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ORIZZONTI - Academia Belgica

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<strong>ORIZZONTI</strong>


<strong>ORIZZONTI</strong><br />

Rassegna di archeologia<br />

Curatori<br />

Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli<br />

Comitato scientifico<br />

Marcella Barra Bagnasco, Torino<br />

Robert Bedon, Limoges<br />

Oscar Belvedere, Palermo<br />

Francesco D’Andria, Lecce<br />

Salvatore Garraffo, Catania<br />

Carlo Gasparri, Napoli<br />

Jorge Martinez Pinna, Malaga<br />

Marcello Rotili, Santa Maria Capua Vetere<br />

Daniela Scagliarini, Bologna<br />

Edoardo Tortorici, Catania<br />

Gemma Sena Chiesa, Milano<br />

Russel T. Scott, Bryn Mair<br />

Segreteria di redazione<br />

Giuseppina Renda, Santa Maria Capua Vetere<br />

*<br />

I manoscritti possono essere inviati ai seguenti indirizzi:<br />

Prof. Lorenzo Quilici, Viale dell’Esperanto 21, oo144 Roma,<br />

lorenzo.quilici@gmail.com<br />

Prof.ssa Stefania Quilici Gigli, Facoltà di Lettere e Filosofia,<br />

Seconda Università di Napoli, Piazza S. Francesco,<br />

80155 S. Maria Capua Vetere (ce), stefania.gigli@unina2.it<br />

«Orizzonti» is an International Peer Reviewed Journal.<br />

The eContent is archived with Clockss and Portico.<br />

*<br />

In copertina: Le fortificazioni di Artena.<br />

(Foto: L. Quilici).


<strong>ORIZZONTI</strong><br />

Rassegna di archeologia<br />

XII · 2011<br />

FABRIZIO SERRA EDITORE<br />

PISA · ROMA


Amministrazione e abbonamenti<br />

Fabrizio Serra editore ®<br />

Casella postale n. 1, succursale n. 8, I 56123 Pisa,<br />

tel. +39 050542332, fax +39 050574888, fse@libraweb.net<br />

Periodico annuale.<br />

I prezzi ufficiali di abbonamento cartaceo e/o Online sono consultabili presso il sito<br />

Internet della casa editrice www.libraweb.net.<br />

Print and/or Online official subscription rates are available at Publisher’s web-site<br />

www.libraweb.net.<br />

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o tramite carta di credito (American Express, Visa, Eurocard, Mastercard)<br />

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*<br />

Autorizzazione del Tribunale di Pisa n. 19 del 20.10.2000<br />

Direttore responsabile: Fabrizio Serra<br />

*<br />

Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche<br />

parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la<br />

copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva<br />

autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore ® , Pisa · Roma.<br />

Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.<br />

*<br />

Proprietà riservata · All rights reserved<br />

© Copyright 2012 by Fabrizio Serra editore ® , Pisa · Roma.<br />

Fabrizio Serra editore incorporates the Imprints Accademia editoriale, Edizioni dell’Ateneo,<br />

Fabrizio Serra editore, Giardini editori e stampatori in Pisa, Gruppo editoriale internazionale<br />

