dopo si
potranno apprezzare i risultati
raggiunti”, sottolinea
Maurizio Cheli, ingegnere
aerospaziale, astronauta
(volò sullo shuttle
nel 1996), attualmente
capo pilota collaudatore per i velivoli da combattimento
alla Alenia Aeronautica. Quarantacinque anni, un volto
aperto e bonario, serissimo e puntiglioso sul lavoro, il comandante
ha all’attivo oltre 4 mila ore di volo su più di 50
diversi tipi di velivoli, in gran parte pilotando oltre la barriera
del suono, e ha lavorato a lungo alla Nasa. Anche
ora, per la sua attività di collaudatore dell’EuroFighter,
Cheli ha costantemente a che fare con tecnici e ingegneri
di altri paesi ed è dalla sua esperienza che scaturisce
per “Eni’s Way” questo commento del lancio e della missione
di Rosetta.
Perché inseguire una cometa. Le comete e i meteoriti
sono fra i corpi spaziali gli oggetti più antichi del nostro
sistema solare. È quasi certo che in molti di questi oggetti
la composizione sia rimasta la stessa di quando sono
“nati”, circa 4.600 milioni di anni. Dunque le comete cu-
44
stodiscono informazioni sullo stato primordiale della materia,
sono una sorta di “archivio” da consultare per capire
meglio l’origine del Sole e dei pianeti, inclusa la nostra
Terra, i cui oceani e la cui atmosfera potrebbero essersi
formati a partire da elementi giunti sul nostro pianeta attraverso
impatti con le comete. In fondo sono molte le
teorie che indicano nelle comete le “seminatrici” di vita
nel cosmo.
Cosa si pensa di scoprire. Trivellare il suolo è necessario
per capire da quali materiali è composta una cometa.
Alcuni scienziati ipotizzano che gli impatti della Terra
con comete contenenti complesse molecole organiche
abbiano fornito i mattoni fondamentali dai quali si è successivamente
sviluppata la vita. La sonda Rosetta, che ha
un peso totale al lancio di 3 mila chilogrammi, ospita a
bordo molti strumenti e apparati diversi che, come ac-
Eni’s Way
CHASING COMETS
Tecnomare has put oil technology
at the service of space research
for the Rosetta probe.
Astronaut Maurizio Cheli explains the goals
of the new space missions
and the role Italy plays in them.
by ANDREA VICO
IN A CLEAR BRIGHT MORNING LAST MARCH AS THE REDDISH
glare of the Ariane rocket was swallowed up by the green ocean
lapping the coast of French Guaiana, a new automatic probe
blasted off the ESA base in Kourou for a very special journey
aimed at intercepting a comet and releasing a lander which can
Eni’s Way
RENDEZ-VOUS. Elaborazione grafica
dei moduli orbitale e di atterraggio
di Rosetta nella fase di rendez-vous
con la cometa. La sonda è stata realizzata
dall’Agenzia spaziale europea (ESA).
RENDEZVOUS. Graphic of the orbital
and landing modules of Rosetta during
the rendezvous with the comet.
The probe was realized by the European
Space Agency (ESA).
touch down on the nucleus of the comet,
unlock its secrets and help us
understand a bit more about the origin of
life on Earth and about our solar system.
This is the mission undertaken by the
Rosetta probe (named after the famous
Egyptian “stone” which helped unravel
the mystery of ancient hieroglyphics),
built by the European Space Agency,
with notable contributions from Italian
industry. Rosetta will take ten years to
wind up its mission. It is the time
needed to “hit” the cosmic target
hundreds of millions of kilometres away
from the Earth, the Churyumov-
Gerasimenko comet.
To hit the comet, the probe will circle
back three times close to the Earth and
travel once around Mars. This is
necessary for the probe to receive the
gravity boost and help limit fuel
consumption to a minimum. Then
Rosetta will remain “in hibernation” for
80 months. When it reaches the comet
in November 2014, Rosetta will release
a small landing module, equipped with a
shield to protect the lander from impact
with ice particles ejected from the
comet’s nucleus and which at that
speed have the same effect as a bullet
fired from a gun at close distance. The
lander, called Philae (it got its name
from a 15-year-old student girl from
Milan, Italy), will have to dive into the
comet’s mane and cling on to the surface by means of anchoring
systems which will harpoon the comet’s nucleus the way a big cat
holds on to its prey.
“Every space mission is the result of great team work. Everyone puts
his or her heart into the enterprise and the results can be appreciated
only a long time later”, said Maurizio Cheli, aerospace engineer and
astronaut (he travelled aboard the shuttle in 1996), currently chief
test pilot for Alenia Aeronautica fighter aircraft. Aged 45, a frank and
easy-going sort of person and very scrupulous at work, Cheli has over
4,000 hours of flight experience with more than 50 different types of
aircraft, most of the time over the sound barrier. He also worked with
NASA for many years. Even now, as a EuroFighter test pilot, Cheli is
constantly in touch with technicians and engineers from other
countries. Out of his experience Cheli provided Eni’s Way with his
comment on the Rosetta launch and mission.
Why hunt a comet? Comets and meteorites are some of the
45

SOLUZIONI - SOLUTIONS
cade per la maggior parte dei satelliti di esplorazione planetaria,
compongono un complesso laboratorio spaziale
comprendente strumenti assai sofisticati, ognuno dei
quali ha esigenze specifiche. Pensiamo per esempio al
fatto che l’apparato di collegamento radio deve inviare e
ricevere dati con uno strumento che opera a diversi milioni
di chilometri di distanza dalla Terra.
Il ruolo dell’industria italiana in questa missione. Diversi
esperimenti scientifici che verranno effettuati su
Rosetta sono coordinati dall’Asi, l’Agenzia spaziale italiana.
E fra le componenti tecniche a bordo di Rosetta c’è
molta tecnologia italiana, come lo spettrometro ottico e
infrarosso Virtis, l’analizzatore di polveri Giada e la trivella
costruita da Tecnomare. Importante è stato anche il
contributo di Alenia Spazio, che ha partecipato al programma
Rosetta come responsabile per le attività di assemblaggio,
integrazione e prova del satellite, ed è anche
responsabile per la realizzazione del trasponditore di
bordo del satellite.
Come i partner stranieri considerano la presenza degli
italiani in progetti così complessi, delicati e altamen-
46
te sofisticati. È vista decisamente bene. Sulle prime può
ancora prevalere per gli italiani la nomea di “pasticcioni”
e “scanzonati”. Ma dopo i primi incontri, dopo i primi
giorni in cui si lavora gomito a gomito, tutti subito si rendono
conto della qualità dei nostri ingegneri e dei nostri
fisici. E non raramente gli stranieri sono colpiti dagli italiani
per la nostra capacità di risolvere situazioni “impossibili”.
Laddove si presenta un problema contorto o dove
una bella teoria si inceppa all’atto pratico, spesso è un
colpo di genialità italiano che sblocca la situazione. Saremo
anche meno metodici e rigorosi di altri, ma spesso
questa nostra indole ci aiuta a uscire da quegli schemi in
cui altri erano rimasti invischiati.
Per molti lavorare su questi progetti è una “perdita” di
tempo e di risorse. Non è così. Oltre a portare a Terra
enormi quantità di informazioni scientifiche “grezze” su
cui far lavorare gli scienziati, la costruzione di queste
sonde è un’ottima occasione per “tenere allenato” il cervello
dei nostri ingegneri. È solo abituandosi a risolvere
problemi “extra-terrestri” che si impara a non farsi più
intimorire da problemi “terrestri”. E questo si traduce in
un vantaggio per tutti. ■
Eni’s Way
oldest space bodies in our solar system. Almost certainly the
composition of these bodies is exactly the same as when they
were “born” some 4,600 million years ago. Therefore comets
contain information on the primordial state of matter and are a
sort of “archive” which we can consult in order to better
understand the origin of the Sun and the planets, including our own
Earth, whose oceans and atmosphere might have been formed
starting from elements which reached our planet by means of
impact with the comets. Many theories point to comets as the
“sowers” of life in the cosmos.
What do you think we may discover? It is necessary to drill the
surface of the comet to understand what materials the comet is
made of. Some scientists theorise that the impact with comets
containing complex organic molecules may have supplied the Earth
with the basic building bricks which life developed from. The
Rosetta probe, which has a total launch weight of 3,000 kilos, is
equipped with many instruments and devices which, as is the case
with most exploratory space satellites, make up a complex space
laboratory with highly sophisticated instruments, each having very
specific requirements of its own. Just consider, for example, that
the radio link device is to send and receive data by means of
equipment operating several million kilometres away from the Earth.
Eni’s Way
SCENARIO OPERATIVO.
Il modulo orbitale è progettato
per raccogliere i dati sperimentali
dal modulo di atterraggio
e spedirli a Terra, rimanendo
in orbita attorno alla cometa.
OPERATING SCENARIO. The orbital
module has been designed to collect
experimental data from the landing
module and send them to Earth,
while continuing orbiting
the comet.
The role of Italian industry in
this mission. Several scientific
experiments to be carried out
on Rosetta are coordinated by
ASI, the Italian Space Agency,
and there is a lot of Italian
technology built into the
technical components aboard
Rosetta, such as the Virtis
optical infra-red spectrometer,
the Giada dust analyser and the
Tecnomare drill. The contribution made by Alenia Spazio is also
important. They were responsible for the assembly, integration
and testing of the satellite and the development of the probe
transponder.
How do foreign partners consider the presence of Italians in
such complex, delicate and highly sophisticated projects? The
Italian presence is definitely well regarded. At first the reputation
may linger on of the Italians as “creative” and “not very
scrupulous” people. However after the first meetings, when you
have been working shoulder to shoulder for some time, everybody
becomes aware what our engineers and physicists are worth.
More than once foreigners are struck by the Italian skill at
resolving “untractable” situations. Where there are tortuous
problems or fine theories stumbling in practice, it is often an
Italian stroke of genius which resolves the stalemate. Maybe we
are less methodical and rigorous than others but often our
temperament helps us to find ways out of patterns and schemes
where others end up getting trapped.
Many believe working on these projects is “waste” of time and
resources. This is not true. As well as bringing to Earth massive
quantities of “crude” scientific information for scientists to work
on, building these probes provides an excellent opportunity to
keep the brains of our engineers “in training”. It is only by getting
used to resolving “extraterrestrial” problems that we can learn to
be no longer afraid of “terrestrial” ones. Everybody stands to gain
from this. ■
47

SOLUZIONI - SOLUTIONS
Una
trivella
nello
spazio
Perforare la crosta
di una cometa per scoprirne
origini e natura.
È lo scopo dell’ultimo
“gioiello” realizzato
da Tecnomare.
Che si metterà all’opera
a Natale, ma del 2014.
di ANDREA VICO
DOPO ALCUNI RINVII IL LANCIO DI
Rosetta è stato perfetto e il suo volo procede
come previsto. Ora non resta che aspettare.
Quasi 10 anni. Solo quando il lander di Rosetta
atterrerà sulla cometa Churyumov-Gerasimenko e
inizierà la sua attività scientifica, solo in quel preciso
momento si saprà infatti se il loro lavoro e gli
sforzi concettuali per prevedere l’imprevedibile e
costruire la loro trivella in modo che funzioni in
ogni condizione, saranno premiati. È questa la condizione
che accomuna manager e tecnici di Tecnomare,
società del gruppo Eni che si occupa principalmente
di ingegneria offshore, ma riesce ugualmente
a brillare anche in altri settori, come la robotica
e la tecnologia spaziale.
Fra gli undici strumenti scientifici che permetteranno
di studiare la cometa Churyumov-Gerasimenko –
analizzandone superficie, composizione, distribuzione
di temperatura nonché natura dei gas e delle polveri
emesse dal nucleo e la loro interazione con il vento solare –
a bordo di Philae (il lander della sonda Rosetta lanciata
48
IL LUNGO VIAGGIO. Saranno necessari circa 10 anni tra il lancio di Rosetta e
l’atterraggio sulla cometa Churyumov-Gerasimenko. Solo allora cominceranno le
attività scientifiche del gioiello messo a punto dalla Tecnomare. Sopra, il razzo
Ariane V lanciato nel marzo 2004 con la sonda europea Rosetta a bordo.
THE LONG TREK. About ten years will elapse between the launch of Rosetta and
landing on the Churyumov-Gerasimenko comet. Only then will start the scientific
activities of the “bijou” developed by Tecnomare. Above, the Ariane V rocket
launched in March 2004 with the European probe Rosetta on board.
dall’Agenzia spaziale europea) ce n’è infatti anche uno del
tutto originale messo a punto da Tecnomare. Si tratta della
specialissima trivella che avrà il compito di perforare il
Eni’s Way
A DRILL IN SPACE
Tecnomare’s latest creation is a “bijou” capable of drilling through the crust of a comet
to disclose its origin and nature. It will set to work at Christmas, but in 2014.
by ANDREA VICO
AFTER A FEW POSTPONEMENTS THE LAUNCH
of Rosetta was accomplished perfectly
and its journey is proceeding as
planned. All we have to do now is wait
for almost 10 years. Only when Rosetta’s lander
touches down on the Churyumov-Gerasimenko
comet and starts its scientific activity, only then
will we know whether the technicians’ work and
their conceptual efforts to foresee the
unforeseeable and build their drill that it may
work in every possible condition will be rewarded. This is
the common state of mind among managers and technicians
at Tecnomare, the Eni group company that deals mostly in
offshore engineering but can achieve outstanding results as
well in other sectors, such as robotics and space
technology.
The eleven scientific instruments aboard Philae (the lander
of the Rosetta probe launched by the European Space
Agency) which will assist in the study of the Churyumov-
Gerasimenko comet, by analysing its surface, its
composition, its temperature distribution, as well as the
Eni’s Way
nature of the gases and dust issuing from the nucleus and
their interaction with solar wind, include one quite new,
developed by Tecnomare. It is a unique drill having the task
of boring through the ground of the comet and disclose at
long last what these icy boulders wandering about the
cosmos are made of inside.
The drill created for Rosetta (which is the end result of
several projects which began in the Nineties) is the
condensation of all the expertise Tecnomare possesses in
the field of drilling and has deployed to solve countless
problems. The drill has a 10-kilo thrust capability, adjusted
to the harpoons which will secure Philae to the surface of
the Churyumov-Gerasimenko comet. Its miniaturised 10watt-powered
engine was designed to achieve the highest
performance with the lowest possible power consumption.
The drill tip was made to bore through materials of the
utmost hardness conceivable in a comet. All devices must
be able to work at temperatures as low as about minus
160 degrees centigrade, be as light as possible and
miniaturised to better co-exist with the other 10
instruments aboard the lander. They must as well be
49

