ORIZZONTI - Academia Belgica
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<strong>ORIZZONTI</strong>
<strong>ORIZZONTI</strong><br />
Rassegna di archeologia<br />
Curatori<br />
Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli<br />
Comitato scientifico<br />
Marcella Barra Bagnasco, Torino<br />
Robert Bedon, Limoges<br />
Oscar Belvedere, Palermo<br />
Francesco D’Andria, Lecce<br />
Salvatore Garraffo, Catania<br />
Carlo Gasparri, Napoli<br />
Jorge Martinez Pinna, Malaga<br />
Marcello Rotili, Santa Maria Capua Vetere<br />
Daniela Scagliarini, Bologna<br />
Edoardo Tortorici, Catania<br />
Gemma Sena Chiesa, Milano<br />
Russel T. Scott, Bryn Mair<br />
Segreteria di redazione<br />
Giuseppina Renda, Santa Maria Capua Vetere<br />
*<br />
I manoscritti possono essere inviati ai seguenti indirizzi:<br />
Prof. Lorenzo Quilici, Viale dell’Esperanto 21, oo144 Roma,<br />
lorenzo.quilici@gmail.com<br />
Prof.ssa Stefania Quilici Gigli, Facoltà di Lettere e Filosofia,<br />
Seconda Università di Napoli, Piazza S. Francesco,<br />
80155 S. Maria Capua Vetere (ce), stefania.gigli@unina2.it<br />
«Orizzonti» is an International Peer Reviewed Journal.<br />
The eContent is archived with Clockss and Portico.<br />
*<br />
In copertina: Le fortificazioni di Artena.<br />
(Foto: L. Quilici).
<strong>ORIZZONTI</strong><br />
Rassegna di archeologia<br />
XII · 2011<br />
FABRIZIO SERRA EDITORE<br />
PISA · ROMA
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www.libraweb.net<br />
issn 1591-2787<br />
issn elettronico 1724-1936
articoli<br />
Sommario<br />
11 Simone Foresta, Il Capitolium dell’antica Capua. Osservazioni sulle testimonianze antiquarie e archeologiche<br />
25 Eugenio Polito, Der Wandel urbanen Räume zwischen Republik und Prinzipat. Zwei Fallstudien<br />
37 Gabriella Bevilacqua, Due nuovi amuleti contro il mal di testa a altre malattie da Capua<br />
53<br />
note<br />
Stefania Quilici Gigli, Arule nei culti domestici: testimonianze da Norba<br />
69 Stefania Ferrante, Pesi da telaio da Norba: luoghi di rinvenimento e ipotesi funzionali<br />
91 Federico Ugolini, Il porto romano di Rimini: origine e contestualizzazione urbana<br />
scavi e monumenti<br />
101 Cécile Brouillard, Jan Gadeyne, Artena, Piano della Civita. Conoscenze archeologiche (1978-2010)<br />
109 Lorenzo Quilici, La Civita di Artena, la prima e la seconda città<br />
attività<br />
123 Laura Ebanista, Insediamenti costieri nell’area di Fogliano<br />
rassegne<br />
135 Carmen Palermo, Edifici per lo spettacolo di tipo gallo-romano<br />
143 Federica Cavani, La cosiddetta Corazza di Teoderico<br />
discussioni<br />
165 Marcella Barra Bagnasco, A proposito di Colonizzazione greca d’Occidente<br />
175 Abstracts<br />
179 Abbreviazioni
I<br />
l 10 luglio 2011 ad Artena si è svolta una<br />
conferenza sul sito archeologico del<br />
Piano della Civita. Organizzata dal<br />
‘Catauso’ (associazione di promozione<br />
culturale e ambientale del sito),1 il suo<br />
obiettivo è stato quello di attirare l’attenzione<br />
sul patrimonio archeologico di<br />
Artena, la sua ricchezza e la sua situazione<br />
delicata per quanto riguarda il suo<br />
stato di conservazione. Quest’evento,<br />
dedicato alla memoria del prof. Roger<br />
Lambrechts,2 esploratore del sito dal<br />
1978 al 2004, ha dato la possibilità di descrivere<br />
lo stato della ricerca archeologica<br />
alla Civita, dai primi lavori del prof.<br />
Lorenzo Quilici fino ad oggi, oltre ad<br />
offrire al pubblico presente numerose<br />
immagini d’archivio, utili ad illustrare le<br />
campagne di scavo successive.<br />
Le righe che seguono sono il contributo<br />
della missione archeologica attuale3<br />
a questa conferenza e trattano dei<br />
principali risultati ottenuti tra 1978 e 2010.<br />
Introduzione<br />
Il cosiddetto Piano della Civita è situato<br />
circa a 1 km a sud della moderna<br />
cittadina di Artena. Lì si trovano importanti<br />
resti di una città antica, della<br />
quale si ignora a tutt’oggi il nome. Il<br />
sito occupa la sommità e le pendici di<br />
una collina poco accessibile, all’estremità<br />
settentrionale dei Monti Lepini, in<br />
una zona che in antichità fu al confine<br />
fra il territorio dei Latini, degli Equi e<br />
dei Volsci. Dall’alto dei suoi più di 631<br />
metri s.l.m. l’antica città domina la<br />
valle del Sacco a nord e i Colli Albani<br />
ad ovest, mentre verso sud si apre il<br />
bacino Pontino fino al mare. L’interesse<br />
topografico e strategico dei luoghi è<br />
evidente.<br />
Il suolo geologico è costituito di roccia<br />
calcarea affiorante. Questo tipo di<br />
calcare, quando si disgrega in certe con-<br />
Cécile Bouillard, Institut National de<br />
Recherches Archéologiques Préventives,<br />
France.<br />
Jan Gadeyne, Temple University, Rome.<br />
1 Si ringraziano il Presidente Gianfranco<br />
Riccitelli e tutti i soci, in particolare Vittorio<br />
Frosi, per l’occasione fornita di valorizzare i<br />
lavori degli archeologi e per il loro entusiasmo.<br />
Ringraziamo tutti quelli che ci aiutano,<br />
ad Artena e altrove, ciascuno coi propri mezzi,<br />
per qualsiasi impresa legata al Piano della<br />
Civita.<br />
2 Per un ritratto accurato della carriera e<br />
della figura di R. Lambrechts, e per la sua bibliografia<br />
completa, cfr. J. Poucet, Notice sur<br />
Artena, Piano della Civita.<br />
Conoscenze archeologiche (1978-2010)<br />
Cécile Brouillard, Jan Gadeyne<br />
Fig. 1. Pianta della Civita di Artena, con ubicazione degli scavi effettuati dal 1978.<br />
dizioni climatiche, può generare la formazione<br />
di terre rosse, che sono presenti<br />
sul sito secondo spessore e distesa va-<br />
Roger Lambrechts, «Académie Royale de Belgique.<br />