and Istituti editoriali e poligrafici internazionali.<br />

www.libraweb.net<br />

issn 1591-2787<br />

issn elettronico 1724-1936


articoli<br />

Sommario<br />

11 Simone Foresta, Il Capitolium dell’antica Capua. Osservazioni sulle testimonianze antiquarie e archeologiche<br />

25 Eugenio Polito, Der Wandel urbanen Räume zwischen Republik und Prinzipat. Zwei Fallstudien<br />

37 Gabriella Bevilacqua, Due nuovi amuleti contro il mal di testa a altre malattie da Capua<br />

53<br />

note<br />

Stefania Quilici Gigli, Arule nei culti domestici: testimonianze da Norba<br />

69 Stefania Ferrante, Pesi da telaio da Norba: luoghi di rinvenimento e ipotesi funzionali<br />

91 Federico Ugolini, Il porto romano di Rimini: origine e contestualizzazione urbana<br />

scavi e monumenti<br />

101 Cécile Brouillard, Jan Gadeyne, Artena, Piano della Civita. Conoscenze archeologiche (1978-2010)<br />

109 Lorenzo Quilici, La Civita di Artena, la prima e la seconda città<br />

attività<br />

123 Laura Ebanista, Insediamenti costieri nell’area di Fogliano<br />

rassegne<br />

135 Carmen Palermo, Edifici per lo spettacolo di tipo gallo-romano<br />

143 Federica Cavani, La cosiddetta Corazza di Teoderico<br />

discussioni<br />

165 Marcella Barra Bagnasco, A proposito di Colonizzazione greca d’Occidente<br />

175 Abstracts<br />

179 Abbreviazioni


I<br />

l 10 luglio 2011 ad Artena si è svolta una<br />

conferenza sul sito archeologico del<br />

Piano della Civita. Organizzata dal<br />

‘Catauso’ (associazione di promozione<br />

culturale e ambientale del sito),1 il suo<br />

obiettivo è stato quello di attirare l’attenzione<br />

sul patrimonio archeologico di<br />

Artena, la sua ricchezza e la sua situazione<br />

delicata per quanto riguarda il suo<br />

stato di conservazione. Quest’evento,<br />

dedicato alla memoria del prof. Roger<br />

Lambrechts,2 esploratore del sito dal<br />

1978 al 2004, ha dato la possibilità di descrivere<br />

lo stato della ricerca archeologica<br />

alla Civita, dai primi lavori del prof.<br />

Lorenzo Quilici fino ad oggi, oltre ad<br />

offrire al pubblico presente numerose<br />

immagini d’archivio, utili ad illustrare le<br />

campagne di scavo successive.<br />

Le righe che seguono sono il contributo<br />

della missione archeologica attuale3<br />

a questa conferenza e trattano dei<br />

principali risultati ottenuti tra 1978 e 2010.<br />

Introduzione<br />

Il cosiddetto Piano della Civita è situato<br />

circa a 1 km a sud della moderna<br />

cittadina di Artena. Lì si trovano importanti<br />

resti di una città antica, della<br />

quale si ignora a tutt’oggi il nome. Il<br />

sito occupa la sommità e le pendici di<br />

una collina poco accessibile, all’estremità<br />

settentrionale dei Monti Lepini, in<br />

una zona che in antichità fu al confine<br />

fra il territorio dei Latini, degli Equi e<br />

dei Volsci. Dall’alto dei suoi più di 631<br />

metri s.l.m. l’antica città domina la<br />

valle del Sacco a nord e i Colli Albani<br />

ad ovest, mentre verso sud si apre il<br />

bacino Pontino fino al mare. L’interesse<br />

topografico e strategico dei luoghi è<br />

evidente.<br />

Il suolo geologico è costituito di roccia<br />

calcarea affiorante. Questo tipo di<br />

calcare, quando si disgrega in certe con-<br />

Cécile Bouillard, Institut National de<br />

Recherches Archéologiques Préventives,<br />

France.<br />

Jan Gadeyne, Temple University, Rome.<br />

1 Si ringraziano il Presidente Gianfranco<br />

Riccitelli e tutti i soci, in particolare Vittorio<br />

Frosi, per l’occasione fornita di valorizzare i<br />

lavori degli archeologi e per il loro entusiasmo.<br />

Ringraziamo tutti quelli che ci aiutano,<br />

ad Artena e altrove, ciascuno coi propri mezzi,<br />

per qualsiasi impresa legata al Piano della<br />

Civita.<br />

2 Per un ritratto accurato della carriera e<br />

della figura di R. Lambrechts, e per la sua bibliografia<br />

completa, cfr. J. Poucet, Notice sur<br />

Artena, Piano della Civita.<br />

Conoscenze archeologiche (1978-2010)<br />

Cécile Brouillard, Jan Gadeyne<br />

Fig. 1. Pianta della Civita di Artena, con ubicazione degli scavi effettuati dal 1978.<br />

dizioni climatiche, può generare la formazione<br />

di terre rosse, che sono presenti<br />

sul sito secondo spessore e distesa va-<br />

Roger Lambrechts, «Académie Royale de Belgique.<br />

Annuaire 2008», 2008, pp. 67-101.<br />

3 La missione condotta da Roger Lambrechts<br />

(Université Catholique de Louvain)<br />

fu finanziata, in modi vari, da diversi fondi<br />

belgi (Fonds de la Recherche Scientifique<br />

fondamentale collective du Ministère de<br />

l’Education Nationale, Fonds national de la<br />

Recherche Scientifique, Fonds de Développement<br />

Scientifique de l’Université Catholique<br />

de Louvain) e altri (Fondation Dr M. Aylwin<br />

Cotton, Comune di Artena, Commissione<br />

Europea). I principali collaboratori belgi furono<br />

P. Fontaine, F. Van Wonterghem e E. De<br />

Waele. I sottoscritti collaborano dal 1997 e<br />

hanno assunto la direzione dei lavori dal 2004.<br />

riabile fra le rocce.4 Si incontra anche un<br />

altro tipo di terra, stavolta tufacea, causata<br />

dalle eruzioni dei Colli Albani.5<br />

Dal 2008 la missione archeologica francoamericana<br />

è finanziata, a livelli diversi, dalla<br />

Temple University Rome, il Comune di Artena,<br />

il mecenate William Holtzmann, e l’Institut<br />

National de Recherches Archéologiques<br />

Préventives (F).<br />

4 L. Cavagnaro Vanoni, Prospezione archeologica<br />

ad Artena nell’area della città antica,<br />

in Artena 2, Bruxelles-Rome, 1989 («Etudes de<br />

philologie, d’archéologie et d’histoire ancienne»,<br />

xxvi), p. 234.<br />

5 R. Lambrechts et alii, La Civita di Artena.<br />

Scavi belgi 1979-1989, Rome, 1989, p. 9; P.<br />

Fontaine, Topographie de la Civita di Artena,<br />

in Artena 1, Bruxelles-Rome, 1983 («Etudes»<br />

citati, xxiii), pp. 49, 51.