SOLUZIONI - SOLUTIONS
suolo della cometa e scoprire finalmente di cosa sono
fatti internamente questi macigni ghiacciati errabondi
nel cosmo.
La trivella realizzata per Rosetta (che è il prodotto finale
di vari progetti iniziati a metà degli anni Novanta)
è il concentrato di tutta la sapienza che
Tecnomare custodisce nel campo del drilling,
messa in campo per risolvere innumerevoli problemi.
La trivella ha una capacità di spinta di 10 chilogrammi,
commisurata con gli arpioni che agganceranno
il piccolo modulo di atterraggio Philae al suolo
di Churyumov-Gerasimenko, e il suo motore miniaturizzato
(10 watt di potenza) è stato pensato per dare il
massimo rendimento con il minimo consumo elettrico.
La punta è stata realizzata per perforare un materiale
della massima durezza presumibile per una cometa.
E tutto deve funzionare anche a -160° di temperatura,
essere leggerissimo e in “miniatura” per meglio
coesistere con gli altri dieci strumenti presenti a
bordo del lander, nonché essere assolutamente robusto
e affidabile per resistere agli scossoni che l’impatto
col suolo della cometa potrebbe creare.
Se non vi saranno intoppi (nelle missioni spaziali il condi-
50
Oltre il mare anche terra e cielo
Tecnomare, società di ingegneria
del gruppo Eni, rappresenta oggi
una realtà unica nel mercato di riferimento.
Sia per i livelli d’innovazione
tecnologica raggiunti, sia per il complesso
dei settori di attività in cui opera:
ingegneria di progetti di sviluppo per
l’upstream petrolifero, ingegneria di
esercizio e manutenzione di infrastrutture,
ingegneria e realizzazione di componenti
e sistemi robotici per ambienti
ostili, servizi di gestione integrata di salute,
sicurezza, ambiente e qualità.
L’eccellenza nella ricerca. Tecnomare
ha iniziato la propria attività nel 1971
come società di ricerca applicata, in
un’Italia fortemente proiettata verso la
crescita economica e produttiva, con la
missione di sviluppare e applicare industrialmente
nuove tecnologie marine. È
stata fra i primi soggetti in assoluto a
tradurre in innovazione gli specifici finanziamenti
statali gestiti dall’Imi (Istituto
mobiliare italiano).
La politica industriale nazionale e l’interesse
di Eni – azionista industriale di
maggioranza relativa –- per lo sviluppo
delle tecnologie offshore hanno creato
un ambito molto favorevole all’evoluzione
delle attività di ricerca della società,
come dimostra il suo curriculum vitae.
1973-1977. Nuove tecnologie sviluppate
da Tecnomare vengono applicate
per la prima volta alle quattro piattaforme
Agip nel campo di Loango (offshore
del Congo). Vengono realizzati interamente
da Tecnomare mezzi per l’interramento
di cavi subacquei e condotte
sottomarine.
1979-1982. Piattaforma Maureen, progettata
per la Phillips Petroleum: è stata
la più grande struttura in acciaio del Mare
del Nord. È stata dismessa nel 2001
secondo procedure definite fin dalla sua
progettazione.
SWACS (Subsea Wells Autonomous Control
System): è il primo sistema autonomo
per il controllo remoto delle teste di
pozzo sottomarine e costituisce anche il
primo caso applicativo in ambito petrolifero
del know-how Tecnomare relativo a
sistemi di controllo e robotici.
Anni Novanta. Tecnomare continua l’attività
secondo i due filoni della ricerca e
dell’ingegneria, ampliando progressivamente
le aree geografiche di intervento
fino a comprendere il Brasile e il Medio
Oriente, con un totale di più di cento
piattaforme progettate e installate. Per
alcuni anni la società deve poi far fronte
a nuove condizioni operative, nel momento
in cui gli investimenti pubblici nella
ricerca vengono sensibilmente limitati
da parte dello stato e i co-finanziamenti
offerti dai soci subiscono una netta riduzione.
zionale è d’obbligo) la trivella di Tecnomare, qualche giorno
prima del Natale 2014 perforerà la “crosta” della cometa fino
a 30 centimetri di profondità, raccogliendo materiale in
1997. È l’anno della svolta da società
di ricerca applicata a società di ingegneria.
Il gruppo Eni acquista attraverso
Agip la partecipazione azionaria in
possesso di Imi e raggiungendo la quota
di controllo del capitale sociale ottiene
la possibilità di orientare maggiormente
strategie e business di Tecnomare.
1998-2000. Progetto della piattaforma
Hanze F2A nel settore olandese del Mare
del Nord per conto di Veba Oil.
Case history: Kashagan. Nel settore
kazako del Mar Caspio Tecnomare partecipa
alla progettazione per lo sviluppo
della prima fase del campo di Kashagan,
uno dei più complessi progetti offshore
mai realizzati. L’operatore di riferimento
è Agip KCO mentre la joint-venture
KDPC, tra Parsons e Fluor, è assegnataria
del contratto d’ingegneria, suddivisa
in ingegneria offshore svolta da Tecnomare
e ingegneria onshore e sealine
svolta da Parsons/Fluor.
Oltre che di estremo rilievo, è un intervento
di grande impegno per le condizioni
estreme del clima, la delicatezza del
contesto ambientale, le particolarità del
fondale e le caratteristiche del fluido,
che richiedono soluzioni all’avanguardia
non solo dal punto di vista tecnologico,
ma soprattutto da quello dell’ingegneria
di sistemi.
Eni’s Way
utterly sturdy and reliable to withstand the jolts that may
pass on from the impact with the surface of the comet.
If things go smoothly (the conditional tense is a must in
Eni’s Way
LA MISSIONE ROSETTA. A sinistra, elaborazione
grafica di Rosetta in orbita. La sonda sarà la prima
a orbitare attorno al nucleo di una cometa
e ad accompagnarla nell’avvicinamento al sole.
In basso, le coperture termiche per la sonda.
THE ROSETTA MISSION. Left, graphic of Rosetta in
orbit. The probe will be the first one to orbit around a
comet nucleus and fly together toward the sun. Below,
the probe’s heat shields.
space missions), a few days before
Christmas 2014 the Tecnomare drill will
perforate the “crust” of the comet to a
depth of 30 centimetres, collecting samples
at three different spots and delivering them
right away to another instrument for instant
spectrographic analysis. The data will be
relayed from Philae to Rosetta (which will
remain in orbit around the comet), from
where they will be sent to scientists on
earth.
Established in 1971 following an initiative
by a group of shareholders interested in
developing sea technology to take
advantage of the innovation spill-over in
their own business (from IMI to Fiat, from
Pirelli to Breda, and, of course, Eni),
Tecnomare has always been able to couple
pure research with concrete development of
structures and products for off-shore
activities.
Gradually, the company has enlarged its
field of action offering an increasingly varied
range of engineering services in the oil and
gas sector (from designing whole off-shore
platforms to engineering well-drilling
technologies), plant maintenance
engineering, robotics and space (in
particular automated vehicles for undersea
intervention on well heads and pipelines) and consultant
services regarding activities related to HSEQ systems
(Health, Safety, Environment and Quality).
51

MODULO DI ATTERRAGGIO.
Un’immagine al computer di Philae,
il lander della sonda Rosetta,
che raccoglierà i campioni della cometa
e li esaminerà, fornendo le prime
informazioni sulla sua composizione.
LANDING MODULE. Computer graphic
of Philae, the lander with
the Rosetta probe, which will collect
samples from the comet and examine
them to supply early information about
its composition.
tre punti per porgerlo subito
a uno strumento che
procederà sul posto a
un’analisi spettografica. I
dati saranno trasmessi da
Philae a Rosetta (che nel
frattempo rimarrà in orbita
attorno alla cometa) la
quale li invierà a sua volta
sulla Terra agli scienziati.
Nata nel 1971 da un’ini-
ziativa di un gruppo di azionisti interessati allo sviluppo di
tecnologie marine per le ricadute di innovazioni sul proprio
business – da Fiat a Pirelli, Breda e, ovviamente, a Eni, fino
all’Imi quale finanziatore – Tecnomare ha sempre saputo
abbinare la ricerca pura allo sviluppo concreto di strutture
e prodotti per l’offshore. Nel tempo ha poi gradualmente
ampliato i suoi campi d’azione, offrendo via via una gamma
sempre più ricca di servizi di ingegneria in ambito petrolifero
(dalla progettazione di intere piattaforme alla ingegnerizzazione
di tecnologie per la perforazione di pozzi), ingegneria
di manutenzione di impianti, robotica e spazio (specialmente
veicoli automatici per gli interventi sottomarini
sulle teste pozzo o sulle pipeline), consulenza sui sistemi
Hseq-Health, safety, environment and quality.
Dal 1997 la società è controllata al 60% dal gruppo Eni
(45% Eni, 10% Snamprogetti e 5% Saipem) e oggi è riconosciuta
sul mercato come indipendent engineer, con un’alta
reputazione nell’offshore petrolifero che rappresenta il
cosiddetto core business: su 52 milioni di euro fatturati nel
2003, ben 45 provengono da contratti con oil companies.
“Ciò non toglie che lo spazio e la robotica finalizzata ai veicoli
spaziali sia un ambito che consideriamo molto interes-
52
sante, su cui vantiamo competenze eccellenti e dove siamo
impegnati su diversi fronti”, spiega l’ingegner Alfredo
D’Agostino, presidente e amministratore delegato. Oltre
ad aver realizzato la trivella destinata alla sonda Rosetta,
Tecnomare è impegnata nella preparazione di un braccio
meccanico che sarà montato sulla International Space Station,
di un microlaboratorio automatizzato – chiamato Ipse
– che verrà installato a bordo di una delle prossime sonde
robotizzate per l’esplorazione di Marte, di visione stereoscopica
(ovvero gli “occhi” di un robot che deve cogliere
con precisione la profondità di campo). Di grande interesse
appare infine anche il progetto “Mole” (talpa), direttamente
commissionato dall’Esa a Tecnomare: una trivella
multifunzione completamente automatizzata, che dovrà
essere capace di perforare per almeno 100 metri il suolo di
Marte.
“Lavorare su questi progetti per alcuni può sembrare una
‘perdita’ di tempo e una distrazione di risorse, solo un mucchio
di grane da risolvere”, commentano in Tecnomare, “e
con modesto ritorno economico. Ma se da un lato l’Agenzia
spaziale italiana, dall’altro l’Agenzia europea e poi la stessa
Nasa si rivolgono a noi, per realizzare trivelle e piccoli bracci
robotizzati da far funzionare nello spazio nelle condizioni
più ‘estreme’, è perché abbiamo competenze di altissimo livello
in questi campi. E questi progetti rappresentano in
realtà per noi un’ottima occasione per sfruttare un’utilissima
finestra tecnologica: quella aperta tra il settore petrolifero
e le sofisticate tecnologie del settore spaziale. La conoscenza
dei due mondi, a prima vista molto lontani tra loro,
permette una migrazione nei due sensi di conoscenze e tecnologie
che sicuramente portano benefici a entrambi, con
relative ricadute che nel settore petrolifero possono tradursi
in un indubbio vantaggio competitivo”. ■
Eni’s Way
Tecnomare is
the engineering
company of the
Eni group. It has
achieved a unique
standing in its
market segment,
thanks to cutting
edge technological
innovation, and the
wide range of its
operations:
upstream oil and
gas development
project engineering,
infrastructure
operations and
maintenance
engineering,
engineering and
manufacturing of
robotic components
and systems for
hostile environment
and Health, Safety,
Environment and
Quality integrated
management services.
Excellence in research. Tecnomare
started operations in 1971 as an applied
research business, at a time of great
economic and industrial growth for Italy.
It was set a mission to develop and
implement new marine technologies for
industry. It can stake a claim to being
among the very first establishments to
have brought about innovation based on
State funds managed by IMI (Istituto
Since 1997, Tecnomare has been controlled by the Eni
Group for 60 percent (45 percent Eni, 10 percent
Snamprogetti and 5 percent Saipem). Today, the company
is recognised by markets as an “independent engineer”
with a high reputation in the off-shore oil sector, which is
Tecnomare’s core business: out of a 52 million euro
turnover in 2003, 45 millions stemmed from contracts with
oil companies.
“Yet,” engineer Alfredo D’Agostino, Tecnomare’s chairman
and MD, said, “we do regard space and robotics for space
vehicles as a highly interesting sector, in which we can
boast excellent skills and are active on several fronts”.
Besides having developed the drill made for Rosetta,
Tecnomare is also working on a robotic arm to be installed
on the International Space Station, an automated microlaboratory
- called Ipse - which will be installed on the next
robotic probes for the exploration of Mars, and on
stereoscopic vision (that is the “eyes” of a robot to
measure the depth of a field with high precision). Extremely
interesting is also the “Mole” project, directly
Eni’s Way
Beyond the sea, on land and in the sky
Mobiliare Italiano).
Italy’s national industrial policies and
Eni’s interest in the development of
offshore technology – Eni was
Tecnomare’s largest shareholder –
provided an ideal environment to develop
Tecnomare’s research activities, proof of
which lies with its track record.
1973-1977. New technologies developed
by Tecnomare are adopted onboard four
AGIP platforms at the Loango field
(offshore Congo). Tecnomare designs
and develops all the burying equipment
for underwater cable and subsea
pipelines.
1979-1982. Design of the Maureen
platform for Phillips Petroleum, the
biggest North Sea steel structure ever.
The platform was decommissioned in
2001 based on design incorporated
procedures.
SWACS (Subsea Wells Autonomous
Control System), the first autonomous
system for subsea well head remote
control. This was also Tecnomare’s first
robotic and control systems application
in the oil and gas field.
90s. Tecnomare pursues its endeavours
along both lines of research and
engineering, gradually expanding the
geographical area of its operations to
include Brazil and the Middle East,
totalling more than one hundred
offshore platforms designed and
installed. The company was then faced
with new operating conditions for a
number of years, as a result of a
sizeable reduction in State funds for
research, coupled with a reduction of cofinancing
by partners.
1997. The company changes from an
applied research company to a full-fledged
engineering endeavour. Eni, through AGIP,
buys out IMI and hence acquires leading
shareholder status, providing it with a
greater say in Tecnomare’s strategies and
business goals.
1998-2000 Design of the Hanze F2A
platform in the Dutch North Sea sector,
on behalf of Veba Oil.
Case history: Kashagan. Tecnomare
operates in the Kazakh sector of the
Caspian Sea taking part in planning the
first phase development of the Kashagan
field, one of the most complex offshore
projects ever embarked upon. AGIP KCO
is the single operator of the project while
the Parsons and Fluor KDPC joint venture
has been awarded the engineering
contract, which in turn is subdivided in
offshore engineering (care of Tecnomare)
and onshore/sealine engineering (care of
Parsons/Fluor).
Kashangan is a project of vast
significance and a very challenging one
due to extreme climate conditions,
delicate environmental balance, sea
bottom features and fluid
characteristics, requiring cutting edge
solutions from the technological point of
view and, above all, from that of
systems engineering.
commissioned by ESA to Tecnomare, an entirely automated
multi-function drill, able to dig the ground of Mars to a
depth of at least 100 metres.
“Work on these projects may seem to some people a
‘waste’ of time and resources with just a heap of problems
to resolve for slight economic gain,” they said at
Tecnomare. “However if the Italian Space Agency, the
European Space Agency and even NASA turn to us for the
creation of drills and small robotic arms capable of
working in the most extreme conditions in space this is
because we have developed top-level expertise in these
fields. These projects represent for us an excellent
opportunity to make the most of a useful technological
window, the one that has opened up between the oil sector
and the sophisticated technology of the space sector.
Knowing both these worlds, which at first seem very far
apart, allows the migration both ways of knowledge and
technology, which certainly benefits both worlds, with an
ensuing spill-over which can undoubtedly turn into a
competitive lead in the oil sector”. ■
53