Annuaire 2008», 2008, pp. 67-101.<br />
3 La missione condotta da Roger Lambrechts<br />
(Université Catholique de Louvain)<br />
fu finanziata, in modi vari, da diversi fondi<br />
belgi (Fonds de la Recherche Scientifique<br />
fondamentale collective du Ministère de<br />
l’Education Nationale, Fonds national de la<br />
Recherche Scientifique, Fonds de Développement<br />
Scientifique de l’Université Catholique<br />
de Louvain) e altri (Fondation Dr M. Aylwin<br />
Cotton, Comune di Artena, Commissione<br />
Europea). I principali collaboratori belgi furono<br />
P. Fontaine, F. Van Wonterghem e E. De<br />
Waele. I sottoscritti collaborano dal 1997 e<br />
hanno assunto la direzione dei lavori dal 2004.<br />
riabile fra le rocce.4 Si incontra anche un<br />
altro tipo di terra, stavolta tufacea, causata<br />
dalle eruzioni dei Colli Albani.5<br />
Dal 2008 la missione archeologica francoamericana<br />
è finanziata, a livelli diversi, dalla<br />
Temple University Rome, il Comune di Artena,<br />
il mecenate William Holtzmann, e l’Institut<br />
National de Recherches Archéologiques<br />
Préventives (F).<br />
4 L. Cavagnaro Vanoni, Prospezione archeologica<br />
ad Artena nell’area della città antica,<br />
in Artena 2, Bruxelles-Rome, 1989 («Etudes de<br />
philologie, d’archéologie et d’histoire ancienne»,<br />
xxvi), p. 234.<br />
5 R. Lambrechts et alii, La Civita di Artena.<br />
Scavi belgi 1979-1989, Rome, 1989, p. 9; P.<br />
Fontaine, Topographie de la Civita di Artena,<br />
in Artena 1, Bruxelles-Rome, 1983 («Etudes»<br />
citati, xxiii), pp. 49, 51.
102 cécile brouillard · jan gadeyne<br />
Fig. 2. Civita di Artena: il grande terrazzamento in opera poligonale.<br />
Fig. 3. Civita di Artena: edificio dai thymiateria.<br />
Le pluriennali indagini di scavo condotte<br />
dalla missione archeologica belga<br />
poi franco-americana sul Piano della Civita<br />
hanno riportato alla luce vestigia appartenenti<br />
a più fasi di occupazione, dal<br />
iv sec. a.C. fino al vii sec. d.C.<br />
Il periodo repubblicano<br />
Questo periodo fu l’oggetto principale<br />
dei lavori di Lambrechts. Ciò che segue<br />
è una sintesi dei resti di tale epoca, almeno<br />
per come li aveva interpretati lui.<br />
Il lungo circuito della cinta muraria<br />
in opera poligonale (Fig. 1) segue i contorni<br />
stessi dell’altopiano, secondo quel<br />
principio antico di fortificazione elementare<br />
che consisteva nel semplice<br />
rinforzamento delle difese naturali del<br />
luogo.6 Questo non significa che tutto<br />
lo spazio così delimitato fosse effettivamente<br />
interamente costruito, ma è co-<br />
6 Ivi, p. 57. 7 G. Foglia, La Civita di Artena. Ipotesi di<br />
ricostruzione dell’impianto urbanistico, in Arte-<br />
munque giusto considerare che l’abitato<br />
era abbastanza esteso. Esso era<br />
attraversato da un asse stradale che si<br />
dirigeva dal centro verso un terrazzamento<br />
a nord, costruito anch’esso in<br />
opera poligonale (Fig. 2). La cinta<br />
muraria, il terrazzamento e la strada<br />
accennano a qualche impianto urbanistico7<br />
che include anche una serie di diverse<br />
strutture.<br />
Tutti gli edifici erano stati costruiti in<br />
pietra calcarea locale, più o meno nello<br />
stesso modo (Fig. 3). Le fondazioni, per<br />
lo più spesse, erano sia appoggiate direttamente<br />
sui banchi di roccia viva sottostanti,<br />
sia ridotte a pochi filari di pietre<br />
sistemate dentro scavi poco profondi.<br />
Per i basamenti dei muri erano utilizzati<br />
blocchi grezzi di ogni forma legati con<br />
terra e pietre più piccole per colmare gli<br />
interstizi. Ad una certa altezza, quest’apparecchiatura<br />
era sostituita da una<br />
soprastruttura meno pesante, con intelaiatura<br />
di legno destinata a sostenere il<br />
tetto e riempita da materiali più leggeri<br />
e pertanto più vulnerabili. Il denso livello<br />
d’incendio insieme alla profondità ridotta<br />
delle fondazioni testimoniano di<br />
questo schema architettonico. I blocchi<br />
di tufo tagliati e trovati nel livello d’incendio,<br />
invece, sono numerosi ma non<br />
corrispondono alla quantità necessaria<br />
per la costruzione degli interi muri. Sono<br />
piuttosto elementi di livellamento superiore<br />
dei basamenti. La copertura a<br />
spioventi dei nuclei costruiti era fatta di<br />
tegole di terracotta. I suoli erano di terra<br />
battuta o ricoperti da pietrame frantumato<br />
e pestato di schegge di calcare,<br />
tufo o tegole.<br />
Ogni nucleo costruito disponeva di<br />
almeno una cisterna (Fig. 4). Il loro numero<br />
complessivo si attesta a circa venti.<br />
Le cisterne sono pozzi cilindrici profondi,<br />
con il fondo e le pareti rivestite di<br />
pietre in opera a secco. Questo non deve<br />
sorprendere vista l’assenza totale di una<br />
fonte d’acqua sul Piano della Civita. Infatti,<br />
la captazione e la conservazione<br />
delle acque pluviali hanno sempre costituito<br />
una preoccupazione vitale.<br />
Tutti gli edifici sono stati distrutti da<br />
un incendio. Prima si sono consumate,<br />
logicamente, le strutture intermedie;<br />
poi è crollato il tetto, sotto il peso delle<br />
tegole, schiacciando sui basamenti di<br />
pietra e sui suoli il materiale abbandonato<br />
dalla gente. Tutto il materiale ceramico<br />
ritrovato è risalente allo stesso periodo<br />
e dal suo studio si può datare il<br />
periodo di occupazione tra la metà del<br />
iv all’inizio del iii sec. a.C.<br />
L’omogeneità della tecnica edilizia,<br />
della planimetria e dell’orientamento<br />
tra tutti gli edifici suggerisce già qualche<br />
organizzazione all’interno dello schema<br />
na 1, cit., Bruxelles-Rome, 1983 («Etudes» citati,<br />
xxiii), pp. 97-99.