102 cécile brouillard · jan gadeyne<br />

Fig. 2. Civita di Artena: il grande terrazzamento in opera poligonale.<br />

Fig. 3. Civita di Artena: edificio dai thymiateria.<br />

Le pluriennali indagini di scavo condotte<br />

dalla missione archeologica belga<br />

poi franco-americana sul Piano della Civita<br />

hanno riportato alla luce vestigia appartenenti<br />

a più fasi di occupazione, dal<br />

iv sec. a.C. fino al vii sec. d.C.<br />

Il periodo repubblicano<br />

Questo periodo fu l’oggetto principale<br />

dei lavori di Lambrechts. Ciò che segue<br />

è una sintesi dei resti di tale epoca, almeno<br />

per come li aveva interpretati lui.<br />

Il lungo circuito della cinta muraria<br />

in opera poligonale (Fig. 1) segue i contorni<br />

stessi dell’altopiano, secondo quel<br />

principio antico di fortificazione elementare<br />

che consisteva nel semplice<br />

rinforzamento delle difese naturali del<br />

luogo.6 Questo non significa che tutto<br />

lo spazio così delimitato fosse effettivamente<br />

interamente costruito, ma è co-<br />

6 Ivi, p. 57. 7 G. Foglia, La Civita di Artena. Ipotesi di<br />

ricostruzione dell’impianto urbanistico, in Arte-<br />

munque giusto considerare che l’abitato<br />

era abbastanza esteso. Esso era<br />

attraversato da un asse stradale che si<br />

dirigeva dal centro verso un terrazzamento<br />

a nord, costruito anch’esso in<br />

opera poligonale (Fig. 2). La cinta<br />

muraria, il terrazzamento e la strada<br />

accennano a qualche impianto urbanistico7<br />

che include anche una serie di diverse<br />

strutture.<br />

Tutti gli edifici erano stati costruiti in<br />

pietra calcarea locale, più o meno nello<br />

stesso modo (Fig. 3). Le fondazioni, per<br />

lo più spesse, erano sia appoggiate direttamente<br />

sui banchi di roccia viva sottostanti,<br />

sia ridotte a pochi filari di pietre<br />

sistemate dentro scavi poco profondi.<br />

Per i basamenti dei muri erano utilizzati<br />

blocchi grezzi di ogni forma legati con<br />

terra e pietre più piccole per colmare gli<br />

interstizi. Ad una certa altezza, quest’apparecchiatura<br />

era sostituita da una<br />

soprastruttura meno pesante, con intelaiatura<br />

di legno destinata a sostenere il<br />

tetto e riempita da materiali più leggeri<br />

e pertanto più vulnerabili. Il denso livello<br />

d’incendio insieme alla profondità ridotta<br />

delle fondazioni testimoniano di<br />

questo schema architettonico. I blocchi<br />

di tufo tagliati e trovati nel livello d’incendio,<br />

invece, sono numerosi ma non<br />

corrispondono alla quantità necessaria<br />

per la costruzione degli interi muri. Sono<br />

piuttosto elementi di livellamento superiore<br />

dei basamenti. La copertura a<br />

spioventi dei nuclei costruiti era fatta di<br />

tegole di terracotta. I suoli erano di terra<br />

battuta o ricoperti da pietrame frantumato<br />

e pestato di schegge di calcare,<br />

tufo o tegole.<br />

Ogni nucleo costruito disponeva di<br />

almeno una cisterna (Fig. 4). Il loro numero<br />

complessivo si attesta a circa venti.<br />

Le cisterne sono pozzi cilindrici profondi,<br />

con il fondo e le pareti rivestite di<br />

pietre in opera a secco. Questo non deve<br />

sorprendere vista l’assenza totale di una<br />

fonte d’acqua sul Piano della Civita. Infatti,<br />

la captazione e la conservazione<br />

delle acque pluviali hanno sempre costituito<br />

una preoccupazione vitale.<br />

Tutti gli edifici sono stati distrutti da<br />

un incendio. Prima si sono consumate,<br />

logicamente, le strutture intermedie;<br />

poi è crollato il tetto, sotto il peso delle<br />

tegole, schiacciando sui basamenti di<br />

pietra e sui suoli il materiale abbandonato<br />

dalla gente. Tutto il materiale ceramico<br />

ritrovato è risalente allo stesso periodo<br />

e dal suo studio si può datare il<br />

periodo di occupazione tra la metà del<br />

iv all’inizio del iii sec. a.C.<br />

L’omogeneità della tecnica edilizia,<br />

della planimetria e dell’orientamento<br />

tra tutti gli edifici suggerisce già qualche<br />

organizzazione all’interno dello schema<br />

na 1, cit., Bruxelles-Rome, 1983 («Etudes» citati,<br />

xxiii), pp. 97-99.