CULTURE - CULTURES
La rivincita
del libro
La produzione enciclopedica è un giacimento
culturale destinato a non esaurirsi.
Anche nell’era delle tecnologie informatiche
e della conoscenza virtuale.
50 ANNI CON TRECCANI.
Dal 1951 Tullio Gregory
collabora con l’Istituto
dell’Enciclopedia Italiana.
Numerosi gli incarichi
ricoperti anche in altri ambiti
della cultura nazionale e
internazionale (vedi riquadro
pag.60). A fianco, Roma, la
Biblioteca Treccani nel
cinquecentesco Palazzo Mattei
di Paganica.
50 YEARS WITH TRECCANI.
Tullio Gregory has been
cooperating with the Italian
Encyclopaedia Institute since
1951. He held many
assignments also in other fields
of national and international
culture (see box on page 61).
Alongside, the Treccani Library
in the 16 th -century Palazzo
Mattei di Paganica, Rome.
54
Colloquio con TULLIO GREGORY di LAURA BRUNETTI
IL CASO PIÙ STRABILIANTE
è stato quello della diffusione
dei libri attraverso i quotidiani,
iniziativa adottata
per cercare di arginare la crisi
delle vendite dei giornali. Il
paradosso sembrava smaccato:
rimediare alla volontà di
non leggere fornendo altra
lettura, per di più a pagamento
e impegnativa.
Eppure in breve tempo le edicole
si sono trasformate in
minilibrerie, stracolme di
nuove enciclopedie, capolavori
della letteratura classica,
volumi di arte e poesia, riedizioni
di collane di opere storiche,
con giornalai rassegnati
a prendere nota delle prenotazioni
di clienti in attesa della
ristampa di qualche agognato
volume.
Cose da non credere? Meglio
tentare di capire. La prima
considerazione che viene da fare è che l’essere uno dei
paesi europei con il più basso numero di libri letti annualmente
pro capite è un dato che non indica meramente un
disinteresse. Si può parlare di mancanza di educazione al-
la lettura, deboli stimoli, limitata presenza di librerie sul
territorio, scarso incoraggiamento nei riguardi di una larga
parte di pubblico poco aduso ai testi letterari che si aggira
spaesato in librerie alla ricerca, spesso vana, di addetti capaci
di indirizzarlo nelle scelte.
L’interesse alla lettura c’è, dunque, ma deve essere orientato.
Ecco allora che i suggerimenti – sempre molto validi
– dati attraverso i quotidiani sono stati accettati con entusiasmo.
Ma l’interesse verso lo strumento cartaceo, del quale ora si
è esaminato un fenomeno recente, non è episodico e rientra
in considerazioni più ampie che nascono in risposta all’attuale
presunto strapotere dell’informazione in rete, disponibile
senza apparenti confini di spazio e di tempo.
La conoscenza diffusa attraverso la produzione libraria
non è in declino, anzi mostra nuovi segni di vitalità. A sostenerlo
è Tullio Gregory, decano dell’Istituto dell’Enciclopedia
Italiana (fondata da Giovanni Treccani) e attuale
L’Enciclopedia rispecchia
la cultura di un’epoca.
The Encyclopaedia mirrors
the culture of its time.
Eni’s Way

CULTURE - CULTURES
56
La Treccani dell’energia
Collquio con UGO ROMANO di LAURA BARBIERI
In occasione del 50° anniversario della
sua costituzione, l’Eni, in collaborazione
con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana
Treccani ha assunto l’iniziativa di realizzare
l’Enciclopedia degli idrocarburi.
L’opera completa sarà costituita da cinque
volumi. Le motivazioni alla base di
una tale opera non sono a ben vedere
molto diverse da quelle che negli anni
Sessanta portarono l’Eni a promuovere
l’Enciclopedia del petrolio e del gas naturale.
Ora come allora vi è la consapevolezza
della centralità del ruolo degli idrocarburi
nello sviluppo economico, ma anche
nelle relazioni internazionali e nelle
prospettive tecnologiche. Enrico Mattei,
nella introduzione di quella prima enciclopedia,
sottolineava come “la storia dell’industria
del petrolio è storia complessa
di uomini, di idee, di fatti tecnici ed economici”.
Certo, quarant’anni fa vi era un più sicuro
ottimismo sulle potenzialità positive che
facevano emergere “una realtà nuova di
più equilibrato benessere e di lavoro”,
ma anche coscienza di essere di fronte
ad un fenomeno in costante evoluzione,
“una storia che continua”, e che coinvolge
“colossali interessi”.
L’esigenza di ridefinire la centralità dell’industria
del petrolio, intesa come attività
massimamente strategica, ispira sicuramente
la nuova enciclopedia e si rispecchia
in modo nitido nella sua impostazione.
Lo scenario che si prospetta nell’evoluzione
del sistema economico è dominato
da una costante crescita della domanda
di energia. La strategia dell’industria del
petrolio è dominata da due elementi: rendere
disponibili ai mercati quantità crescenti
di idrocarburi, operare in linea con
la forte richiesta di sostenibilità.
Il progresso, di cui gli idrocarburi sono
membro del Consiglio Scientifico. “Una quindicina di anni
fa i profeti di sventure prevedevano la fine della galassia
Gutenberg e la fine dei libri. Oggi, al contrario, non solo è
aumentato in modo vertiginoso il consumo della carta, ma
è anche cresciuto il numero dei libri stampati e venduti. I
vantaggi che un testo cartaceo offre rispetto allo stesso testo
proposto su strumenti informatici sono tali da non rendere
la competizione proponibile. Si parte dalla comodità
di lettura, rapidità di consultazione per arrivare all’affidabilità
dell’informazione. Come noto, il novanta per cento
delle informazioni che girano in rete non sono certificate.
stati motore e simbolo, non può ormai
essere in alcun modo disgiunto dalla qualità
dei processi di produzione e di trasformazione
degli idrocarburi e quindi dall’analisi
e dalla soluzione delle problematiche
connesse alla salute, alla sicurezza
e all’ambiente. L’intreccio strettissimo
tra sostenibilità dello sviluppo e innovazione
tecnologica trova il suo puntuale riscontro
nella struttura dell’opera.
I primi due volumi trattano, infatti, in modo
specifico anche le questioni delle
qualità ambientali in relazione all’attività
upstream e downstream e il terzo volume
è dedicato espressamente all’evoluzione
tecnologica in relazione allo sviluppo, alla
produzione e allo sfruttamento intensivo
dei giacimenti di idrocarburi convenzionali
e non convenzionali, alla generazione di
energia da fonti fossili e da fonti rinnovabili,
alla problematica del vettore idrogeno,
ai temi di sostenibilità complessiva.
“Considerare il carattere pervasivo dell’aspetto
ambientale e la continua evoluzione
tecnologica – afferma Ugo Romano,
amministratore delegato di EniTecnologie
e direttore dell’opera – rafforza l’attualità
dell’Enciclopedia degli idrocarburi e la
rende sicuramente valida per un lungo
periodo di tempo”.
La riflessione iniziale sulla scelta dei destinatari
potenziali della nuova enciclopedia
ha contribuito a chiarire l’approccio ai
temi da trattare.
“Definire il pubblico di riferimento – aggiunge
Ugo Romano – permette di calibrare
correttamente il livello di approfondimento
tecnico e scientifico. La precedente
Enciclopedia era destinata ad operatori
del settore e quindi i contributi risultavano
altamente specialistici. L’esigenza
attuale invece è quella di realizzare un
prodotto con elevate qualità tecnico
scientifiche ma, nel contempo, con carat-
teristiche più divulgative: da distribuire
agli stakeholders, al mondo
della finanza, dell’economia, della
politica e della scienza, sia in Italia
sia all’estero. Per questo si è
deciso di realizzarla in due lingue:
uno sforzo notevole, come si può
immaginare, nuovo anche per l’Istituto
Treccani, e che ribadisce il
ruolo crescente dell’Eni come protagonista
internazionale”.
L’organizzazione scelta per l’Enciclopedia
degli idrocarburi è quella
tematica. Questo approccio supera
l’inevitabile frammentarietà propria
di una organizzazione alfabetica
e permette anche, coerentemente
con la scelta divulgativa dell’opera,
di affiancare ad argomenti tecnicoscientifici,
temi di carattere più generale
per esempio quelli di natura prettamente
economica o relativi alle normative internazionali
e alla contrattualistica.
“È evidente – sottolinea Ugo Romano –
che l’Eni non poteva, in questa prospettiva,
ricoprire semplicemente il ruolo di
committente. Molte informazioni possono
essere trovate nelle pubblicazioni di riferimento,
ma un contributo rilevante viene
da chi opera nel settore e non solo in termini
accademici. Le diverse strutture del
Gruppo hanno partecipato attivamente,
in base alle rispettive competenze, fin
dalla definizione e scelta degli autori”.
L’Enciclopedia si occupa anche di temi
non direttamente connessi con l’industria
dell’olio e del gas, ma che con essa possono
trovare una via di integrazione. Proprio
in questa chiave, le problematiche
più dibattute (ad esempio il nucleare e le
fonti rinnovabili) sono state affrontate
mettendo a confronto diverse opinioni e
puntando ovviamente sul prestigio e sull’autorevolezza
delle posizioni espresse.
Questo è un problema enorme. Per non parlare poi del
tempo richiesto per scremare la ridondanza delle informazioni”.
Un testo stampato è certamente percepito come fonte di
conoscenza autorevole e la sua forza è amplificata se è
promosso da un editore affidabile.
“Il marchio Treccani – afferma il professor Gregory – è un
richiamo molto forte per il pubblico che lo percepisce come
sicura garanzia di qualità. L’Istituto, dopo quasi ottanta
anni di storia, continua a svolgere un ruolo centrale nel
panorama culturale italiano, poiché riunisce i saperi al
Eni’s Way
THE BOOK’S COMEBACK
Encyclopedias are a cultural reservoir
meant never to run out.
Even in the era of information technology
and virtual knowledge.
A talk with TULLIO GREGORY
by LAURA BRUNETTI
THE MOST EXTRAORDINARY CASE HAS BEEN THE
distribution of books with the daily papers, an initiative
that has been adopted to try to stem the crisis of
newspaper sales. The contradiction seemed an
extreme one: make up for the unwillingness to read by
providing further reading material at a cost to the consumer,
and difficult reads to boot.
Yet in a short while newspaper stands had turned into mini
libraries full to overflowing with new encyclopedias, bestselling
literature classics, volumes of art and poetry,
reprints of history book series, with newsagents resigning
themselves to taking reservations from clients waiting for
re-prints of their desired volumes.
Hard to believe? Well, just try to understand. The first
observation that comes to mind is that Italy being one of
the European countries with the fewest books read annually
per capita does not just mean disinterest. One could talk
about the lack of training in reading, not much stimulus, a
limited number of bookstores in the territory and the lack
of encouragement for a large portion of the general public
not used to literary texts who wander aimlessly around
bookstores, looking, often in vain, for a staff member who
will help him in picking a book.
The interest in literature is there but it needs to be
directed. That is why the always valid suggestions written
up in the papers have been accepted with enthusiasm. But
interest in printed material, of which a recent phenomenon
Eni’s Way
IL SAPERE SUGLI IDROCARBURI.
Negli anni Sessanta l’Eni pubblica gli otto volumi
dell’Enciclopedia del petrolio e del gas naturale
(a fianco). Dopo 40 anni, la Società avvia i lavori
per la realizzazione dell’Enciclopedia
degli idrocarburi, in collaborazione con l’Istituto
dell’Enciclopedia Italiana.
KNOWLEDGE ABOUT HYDROCARBONS.
In the ’60s Eni published the eight-volume
Enciclopedia del Petrolio e del Gas naturale (Oil
and Natural Gas Encyclopaedia). Forty years later,
Eni has started work on making the Encyclopaedia
of Hydrocarbons, in cooperation with the Italian
Encyclopaedia Institute.
has been examined, is not sporadic and is
part of broader considerations stemming
from the current alleged dominance of
information available on the Internet,
without any apparent boundaries of space
or time.
Spreading knowledge though books is not
in decline. On the contrary, it is showing
fresh signs of life. At least Tullio Gregory,
dean of the Italian Encyclopedia Institute
(founded by Giovanni Treccani) and current member of the
Treccani Scientific Council, would agree. “About 15 years’
ago the prophets of doom foresaw the end of the
Gutenberg galaxy and the end of books. Today, on the
contrary, not only has paper consumption increased at a
frantic pace but the number of books printed and sold has
grown. The advantages that a printed text has to offer
versus the same text offered electronically is enough to
keep the competition at bay. It offers an easy read, quick
consulting and reliable information. It is important to point
out that 90 percent of the information that you find on the
Internet is not certified. This is an enormous problem, not
to mention the time needed to skim through excess
material.”
A printed text is certainly perceived as a reliable source
and a trustworthy publisher can boost its appeal.
“The Treccani name – says professor Gregory – has a
strong appeal on people who view it as guaranteed quality.
The Institute, after almost 80 years of history, continues to
carry out a central role in the Italian culture, given that it
brings together knowledge of the most advanced levels with
the collaboration of scholars from around the world, while
at the same time valuing and transmitting the nation’s
cultural patrimony.”
But the Encyclopedia itself, an instrument that offers
information on any subject or specific topic in a systematic
way could seem an obsolete tool in the era of information
technology. Wikipedia, the free and multilingual
Encyclopedia that appeared for the first time online in
2001, and which is constantly being updated, demonstrates
its desire to encompass even this traditional and well
thought out instrument of knowledge in an area of
instantaneousness.
“The Encyclopedia, at a highly scientific level like ours, is
not a disposable object; its reading cannot come to an end
with the cursory consultation of a piece of information. The
Encyclopedia must offer the foundation and structure of
knowledge, taking note of changes in trends and methods
57

