ORIZZONTI - Academia Belgica
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102 cécile brouillard · jan gadeyne<br />
Fig. 2. Civita di Artena: il grande terrazzamento in opera poligonale.<br />
Fig. 3. Civita di Artena: edificio dai thymiateria.<br />
Le pluriennali indagini di scavo condotte<br />
dalla missione archeologica belga<br />
poi franco-americana sul Piano della Civita<br />
hanno riportato alla luce vestigia appartenenti<br />
a più fasi di occupazione, dal<br />
iv sec. a.C. fino al vii sec. d.C.<br />
Il periodo repubblicano<br />
Questo periodo fu l’oggetto principale<br />
dei lavori di Lambrechts. Ciò che segue<br />
è una sintesi dei resti di tale epoca, almeno<br />
per come li aveva interpretati lui.<br />
Il lungo circuito della cinta muraria<br />
in opera poligonale (Fig. 1) segue i contorni<br />
stessi dell’altopiano, secondo quel<br />
principio antico di fortificazione elementare<br />
che consisteva nel semplice<br />
rinforzamento delle difese naturali del<br />
luogo.6 Questo non significa che tutto<br />
lo spazio così delimitato fosse effettivamente<br />
interamente costruito, ma è co-<br />
6 Ivi, p. 57. 7 G. Foglia, La Civita di Artena. Ipotesi di<br />
ricostruzione dell’impianto urbanistico, in Arte-<br />
munque giusto considerare che l’abitato<br />
era abbastanza esteso. Esso era<br />
attraversato da un asse stradale che si<br />
dirigeva dal centro verso un terrazzamento<br />
a nord, costruito anch’esso in<br />
opera poligonale (Fig. 2). La cinta<br />
muraria, il terrazzamento e la strada<br />
accennano a qualche impianto urbanistico7<br />
che include anche una serie di diverse<br />
strutture.<br />
Tutti gli edifici erano stati costruiti in<br />
pietra calcarea locale, più o meno nello<br />
stesso modo (Fig. 3). Le fondazioni, per<br />
lo più spesse, erano sia appoggiate direttamente<br />
sui banchi di roccia viva sottostanti,<br />
sia ridotte a pochi filari di pietre<br />
sistemate dentro scavi poco profondi.<br />
Per i basamenti dei muri erano utilizzati<br />
blocchi grezzi di ogni forma legati con<br />
terra e pietre più piccole per colmare gli<br />
interstizi. Ad una certa altezza, quest’apparecchiatura<br />
era sostituita da una<br />
soprastruttura meno pesante, con intelaiatura<br />
di legno destinata a sostenere il<br />
tetto e riempita da materiali più leggeri<br />
e pertanto più vulnerabili. Il denso livello<br />
d’incendio insieme alla profondità ridotta<br />
delle fondazioni testimoniano di<br />
questo schema architettonico. I blocchi<br />
di tufo tagliati e trovati nel livello d’incendio,<br />
invece, sono numerosi ma non<br />
corrispondono alla quantità necessaria<br />
per la costruzione degli interi muri. Sono<br />
piuttosto elementi di livellamento superiore<br />
dei basamenti. La copertura a<br />
spioventi dei nuclei costruiti era fatta di<br />
tegole di terracotta. I suoli erano di terra<br />
battuta o ricoperti da pietrame frantumato<br />
e pestato di schegge di calcare,<br />
tufo o tegole.<br />
Ogni nucleo costruito disponeva di<br />
almeno una cisterna (Fig. 4). Il loro numero<br />
complessivo si attesta a circa venti.<br />
Le cisterne sono pozzi cilindrici profondi,<br />
con il fondo e le pareti rivestite di<br />
pietre in opera a secco. Questo non deve<br />
sorprendere vista l’assenza totale di una<br />
fonte d’acqua sul Piano della Civita. Infatti,<br />
la captazione e la conservazione<br />
delle acque pluviali hanno sempre costituito<br />
una preoccupazione vitale.<br />
Tutti gli edifici sono stati distrutti da<br />
un incendio. Prima si sono consumate,<br />
logicamente, le strutture intermedie;<br />
poi è crollato il tetto, sotto il peso delle<br />
tegole, schiacciando sui basamenti di<br />
pietra e sui suoli il materiale abbandonato<br />
dalla gente. Tutto il materiale ceramico<br />
ritrovato è risalente allo stesso periodo<br />
e dal suo studio si può datare il<br />
periodo di occupazione tra la metà del<br />
iv all’inizio del iii sec. a.C.<br />
L’omogeneità della tecnica edilizia,<br />
della planimetria e dell’orientamento<br />
tra tutti gli edifici suggerisce già qualche<br />
organizzazione all’interno dello schema<br />
na 1, cit., Bruxelles-Rome, 1983 («Etudes» citati,<br />
xxiii), pp. 97-99.