artena, piano della civita. conoscenze archeologiche (1978-2010) 103<br />

Fig. 4. Civita di Artena: edificio dai dolia,<br />

una cisterna.<br />

urbanistico disegnato dall’insieme cinta/strada/terrazzamento.<br />

Se la maggior parte degli edifici sono<br />

sicuramente domestici, uno, scavato nel<br />

1987, potrebbe essere pubblico (Fig. 5).8<br />

Si tratta di un edifico allungato a pianta<br />

rettangolare (circa 24 × 7 m), con un annesso<br />

aggiunto in un secondo tempo a<br />

sud est. L’edificio si apre verso sud ovest,<br />

cioè verso valle e poi il mare. Con grande<br />

prudenza, Lambrechts ha ipotizzato<br />

che fosse un luogo di culto e l’ha chiamato<br />

‘l’edificio del mundus’. Esso era<br />

composto da diversi vani: un vano occupato<br />

da una cisterna (A); una grande corte,<br />

con canaletto di adduzione d’acqua<br />

dal sottosuolo e condotto di fognatura<br />

(B); un vano con fossa circolare (C); uno<br />

zoccolo o tavola bassa in lastre di tufo<br />

con bacino incavato (D). La fossa circolare<br />

nel vano C della quale non si conosce<br />

la profondità, era colmata accuramente<br />

con massi di roccia naturale, poi<br />

di terra. L’apertura era circondata da un<br />

orlo decorato in terracotta, dove si incastrano<br />

due livelli di ‘coperchio’, fatti di<br />

tegole. La cura estrema della chiusura<br />

ermetica non può che corrispondere a<br />

una struttura speciale, perfino sacra. Secondo<br />

Lambrechts, l’insieme suggerisce<br />

un mundus, descritto dagli autori antichi<br />

come una cavità sotterranea, con bocca<br />

stretta, consacrata alle potenze legate alla<br />

sfera funeraria, infernale o agraria (ad<br />

esempio Plutone, Proserpina o Cerere),<br />

e al centro di un rito di apertura e chiusura<br />

periodica. La possibile presenza di<br />

un altare e l’orientamento NNE-SSE,<br />

diverso rispetto agli altri edifici di quest’epoca,<br />

potrebbero essere un ulteriore<br />

argomento per l’ipotesi di un edificio<br />

pubblico a carattere cultuale.<br />

Fra gli edifici di epoca repubblicana<br />

spicca anche quello, stavolta comune,<br />

che si trova sul terrazzamento proprio<br />

sotto le fondazioni della villa di epoca<br />

romana (Fig. 6). È composto di almeno<br />

due vani. L’orientamento N-S, la pianta<br />

(parziale allo stato attuale dello scavo) e<br />

lo strato d’incendio concordano con gli<br />

edifici scavati da Lambrechts. Invece la<br />

8 R. Lambrechts, Artena 3. Un “mundus”<br />

sur le Piano della Civita?, Bruxelles-Rome, 1996<br />

(«Etudes» citati, xxxiii).<br />

Fig. 5. Civita di Artena: edificio pubblico così detto al mundus.<br />

pietra usata per la sua costruzione è tufacea.<br />

Inoltre, nell’assenza di roccia affiorante,<br />

i basamenti sono robusti (almeno<br />

tre file di grossi blocchi). Anche il<br />

materiale rinvenuto, abbondante, è simile<br />

e testimonia di una occupazione di<br />

tipo domestico. L’incendio che ha distrutto<br />

quest’edificio ha lasciato tracce<br />

della sua particolare intensità. A volte le<br />

pareti dei basamenti sono bruciate per 1<br />

cm di spessore, mentre sono stati rinvenuti<br />

rari frammenti di legno dell’intelaiatura<br />

e del tetto.<br />

La scoperta di una struttura del periodo<br />

repubblicano vicina al margine<br />

meridionale del terrazzamento ha permesso<br />

di precisare l’evoluzione della topografia<br />

del Piano della Civita perché permette<br />

di concludere che non solo il<br />

grande terrazzamento era già stato realizzato<br />

alla metà del iv sec. a.C. ma era<br />

anche occupato, almeno in parte, da<br />

uno o più edifici contemporanei a quelli<br />

presenti altrove nello spazio cinto dalle<br />

mura.<br />

L’epoca imperiale<br />

Dal 1995, le ricerche si sono concentrate<br />

sull’esplorazione della terrazza artificiale,<br />

dove si sospettava, da tempo, l’esi-<br />

stenza di una villa. Infatti, i lavori agricoli<br />

avevano fatto affiorare materiali da<br />

costruzione quali tegole e tasselli di opus<br />

reticulatum, nonché frammenti di ceramica<br />

d’epoca imperiale.<br />

Finora sono stati scavati più o meno<br />

1750 mq della villa (Fig. 7), la cui estensione<br />

totale non è ancora conosciuta.<br />

L’opus reticulatum rappresenta la tecnica<br />

più utilizzata nelle murature.<br />

Le stanze si sviluppano attorno ad un<br />

atrio nella parte settentrionale e ad un<br />

peristilio nella parte meridionale. Atrio<br />

e peristilio formano l’asse di simmetria<br />

principale della pianta.<br />

Lo spazio sotto l’atrio tetrastilo è occupato<br />

da una cisterna. Sopra la cisterna<br />

si trova l’impluvium, con quattro colonne<br />

incastrate negli angoli del muretto.<br />

La vasca era fornita di un pozzo. L’atrio,<br />

rifatto almeno una volta, è il nucleo originale<br />

della villa, che risale probabilmente<br />

alla seconda meta del i sec. a.C.<br />

Nell’angolo NE della villa si trova il<br />

torcular, del quale è conservato il piano di<br />

lavoro in opus caementicium. Ben conservata<br />

è anche la pietra con i buchi per l’incastro<br />

della leva del torchio. Un canaletto<br />

serviva a far defluire il succo nella<br />

vasca vicina, che si trova all’interno di un<br />

ambiente coperto con il tetto sorretto da


104 cécile brouillard · jan gadeyne<br />

Fig. 6. Civita di Artena: edificio precedente alla villa.<br />

Ambienti di ricevimento<br />

Exedra<br />

Vasca<br />

Peristilio<br />

sepoltura<br />

Fig. 7. Civita di Artena: pianta generale semplificata della villa, situazione nel 2011.<br />