CULTURE - CULTURES
58
Ogni giorno
si vende almeno
una Enciclopedia
italiana
(57 volumi).
They sell at least
one Italian
Encyclopaedia
(57 volumes) a day
più alto livello con collaborazioni che impegnano
studiosi di tutto il mondo e contemporaneamente
valorizza e trasmette il patrimonio
culturale del Paese”.
Ma l’Enciclopedia in sé, come opera che raccoglie
in modo sistematico nozioni su tutte le
discipline o su specifici argomenti, potrebbe
apparire strumento “obsoleto” nell’era delle
tecnologie informatiche. Il caso di Wikipedia,
l’Enciclopedia libera e multilingue, apparsa in
rete nel 2001 e continuamente aggiornata, dimostra
la volontà di inglobare anche questo
tradizionale e ponderato strumento di conoscenza
in un ambito di istantaneità.
“L’enciclopedia, se ad alto livello scientifico
come la nostra, non è un prodotto usa e getta;
la sua lettura non si risolve nella consultazione
fugace di un’informazione. L’enciclopedia
deve dare i fondamenti e le strutture dei saperi,
cogliere i mutamenti negli indirizzi e nei
metodi di ricerca, indicare i rapporti fra le varie
aree disciplinari. Sempre aggiornata, non
deve tuttavia tentare di rincorrere l’ultima novità (a questo
provvedono le appendici, i supplementi, i supporti informatici)
ma deve dare gli orientamenti di base, le strutture
concettuali delle diverse discipline.
Certo l’enciclopedia è sempre lo specchio della cultura di
un’epoca: noi abbiamo registrato, attraverso le varie Appendici,
soprattutto le ultime due (che coprono i due ultimi
decenni del Novecento) il diverso equilibrio fra le varie
discipline, con spostamenti significativi: rispetto alla
grande Enciclopedia, le Appendici hanno via via indicato
l’emergere dell’informatica, delle scienze spaziali, delle
ricerche sulla struttura della materia, delle scienze biomediche
e in particolare delle neuroscienze, delle scienze
ambientali, come della politologia, dell’antropologia, e così
via. Significativi gli equilibri diversi nel corso degli anni:
per esempio le scienze biomediche oggi – nelle ultime Ap-
ARCHIVIO STORICO. Il frontespizio del primo volume dell’ Enciclopedia italiana
pubblicato nel marzo del 1929. Giovanni Treccani Alfieri, fondatore e presidente
dell’Istituto Giovanni Treccani dal 1925 al 1933. Autoveicolo per la promozione e
diffusione del libro. Insegna pubblicitaria per l’Enciclopedia italiana Treccani alla XX
fiera di Milano del 1939.
HISTORICAL ARCHIVE. The title page of the first volume of the Italian Encyclopaedia
published in March 1929. Giovanni Treccani Alfieri, founder and president of the
Giovanni Treccani Institute from 1929 to 1933. Motorvehicle used to promote and
spread books. Advertising sign for the Treccani Italian Encyclopaedia at Milan’s 20th
Trade Fair in 1939.
pendici – giungono quasi a pareggiare la storia e la geografia,
due comparti fondamentali di ogni enciclopedia”.
Proprio per questa ricchezza e duttilità la grande Enciclopedia,
con le sue Appendici, è ancor oggi ricercata e
venduta. Basti visitare una qualunque biblioteca: l’Enciclopedia
Treccani è sempre presente, con chiare tracce
del continuo uso. I prodotti dell’Istituto godono ottima salute.
Basti pensare che ogni giorno viene venduta più di
una grande Enciclopedia, che con i suoi 57 volumi rappresenta
l’opera più prestigiosa dell’Istituto. Ma al di là
degli argomenti è cambiato anche il modo di organizzare
il sapere?
“Certamente il quadro dei saperi, quella che si chiamava
una volta la classificazione delle scienze, è profondamente
cambiato, come accennavo, tanto per l’emergere
di nuovi campi di conoscenza, quanto per i rapporti fra
Eni’s Way
The Treccani of energy
A talk with UGO ROMANO by LAURA BARBIERI
On the occasion of the 50th anniversary
of its foundation, Eni, in
collaboration with Istituto dell’Enciclopedia
Italiana Treccani has taken on
the initiative of producing the Encyclopaedia
of Hydrocarbons.
The complete work will be made up of
five volumes. The motivation behind this
work is not very different from the one
which in the sixties brought Eni to
promote the Petroleum and Natural Gas
Encyclopaedia. Now, like then, there is
the awareness of the centrality of the
role of hydrocarbons in economic
development, but also in international
relations and technological perspectives.
In the introduction to that first
encyclopaedia, Enrico Mattei stressed
that the “history of the oil industry is a
complex tale of men, ideas and
technical and economic facts.”
Of course, forty years ago there was
more optimism on petroleum’s positive
potential that was bringing forth “a new
reality of work and more balanced wellbeing”,
but the awareness was also
there of facing a phenomenon in
constant evolution, “an ongoing story”
involving “colossal interests”.
The need to redefine the centrality of
the petroleum industry, viewed as a
most strategic activity, certainly inspires
the new encyclopedia and is clearly
reflected in its set-up.
The scenario looming in the evolution of
the economic system is dominated by a
steadily growing demand for energy. The
strategy in the petroleum industry is
dominated by two factors: to supply
growing quantities of gas and oil and
work in line with the strong request for
sustainability.
Progress, which hydrocarbons have been
the engine and symbol of, cannot in any
way be disjointed from the processing
of research and highlighting the relations between the
various disciplinary areas. Constantly being updated, it still
mustn’t try to seek out the latest news (that is what the
Appendix, Supplements and computer resources are for)
but rather supply basic guidance and conceptual structures
of the different disciplines.
Of course, the Encyclopedia always reflects the culture of
an era. We have recorded the differing symmetry among the
disciplines in the various Appendixes, especially in the last
two (which span the last two decades of The Twentieth
Century), with significant changes: compared to the large
Eni’s Way
quality of hydrocarbon production and
transformation and therefore, from the
analysis and resolution of problems tied
to health, safety and the environment.
The tight knit between development
sustainability and technological
innovation finds a punctual
correspondence in the structure of the
encyclopedia.
The first two volumes deal specifically
also with the questions of
environmental quality in relation to
upstream and downstream activity and
the third volume is dedicated expressly
to technological evolution concerning the
development, production and intensive
exploitation of conventional and
unconventional hydrocarbon deposits,
energy generation from fossil resources
and renewable sources, the hydrogen
vector and the issues of overall
sustainability.
“To consider the pervasive character of
the environmental aspect and the
continuous technological evolution,”
says Ugo Romano, Managing Director of
EniTecnologie and director of the
encyclopedia, “heightens the interest of
the Encyclopaedia of Hydrocarbons and
makes it certainly valid for a long period
of time.”
The initial reflection on the choice of
potential readers of the new
encyclopedia has contributed to clarify
the approach to the themes to be dealt
with.
“To define the readership,” said
Romano, “allows for the correct
calibration of the level of technical and
scientific detail. The previous
Encyclopaedia was meant for oil
industry operators and therefore
contributions were highly specialistic.
The current need is that of putting out a
product with high technical and
scientific qualities but at the same
time, of a more popular sort, as it is
meant to be distributed to stakeholders,
the world of finance, economy, politics
and science, both in Italy and abroad.
That’s why it was decided to produce it
in two languages: a remarkable effort,
as you can imagine, something new for
the Istituto Treccani, and reasserting
Eni’s growing role as an international
player.”
The organization chosen for the
Encyclopaedia of Hydrocarbons is by
subjects. This approach overcomes the
unavoidable fragmentation of an
alphabetical organisation and also in
keeping with the popular character of
the work, it allows to put technicalscientific
matters alongside more
general ones, such as strictly economic
matters or those relating to international
regulations and contract issues.
“Obviously in this connection,” stressed
Romano, “Eni couldn’t behave as a
client and nothing else. A lot of
information can be found in reference
publications, but a substantial
contribution can also come from those
who work in the hydrocarbon industry
and do it not merely in academic terms.
The various structures of the Group
have been actively involved on the basis
of their respective competence, from the
very moment we started planning the
work and choosing the authors.”
The Encyclopaedia also deals with
matters which are not directly connected
with the oil and gas industry but may
find a way to integrate into it. In this
perspective, most debated issues (such
as nuclear power and renewable
sources) are tackled by comparing
different opinions and banking obviously
on the prestige and authority of the
positions expressed.
Encyclopedia, the Appendixes have gradually begun to show
the emergence of computer technology, space sciences,
research on the structure of matter, biomedical sciences
and, in particular, neuroscience, environmental sciences,
politology, anthropology, and so on. Significant has been
the changing balance over of the years: for example,
biomedical sciences today – in the latest Appendixes – has
practically equaled history and geography, two fundamental
sections in every encyclopedia.”
For this precise richness and flexibility, the large
Encyclopedia, with its Appendixes, is still sought out and
59