artena, piano della civita. conoscenze archeologiche (1978-2010) 103<br />
Fig. 4. Civita di Artena: edificio dai dolia,<br />
una cisterna.<br />
urbanistico disegnato dall’insieme cinta/strada/terrazzamento.<br />
Se la maggior parte degli edifici sono<br />
sicuramente domestici, uno, scavato nel<br />
1987, potrebbe essere pubblico (Fig. 5).8<br />
Si tratta di un edifico allungato a pianta<br />
rettangolare (circa 24 × 7 m), con un annesso<br />
aggiunto in un secondo tempo a<br />
sud est. L’edificio si apre verso sud ovest,<br />
cioè verso valle e poi il mare. Con grande<br />
prudenza, Lambrechts ha ipotizzato<br />
che fosse un luogo di culto e l’ha chiamato<br />
‘l’edificio del mundus’. Esso era<br />
composto da diversi vani: un vano occupato<br />
da una cisterna (A); una grande corte,<br />
con canaletto di adduzione d’acqua<br />
dal sottosuolo e condotto di fognatura<br />
(B); un vano con fossa circolare (C); uno<br />
zoccolo o tavola bassa in lastre di tufo<br />
con bacino incavato (D). La fossa circolare<br />
nel vano C della quale non si conosce<br />
la profondità, era colmata accuramente<br />
con massi di roccia naturale, poi<br />
di terra. L’apertura era circondata da un<br />
orlo decorato in terracotta, dove si incastrano<br />
due livelli di ‘coperchio’, fatti di<br />
tegole. La cura estrema della chiusura<br />
ermetica non può che corrispondere a<br />
una struttura speciale, perfino sacra. Secondo<br />
Lambrechts, l’insieme suggerisce<br />
un mundus, descritto dagli autori antichi<br />
come una cavità sotterranea, con bocca<br />
stretta, consacrata alle potenze legate alla<br />
sfera funeraria, infernale o agraria (ad<br />
esempio Plutone, Proserpina o Cerere),<br />
e al centro di un rito di apertura e chiusura<br />
periodica. La possibile presenza di<br />
un altare e l’orientamento NNE-SSE,<br />
diverso rispetto agli altri edifici di quest’epoca,<br />
potrebbero essere un ulteriore<br />
argomento per l’ipotesi di un edificio<br />
pubblico a carattere cultuale.<br />
Fra gli edifici di epoca repubblicana<br />
spicca anche quello, stavolta comune,<br />
che si trova sul terrazzamento proprio<br />
sotto le fondazioni della villa di epoca<br />
romana (Fig. 6). È composto di almeno<br />
due vani. L’orientamento N-S, la pianta<br />
(parziale allo stato attuale dello scavo) e<br />
lo strato d’incendio concordano con gli<br />
edifici scavati da Lambrechts. Invece la<br />
8 R. Lambrechts, Artena 3. Un “mundus”<br />
sur le Piano della Civita?, Bruxelles-Rome, 1996<br />
(«Etudes» citati, xxxiii).<br />
Fig. 5. Civita di Artena: edificio pubblico così detto al mundus.<br />
pietra usata per la sua costruzione è tufacea.<br />
Inoltre, nell’assenza di roccia affiorante,<br />
i basamenti sono robusti (almeno<br />
tre file di grossi blocchi). Anche il<br />
materiale rinvenuto, abbondante, è simile<br />
e testimonia di una occupazione di<br />
tipo domestico. L’incendio che ha distrutto<br />
quest’edificio ha lasciato tracce<br />
della sua particolare intensità. A volte le<br />
pareti dei basamenti sono bruciate per 1<br />
cm di spessore, mentre sono stati rinvenuti<br />
rari frammenti di legno dell’intelaiatura<br />
e del tetto.<br />
La scoperta di una struttura del periodo<br />
repubblicano vicina al margine<br />
meridionale del terrazzamento ha permesso<br />
di precisare l’evoluzione della topografia<br />
del Piano della Civita perché permette<br />
di concludere che non solo il<br />
grande terrazzamento era già stato realizzato<br />
alla metà del iv sec. a.C. ma era<br />
anche occupato, almeno in parte, da<br />
uno o più edifici contemporanei a quelli<br />
presenti altrove nello spazio cinto dalle<br />
mura.<br />
L’epoca imperiale<br />
Dal 1995, le ricerche si sono concentrate<br />
sull’esplorazione della terrazza artificiale,<br />
dove si sospettava, da tempo, l’esi-<br />
stenza di una villa. Infatti, i lavori agricoli<br />
avevano fatto affiorare materiali da<br />
costruzione quali tegole e tasselli di opus<br />
reticulatum, nonché frammenti di ceramica<br />
d’epoca imperiale.<br />
Finora sono stati scavati più o meno<br />
1750 mq della villa (Fig. 7), la cui estensione<br />
totale non è ancora conosciuta.<br />
L’opus reticulatum rappresenta la tecnica<br />
più utilizzata nelle murature.<br />
Le stanze si sviluppano attorno ad un<br />
atrio nella parte settentrionale e ad un<br />
peristilio nella parte meridionale. Atrio<br />
e peristilio formano l’asse di simmetria<br />
principale della pianta.<br />
Lo spazio sotto l’atrio tetrastilo è occupato<br />
da una cisterna. Sopra la cisterna<br />
si trova l’impluvium, con quattro colonne<br />
incastrate negli angoli del muretto.<br />
La vasca era fornita di un pozzo. L’atrio,<br />
rifatto almeno una volta, è il nucleo originale<br />
della villa, che risale probabilmente<br />
alla seconda meta del i sec. a.C.<br />
Nell’angolo NE della villa si trova il<br />
torcular, del quale è conservato il piano di<br />
lavoro in opus caementicium. Ben conservata<br />
è anche la pietra con i buchi per l’incastro<br />
della leva del torchio. Un canaletto<br />
serviva a far defluire il succo nella<br />
vasca vicina, che si trova all’interno di un<br />
ambiente coperto con il tetto sorretto da
104 cécile brouillard · jan gadeyne<br />
Fig. 6. Civita di Artena: edificio precedente alla villa.<br />
Ambienti di ricevimento<br />
Exedra<br />
Vasca<br />
Peristilio<br />
sepoltura<br />
Fig. 7. Civita di Artena: pianta generale semplificata della villa, situazione nel 2011.<br />
due pilastri in legno posti su basi di pietra.<br />
Questo spazio può essere interpretato<br />
come magazzino. Non è facile determinare<br />
la funzione precisa del frantoio;<br />
la forma della macina, il tipo di torchio a<br />
leva, la cisterna di decantazione così piccola,<br />
forse anche l’assenza di un dolium<br />
nel magazzino, sarebbero argomenti in<br />
favore della produzione di olio.9<br />
A un certo momento,10 un piccolo<br />
complesso termale fu aggiunto nella<br />
parte settentrionale della villa.<br />
Consisteva di un praefurnium e un caldarium<br />