due pilastri in legno posti su basi di pietra.<br />

Questo spazio può essere interpretato<br />

come magazzino. Non è facile determinare<br />

la funzione precisa del frantoio;<br />

la forma della macina, il tipo di torchio a<br />

leva, la cisterna di decantazione così piccola,<br />

forse anche l’assenza di un dolium<br />

nel magazzino, sarebbero argomenti in<br />

favore della produzione di olio.9<br />

A un certo momento,10 un piccolo<br />

complesso termale fu aggiunto nella<br />

parte settentrionale della villa.<br />

Consisteva di un praefurnium e un caldarium<br />

nella parte occidentale e di un frigidarium<br />

e un apodyterium (?) nella parte<br />

orientale.<br />

9 Già nell’antichità le presse si presentavano<br />

di vari tipi, quindi è abbastanza difficile<br />

capire dalla pressa rinvenuta da sola che tipo<br />

di produzione (olio o vino) si poteva avere.<br />

Ambienti rustici<br />

Ambienti rustici<br />

Apodyterium (?)<br />

Praefurnium<br />

Atrio<br />

Frantoio<br />

Annesso del<br />

frantoio<br />

Vasca per il raccolto<br />

(?)<br />

Caldarium<br />

Frigidarium<br />

Appartamenti<br />

signorili<br />

Il caldarium aveva un’abside a nord,<br />

verosimilmente per accogliere un labrum.<br />

Non è chiaro se c’era anche una<br />

piscina. Infatti, l’ambiente era in cattivo<br />

stato di conservazione al momento dello<br />

scavo: il suolo era già distrutto e i suoi<br />

pezzi riempivano lo spazio vuoto dell’ipocausto,<br />

di cui sono conservate le tegole<br />

che tappezzano il fondo e parte delle<br />

suspensurae in mattoni. I frammenti<br />

del pavimento a mosaico bianco e nero,<br />

ritrovati in numero rilevante durante lo<br />

scavo, consentono di restituire un disegno<br />

geometrico a base di motivi semplici:<br />

quadrato, quadrato a lati concavi e<br />

triangoli rettangoli isosceli. Le pareti<br />

10 Gli elementi di decorazione architettonica,<br />

principalmente pavimenti e pitture,<br />

sono ancora in corso di studio. Per il momento<br />

la loro datazione rimanda alla seconda<br />

erano affrescate e migliaia di frammenti<br />

sono stati recuperati. La decorazione<br />

era composta da motivi floreali stilizzati,<br />

paesaggi acquatici con ricca vegetazione<br />

ed uccelli. Altri frammenti mostrano<br />

rami, foglie e festoni. Alcuni<br />

erano ancora attaccati ai tubuli, usati per<br />

il passaggio dell’aria calda proveniente<br />

dall’impianto ad ipocausto.<br />

Anche il frigidarium aveva un pavimento<br />

a mosaico che, al contrario di<br />

quello nel calidarium, è conservato in situ.<br />

È completamente bianco con una<br />

doppia striscia nera che gli corre attorno.<br />

Le pareti hanno conservano in situ<br />

parte della decorazione pittorica: uno<br />

zoccolo scuro imitante il marmo con sopra<br />

la parte mediana rossa a disegno<br />

geometrico decorato con fiori.<br />

Finalmente, l’apodyterium ha ben<br />

conservato il suo pavimento in cocciopesto<br />

ad inclusioni di tessere quadrate di<br />

pietra calcarea, disposte in file regolari.<br />

In conclusione, benché piccolo, il<br />

complesso termale era accuratamente<br />

decorato.<br />

Il peristilio, che, come il complesso<br />

termale, fu aggiunto in un secondo tempo,<br />

è a forma quadrata, in asse con<br />

l’atrio. Il cortile è circondato da un portico<br />

con 28 colonne in mattoni. Attorno<br />

al cortile correva un canaletto a cielo<br />

aperto (euripus), rivestito di cocciopesto.<br />

Nel cortile sono visibili i diversi pozzi,<br />

sia di raccolta delle acque che di manutenzione,<br />

utili alla cisterna sottostante.<br />

Quest’ultima (circa 10 × 10 m) si presenta<br />

del tipo a due navate coperte da volte<br />

meta del i sec. d.C. Inoltre, la ceramica, anch’essa<br />

in corso di studio, non offre elementi<br />

pertinenti.