CULTURE - CULTURES
saperi diversi e la loro reciproca
integrazione. Questo si rispecchia
pienamente nella nostra Enciclopedia
italiana come nelle enciclopedie
specialistiche che abbiamo
pubblicato. Le nostre opere
generali sono organizzate per lemmi
alfabeticamente ordinati, altre
enciclopedie sono o per lemmi o
strutturate sistematicamente per
argomenti. Strutture diverse che
rispecchiano due diverse esigenze,
sempre presenti nella storia
delle opere a carattere enciclopedico.
Si potrebbe dire che le due
articolazioni rispondono a due diversi
modi di organizzazione dei
saperi: l’ordine alfabetico frantuma
e recupera i rapporti interdisciplinari,
le intersezioni, attraverso
la rete dei rinvii da una ad
altra voce; l’ordine sistematico organizza
i saperi tematicamente e
gli argomenti particolari sono recuperati
attraverso gli indici”.
Anche sull’aspetto del linguaggio
un’opera che vuole durare deve
porre una cura estrema. Le due
regole base che guidano i redattori dell’Istituto incaricati
di rivedere lo stile dei testi prodotti dagli esperti
sono: comprensibilità a livello medio (almeno per la
parte introduttiva della voce) e autoreferenzialità degli
argomenti (rimando ad altre voci contenute nella stessa
opera)”.
L’enciclopedia quindi come fonte di informazione fondamentale,
autorevole, rapida, comprensibile. Ma anche come
strumento formativo che stimola la riflessione e la capacità
di sintesi del lettore.
“Una voce enciclopedica non si legge a letto prima di addormentarsi.
È un testo che deve essere acquisito con at-
60
Tullio Gregory: una vita da studioso
Tullio Gregory è professore ordinario
di Storia della filosofia presso la Facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università
di Roma “La Sapienza”, dove si è
laureato nel 1950.
Attualmente direttore del Dipartimento di
Ricerche storico-filosofiche e pedagogiche
della stessa Università.
Collaboratore, fin dal 1951, dell’Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, ha proseguito
negli anni la propria attività nell’Istituto
contribuendo alla pubblicazione del Dizionario
enciclopedico italiano. In seguito, è
divenuto direttore della sezione di Storia
della filosofia e del cristianesimo del Lessico
Universale Italiano e ha collaborato
alla terza Appendice, al Dizionario biografi-
LA VITALITÀ DEL TESTO STAMPATO. Internet non ha distrutto il mondo della carta stampata come
alcuni temevano anche perché il libro ha trovato nuovi modi per imporsi all’attenzione del
pubblico. La veicolazione attraverso i quotidiani ne è un chiaro esempio. In basso, la sala della
Biblioteca Treccani.
THE VITALITY OF THE PRINTED TEXT. Internet hasn’t destroyed the world of printed paper, as some
people feared, also because books have found new ways to capture the attention of the public. One
clear example is selling books jointly with the daily newspapers. Below, the Treccani Library room.
co degli Italiani, alla Dantesca e alla Virgiliana.
Attualmente è membro del Consiglio Scientifico
dell’Istituto, responsabile delle sezioni
di Storia della filosofia e delle religioni, direttore
(insieme con Ignazio Baldelli) della
quinta Appendice, direttore dell’Appendice
2000 e membro del Consiglio Scientifico
dell’Enciclopedia del Novecento.
Fondatore e direttore, dal 1964, del Centro
di Studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche
per il Lessico Intellettuale Europeo,
è inoltre membro del Comitato direttivo del
Centro di Studi per l’Alto Medioevo e del
Consiglio direttivo dell’Istituto Nazionale di
Studi sul Rinascimento di Firenze.
Direttore responsabile, delle “Nouvelles de
tenzione perché denso e fonte di stimolanti rimandi. Esso
richiede anche, da parte del lettore, un processo di selezione
e di sintesi, affinché solo le informazioni a lui necessarie
vengano conservate nella sua mente. Ed è proprio
per questa funzione estremamente formativa, che mi sgomenta
non poco sapere che oggi molti insegnanti consigliano
ai propri allievi di realizzare le ricerche su internet.
Al di là del valore delle informazioni raccolte, questo suggerisce
un’attività di ‘copia e incolla’, nega la necessità di
una lettura approfondita ed elimina l’attività di sintesi
che l’enciclopedia, al contrario, esige, con alto valore formativo”.
■
la République des Lettres”, è stato membro
del Consiglio scientifico dell’Institut de
la Langue Française di Parigi, Directeur d’études
all’École Pratique des Hautes Études,
professore alla Sorbona, già presidente
della Société Internationale pour l’Étude
de la Philosophie Médiévale.
Socio nazionale dell’Accademia Nazionale
dei Lincei e dell’Accademia Pontaniana, è
anche Fellow della British Academy di Londra
dal 1993 e dell’American Academy of
Arts and Sciences dal 1994. Doctor honoris
causa dell’École Pratique des Hautes
Études (Paris-Sorbonne), è stato nominato
Chevalier officier de l’ordre des arts et des
lettres de France e Grande Ufficiale dell’ordine
al merito della Repubblica Italiana.
Eni’s Way
Tullio Gregory: life as a scholar
Tullio Gregory is professor of History
of Philosophy at the Faculty of Arts
and Philosophy at “La Sapienza”
University of Rome, where he graduated in
1950.
He is currently head of the History-
Philosophy and Education Research
department at the same University.
He has been collaborating with the Italian
Encyclopedia Institute since 1951 where
he has continued his own research and
helped to publish the Italian Encyclopedic
Dictionary. He then became division head
for the History of Philosophy and
Christianity of the Italian Universal Lexicon
and assisted with the Third Appendix, the
Italian Biographical Dictionary, the
Dantesque and Virgilian Encyclopedias.
sold today. Just visit any library: the Treccani Encyclopedia is
always on hand, with clear instances of its constant use. The
Institute’s products are in excellent shape. Just think, we sell
every day, more than one large Encyclopedia. With its 57
volumes, it represents Treccani’s most prestigious work.
But other than the subject matter, has the way of organizing
knowledge also changed?
“Certainly the picture of knowledge, what once was called
the classification of sciences, has changed so profoundly,
as I mentioned, thanks to the emergence of new fields of
knowledge and to the relations between the various
branches and their reciprocal integration. This is fully
evidenced in our Italian Encyclopedia, just like in the
specialized encyclopedias that we have published. Our
general works are organized with entries in alphabetical
order. Other encyclopedias are organized just by entry or
are systematically structured by subjects.. Different
structures that mirror two different demands always
present in the history of works of an encyclopedic nature.
Eni’s Way
Currently a member of the Institute’s
Council, he is division director for the
History of Philosophy and Religion,
director (together with Ignazio Baldelli) of
the Fifth Appendix, director of Appendix
2000 and member of the Scientific
Council for the Encyclopedia of The
Twentieth Century.
Founder and head of the Center of Studies
for the National Council on Research for
the European Intellectual Lexicon since
1964, he is also member of the Managing
Committee for the Center of Early Middle
Ages Studies and the Managing Council
for the National Institute in Renaissance
Studies in Florence.
He is Editor of “Nouvelles de la
République des Lettres” and a former
member of the Scientific Council of Institut
de la Langue Française in Paris, Directeur
d’études of l’École Pratique des Hautes
Études, professor at La Sorbonne and
former president of Société Internationale
pour l’Étude de la Philosophie Médiévale.
National member of the National Academy
of Lincei and of the Pontanian Academy,
he is also Fellow at the British Academy of
London (since 1993) and the American
Academy of Arts and Sciences (since
1994). Doctor honoris causa of the
School of Learning for Advanced Education
(l’École Pratique des Hautes Études (Paris-
Sorbonne)), he was nominated Chevalier
officier de l’Ordre des arts et des lettres
de France and Grand Officer of the Order
of Merit of the Italian Republic.
One could say that the two methods respond to two
different scholarly methods of organizing knowledge: the
alphabetic order splits and recovers interdisciplinary
relations and intersections using the network of cross
references from one entry to another; the systematic order
arranges knowledge by subjects while particular topics are
recovered in the indexes.
Even regarding language, a work interested in lasting
through time must take particular care. The two basic rules
that guide the Institute’s editors, in charge of reviewing text
style provided by the experts, are: a medium level of
comprehension (at least for the introductive part of the
entry) and self references (referring the reader to another
entry within the same work).
The Encyclopedia is therefore a source of essential
information, dependable, quick and comprehensible but
also a formative instrument that stimulates reflection and
capacity for synthesis by the reader.
“An encyclopedic entry is not something you read in bed just
before falling asleep. It is a text that
must be absorbed with attention
because it is a dense source of
stimulating references. This also
requires a process of selection and
synthesis on the part of the reader so
that he puts away in his memory only
the information he needs. And it is
precisely for this extremely educative
function that it unnerves me to know
that, today, many teachers advise their
own students to carry out research on
the Internet. Apart from the value of
the information gathered, this
suggests simply ‘copying and pasting’,
rejecting the need of reading more
thoroughly and thereby eliminates
synthesizing what the Encyclopedia, on
the contrary, requires with a highly
educative value.” ■
61

CULTURE - CULTURES
Tutti gli idrocarburi
in cinque volumi
Valori e contenuti della nuova
opera dedicata all’industria
del petrolio e del gas.
In tutto il suo ciclo di vita.
Fra storia, scienza, politica,
economia e geografia.
di MARIO BECCARI
L’ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI, VOLUTA
da Eni in occasione del suo cinquantenario e progettata
insieme con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
si ricongiunge idealmente con l’Enciclopedia
del petrolio e del gas naturale, promossa da Enrico
Mattei ed edita negli anni Sessanta del XX secolo. L’impostazione
e il piano dell’opera, tuttavia, si differenziano profondamente
dal precedente progetto editoriale.
Occorre considerare, infatti, che gli ultimi decenni, all’interno
di uno scenario geopolitico in continua evoluzione, hanno
visto da una parte il consolidamento di una visione strategica
dell’industria petrolifera verso la crescita del valore aggiunto
conferito ai prodotti ottenuti, dall’altra parte l’accentuarsi
dell’attenzione alle problematiche connesse con la salute,
la sicurezza e l’ambiente, alla luce della sempre più diffusa
sensibilità nei confronti della sostenibilità dello sviluppo
e della qualità della vita. Pertanto, sempre più determinante
risulta essere il ruolo assolto dall’innovazione tecnologica, alla
quale la nuova opera dedica, di conseguenza, particolare
attenzione. Anche il cambiamento del titolo è funzionale all’obiettivo
di dare maggiore evidenza alla “qualità” della risorsa,
cioè alla composizione degli idrocarburi.
L’Enciclopedia degli idrocarburi sarà costituita da cinque
volumi, ciascuno con circa 800 pagine di testo illustrato. L’opera,
edita in italiano e in inglese, si avvale di un Consiglio
Scientifico e di un Comitato di Coordinamento.
I primi quattro volumi avranno un’impostazione tematica e
conterranno la raccolta sistematica delle conoscenze relative
all’industria degli idrocarburi. I contributi, affidati ai più
autorevoli specialisti di ogni parte del mondo, avranno un
forte taglio interdisciplinare così da accentuare la connotazione
formativa e critica oltre che informativa. Saranno inoltre
corredati da un’ampia bibliografia specifica e, in molti casi,
da una letteratura generale necessaria per l’approfondimento
degli argomenti.
Ciascuno dei quattro volumi tematici sarà dotato di un ricco
62
corredo iconografico: alle illustrazioni nel testo – che rappresenteranno
circa il vento per cento di tutta l’opera – si aggiungeranno
tavole fuori testo, mappe geologiche e geografiche,
carte tematiche e così via. L’enciclopedia sarà completata
da un quinto volume destinato a orientare il lettore nel suo
percorso attraverso gli altri quattro a contenuto tematico.
In estrema sintesi, il piano dell’opera si presenta così strutturato.
1° volume. Dopo una parte introduttiva sulla geologia del
petrolio (origine e formazione degli idrocarburi, caratteri-
Eni’s Way
ALL HYDROCARBONS
IN FIVE VOLUMES
Values and contents of the new work
devoted to the oil and gas industry. Through
all its cycle. Amid history, science, politics,
economy and geography.
by MARIO BECCARI
Eni’s Way
THE HYDROCARBONS ENCYCLOPAEDIA HAS BEEN
devised by ENI to mark the company’s 50 th anniversary
and planned jointly with the Italian Encyclopaedia
Institute. It ideally emulates the Oil and Natural Gas
Encyclopaedia, promoted by Enrico Mattei and published in the
1960s. The new work’s approach and structure, however, are
profoundly different to the prior editorial project. It is worth
stressing how in the past few decades – against a background
of a continuously changing geopolitical outlook – the petroleum
industry has both strengthened its strategic vision with regards
to achieving greater added value to its products, and paid
63

CULTURE - CULTURES
stiche geologiche degli accumuli e altre informazioni ancora),
descriverà le attività di esplorazione, di perforazione e
completamento dei pozzi, di studio e sviluppo dei giacimenti,
di produzione dei pozzi, di trasporto degli idrocarburi,
di stoccaggio del gas naturale. Il volume sarà concluso
da una parte dedicata alle problematiche di tutela dell’ambiente,
della sicurezza e della salute connesse con le attività
di upstream.
2° volume. È dedicato all’analisi della struttura delle raffinerie,
alla caratterizzazione dei principali prodotti di raffineria,
alla descrizione delle operazioni di raffinazione (processi di
distillazione, processi per migliorare la qualità delle benzine,
processi di conversione termica e catalitica…), all’ottenimento
dei prodotti di base (building blocks da gas naturale,
olefine e diolefine, aromatici), alla produzione di intermedi
per la petrolchimica, ai materiali polimerici (dalle poliolefine
ai polimeri funzionali avanzati). Nella parte conclusiva saranno
approfondite le problematiche di tutela dell’ambiente,
della sicurezza e della salute connesse con le attività di
downstream. Il volume metterà in evidenza sia il forte grado
d’integrazione fra i vari settori sia la grande innovazione
di prodotto e di processo intervenuta nei cicli produttivi negli
ultimi decenni.
3° volume. Illustrerà le tecnologie in evoluzione e gli scenari
possibili, fornendo un ampio e approfondito panorama sulle
attività di ricerca e sviluppo mirate a una molteplicità di
obiettivi: produzione di idrocarburi da fonti petrolifere non
convenzionali (greggi pesanti, sabbie e scisti bituminosi, gas
idrati), produzione di idrocarburi liquidi da fonti fossili alternative
(da liquefazione di combustibili fossili, da gas naturale
e via dicendo), ottimizzazione del fattore di recupero dei giacimenti,
uso dell’idrogeno come vettore energetico, impiego
di tecnologie avanzate per la generazione di energia elettrica
(cogenerazione industriale, generazione in scala distribuita e
ad alta efficienza, energia da celle a combustibile, energia da
fonti rinnovabili…), autotrazione sostenibile (produzione di
carburanti e combustibili più ecocompatibili, adozione della
trazione elettrica o di veicoli ibridi eccetera), separazione e
confinamento della CO 2 , biofissazione della CO 2 , sviluppo di
tecniche di monitoraggio ambientale e così via.
4° volume. Dopo aver ricostruito lo sviluppo storico dell’industria
degli idrocarburi, dai primordi fino al ruolo delle
compagnie petrolifere nel nuovo contesto di mercato, analizzerà
la consistenza e la dislocazione geografica delle riserve
e delle risorse. Verranno esaminati – anche in termini di
contesto geopolitico e di scenari prospettici – i principali
aspetti economici connessi con l’industria degli idrocarburi:
gli economics di base del petrolio e del gas naturale, le politiche
pubbliche, le forme di mercato e le politiche di prezzo,
gli attori principali (le imprese petrolifere, gli stati produttori
e quelli consumatori, gli organismi internazionali…), le
strategie delle imprese, il quadro macroeconomico, la trasformazione
dell’industria del gas dal monopolio alla concorrenza,
la gestione dell’incertezza e del rischio, la pressione
ambientale. Con ampio risalto sarà ripercorsa la normativa
giuridica internazionale connessa con l’esplorazione e lo
sfruttamento degli idrocarburi, tenendo conto anche degli
aspetti connessi con la prevenzione dell’inquinamento, così
64
come saranno esposte anche le principali regolamentazioni
nazionali. Il volume verrà completato dalle schede dedicate
agli stati più significativi dal punto di vista petrolifero.
5° volume. Risulterà suddiviso in due parti. La prima presenterà
una struttura tematica e fornirà i fondamenti chimico-fisici
che sono alla base della scienza degli idrocarburi:
natura e caratteristiche degli idrocarburi, equilibri fisici e
chimici, superfici e sistemi dispersi, moto dei fluidi, cinetica
e catalisi, scambio termico, processi di separazione, reattori
chimici, fondamenti e cinetica dei processi di polimerizzazione,
automazione e controllo, combustione, detonazioni ed
esplosioni, analisi dei sistemi e modellistica matematica, materiali.
La seconda parte avrà un ordinamento alfabetico,
proprio di un dizionario enciclopedico, e conterrà alcune migliaia
di voci destinate a fornire al lettore i necessari strumenti
di conoscenza della ricchissima terminologia tecnica
usata nell’industria petrolifera.
Mario Beccari è professore ordinario presso la Facoltà di Scienze
Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università La Sapienza di Roma.
È membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia
Italiana e Direttore dell’“Enciclopedia degli idrocarburi”.
Eni’s Way
increasing attention to issues pertaining
to health, safety and the environment, in
the light of a growing awareness with
regards to sustainable development
and quality of life. To that effect
technological innovation has necessarily
taken on an ever more important role; a
role which the new publication gives
particular consideration to. Even the
change in title helps give greater
prominence to the “quality” of the
resource, namely the composition of
hydrocarbons. The Hydrocarbons
Encyclopaedia will comprise five
volumes, totalling 800 pages of
illustrated text each. The encyclopaedia
will be published both in Italian and in
English and its contents are vetted by a
Scientific Panel and Coordinating’
Board.
The first four volumes break down
according to subject matter and provide
an in-depth, structured approach to the
hydrocarbon industry topics.
Contributions are provided by ranking
specialists from around the world, and
are characterised by a strong
interdisciplinary approach, in order to
enhance the publication’s intended
educational and critical aspects, which
add to standard informative purposes.
All contributions come with specific
bibliographical references, as well as
providing, in many cases, a general
literature required for background
reading. The first four volumes will also
be rich in illustrations: text-illustrations,
accounting for 20 percent of overall
content, are coupled with plates, geological and geographical
maps, thematic charts, etc.. The encyclopaedia comes
complete with a 5 th volume which is designed to guide readers
through the entire publication.
Volume 1 provides an introduction to petroleum geology
(hydrocarbons origin and formation, accumulations geological
characteristics, etc.), and describes exploration, well drilling
and completion, reservoir surveying and development, well
production, hydrocarbons transportation and natural gas
storage. Volume 1 is completed by a section on environmental
conservation, health and safety with regards to upstream
activities.
Volume 2 focuses on analysis of refinery structures,
characterization of main refinery products, description of
refining operations (distillation processes, gasoline upgrading
processes, thermal and catalytic conversion processes, etc),
base product production (building blocks from natural gas,
olefins and diolefins, aromatics), intermediate production for
the petrochemical industry, and polymeric materials (from
polyolefins to advanced functional polymers). Volume 2 is
completed by a section on the issues of environment
Eni’s Way
conservation, safety and health associated with downstream
activities. Volume 2 aims to illustrate the high degree of
integration among the various sectors described therein, as
well as describing the wealth of process and product
engineering innovations developed in production cycles during
the last decades.
Volume 3 focuses on evolving technologies and possible
scenarios, providing an extensive and in-depth review on
research and development activities for a range of specific
applications: hydrocarbon production from non-conventional oil
sources (heavy crudes, tar sands and bituminous shale,
hydrated gases), liquid hydrocarbon production from alternative
fossil sources (from fossil fuel liquefaction, natural gas
liquefaction, etc), optimising reservoir recovery factor, using
hydrogen as energy vector, advanced applied technologies for
power generation (industrial cogeneration, high-efficiency
distributed scale generation, fuel cell energy generation,
renewable energy sources, etc.), sustainable motor
transportation (producing eco-friendly fuels and combustibles,
adopting electric drive or hybrid vehicles, etc.), CO 2, separation
and confinement, CO 2 biofixation, development of
environmental monitoring techniques, etc..
Volume 4 provides a historical overview of the hydrocarbon
industry, from its inception to the role oil companies play in
the new market setting, and also analyses the size and
geographical distribution of reserves and resources. Volume 4
reviews the main economic aspects connected with the
hydrocarbon industry, also from the point of view of geopolitics
and prospect scenarios: oil and gas market basic economics,
public policies, market forms and pricing policies, key players
(oil companies, producer states, consumer states, international
organisations, etc.), business strategies, the macroeconomic
outlook, gearing the gas industry from a state of monopoly
towards open competition, risk and uncertainty management,
environmental pressures. Volume 4 also tackles international
laws relative to hydrocarbon exploration and exploitation, also
covering pollution prevention. It also deals with the main
national regulatory systems. Volume 4 is closed off by articles
on the world’s most significant countries from an oil and gas
perspective.
Volume 5 is in two parts. Part 1 is structured by subject and
provides key chemical/physical notions concerning
hydrocarbons (nature and characteristics of hydrocarbons,
physical and chemical balances, dispersed surfaces and
systems, fluids dynamics, kinetics and catalysis, heat
exchange, separation processes, chemical reagents,
fundamentals and kinetics of polymerisation processes,
automation and control, combustion, detonations and
explosions, systems analysis and mathematical modelling,
materials). The second half of the Volume 5 is alphabetically
organized, just as in an encyclopedic dictionary, with thousands
of items, providing readers with a basic understanding of the
rich terminology adopted by the oil industry.
Mario Beccari holds the chair at the Faculty of Mathematical, Physical
and Natural Sciences (La Sapienza, Rome). He is a member of the
Scientific Council of the Italian Encyclopaedia Institute and Director of
“Encyclopaedia of Hydrocarbons.”
65