nella parte occidentale e di un frigidarium<br />
e un apodyterium (?) nella parte<br />
orientale.<br />
9 Già nell’antichità le presse si presentavano<br />
di vari tipi, quindi è abbastanza difficile<br />
capire dalla pressa rinvenuta da sola che tipo<br />
di produzione (olio o vino) si poteva avere.<br />
Ambienti rustici<br />
Ambienti rustici<br />
Apodyterium (?)<br />
Praefurnium<br />
Atrio<br />
Frantoio<br />
Annesso del<br />
frantoio<br />
Vasca per il raccolto<br />
(?)<br />
Caldarium<br />
Frigidarium<br />
Appartamenti<br />
signorili<br />
Il caldarium aveva un’abside a nord,<br />
verosimilmente per accogliere un labrum.<br />
Non è chiaro se c’era anche una<br />
piscina. Infatti, l’ambiente era in cattivo<br />
stato di conservazione al momento dello<br />
scavo: il suolo era già distrutto e i suoi<br />
pezzi riempivano lo spazio vuoto dell’ipocausto,<br />
di cui sono conservate le tegole<br />
che tappezzano il fondo e parte delle<br />
suspensurae in mattoni. I frammenti<br />
del pavimento a mosaico bianco e nero,<br />
ritrovati in numero rilevante durante lo<br />
scavo, consentono di restituire un disegno<br />
geometrico a base di motivi semplici:<br />
quadrato, quadrato a lati concavi e<br />
triangoli rettangoli isosceli. Le pareti<br />
10 Gli elementi di decorazione architettonica,<br />
principalmente pavimenti e pitture,<br />
sono ancora in corso di studio. Per il momento<br />
la loro datazione rimanda alla seconda<br />
erano affrescate e migliaia di frammenti<br />
sono stati recuperati. La decorazione<br />
era composta da motivi floreali stilizzati,<br />
paesaggi acquatici con ricca vegetazione<br />
ed uccelli. Altri frammenti mostrano<br />
rami, foglie e festoni. Alcuni<br />
erano ancora attaccati ai tubuli, usati per<br />
il passaggio dell’aria calda proveniente<br />
dall’impianto ad ipocausto.<br />
Anche il frigidarium aveva un pavimento<br />
a mosaico che, al contrario di<br />
quello nel calidarium, è conservato in situ.<br />
È completamente bianco con una<br />
doppia striscia nera che gli corre attorno.<br />
Le pareti hanno conservano in situ<br />
parte della decorazione pittorica: uno<br />
zoccolo scuro imitante il marmo con sopra<br />
la parte mediana rossa a disegno<br />
geometrico decorato con fiori.<br />
Finalmente, l’apodyterium ha ben<br />
conservato il suo pavimento in cocciopesto<br />
ad inclusioni di tessere quadrate di<br />
pietra calcarea, disposte in file regolari.<br />
In conclusione, benché piccolo, il<br />
complesso termale era accuratamente<br />
decorato.<br />
Il peristilio, che, come il complesso<br />
termale, fu aggiunto in un secondo tempo,<br />
è a forma quadrata, in asse con<br />
l’atrio. Il cortile è circondato da un portico<br />
con 28 colonne in mattoni. Attorno<br />
al cortile correva un canaletto a cielo<br />
aperto (euripus), rivestito di cocciopesto.<br />
Nel cortile sono visibili i diversi pozzi,<br />
sia di raccolta delle acque che di manutenzione,<br />
utili alla cisterna sottostante.<br />
Quest’ultima (circa 10 × 10 m) si presenta<br />
del tipo a due navate coperte da volte<br />
meta del i sec. d.C. Inoltre, la ceramica, anch’essa<br />
in corso di studio, non offre elementi<br />
pertinenti.
artena, piano della civita. conoscenze archeologiche (1978-2010) 105<br />
in opus caementicium in calcare. Le due<br />
navate sono separate da un muro rivestito<br />
in opus reticulatum principalmente<br />
di calcare. Questo muro divisorio è aperto<br />
con archi, dei quali due sono ben visibili,<br />
ma che dovevano essere logicamente<br />
quattro. La cisterna, ancora oggi, è<br />
quasi completamente riempita di terra e<br />
materiali da costruzione mentre la sua<br />
struttura appare comunque integra.<br />
A sud, il peristilio è completato da<br />
un’exedra, espressione dello status sociale<br />
degli inquilini, che rifinisce e sottolinea<br />
l’asse maggiore della pianta generale<br />
della villa.<br />
Una stanza con pavimento a mosaico<br />
si apre sul peristilio per un ingresso laterale.<br />
Gli stipiti della porta principale erano<br />
inseriti in una lastra di calcare. La<br />
soglia è in mosaico bianco e nero che ripete<br />
sei volte il motivo geometrico di<br />
quattro rettangoli disposti attorno ad un<br />
quadrato centrale. L’ambiente è diviso<br />
in due spazi. Il primo, che possiamo<br />
chiamare l’anticamera, è una specie di<br />
corridoio con pavimento a mosaico tutto<br />
bianco. È separato dalla camera principale<br />
da una parete in opus craticium,<br />
della quale è preservato lo stretto basamento,<br />
un misto di cemento e frammenti<br />
calcarei. In questa parete si apre<br />
una porta dello stesso tipo di quella d’ingresso<br />
del peristilio. La soglia, più piccola<br />
di quella dell’ingresso principale, è<br />
anch’essa in mosaico bianco e nero, stavolta<br />
a motivo geometrico costituito da<br />
un quadrato inserito tra due pelte. Questa<br />
porta dà accesso allo spazio principale,<br />
il cui pavimento a mosaico è un tappeto<br />
composto di 315 quadrati che si<br />
alternano regolarmente (bianchi, neri,<br />
bicromi). L’insieme è circondato da una<br />
striscia nera. I muri erano rivestiti all’interno<br />
da intonaco bianco, in parte conservato<br />
in situ. Alcuni frammenti recuperati<br />
durante lo scavo presentano<br />
tracce di pittura rossa. Lo schema bipartito<br />
della pianta, sottolineato dal sistema<br />
del pavimento, tende ad ipotizzare uno<br />
spazio di ricevimento.<br />
A sud del peristilio, ed ad ovest dell’exedra,<br />
si apriva l’ambiente maggiore<br />
della villa (circa 10 × 7 m). Sfortunatamente<br />
il suo stato di conservazione è<br />
pessimo, visto che si trova subito sotto il<br />
livello di coltivazione. Tuttavia, è conservato<br />
parte del pavimento, del quale si<br />
conosce il modo di costruzione: su un<br />
primo strato di preparazione (terra battuta<br />
insieme a piccoli sassi calcarei) è stato<br />
steso un livello di pietre calcaree mischiate<br />
con frammenti di tegole e poi un<br />
battuto di sassi calcarei e calce, all’interno<br />