artena, piano della civita. conoscenze archeologiche (1978-2010) 105<br />

in opus caementicium in calcare. Le due<br />

navate sono separate da un muro rivestito<br />

in opus reticulatum principalmente<br />

di calcare. Questo muro divisorio è aperto<br />

con archi, dei quali due sono ben visibili,<br />

ma che dovevano essere logicamente<br />

quattro. La cisterna, ancora oggi, è<br />

quasi completamente riempita di terra e<br />

materiali da costruzione mentre la sua<br />

struttura appare comunque integra.<br />

A sud, il peristilio è completato da<br />

un’exedra, espressione dello status sociale<br />

degli inquilini, che rifinisce e sottolinea<br />

l’asse maggiore della pianta generale<br />

della villa.<br />

Una stanza con pavimento a mosaico<br />

si apre sul peristilio per un ingresso laterale.<br />

Gli stipiti della porta principale erano<br />

inseriti in una lastra di calcare. La<br />

soglia è in mosaico bianco e nero che ripete<br />

sei volte il motivo geometrico di<br />

quattro rettangoli disposti attorno ad un<br />

quadrato centrale. L’ambiente è diviso<br />

in due spazi. Il primo, che possiamo<br />

chiamare l’anticamera, è una specie di<br />

corridoio con pavimento a mosaico tutto<br />

bianco. È separato dalla camera principale<br />

da una parete in opus craticium,<br />

della quale è preservato lo stretto basamento,<br />

un misto di cemento e frammenti<br />

calcarei. In questa parete si apre<br />

una porta dello stesso tipo di quella d’ingresso<br />

del peristilio. La soglia, più piccola<br />

di quella dell’ingresso principale, è<br />

anch’essa in mosaico bianco e nero, stavolta<br />

a motivo geometrico costituito da<br />

un quadrato inserito tra due pelte. Questa<br />

porta dà accesso allo spazio principale,<br />

il cui pavimento a mosaico è un tappeto<br />

composto di 315 quadrati che si<br />

alternano regolarmente (bianchi, neri,<br />

bicromi). L’insieme è circondato da una<br />

striscia nera. I muri erano rivestiti all’interno<br />

da intonaco bianco, in parte conservato<br />

in situ. Alcuni frammenti recuperati<br />

durante lo scavo presentano<br />

tracce di pittura rossa. Lo schema bipartito<br />

della pianta, sottolineato dal sistema<br />

del pavimento, tende ad ipotizzare uno<br />

spazio di ricevimento.<br />

A sud del peristilio, ed ad ovest dell’exedra,<br />

si apriva l’ambiente maggiore<br />

della villa (circa 10 × 7 m). Sfortunatamente<br />

il suo stato di conservazione è<br />

pessimo, visto che si trova subito sotto il<br />

livello di coltivazione. Tuttavia, è conservato<br />

parte del pavimento, del quale si<br />

conosce il modo di costruzione: su un<br />

primo strato di preparazione (terra battuta<br />

insieme a piccoli sassi calcarei) è stato<br />

steso un livello di pietre calcaree mischiate<br />

con frammenti di tegole e poi un<br />

battuto di sassi calcarei e calce, all’interno<br />

del quale sono disposte grosse tessere<br />

quadrate di pietra dura scura in file<br />

11 La prima tomba, di tipo ‘in anfora’ e in<br />

fossa a fondo coperto di tegole, è stata scoperta<br />

quasi integra. La seconda è solo dedot-<br />

parallele. Le pareti interne dei muri dovevano<br />

essere placcate, visto lo stretto<br />

interstizio tra l’orlo del pavimento e la<br />

base dei muri nonchè i numerosi piccoli<br />

chiodi raccolti lungo quest’interstizio.<br />

Questa stanza aveva due porte individuate<br />

dal rinforzamento dei muri in pietre<br />

calcaree o tufacee ben tagliate e dalle<br />

soglie; una di queste, ad ovest, dava<br />

accesso ad un’altra stanza non ancora<br />

scavata e dotata di un pavimento simile.<br />

È chiaramente lo spazio più recente<br />

della villa, almeno allo stato attuale<br />

dello scavo. In effetti, è composto da<br />

muri in blocchi calcarei poco regolari e<br />

legati con terra e poca calce, aggiunti a<br />

quelli già esistenti, cioè a quelli in reticolato<br />

legato al cemento, formando<br />

l’angolo esterno ovest dell’exedra. Inoltre,<br />

quest’aggiunta rompe l’equilibrio<br />

simmetrico della pianta originale della<br />

villa. La funzione di quest’ambiente rimane<br />

poco chiara. Da un lato, la sua superficie,<br />

grande di fronte a quella media<br />

delle altre stanze, può lasciare pensare a<br />

una sala di rappresentanza. Dall’altro, il<br />

materiale rinvenuto consiste principalmente<br />

in vasi da cucina in ceramica comune.<br />

Comunque, sulla base di questa<br />

ceramica, si potrebbe proporre una datazione<br />