PROTAGONISTI - PROTAGONISTS
Un mondo
di plastica
di NICCOLÒ D’AQUINO
Lo sviluppo dei polimeri ha accompagnato
nel Novecento la grande trasformazione
della società moderna. Perché
ha aperto le porte
a produzioni e tecnologie
innovative, ma anche a nuovi
modi e stili di vita, consumi
e costumi. Come racconta
un testimone d’eccezione:
Gillo Dorfles.
IL PERSONAGGIO. A fronte, Gillo Dorfles, pittore e autore
di numerosi saggi di estetica. Nel 1948 fonda il Movimento
di Arte Concreta (MAC) con Monnet, Soldati e Munari. È uno
dei personaggi più interessanti della cultura critica e artistica
in Italia. Attualmente vive e lavora a Milano. Sopra, modelle
in passerella con abiti di Paco Rabanne. Nelle altre foto,
oggetti di design in plastica.
THE CHARACTER. Opposite, Gillo Dorfles, painter and author of
a number of essays on aesthetics. He founded the Concrete Art
Movement (MAC) with Monnet, Soldati and Munari in 1948.
He is one of the most interesting characters of critical and
artistic culture in Italy. He currently lives and works in Milan.
Above, fashion models wearing Paco Rabanne clothes on the
catwalk. In the other pictures, plastic-material design objects.
NON È FACILE TRACCIARE UN PROFILO DELl’evoluzione
che le materie plastiche – fra le più
invasive e poliformi in assoluto – hanno conosciuto,
fin dall’alba del Novecento, nel mondo moderno.
Prima come prodotti dell’industria e poi come elementi
della vita quotidiana. Contenitori per eccellenza di ogni
cosa e conformatesi nel tempo fino a diventare esse stesse
oggetti, hanno infatti occupato spazi insospettabili in tante
arti e mestieri e sono andate via via caricandosi di significati:
non solo economici, ma anche culturali e sociali.
Ma con ogni probabilità nessuno può farlo meglio di Gillo
Dorfles, che a stile e sensibilità particolari unisce un pa-
66 Eni’s Way
67
Eni’s Way

PROTAGONISTI - PROTAGONISTS
In mostra gli oggetti del desiderio
Trasforma in realtà i desideri che altrimenti
non avrebbero risposta, rende
possibili i sogni e non pone limiti all’immaginazione:
è la plastica. A testimoniare
la straordinaria “magia” e la ormai centenaria
storia di questo materiale carico di originali
qualità estetiche e fortemente innovativo,
sono state allestite due emozionanti
esposizioni promosse da PlasticsEurope Italia
(Associazione dei produttori di materie
plastiche che opera all’interno di Federchimica).
La prima, “Plastica soggetto del desiderio”,
ospitata nel Palazzo Ducale di Mantova
dal 18 settembre al 18 ottobre 2004;
la seconda, “Plastic experience in fashion
design”, in scena tra ottobre e novembre
2004, nello stabilimento Polimeri Europa di
Mantova in occasione della manifestazione
annuale “Fabbriche Aperte”, durante la quale
l’industria chimica italiana offre al pubblico
la possibilità di visitare i propri impianti.
Tra gli obiettivi che l’iniziativa si prefigge, in
particolare con la prima mostra “Plastica
soggetto del desiderio”, figura quello di promuovere
appunto un’immagine sempre migliore
della plastica perché – come afferma
Ugo Volli nel catalogo che accompagna la
manifestazione – “la plastica è uno dei
grandi termini di paragone del nostro tempo,
certamente il materiale più caratteristico
della modernità… Parlarne è parlare di
noi, disprezzarla o amarla vuol dire prendere
in considerazione i limiti e i vantaggi, comunque
l’identità, del mondo che ci siamo
costruiti attorno e in cui viviamo”.
trimonio di esperienze e conoscenze pressoché unico. Modesto
e ironico come solo possono permettersi i grandi e
veri intellettuali, Dorfles rappresenta nel panorama della
cultura sia italiana sia internazionale un punto di sicuro riferimento
e in virtù della sua personalità è considerato
uno degli uomini di pensiero più piacevoli e moderni da
seguire, leggere o ascoltare.
Preparazione e versatilità ne fanno una figura quasi impossibile
da riassumere. Collaboratore fin dagli anni Trenta di
importanti pubblicazioni (La Fiera letteraria, Le arti pla-
68
Le opere d’arte, le sculture e gli oggetti rigorosamente
in plastica (dagli abiti di Paco
Rabanne e i bijoux di Peter Chang ai clarinetti
di Renzo Arbore e ai pezzi cult del design
italiano degli anni Cinquanta e Sessanta),
sono già stati protagonisti dell’omonima
rassegna “Plastica soggetto del desiderio”
nell’ambito degli eventi culturali più significativi
della 50° Biennale d’Arte di Venezia,
nel Convento delle Terese, sede della
facoltà di design e arti dell’Università veneziana.
L’esposizione era stata sostenuta da
PlasticsEurope Italia, che tra i produttori di
materie plastiche annovera anche Polimeri
Europa.
Grazie a un percorso essenziale e coinvolgente,
la mostra si sviluppa in quattro momenti.
Tutto ha inizio in un “giardino immaginario”
dove sono collocati oggetti di plastica
“fuori scala”, ripetuti all’infinito, per
suggerire le tante potenzialità applicative
della plastica. Prosegue poi con una sezione
legata al design Made in Italy e all’importanza
che hanno avuto i materiali
polimerici nella nascita e nella storia del
progetto. Questo per sottolineare come il
design abbia contribuito a conferire alla plastica
il valore di materiale desiderabile e capace
di costruire nel tempo una nuova estetica
domestica e del quotidiano, oltre che
nel mondo del lavoro e della comunicazione.
Successivamente, nella “galleria delle meraviglie”,
si testimonia la qualità visiva ed
espressiva della plastica. Non più mascherata
o nascosta, la plastica si è imposta al
pari di un materiale prezioso,
esaltando tutte le sue
caratteristiche materiche. Il
“viaggio” si conclude con il
percorso delle innovazioni,
dove si evidenzia come oggi
il desiderio passi anche
attraverso l’aspettativa di
prestazioni sempre più elevate
nell’ambito del tempo
libero, dello sport e delle
applicazioni più sofisticate.
La seconda esposizione –
“Plastic experience in fashion
design” – costituisce invece
una sorta di indagine sull’utilizzo
della plastica applicata al jewel & fashion
design. La realizzazione delle opere esposte
è stata affidata ai giovani designer internazionali
della Domus Academy (scuola
internazionale di formazione post universitaria
e laboratorio di ricerca), che hanno
voluto rappresentare le potenzialità semantiche
e fisiche della plastica nel settore
moda, con la proposta di oggetti e
prototipi che esprimono non solo ipotesi
di abbigliamento innovative, ma anche
sintesi materiche di nuova generazione.
Le materie plastiche infatti, amate dal
fashion design fin dal loro primo apparire,
sono divenute nel tempo protagoniste insostituibili
della ricerca di nuovi materiali
e della libertà creativa, consentendo di
sviluppare soluzioni applicative inedite e
attuali.
stiche, Domus, Il mondo, The Journal of Aesthetics) e
fondatore nel primo dopoguerra con Munari, Soldati e
Monnet del Mac-Movimento arte concreta, è critico d’arte,
oltre che artista in proprio. Docente universitario di estetica
è inoltre autore di libri fondamentali che hanno registrato
l’evolversi delle mode e delle correnti culturali e dei fenomeni
sociali, come Ultime tendenze nell’arte d’oggi e
L’intervallo perduto; più innumerevoli saggi (uno fra tutti:
il suo studio sul kitsch, che ha segnato un’epoca).
Nato a Trieste nel 1910, da padre goriziano e madre genovese,
da decenni vive a Milano in una bellissima casa, dove
siede spesso al suo “celebre” pianoforte a coda, ma dalla
quale esce regolarmente ogni giorno “per esplorare – dice
– le novità del territorio”. Magro, elegante e scattante, a 94
anni Dorfles conserva tutta la sua vivacità intellettuale, integrata
da una intatta, lucida curiosità. Per questo (oltre
che per un percorso quasi parallelo) appare il testimone in
grado di dare del “mondo di plastica” una rappresentazione
e una lettura tanto adeguate quanto articolate.
Una doverosa premessa. Di tutte le basi scientifiche e
tecniche della plastica non so assolutamente nulla. Termini
come metacrilato, plexiglass, fiberglass oppure polie-
Eni’s Way
A WORLD OF PLASTIC
The development of polymers accompanied
the great transformation of modern society in
the 1900s. It opened the door to innovative
productions and technologies, but also
to new ways and styles of life, consumption
and habits. As told by an expert witness:
Gillo Dorfles.
by NICCOLÒ D’AQUINO
IT IS NOT EASY TO TRACE THE EVOLUTION THAT PLASTIC
materials – among the most intrusive and polymorphous –
have known, since the dawn of the 1900s, in the modern
world. First as industrial products and then as elements of
daily life. Containers par excellence of everything, they
developed in time so as to become objects themselves and
have filled up unsuspected spaces in many arts and crafts and
have bit by bit taken on significance: not only economic
significance, but also cultural and social significance.
But in all probability no-one can do it better than Gillo Dorfles,
Eni’s Way
VERSATILITÀ E FANTASIA. Immagini della mostra “Plastica, soggetto
del desiderio” a Palazzo Ducale di Mantova. Una seconda esposizione, “Plastic
experience in fashion design”, sarà ospitata nello stabilimento Polimeri Europa
di Mantova in occasione della manifestazione “Fabbriche Aperte”.
VERSATILITY AND IMAGINATION . Images from the “Plastic, subject of desire”
exhibition at the Ducal Palace in Mantua. A second exhibition, “Plastic experience
in fashion design” will be held at the Polimeri Europa factory in Mantua
on the occasion of the “Open Factories” event.
who brings together a special style and sensitivity and a
unique heritage of experience and knowledge. Modest and
ironic as only great and genuine intellectuals can be, Dorfles
represents, on the Italian and international cultural scene, a
point of reference, and in virtue of his personality he is
considered one of the most pleasant and modern men of
thought to follow, read and listen to.
Background and versatility mean that he is almost
impossible to sum up. A collaborator since the 30s of
important publications – La Fiera letteraria (The Literary
Fair), Le arti plastiche (The plastic arts), Domus, Il mondo
(The world), The journal of Aesthetics – and founder after the
war of the Mac-Concrete Art Movement with Munari, Soldati
and Monnet, as well as art critic and artist in his own right.
An aesthetics university professor and also author of
important books that have recorded the evolution of fashions
and cultural trends and social phenomena, such as Ultime
tendenze nell’arte d’oggi (Latest trends in the art of today)
and L’intervallo perduto (The lost interval); plus countless
essays (above all: his study on kitsch, which marked an
epoch).
Born in Trieste in 1910 – his father was from Gorizia and his
mother from Genoa – Dorfles has lived for decades in Milan in
a beautiful home where he often sits at his ‘famous’ grand
piano, but which he leaves regularly every day “to explore – he
says – what’s new on the ground”. Slim, elegant and brisk, at
94 Dorfles maintains all his intellectual liveliness blended with
an intact, lucid curiosity. For this reason (as well as for an
almost parallel course) he appears to be the sort of witness
capable of giving “the world of plastic” an adequate and
articulate representation and interpretation.
69