del quale sono disposte grosse tessere<br />
quadrate di pietra dura scura in file<br />
11 La prima tomba, di tipo ‘in anfora’ e in<br />
fossa a fondo coperto di tegole, è stata scoperta<br />
quasi integra. La seconda è solo dedot-<br />
parallele. Le pareti interne dei muri dovevano<br />
essere placcate, visto lo stretto<br />
interstizio tra l’orlo del pavimento e la<br />
base dei muri nonchè i numerosi piccoli<br />
chiodi raccolti lungo quest’interstizio.<br />
Questa stanza aveva due porte individuate<br />
dal rinforzamento dei muri in pietre<br />
calcaree o tufacee ben tagliate e dalle<br />
soglie; una di queste, ad ovest, dava<br />
accesso ad un’altra stanza non ancora<br />
scavata e dotata di un pavimento simile.<br />
È chiaramente lo spazio più recente<br />
della villa, almeno allo stato attuale<br />
dello scavo. In effetti, è composto da<br />
muri in blocchi calcarei poco regolari e<br />
legati con terra e poca calce, aggiunti a<br />
quelli già esistenti, cioè a quelli in reticolato<br />
legato al cemento, formando<br />
l’angolo esterno ovest dell’exedra. Inoltre,<br />
quest’aggiunta rompe l’equilibrio<br />
simmetrico della pianta originale della<br />
villa. La funzione di quest’ambiente rimane<br />
poco chiara. Da un lato, la sua superficie,<br />
grande di fronte a quella media<br />
delle altre stanze, può lasciare pensare a<br />
una sala di rappresentanza. Dall’altro, il<br />
materiale rinvenuto consiste principalmente<br />
in vasi da cucina in ceramica comune.<br />
Comunque, sulla base di questa<br />
ceramica, si potrebbe proporre una datazione<br />
verso la fine del ii o l’inizio del<br />
iii sec. d.C. per l’utilizzazione di questo<br />
ambiente.<br />
Al di fuori del perimetro della villa è<br />
stata scoperta una vasca d’acqua ad uso<br />
domestico o artigianale che, verso la fine<br />
del ii sec. d.C., è stata dismessa e<br />
riempita di materiali provenienti dalla<br />
villa, che, almeno in parte, era in una fase,<br />
se non di abbandono, almeno di ricostruzione<br />
e riorganizzazione. Il materiale<br />
usato per colmare la vasca è molto<br />
vario e dà un’idea degli oggetti usati<br />
quotidianamente nella villa (vasi, lucerne,<br />
piatti, ferri…). Si trovavano anche<br />
dei materiali da costruzione e di decorazione<br />
della villa stessa (elementi di pavimento<br />
in calcare, vetro da finestra, cornice,<br />
lastre di rivestimento di marmo…).<br />
Finora non è stato scoperto il luogo<br />
di sepoltura degli abitanti della villa,<br />
tranne i resti di due tombe di neonati11<br />
che furono sepolti vicino all’abitazione<br />
verso la fine dell’uso della villa (iii-iv<br />
sec. d.C.), come accadeva ogni tanto in<br />
quest’epoca.<br />
L’importanza dell’acqua per la vita<br />
della villa, che si trovava in una zona priva<br />
di sorgenti, ha portato i residenti a<br />
concepire un sistema di raccolta e conservazione<br />
delle acque pluviali, a cui appartengono<br />
le cisterne, già menzionate<br />
al di sotto dell’atrio e del peristilio. Inoltre,<br />
al di fuori dell’area della terrazza, in<br />
cima alla collina, si trovano i resti di una<br />
ta dai resti umani di un neonato, dispersi senza<br />
connessione anatomica dentro lo strato archeologico<br />
successivo.<br />
grande cisterna in opus caementicium a<br />
forma leggermente trapezoidale (circa<br />
22,5/20 × 12 m), profonda almeno 4 m, e<br />
non ancora scavata fino in fondo.12 Da<br />
questa cisterna scende un acquedotto.<br />
Lo specus presenta tre putei a distanza<br />
uguale l’uno dall’altro e in eccellente<br />
stato di conservazione. È costruito in<br />
pietra calcarea legata con cemento e con<br />
rivestimento interno in opus signinum.<br />
Dopo circa 70 m, lo specus dell’acquedotto<br />
s’interrompe all’improvviso e non<br />
è ancora stato possibile stabilire con certezza<br />
il suo proseguimento, anche se<br />
sembra dirigersi verso la villa.<br />
Per finire, a proposito dell’epoca imperiale,<br />
è da accennare che la facciata del<br />
grande terrazzamento, ora verosimilmente<br />
danneggiata, fu consolidata in<br />
opus incertum.<br />
La trasformazione della villa in<br />
epoca tardoantica<br />
Man mano che le campagne di scavo si<br />
svolgevano nel perimetro della villa, sono<br />
stati raccolti numerosi indizi che permettono<br />
di capire che la vita sul grande<br />
terrazzamento si è protratta ben oltre<br />
quella della villa stessa. Infatti si possono<br />
notare molti interventi che hanno profondamente<br />
cambiato la sua identità,<br />
trasformandola gradualmente da un<br />
complesso singolo in un insediamento<br />
più o meno ristretto o sparso, con funzioni<br />
varie. Oggi i dati sono ancora in<br />
corso di raccolta, ma si può proporre<br />
una ricostruzione generale basata sulle<br />
tracce più evidenti.<br />
Il fenomeno comincia dalla formazione<br />
di uno strato che alza il livello di<br />
calpestio generale. È composto principalmente<br />
da materiali di demolizione di<br />
varie parti della villa e si estende un po’<br />
dappertutto sui muri rasati della villa, facendo<br />
in qualche modo tavola rasa del<br />
passato. I materiali scaricati sono stati livellati<br />
su uno spessore variabile e pure<br />
compattati, in modo da costituire una<br />
specie di pavimento grezzo assai in piano.<br />
Secondo il materiale raccolto (sopratutto<br />
ceramica e monete), l’intervento<br />
può essere datato al v sec d.C. A<br />
quest’epoca, la villa è già in gran parte<br />
smantellata e serve anche da cava per il<br />
recupero dei suoi materiali che saranno<br />
riutilizzati per altre costruzioni sul luogo<br />
e forse anche fuori della terrazza.<br />
Nonostante questi interventi distruttivi,<br />
la villa esiste ancora nella misura in<br />
cui alcuni vani sono rioccupati secondo<br />
la loro planimetria originale. Esemplare<br />
da questo punto di vista è la trasformazione<br />
della sala a mosaico bianco e nero<br />
a disegno geometrico accanto al peristi-<br />
12 R. Lambrechts, La Civita di Artena, in<br />
Artena 1, cit., pp. 36-37.