verso la fine del ii o l’inizio del<br />

iii sec. d.C. per l’utilizzazione di questo<br />

ambiente.<br />

Al di fuori del perimetro della villa è<br />

stata scoperta una vasca d’acqua ad uso<br />

domestico o artigianale che, verso la fine<br />

del ii sec. d.C., è stata dismessa e<br />

riempita di materiali provenienti dalla<br />

villa, che, almeno in parte, era in una fase,<br />

se non di abbandono, almeno di ricostruzione<br />

e riorganizzazione. Il materiale<br />

usato per colmare la vasca è molto<br />

vario e dà un’idea degli oggetti usati<br />

quotidianamente nella villa (vasi, lucerne,<br />

piatti, ferri…). Si trovavano anche<br />

dei materiali da costruzione e di decorazione<br />

della villa stessa (elementi di pavimento<br />

in calcare, vetro da finestra, cornice,<br />

lastre di rivestimento di marmo…).<br />

Finora non è stato scoperto il luogo<br />

di sepoltura degli abitanti della villa,<br />

tranne i resti di due tombe di neonati11<br />

che furono sepolti vicino all’abitazione<br />

verso la fine dell’uso della villa (iii-iv<br />

sec. d.C.), come accadeva ogni tanto in<br />

quest’epoca.<br />

L’importanza dell’acqua per la vita<br />

della villa, che si trovava in una zona priva<br />

di sorgenti, ha portato i residenti a<br />

concepire un sistema di raccolta e conservazione<br />

delle acque pluviali, a cui appartengono<br />

le cisterne, già menzionate<br />

al di sotto dell’atrio e del peristilio. Inoltre,<br />

al di fuori dell’area della terrazza, in<br />

cima alla collina, si trovano i resti di una<br />

ta dai resti umani di un neonato, dispersi senza<br />

connessione anatomica dentro lo strato archeologico<br />

successivo.<br />

grande cisterna in opus caementicium a<br />

forma leggermente trapezoidale (circa<br />

22,5/20 × 12 m), profonda almeno 4 m, e<br />

non ancora scavata fino in fondo.12 Da<br />

questa cisterna scende un acquedotto.<br />

Lo specus presenta tre putei a distanza<br />

uguale l’uno dall’altro e in eccellente<br />

stato di conservazione. È costruito in<br />

pietra calcarea legata con cemento e con<br />

rivestimento interno in opus signinum.<br />

Dopo circa 70 m, lo specus dell’acquedotto<br />

s’interrompe all’improvviso e non<br />

è ancora stato possibile stabilire con certezza<br />

il suo proseguimento, anche se<br />

sembra dirigersi verso la villa.<br />

Per finire, a proposito dell’epoca imperiale,<br />

è da accennare che la facciata del<br />

grande terrazzamento, ora verosimilmente<br />

danneggiata, fu consolidata in<br />

opus incertum.<br />

La trasformazione della villa in<br />

epoca tardoantica<br />

Man mano che le campagne di scavo si<br />

svolgevano nel perimetro della villa, sono<br />

stati raccolti numerosi indizi che permettono<br />

di capire che la vita sul grande<br />

terrazzamento si è protratta ben oltre<br />

quella della villa stessa. Infatti si possono<br />

notare molti interventi che hanno profondamente<br />

cambiato la sua identità,<br />

trasformandola gradualmente da un<br />

complesso singolo in un insediamento<br />

più o meno ristretto o sparso, con funzioni<br />

varie. Oggi i dati sono ancora in<br />

corso di raccolta, ma si può proporre<br />

una ricostruzione generale basata sulle<br />

tracce più evidenti.<br />

Il fenomeno comincia dalla formazione<br />

di uno strato che alza il livello di<br />

calpestio generale. È composto principalmente<br />

da materiali di demolizione di<br />

varie parti della villa e si estende un po’<br />

dappertutto sui muri rasati della villa, facendo<br />

in qualche modo tavola rasa del<br />

passato. I materiali scaricati sono stati livellati<br />

su uno spessore variabile e pure<br />

compattati, in modo da costituire una<br />

specie di pavimento grezzo assai in piano.<br />

Secondo il materiale raccolto (sopratutto<br />

ceramica e monete), l’intervento<br />

può essere datato al v sec d.C. A<br />

quest’epoca, la villa è già in gran parte<br />

smantellata e serve anche da cava per il<br />

recupero dei suoi materiali che saranno<br />

riutilizzati per altre costruzioni sul luogo<br />

e forse anche fuori della terrazza.<br />

Nonostante questi interventi distruttivi,<br />

la villa esiste ancora nella misura in<br />

cui alcuni vani sono rioccupati secondo<br />

la loro planimetria originale. Esemplare<br />

da questo punto di vista è la trasformazione<br />

della sala a mosaico bianco e nero<br />

a disegno geometrico accanto al peristi-<br />

12 R. Lambrechts, La Civita di Artena, in<br />

Artena 1, cit., pp. 36-37.