PROTAGONISTI - PROTAGONISTS
stere sono bellissimi e, per me,
hanno un certo alone di mistero:
ma non so a che cosa veramente
corrispondano. L’unica
cosa che so è che tutte queste
diverse forme di plastica derivano
dal petrolio. Direttamente
o indirettamente.
L’era della plastica. È cominciata
quando gli uomini non
solo hanno scoperto il petrolio,
ma hanno scoperto che ha
un’infinità di utilizzi. Il petrolio,
effettivamente, ha rivoluzionato
il nostro modo di essere
perché tutti noi, senza accorgercene,
abbiamo continuamente
a che fare con questi
nuovi materiali. A cominciare
dalla resina sintetica impiegata
dal dentista. Io non so
che cosa sia, ma a lui permette
in due minuti di ricostruire un
dente nuovo, mentre un tempo
ci volevano le capsule di
porcellana. E molto più tempo.
E lo stesso vale per le valvole
cardiache o le protesi che
rifanno un’anca o altri arti.
È entrata in tutti gli aspetti
della società. Anche nel mondo
dell’arte. E l’ha trasformato.
Moltissimi oggetti che, una
volta, venivano fatti in legno,
in metallo, in creta, in vetro,
oggi sono fatti in materie plastiche.
E risultano più resistenti,
estremamente più economici,
con la prospettiva di
poter essere riprodotti in serie.
Il mobile realizzato a mano
70
STRAORDINARIO MATERIALE.
Entrata a far parte
della nostra vita, la plastica
ha conquistato eccezionali
spazi di utilizzo grazie
soprattutto alla sua duttilità
che le permette di declinarsi
in un’infinita gamma
di forme, materiali, colori
e trasparenze.
EXTRAORDINARY MATERIAL.
Plastic has become part of our
life and has gained exceptional
room in it thanks, above all,
to being so pliable as to be
made into an infinite number
of shapes, materials, colours
and transparencies.
dall’artigiano oggi può essere uno dei tavolini di plastica di
Magistretti che ho qui davanti al divano di casa mia.
Da uno stampo si riproducono migliaia di esemplari. Questa
moltiplicazione e iterazione dell’oggetto – da uno sgabello
al portacenere di Enzo Mari che in questo momento
tengo sopra il tavolino di Magistretti – non influisce sul suo
valore artistico. Perché la riproducibilità esisteva già da prima
dell’avvento della plastica, però sempre in piccoli numeri,
in prodotti dell’artigianato, dove ogni elemento ha qualcosa
di diverso dall’altro. Con l’avvento del design, invece,
la riproducibilità si identifica con l’identità di ogni pezzo.
La plastica ha cambiato le cose. Gli oggetti del design
attuale sono tutti identici. La mia lampada di Mangiarotti
sarà forse stata fatta – immagino – in cinquecento copie.
L’Eclisse di Magistretti o il Toio di Castiglioni oppure la
lampada Pipistrello di Gae Aulenti sono riprodotte in tante
copie uguali. Certo. Ma restano oggetti che hanno un
importantissimo elemento artistico: la progettazione.
Non ha mutato il rapporto con il fruitore. Il possesso di
un’opera è centrale nel rapporto. E non solo per il collezionista
di professione. Nell’era della riproducibilità tecnica
e della plastica l’unicum non c’è più, è vero, ma il valore
artistico permane: è dato, appunto, dal progetto. La
realizzazione meccanica e industriale non è che un fatto
secondario rispetto all’inventiva della progettazione dell’artista.
Prima l’oggetto artistico non esisteva, finché non
usciva finito dalle mani dell’artista. Ora l’oggetto d’arte
esiste da subito, nel suo progetto disegnato.
Ma ha modificato il concetto del “bello”. Bisognerebbe
parlare del concetto del “bello”, ammesso che il “bello”
esista e sia definibile. La plastica e la riproducibilità tecnica
hanno effettivamente modificato l’idea del “bello”. Per
esempio, una volta non era concepibile un oggetto liscio,
perfettamente omogeneo come può essere oggi un vaso di
alluminio, di acciaio inossidabile o, appunto, di plastica.
Fatto da un artista non più direttamente con le sue mani
ma attraverso un processo meccanico.
Quindi, con la plastica sono sorti concetti di bellezza, di
piacevolezza e di valore estetico che prima non esistevano.
La carrozzeria di un’automobile, che oggi consideriamo
certamente un elemento con dei valori artistici, una
volta non esisteva. Il tipo di “bellezza” della carrozza da
cavalli di un tempo era completamente diverso da quello
di una vettura a motore o di un jet. Eppure è innegabile
che nella sagoma di un aereo esiste una “bellezza” non
concepibile prima dell’avvento della meccanica.
Eni’s Way
The objects of desire on show
What can turn into reality desires
which otherwise would get no
response, renders dreams
feasible and puts no limits on the
imagination - the answer is plastic. To
testify to the extraordinary “magic” and
century-old history of this material rich in
original aesthetic qualities and
immensely innovative, two gripping
exhibitions on the history of plastic have
been set up in Italy, promoted by
Assoplast (Association of producers of
plastic materials, part of Federchimica).
The first, “Plastic - subject of desire”,
was on at the Ducal Palace in Mantua
from 18 September to 18 October 2004.
The second, “Plastic experience in
fashion design”, was on display between
October and November 2004, in the
Polimeri Europa plant in Mantua during
Fattorie Aperte, the ‘Open Factories’
annual event, when the Italian chemical
industries opens its plants to the public.
The goals pursued by these initiatives, in
particular with the first exhibition,
“Plastic - subject of desire” include the
promotion of an increasingly positive
image of plastic because, as Ugo Volli
states in the catalogue which
accompanies the show: “… plastic is
one of the great terms of comparison in
our times, certainly the most typical
material of modernity. To talk of
plastic is to talk of us, to despise it
or love it means taking into account
the limits and advantages, in any
case the identity, of the world we
have built around us and live in”.
Works of art, sculptures and
A necessary premise. I know
absolutely nothing about the scientific
and technical foundations of plastic.
Terms such as methacrylate,
plexiglass, fiberglass or polyester are
beautiful and, for me, they have a
certain aura of mystery: but I don’t
know what they really correspond to.
The only thing I know is that all these
different forms of plastic derive from
oil. Directly or indirectly.
The era of plastic. It started when men not only discovered oil
but they also discovered that it had infinite uses. Indeed oil
has revolutionised our way of being because all of us, without
realizing it, continually deal with these new materials. Starting
with the synthetic resin used by the dentist. I don’t know what
it is but it allows him to reconstruct a new tooth in two
minutes, while at one time one needed porcelain crowns.. And
a lot more time. And the same goes for heart valves or the
Eni’s Way
objects, all rigorously made of plastic
(from the clothes designed by Paco
Rabanne and the jewellery of Peter
Chang to the clarinets of Renzo Arbore
and cult items of Italian design from the
fifties and sixties) were already shown
in the exhibition of the same name
“Plastic - subject of desire”, in the
context of the most significant events of
the 50th Biennale d’Arte of Venice, in
the Terese Convent, which houses the
Faculty of Design and Fine Arts of the
Venice University. The exhibition was
supported by Assoplast, which includes
Polimeri Europa among member
producers.
Organised along an essential and
absorbing itinerary, the exhibition is
divided into four sections, beginning with
an “imaginary garden” containing a
parade of “out of scale” plastic objects,
duplicated over and over again to
suggest the huge application potential of
plastic.
The show goes on with a section linked
to Italian design and the importance
polymeric materials have had in the
creation and history of the project. This
is to stress how much design has
contributed to conferring on plastic the
value of desirable material capable of
setting up in time a new aesthetics in
the household and everyday life as well
as in the world of work and
communications.
Then, the “gallery of wonders” bears
witness to the visual and expressive
qualities of plastic. No longer hidden or
disguised, plastic takes its place
equivalent to a precious substance and
extolling all its pliable potential.
The ‘journey’ ends with the path of
innovation, which bears out that desire
today passes through the expectation of
increasingly higher performances in the
field of leisure time, sport and the most
sophisticated applications.
The second exhibition, “Plastic
experience in fashion design”, is an
investigation into the use of plastic
applied to jewel & fashion design. The
creation of the works on show was
entrusted to young international
designers from the Domus Academy
(international post-graduate training
school and research institute), who
represented the semantic and physical
potential of plastic in the fashion sector,
proposing objects and prototypes
expressing not only instances of
innovative clothing, but also newgeneration
material syntheses. Plastic
materials have been loved by fashion
designers since they first made their
appearance and have become
irreplaceable protagonists in the
search for new materials and
creative freedom, opening the way
to the development of new and
state-of-the-art applicative
solutions.
prostheses which rebuild a hip or
other limbs.
Plastic has entered all aspects of
society. Also the world of art. And
has transformed it. Many objects
which at one time were made in
wood, metal, clay and glass, today
are made in plastic materials. And
they are much tougher, far
cheaper, and can be produced in
series. The piece of furniture made by hand by the craftsman
is now a plastic table by Magistretti like I have here in front of
the sofa in my house.
From one mould you can reproduce thousands of copies. This
multiplication and repetition of objects – from a stool to the
ashtray by Enzo Mari which in this moment I have placed on top
of the table by Magistretti – does not affect their artistic value.
Because reproducibility existed even before the invention of
71