106 cécile brouillard · jan gadeyne<br />
Fig. 8. Civita di Artena: villa, frammento<br />
con iscrizione riutilizzato in un muro<br />
tardo antico.<br />
lio, dove si è potuto constatare un uso<br />
dell’ambiente prolungatosi anche dopo<br />
il parziale abbandono della villa, causa la<br />
distruzione del tramezzo e del tetto. Al<br />
loro posto fu costruito un nuovo tetto<br />
sorretto da quattro pali fissati nei quattro<br />
angoli della stanza, che hanno parzialmente<br />
distrutto il pavimento in mosaico.<br />
Altre fosse di difficile spiegazione<br />
hanno perforato profondamente lo stato<br />
antico.<br />
Tracce di riuso degli ambienti originali<br />
della villa sono anche state ritrovate<br />
nella zona delle terme. Dimostrano che<br />
la villa era cambiata nella sua funzione<br />
tradizionale. Si è potuto notare, ad<br />
esempio, che certe aperture fra alcuni<br />
ambienti furono chiuse con materiali<br />
provenienti dalla villa, tra cui perfino<br />
pezzi del pavimento in mosaico del caldarium.<br />
Inoltre, sui resti dei muri occidentali<br />
del caldarium e del praefurnium,<br />
fu costruito un muro nuovo con materiali<br />
di recupero. Questo muro continuava<br />
al di là del complesso termale verso<br />
sud. Altri ambienti, anch’essi, in<br />
parte, di epoca tardiva e costruiti con<br />
materiale di spoglio, sono stati scoperti<br />
accanto alle terme. Dal materiale riutilizzato<br />
per la costruzione di uno dei muri<br />
proviene un frammento di iscrizione,<br />
l’unico finora trovato nell’ambito della<br />
villa (Fig. 8).13<br />
Ma non c’era solo la trasformazione<br />
di ambienti già esistenti. Fra le terme e<br />
la stanza con anticamera, ad ovest del<br />
perimetro del peristilio, è stato costruito<br />
in epoca tarda almeno un altro edificio:<br />
in pessimo stato di conservazione, tagliava<br />
la vasca attigua alla villa. Ciò che<br />
rimane della costruzione, cioè la parte<br />
inferiore della fondazione, non ci permette<br />
di ricostruirne la pianta completa<br />
perché se ne perdono le tracce sia a nord<br />
che ad est.<br />
Nella stessa area e dovunque lo strato<br />
di demolizione livellato è conservato,<br />
un’osservazione accurata consente di<br />
13 L’iscrizione è stata recentemente restaurata<br />
ed è ancora inedita.<br />
14 È così che viene riferito anche dallo<br />
storiografo Serangeli nella prima decade del<br />
xviii secolo.<br />
registrare varie strutture forate, tipo buco<br />
di palo e fossa che, una volta messe<br />
insieme, fanno intravedere la pianta di<br />
edifici leggeri sparsi.<br />
Dopo questa fase di occupazione,<br />
sembra che il terreno sia stato definitivamente<br />
abbandonato come luogo di<br />
abitazione o di attività collegate ad essa.<br />
Un ampio strato di terra nera si forma su<br />
tutto lo spazio della terrazza. L’ipotesi<br />
attuale è che questo strato rappresenti la<br />
sedimentazione conseguente alla messa<br />
in coltura del campo. Sembra che l’uso<br />
del terreno sia diventato ormai agricolo<br />
e pastorale. Sulla base del materiale raccolto<br />
in modo sistematico, il momento<br />
risalirebbe al vi sec d.C. È da supporre<br />
che il paesaggio non sia più cambiato.14<br />
Però, chi frequentava ancora la terrazza<br />
nell’Alto Medioevo ha lasciato almeno<br />
un’ultima traccia materiale della<br />
sua presenza (Figg. 9-10). Si tratta di un<br />
monumento costituito da una piattaforma<br />
leggermente trapezoidale che misura<br />
circa 4 × 5 m. Il margine della struttura<br />
è quasi interamente formato da<br />
grandi blocchi di calcare legati fra di loro<br />
senza cemento, mentre all’interno si<br />
vedono due strati di pavimento, quello<br />
inferiore con frammenti di recupero più<br />
piccoli, quello superiore con frammenti<br />
più grandi. Si notano interventi successivi<br />
di manutenzione, come una specie<br />
di piccolo basamento nell’angolo nordoccidentale<br />
o rifacimenti puntuali sul<br />
margine settentrionale, sempre con pietre<br />
di recupero. L’insieme mostra tracce<br />
di calpestio rappresentato da un fino deposito<br />
di terra battuta. Finora non è stato<br />
ancora possibile dare un’interpretazione<br />
sicura di questa struttura unica nel<br />
suo genere sul territorio di Artena. L’osservazione<br />
dei reperti non sembra di<br />
consentire l’ipotesi di un’abitazione<br />
(non si notano segni di elevazione o sospetto<br />
di elevazione sulle pietre che formano<br />
il margine), né di una struttura di<br />
lavorazione (non c’è traccia di altro deposito<br />
oltre quello lasciato dal calpestio),<br />
né di un riparo per animali (che<br />
senso avrebbe allora la cura nella sistemazione<br />
del ‘pavimento’?). Forse l’ipotesi<br />
più plausibile sarebbe da ricercare in<br />
ambito funerario.<br />
Tuttavia la sua datazione è fornita da<br />
quattro monete d’oro (Fig. 11) con la raffigurazione<br />
dell’imperatore bizantino<br />
Constante II (641-668) e di suo figlio, il<br />
futuro imperatore Costantino IV.15 Le<br />