PROTAGONISTI - PROTAGONISTS
Renzo Arbore e il suo plastic swing
Renzo Arbore non ha dubbi: “L’utilizzo
della plastica è ancora oggi ancorato
a un pregiudizio. Sebbene grandi nomi
del design italiano, da Sottsass a Castiglioni,
ne abbiano fatto un uso originale e
creativo, in generale si tende a sottovalutarne
il pregio. Eppure si tratta di una materia
che deriva da combinazioni molecolari
sofisticate e si declina in molti modi, dal
polietilene al polistirolo, alle resine...”.
Musicista e conduttore fra i più noti e popolari,
Arbore nutre un’autentica passione
per gli oggetti di modernariato in materiale
plastico e questa lunga frequentazione
l’ha condotto a diventare in assoluto uno
dei maggiori e più apprezzati collezionisti.
“Le prime suggestioni”, racconta, “le ho ricavate
dai colorati portatovaglioli della mia
infanzia, poi mi sono circondato di radio,
scatole, orologi, borsette da donna, monili…
Tutti di allegra e versatile plastica. E
credo che la mia raccolta sia, nel suo
genere, la più grande mai realizzata
in Italia”. Ne fanno parte anche
gli strumenti musicali, come
appunto i vezzosi clarinetti
che facevano assai
Dalla riproducibilità alla globalizzazione. Del discorso
della mondializzazione sono piuttosto nemico, proprio
perché credo che ogni nazione, anzi, ogni regione, debba
conservare alcune caratteristiche, soprattutto artigianali. I
merletti di Bruges, le ceramiche del Perù o di Montelupo o
i mosaici di Spilimbergo o i vetri di Venini sono importanti:
sarebbe un peccato se sparissero. D’altra parte non c’è
dubbio che un oggetto “industrializzato”, di materia plastica,
può essere fatto in Italia come in Vietnam o in Cambogia.
E non c’è ragione che non venga fatto, visto che la
72
bella figura accanto agli abiti di Paco Rabanne
e alle poltrone di Gaetano Pesce
nella mostra “Plastica soggetto del desiderio”,
organizzata da Plastics Europe Italia
(l’Associazione dei produttori italiani di
materie plastiche che fa capo a Federchimica)
all’interno della Biennale d’Arte di
Venezia lo scorso anno.
Di qui alla frequentazione “attiva” della
plastica, trasformando una semplice passione
in impegno diretto, il passaggio è
stato quasi obbligato. In collaborazione
con una coppia di amici architetti Arbore si
è trasformato da qualche anno in ideatore
di una coloratissima linea di mobili in pvc,
denominata Miami Swing. È una specie di
scommessa, consistente nel far rivivere
una stagione d’oro ferma (grosso
modo) alla prima metà del
secolo scorso, dal momento
che il design d’avanguardia
degli anni
Sessanta – che
pure della plastica
aveva fatto un uso ampio
e innovativo – di fatto non
sfondò mai sul mercato
dell’arredamento, apparendo
forse al grande pubblico
fin troppo avveniristico.
Si tratta di una serie che
riecheggia il cosiddetto
“tropical decò” e non a
caso i diretti collaboratori
dell’autore e conduttore
di tanti programmi tv di
successo sono due fra i
più noti scenografi italiani,
creatori di alcune delle
quinte più fantasiose
realizzate dagli anni Ottanta
in poi per numerosi
varietà e commedie televisivi.
“Perché la plastica,
va ricordato, non solo
è un materiale duttile, e
quindi versatilissimo”,
spiega lo showman, “ma
riflette la luce esternamente
ed è internamente
trasparente. E il nostro repertorio è tutto
policromatico e luminescente”.
Sulla scia dell’entusiasmo Renzo Arbore
accarezza così ora anche l’idea di riproporre
una nuova esposizione proprio sull’esempio
di “Plastica soggetto del desiderio”,
in scena a Palazzo Ducale di Mantova
dal 18 settembre al 18 ottobre e di “Plastic
experience in fashion design” allestita,
in contemporanea, presso lo stabilimento
di Polimeri Europa di Mantova. Il
progetto è di predisporre, fra qualche tempo,
con la sua ormai rodata équipe, una
mostra – questa volta itinerante e per certi
versi anche “autopromozionale” – dedicata
agli oggetti più originali che, attraverso
l’impiego della plastica, hanno segnato il
connubio tra praticità, modernità e creatività
pura.
Daniela Tordi
qualità sarà identica e i costi saranno molto più bassi. Insomma,
in un certo senso abbiamo una mondializzazione
di alcune forme estetiche: ciotole, seggiole, lampade e via
dicendo, prodotte indifferentemente in Giappone o in Europa
o in America. E questo non era possibile prima dall’avvento
delle materie plastiche: fiberglass, resine sintetiche
e quant’altro.
Il problema della fantasia. Peraltro è anche vero che,
pure nel nuovissimo campo delle tecnologie e dell’arte “di
Eni’s Way
plastic, but in small numbers, in handicrafts where every
element is different from the other. With the advent of design,
reproducibility is identified in the identity of every piece.
Plastic has changed things. Design objects now are all
identical. My lamp by Mangiarotti might have been made – I
imagine – in 500 copies. L’Eclisse by Magistretti or Toio by
Castiglioni or the Pipistrello lamp by Gae Aulenti are
reproduced in many copies. Of course. But they remain objects
that have a very strong artistic element: their design.
It has not changed the relationship with the user. Owning a
work is central in the relationship with it. And not only for
professional collectors.. In the era of technical reproducibility
and of plastic there is no longer the unique specimen, that is
true, but the artistic value remains: it is given by its design.
Mechanical and industrial manufacture is just a
secondary factor with respect to the inventiveness of
the design by the artist. Before the artistic object
did not exist, until it came out finished from the
hands of the artist. Now the art object exists
straight away in its drawn design.
It has modified the concept of “beautiful”. We
should speak of the concept of ‘beautiful’,
provided ‘beautiful’ exists and is definable.
Plastic and technical reproducibility have
indeed changed the notion of “beautiful”. For
example, at one time a smooth and perfectly
homogeneous object was inconceivable, such
as a vase out of aluminum, stainless steel,
Eni’s Way
COLLEZIONE D’ARTISTA. Renzo Arbore e i clarinetti multicolore della
sua collezione privata. L’artista è un appassionato cultore della
plastica fin dall’infanzia e progetta di allestire una mostra itinerante
dedicata agli oggetti in plastica più originali. In basso, il mangiadischi
GA45 Pop di Mario Bellini.
AN ARTIST COLLECTION. Renzo Arbore and the multicoloured clarinets
of his private collection. He has grown a great passion for plastic since
his childhood and is planning to organize a travelling exhibition devoted
to the most original plastic objects. Below, the GA45 Pop portable record
player by Mario Bellini.
or plastic. Made by an artist no longer directly with his hands
but through a mechanical process.
Therefore, concepts of beauty, pleasure and aesthetic value
that did not exist before, were born with plastics. The
bodywork of a car, that today we certainly consider an element
with some artistic values, at one time did not exist. The kind
of “beauty” of a horse-drawn carriage was completely different
from that of a motor vehicle or a jetliner. And yet it is
undeniable that in the silhouette of an airplane there is a
‘beauty’ that was inconceivable before the advent of
mechanics.
From reproducibility to globalisation. I am rather an enemy of
any talk on mondialization precisely because I think that every
country, actually, every region, has to conserve some
characteristics, above all artisanal ones. The lace of Bruges,
the ceramics of Perù or Montelupo or the mosaics of
Spilimbergo or the Venini glass are important: it would be a
pity if they disappeared. On the other hand there is no doubt
that an ‘industrialised’ object, made of plastic, can be made in
Italy as in Vietnam or Cambodia. And it is hard to find a good
reason for not doing this, seeing as the quality will be identical
and the costs much lower. In short, in a certain sense we
have a globalisation of some aesthetic forms: bowls, chairs,
lamps and so on, produced indifferently in Japan
or Europe or America. And this was not
possible before the advent of plastic
materials: fiberglass, synthetic resins and
much more.
The imagination dilemma. However it is
also true that even in the very new field
of ‘plastic’ technologies and art, you
can find instances of regionalization.
An example from Japan (I will not enter
into the question of the westernisation
of the East) is the chick tamagotchi,
that robotic toy which turned a
completely artificial plastic object
into almost a living one, and indeed,
73

PROTAGONISTI - PROTAGONISTS
plastica”, si possono individuare delle regionalizzazioni. Un
esempio che viene dal Giappone (non entro nel discorso
della occidentalizzazione dell’Oriente) è il pulcino tamagotchi,
quel pupazzo robottizzato che rende quasi vivo un
oggetto di plastica completamente artificiale e, addirittura,
istiga il piccolo a compiere determinate operazioni prescritte.
Il che, da un lato, è positivo perché il ragazzino impara
a manovrare l’oggetto. Dall’altro è negativo, perché
quando un tempo il bambino si costruiva da sé il pupazzo
di legno o di stoffa sviluppava qualità fantastiche che oggi
non sviluppa più. In questo senso anche i videogiochi presentano
caratteristiche “pericolose”. Di fronte a questi “ordigni”,
anche complicatissimi, resi possibili dalla plastica e
dalla cibernetica, ci si domanda se non arriverà il momento
in cui la fantasia del bambino non esisterà più.
La questione del kitsch. La plastica favorisce la glorificazione
del kitsch? È un altro discorso molto complesso. Se
prendiamo dei vecchi oggetti di plastica, praticamente antidiluviani
come quelli che venivano realizzati in celluloide
(materiale che, credo, oggi la gente non sappia neppure
come è fatto), ci accorgiamo che sembrano quasi porcellana.
E oggi hanno un alto valore mercantile,
perché sono diventati rarissimi. Ovvero: anche
nel campo della plastica c’è l’arte da una parte
e il kitsch dall’altra. Oggetti di plastica a imitazione,
che so, della torre di Pisa, di conchiglie o
altro sono del kitsch autentico. Ma la plastica
74
non è kitsch. E, in realtà, non è nemmeno pericolosa. Basta
vedere il suo utilizzo nella moda.
Fa parte della moda. Come ho detto molte volte, sono convinto
che – se non ci fosse la moda – tre quarti della femminilità
andrebbe perduta. E la moda utilizza la plastica, ma solo
quando le serve: un anno i vestiti di uno stilista ne sono pieni e
l’anno successivo, magari, lo stesso designer ricorre invece ai
ricami al tombolo o a tessuti di paglia o di altri materiali naturali.
Quindi, non credo che la plastica sia pericolosa per la moda.
Anzi, è interessante vedere come la moda si è impossessata
della plastica per fare operazioni notevoli. Abiti, soprabiti,
giacche a vento, calzature raggiungono oggi effetti strepitosi
grazie alla plastica. Anche le famose scarpe di plastica, portate
dai giovani o dai vecchi (che si credono ancora giovani), permettono
molto spesso una fantasiosità che con il cuoio era impossibile.
Le scarpe femminili molto a punta, che hanno caratterizzato
la passata stagione, erano spesso e volentieri di
plastica. Se fossero state di cuoio sarebbero venute a costare
molto di più. E, forse, non ci sarebbero state per nulla perché
l’inaccessibilità economica, a fronte dei continui cambiamenti
della moda, non le avrebbero rese proponibili.
L’ERA DELLA PLASTICA.
“Una materia del nostro tempo”,
così l’ha definita l’architetto
Almerico De Angelis che ha curato
la mostra “Plastica, soggetto
del desiderio”, per documentare
come la plastica riesca ad essere il
tramite tra sogno e realtà.
THE ERA OF PLASTIC. “A material of
our time”, it was so described by
architect Almerico De Angelis, who
managed as curator the “Plastic,
subject of desire” exhibition to show
how plastic can be a link between
dream and reality.
È presente nell’arte. La plastica è
entrata anche nell’arte vera e propria:
dalla pop art a tante altre forme
contemporanee. Jef Koons, Carol
Rama, Claes Oldenburg e altri
artisti molto seri si sono serviti, si
servono e si serviranno della plastica.
Damien Hirst, l’inglese dei vitelli
scuoiati, ha esposto all’ultima
Biennale di Venezia una grande
scaffalatura tutta piena di pillole di
plastica. Da questo punto di vista,
almeno, la Biennale è stata indicativa.
Non solo perché tutto ciò che
ha a che vedere con la fotografia,
con le ricostruzioni, poggia su questi
materiali artificiali; ma anche
perché gran parte delle sculture,
invece di essere realizzate in legno,
creta o altro, erano in plastica. Abbiamo
visto grandi manichini in
plastica provenienti da paesi dell’Estremo
Oriente: Cina, Sri Lanka.
Tutta la Biennale era “illuminata”
dalla plastica, anche se spesso con
risultati deludenti. ■
Renzo Arbore and his plastic swing
Renzo Arbore has no doubts: “The
use of plastic today is still tied to a
prejudice. Even if big names in
Italian design, from Sottsass to
Castiglioni, have found novel and creative
uses of it, there is, in general, a tendency
to undervalue its worth. Yet it is a material
drawn from sophisticated molecular
combinations and can come in many
ways, from polyethylene to polystyrene, to
resins...”. Musician and among the best
known and most popular radio and TV
hosts, Arbore feels a genuine passion for
plastic modern antiques and has become
a major collector of them.
“The first suggestions”, he told, “came
from the colourful napkin rings of my
childhood, then I surrounded myself with
radios, boxes, watches, women’s
handbags, charms … All made in joyful
and versatile plastic. And I think my
collection is the biggest of its kind in
Italy”. There are also musical
instruments, such as Arbore’s cute
clarinets, which looked nice alongside
the Paco Rabanne clothes and Gaetano
Pesce armchairs in the show “Plastic,
instigated the child to carry out specific and prescribed
operations. Which, on the one hand, is positive because the
young child learns to operate the object. On the other it is
negative, because when the child used to make on his own a
wooden or fabric puppet he developed imaginative qualities
that he no longer develops today. In this sense also
videogames present ‘dangerous’ characteristics. Faced with
these ‘devices’, even if highly complicated, rendered possible
through plastic and cybernetics, we can wonder if the moment
will not arrive when a child’s imagination will no longer exist.
The question of kitsch. Does plastic favour the glorification of
kitsch? This is another very complex question. If we take
some old plastic objects which are practically antediluvian like
those that were made out of celluloid (a material that, I think,
people today don’t even know what it looks like) we notice
that they almost seem to be porcelain. And today they have
high commercial value because they have become very rare.
Or rather: also in the field of plastic there is art on the one
hand and kitsch on the other. Plastic objects that imitate, for
example, the Tower of Pisa, shells or other things are real
kitsch. But plastic itself is not kitsch. And, actually, it is not
even dangerous. You only have to look at its use in fashion.
It is part of fashion. As I have said many times, I am
convinced that, if fashion did not exist, three quarters of
femininity would be lost. And fashion uses plastic, but only
when it needs to: one year the clothes of a designer are full of
it, and the next year, the designer prefers embroidery or straw
Eni’s Way
subject of desire”, organized by Plastics
Europe Italia (The association of Italian
producers of plastic materials, part of
Federchimica) at the Venice Biennale last
year. This led almost inevitably to his
active involvement in plastic,
transforming a simple passion into a
concrete engagement. In collaboration
with a couple of architect friends, Arbore
turned a few years ago into the author of
a very colourful line of PVC furniture,
called Miami Swing. It is kind of a bet,
consisting in bringing back to life a gold
era which came to a stop (more or less)
in the first half of the last century, since
the avant-garde design of the ‘60s -
which in any case made ample and
innovative use of plastic – never in fact
made it on furniture markets, maybe
because it looked too futuristic to the
general public.
It is a line which reminds of the so-called
“tropical deco” and not by chance the TV
programme author and presenter’s direct
collaborators rank among the best known
Italian set designers, creators of some of
the most imaginative sets for many TV
shows and plays from the ‘80s on.
“Because plastic, one should remember,
is not only a ductile, and therefore
extremely versatile, material”, explained
the showman, “but it reflects light
externally and is transparent inside. And
our repertory is all polychromatic and
luminescent”.
In the wake of his enthusiasm, Renzo
Arbore is also cherishing the idea of
setting up a new exposition, after the
example of “Plastic, subject of desire”, on
display at The Ducal Palace in Mantua
September 18-October 18, and “Plastic
experience in fashion design” set up,
simultaneously, at the Polimeri Europa
factory, also in Mantua. Arbore plans to
lay out, some time in the future, jointly
with his tried and tested team, an
exhibition – a travelling one, this time,
and in some sense also “selfpromotional”
– devoted to the most
original objects which, through the use of
plastic, have brought about the marriage
between practicalness, modernity and
pure creativity.
Daniela Tordi
fabrics or other natural materials. Therefore, I don’t think that
plastic is dangerous for fashion. On the contrary, it is
interesting to see how fashion has taken hold of plastic to
create notable garments. Clothes, overcoats, windcheaters,
shoes can show sensational effects thanks to plastic. Also the
famous plastic shoes, worn by young or old people (who think
they are still young), often allow the sort of creativity that is
impossible with leather. Women long-pointed shoes which
were the mainstay of last season, were often made out of
plastic. If they had been made out of leather they would have
cost a lot more. And, maybe they wouldn’t have even existed,
because their economic inaccessibility, coupled with the
continuous changes in fashion, would not have rendered them
possible.
It is present in art. Plastic has entered the world of art
proper: from pop art to many other contemporary forms of art.
Jef Koons, Carol Rama, Claes Oldenburg, and many other very
serious artists have made use of it. Damien Hirst, the
Englishman behind the bisected calves, showed a huge shelf
full of plastic pills at the last Venice Biennale. From this point
of view at least, the Biennale was indicative. Not only because
everything that has to do with photography and reconstruction
rests on these artificial materials; but also because a great
part of the sculptures, instead of being made out of wood, clay
or something else, were made out of plastic. We saw large
manikins in plastic from the Far East: China, Sri Lanka. The
entire Biennale was ‘illuminated’ by plastic, even if often with
disappointing results. ■
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