monete erano contenute dentro un vasetto<br />
di ceramica interrato contro il<br />
margine meridionale esterno del monumento.<br />
Questo deposito, sicuramente<br />
15 Lo studio delle monete è stato curato<br />
dalla dott.ssa Alessia Rovelli (Università della<br />
Tuscia, Viterbo).<br />
16 L. Quilici, Artena (Rm). Saggi di scavo<br />
alla Civita, «ns», s. viii, xxviii, 1974, pp. 85-87.<br />
volontario, potrebbe essere legato ad un<br />
rito di fondazione.<br />
Le monete costituiscono un piccolo<br />
tesoro nel vero senso della parola, non<br />
solo perché sono rare le monete d’oro di<br />
Costante ritrovate in Italia ma anche per<br />
il valore monetario che avevano: nel vii<br />
sec. d.C. un solidus equivaleva a ben<br />
12000 monete di bronzo. È chiaro che il<br />
ritrovamento di queste monete rappresenta<br />
una scoperta importante per la<br />
ricostruzione della vita sul Piano della<br />
Civita in epoca post-romana.<br />
Sia le modificazioni delle strutture<br />
rimanenti della villa che la costruzione<br />
di quelle nuove testimoniano il verosimile<br />
sviluppo di un nuovo tipo di insediamento<br />
che ci porta fino all’Alto Medioevo.<br />
Prospettive di ricerca<br />
L’insediamento antico sul Piano della<br />
Civita è talmente esteso che abbastanza<br />
presto sono state usate prospezioni geofisiche<br />
per studiare meglio la topografia<br />
del sito. Le prime prospezioni di questo<br />
tipo sul grande terrazzamento risalgono<br />
al 1961 e poi al 1967.16 I risultati della prima<br />
prospezione sono serviti di base per<br />
i sondaggi eseguiti dal prof. L. Quilici<br />
nel 1964 e 1966.17 Si è così potuto capire<br />
il sistema di costruzione della terrazza<br />
composta da muri fondati profondamente<br />
nel suolo e disposti perpendicolarmente<br />
ai due muri frontali. Questa<br />
rete di murature sostiene le terre di<br />
riporto necessarie per la creazione del<br />
ripiano.<br />
Nell’ottobre del 2010 una nuova campagna<br />
di prospezione geofisica è stata<br />
eseguita dalla British School di Roma in<br />
collaborazione con l’Università di Southampton.18<br />
Lo scopo era di stimare il<br />
potenziale archeologico ancora da<br />
esplorare sulla terrazza, sia in densità<br />
che in estensione. I risultati (Fig. 12) si<br />
sono rivelati adeguati e fanno intravedere<br />
varie strutture ancora da scoprire.<br />
Particolarmente interessanti sono i dati<br />
che si riferiscono alla costruzione della<br />
terrazza stessa e quelli che riguardano la<br />
possibile presenza di un piccolo complesso<br />
ad ovest della villa.<br />
I risultati delle indagini geofisiche<br />
confermano una realtà ben piu complessa<br />
di quella che si era pensato all’inizio<br />
degli scavi della villa romana. In particolare,<br />
invitano a controllare le ipotesi<br />
suggerite per quanto riguarda la maglia<br />
di muri ortogonali in modo da non confondere<br />
questi ultimi con i muri orientati<br />
della stessa maniera ma appartenenti<br />
17 L. Quilici, Artena. Campagna di saggi<br />
nella Civita di Artena, «ns», s. viii, xxii, 1968,<br />
pp. 30-74.<br />
18 N. Crabb, La Civita di Artena, Artena,<br />
Lazio. Geophysical Survey Report, 2011, rapporto<br />
non pubblicato.
artena, piano della civita. conoscenze archeologiche (1978-2010) 107<br />
Fig. 9. Civita di Artena: villa, con evidenziato il monumento altomedievale.<br />
all’estensione tarda della villa. Così saranno<br />
effettuati saggi stratigrafici mirati<br />
sul margine della terrazza artificiale<br />
mentre l’ampliamento dello scavo dovrebbe<br />
portare a nuove scoperte legate<br />
non solo alla pars rustica della villa d’età<br />
imperiale ma anche ai nuovi tipi di occupazione<br />
del luogo in epoca tardoantica<br />
e altomedievale.<br />
Conclusione<br />
Prendendo in considerazione i risultati<br />
degli scavi della città d’epoca repubblicana<br />
e della villa romana possiamo dunque<br />
rilevare che la vasta area recinta dalle<br />
mura poligonali è stata usata per più<br />
di mille anni, dal iv sec. a.C. fino al vii<br />
sec. d.C.<br />
Aggiungendo i dati più discreti forniti<br />
dal materiale residuale o fuori contesto,<br />
è molto probabile che quest’arco di<br />
tempo possa rivelarsi ancora più ampio<br />
con il proseguire degli scavi.<br />
Post-Scriptum<br />
Salendo la pendice per la stessa strada<br />
che da oltre 2300 anni porta in cima alla<br />
collina per godere di un panorama rimasto<br />
quasi del tutto immutato, si percepisce<br />
il potenziale archeologico unico<br />
e il ruolo fondamentale che questa zona<br />
ha avuto nella storia di Artena. Il sito è<br />
protetto dal 1972 dal Piano Regolatore<br />
del Comune di Artena e vincolato dal<br />
1979, mentre l’idea di un parco archeologico<br />
risale al 1985. Una parte dei resti in<br />
situ è stata restaurata nel periodo 2005-<br />
2006 mentre nel 2009 fu inaugurato il<br />
Fig. 10. Civita di Artena: villa, monumento altomedievale.<br />
Fig. 11. Civita di Artena: villa, tesoro monetale scoperto a lato del monumento altomedievale.
108 cécile brouillard · jan gadeyne<br />
Fig. 12. Civita di Artena: risultati grafici della prospezione geofisica del 2010.<br />
nuovo Museo Civico Archeologico ‘Roger<br />
Lambrechts’, ancora non aperto al<br />
pubblico per mancanza di fondi.19<br />
Purtroppo, nonostante le iniziative<br />
private e pubbliche di promozione, il sito<br />
non sempre si presenta nel migliore<br />
dei modi ai visitatori, locali o forestieri<br />
che siano, quando per caso ne conoscono<br />
semplicemente l’esistenza. La manutenzione<br />
è sporadica e urgono lavori di<br />
consolidamento, di restauro e di protezione<br />
di alcuni ambienti. Si ricorda che<br />
dopo le prime indagini nella villa (1995),<br />
fu chiesto a Lambrechts di estendere lo<br />
scavo a tutta l’area della villa. L’avvio fu<br />
reso possibile grazie al progetto ‘Cinte<br />
murarie di antiche città del Lazio’, finanziato<br />
dall’Unione Europea e dal Comu-<br />
19 Offriamo qui una bibliografia essenziale<br />
del sito: Th. Ashby, G. J. Pfeiffer, La Civita<br />
near Artena in the Province of Rome, «Supplementary<br />
Papers of the American School<br />
of Classical Studies in Rome», i, 1904, pp. 87-<br />
107; M.R. de la Blanchère, Villes disparues.<br />
La Cività, «mefra», i, 1881, pp. 161-180; C. Brouillard,<br />
J. Gadeyne, La villa romana del<br />
Piano della Civita ad Artena, in Lazio e Sabina 1,<br />
Atti del Primo Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina,<br />
Roma, 2003, pp. 61-64; Iidem, Gli scavi<br />
della villa romana sul Piano della Civita in Artena.<br />
Nuovi dati delle campagne di scavo del 2002-<br />
2004, in Lazio e Sabina 3, Atti del Terzo Incontro<br />
di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma, 2006, pp.<br />
223-226; IIdem, La villa romana del Piano della<br />
Civita ad Artena. Le campagne di scavo 2006-<br />
2009, in Lazio e Sabina 7, Atti del Settimo Incontro<br />
di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma, 2011,<br />
pp. 339-343; C. Brouillard, J. Gadeyne, A.<br />
Rovelli, La villa romana del Piano della Civita<br />
di Artena (Rm). Campagna di scavo 2010. Una<br />
struttura alto-medievale ed un tesoretto monetale<br />
bizantino, in Lazio e Sabina 8. Atti del Ottavo Incontro<br />
di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma,<br />
2012, pp. 99-105; J. Gadeyne, Artena. Piano della<br />
Civita, in Cinte Murarie di antiche città del Lazio.<br />
Progetto di conservazione e valorizzazione<br />
della cinta muraria e dei monumenti della città di<br />
ne di Artena a patto che i resti rimanessero<br />
visibili in vista di un futuro ‘parco<br />
archeologico’. La questione preoccupava<br />
seriamente R. Lambrechts, in quanto<br />
timoroso che le autorità locali non garantissero<br />
una buona conservazione dei<br />
resti. Da un lato si pentì più volte di aver<br />
accettato, dall’altro contava sull’intelligenza<br />
e il buon senso: un patrimonio come<br />
questo, per forza, deve essere fruito<br />
e preso in considerazione.<br />
Diceva ancora Roger Lambrechts<br />
con affetto: ‘bisogna essere un po’ pazzo<br />
per tenere duro ad Artena’. Aveva ragione<br />
e forse in questo senso un po’ pazzi lo<br />
siamo tutti noi che prendiamo a cuore la<br />
salvaguardia del sito archeologico e del<br />
paesaggio naturale che lo circonda, spe-<br />
Ferentino e della Civita di Artena, Roma, 2000,<br />
pp. 30-37; R. Lambrechts, Scavi belgi ad Artena,<br />
«Archeologia laziale», vii, 1, 1985, pp. 119-<br />
126; Idem, Préromains et Romains sur le plateau<br />
d’Artena?. Introduction à l’exposition consacrée<br />
aux fouilles d’Artena, in Comunità indigene e problemi<br />
della romanizzazione nell’Italia Centro-meridionale<br />
(iv-iii sec. av.C.). Actes du Colloque International,<br />
Bruxelles-Roma, 1991, pp. 65-73;<br />
Idem, Il Piano della Civita all’inizio del ’700, in<br />
Della Terra di Montefortino, feudo dell’Ecc.ma<br />
Casa Borghese. Il “notaro publico” Stefano Serangeli,<br />
storico e letterato (1654-1730), Artena, 2000,<br />
pp. 146-151; Idem, Artena 3. Un “mundus” sur le<br />
Piano della Civita? Bruxelles-Rome, 1996<br />
(«Etudes de philologie, d’archéologie et d’histoire<br />
anciennes», xxxiii); Idem, Les fouilles<br />
belges d’Artena, «Bulletin de la Classe des lettres,<br />
Académie Royale de Belgique», s. vi,<br />
xiv, 2003, pp. 117-147; Idem, Latium antique et<br />
archéologie belge, «Revue des Archéologues,<br />
Historiens d’art et Musicologues de l’ucl», 2,<br />
2004, pp. 16-23; R. Lambrechts et alii, Artena<br />
1, Bruxelles-Rome, 1983 («Etudes» citati,<br />
xxiii); R. Lambrechts et alii, Artena 2, Bruxelles-Rome,<br />
1989 («Etudes» citati, xxvi); R.<br />
Lambrechts, P. Fontaine, Artena (Roma).<br />
Rapporto sommario sugli scavi effettuati dalla<br />
missione belga sul Piano della Civita (campagne<br />
rando in un coordinamento delle risorse<br />
e in una volontà pubblica convinta di<br />
partecipare sia al finanziamento degli<br />
scavi che alla manutenzione del sito. È<br />
assolutamente necessario avviare un dibattito<br />
pubblico su una vera protezione<br />
della collina sulla quale si trova il sito archeologico,<br />
posto di fronte alla cava che<br />
minaccia seriamente di danneggiare<br />
non solo il paesaggio, ma anche l’integrità<br />
del sito archeologico e delle sue risorse<br />
naturali. Si spera che questa situazione<br />
venga presa in considerazione in<br />
senso globale, cioè dal punto di vista<br />
scientifico, culturale, ambientale e sociale.<br />
I risultati appena presentati e quelli<br />
futuri giustificherebbero pienamente<br />
l’investimento.<br />
del 1979, 1980 e 1981), «ns», s. viii, xxxvii, 1986,<br />
pp. 183-213; R. Lambrechts, P. Fontaine, E.<br />
De Waele, La Civita di Artena. Scavi belgi<br />
1979-1989, Rome, 1989; R. Lambrechts, H.<br />
Rix, Artena, Piano della Civita. Une inscription<br />
inédite / Eine unveröffentlichte Inschrift, «Revue<br />
Belge de Philologie et d’Histoire», 74, 1, 1996,<br />
pp. 131-142; J. Poucet, Notice sur Roger Lambrechts,<br />
«Académie Royale de Belgique. Annuaire»,<br />
2008, pp. 67-101; L. Quilici, Artena.<br />
Campagna di saggi nella Civita di Artena, «ns»,<br />
s. viii, xxii, 1968, pp. 30-74; Idem, Artena<br />
(RM). Saggi di scavo alla Civita, «ns», s. viii,<br />
xxviii, 1974, pp. 56-87; Idem, La Civita di Artena,<br />
in Latium Vetus, iv, Roma, 1982; Idem,<br />
Parchi archeologici e ambiente. Riflessioni in margine<br />
all’esperienza in atto alla Civita di Artena,<br />
«Ocnus», 15, 2007, pp. 201-208; M. Valenti, Il<br />
rapporto tra la città e il territorio: strutture dell’economia<br />
e della residenza, in Atlante del Lazio<br />
Antico. Un approfondimento critico delle conoscenze<br />
archeologiche, Roma, 2003, pp. 141-180.<br />
Referenze grafiche e fotografiche: le<br />
immagini pubblicate sono state riprese<br />
nell’ambito delle Missioni (1978-2010) (C.<br />
Brouillard, N. Crabb, G. Foglia, J.<br />
Gadeyne, R. Lambrechts, E. Mariette,<br />
M. Papale).