106 cécile brouillard · jan gadeyne<br />

Fig. 8. Civita di Artena: villa, frammento<br />

con iscrizione riutilizzato in un muro<br />

tardo antico.<br />

lio, dove si è potuto constatare un uso<br />

dell’ambiente prolungatosi anche dopo<br />

il parziale abbandono della villa, causa la<br />

distruzione del tramezzo e del tetto. Al<br />

loro posto fu costruito un nuovo tetto<br />

sorretto da quattro pali fissati nei quattro<br />

angoli della stanza, che hanno parzialmente<br />

distrutto il pavimento in mosaico.<br />

Altre fosse di difficile spiegazione<br />

hanno perforato profondamente lo stato<br />

antico.<br />

Tracce di riuso degli ambienti originali<br />

della villa sono anche state ritrovate<br />

nella zona delle terme. Dimostrano che<br />

la villa era cambiata nella sua funzione<br />

tradizionale. Si è potuto notare, ad<br />

esempio, che certe aperture fra alcuni<br />

ambienti furono chiuse con materiali<br />

provenienti dalla villa, tra cui perfino<br />

pezzi del pavimento in mosaico del caldarium.<br />

Inoltre, sui resti dei muri occidentali<br />

del caldarium e del praefurnium,<br />

fu costruito un muro nuovo con materiali<br />

di recupero. Questo muro continuava<br />

al di là del complesso termale verso<br />

sud. Altri ambienti, anch’essi, in<br />

parte, di epoca tardiva e costruiti con<br />

materiale di spoglio, sono stati scoperti<br />

accanto alle terme. Dal materiale riutilizzato<br />

per la costruzione di uno dei muri<br />

proviene un frammento di iscrizione,<br />

l’unico finora trovato nell’ambito della<br />

villa (Fig. 8).13<br />

Ma non c’era solo la trasformazione<br />

di ambienti già esistenti. Fra le terme e<br />

la stanza con anticamera, ad ovest del<br />

perimetro del peristilio, è stato costruito<br />

in epoca tarda almeno un altro edificio:<br />

in pessimo stato di conservazione, tagliava<br />

la vasca attigua alla villa. Ciò che<br />

rimane della costruzione, cioè la parte<br />

inferiore della fondazione, non ci permette<br />

di ricostruirne la pianta completa<br />

perché se ne perdono le tracce sia a nord<br />

che ad est.<br />

Nella stessa area e dovunque lo strato<br />

di demolizione livellato è conservato,<br />

un’osservazione accurata consente di<br />

13 L’iscrizione è stata recentemente restaurata<br />

ed è ancora inedita.<br />

14 È così che viene riferito anche dallo<br />

storiografo Serangeli nella prima decade del<br />

xviii secolo.<br />

registrare varie strutture forate, tipo buco<br />

di palo e fossa che, una volta messe<br />

insieme, fanno intravedere la pianta di<br />

edifici leggeri sparsi.<br />

Dopo questa fase di occupazione,<br />

sembra che il terreno sia stato definitivamente<br />

abbandonato come luogo di<br />

abitazione o di attività collegate ad essa.<br />

Un ampio strato di terra nera si forma su<br />

tutto lo spazio della terrazza. L’ipotesi<br />

attuale è che questo strato rappresenti la<br />

sedimentazione conseguente alla messa<br />

in coltura del campo. Sembra che l’uso<br />

del terreno sia diventato ormai agricolo<br />

e pastorale. Sulla base del materiale raccolto<br />

in modo sistematico, il momento<br />

risalirebbe al vi sec d.C. È da supporre<br />

che il paesaggio non sia più cambiato.14<br />

Però, chi frequentava ancora la terrazza<br />

nell’Alto Medioevo ha lasciato almeno<br />

un’ultima traccia materiale della<br />

sua presenza (Figg. 9-10). Si tratta di un<br />

monumento costituito da una piattaforma<br />

leggermente trapezoidale che misura<br />

circa 4 × 5 m. Il margine della struttura<br />

è quasi interamente formato da<br />

grandi blocchi di calcare legati fra di loro<br />

senza cemento, mentre all’interno si<br />

vedono due strati di pavimento, quello<br />

inferiore con frammenti di recupero più<br />

piccoli, quello superiore con frammenti<br />

più grandi. Si notano interventi successivi<br />

di manutenzione, come una specie<br />

di piccolo basamento nell’angolo nordoccidentale<br />

o rifacimenti puntuali sul<br />

margine settentrionale, sempre con pietre<br />

di recupero. L’insieme mostra tracce<br />

di calpestio rappresentato da un fino deposito<br />

di terra battuta. Finora non è stato<br />

ancora possibile dare un’interpretazione<br />

sicura di questa struttura unica nel<br />

suo genere sul territorio di Artena. L’osservazione<br />

dei reperti non sembra di<br />

consentire l’ipotesi di un’abitazione<br />

(non si notano segni di elevazione o sospetto<br />

di elevazione sulle pietre che formano<br />

il margine), né di una struttura di<br />

lavorazione (non c’è traccia di altro deposito<br />

oltre quello lasciato dal calpestio),<br />

né di un riparo per animali (che<br />

senso avrebbe allora la cura nella sistemazione<br />

del ‘pavimento’?). Forse l’ipotesi<br />

più plausibile sarebbe da ricercare in<br />

ambito funerario.<br />

Tuttavia la sua datazione è fornita da<br />

quattro monete d’oro (Fig. 11) con la raffigurazione<br />

dell’imperatore bizantino<br />

Constante II (641-668) e di suo figlio, il<br />

futuro imperatore Costantino IV.15 Le<br />

monete erano contenute dentro un vasetto<br />

di ceramica interrato contro il<br />

margine meridionale esterno del monumento.<br />

Questo deposito, sicuramente<br />

15 Lo studio delle monete è stato curato<br />

dalla dott.ssa Alessia Rovelli (Università della<br />

Tuscia, Viterbo).<br />

16 L. Quilici, Artena (Rm). Saggi di scavo<br />

alla Civita, «ns», s. viii, xxviii, 1974, pp. 85-87.<br />

volontario, potrebbe essere legato ad un<br />

rito di fondazione.<br />

Le monete costituiscono un piccolo<br />

tesoro nel vero senso della parola, non<br />

solo perché sono rare le monete d’oro di<br />

Costante ritrovate in Italia ma anche per<br />

il valore monetario che avevano: nel vii<br />

sec. d.C. un solidus equivaleva a ben<br />

12000 monete di bronzo. È chiaro che il<br />

ritrovamento di queste monete rappresenta<br />

una scoperta importante per la<br />

ricostruzione della vita sul Piano della<br />

Civita in epoca post-romana.<br />

Sia le modificazioni delle strutture<br />

rimanenti della villa che la costruzione<br />

di quelle nuove testimoniano il verosimile<br />

sviluppo di un nuovo tipo di insediamento<br />

che ci porta fino all’Alto Medioevo.<br />

Prospettive di ricerca<br />

L’insediamento antico sul Piano della<br />

Civita è talmente esteso che abbastanza<br />

presto sono state usate prospezioni geofisiche<br />

per studiare meglio la topografia<br />

del sito. Le prime prospezioni di questo<br />

tipo sul grande terrazzamento risalgono<br />

al 1961 e poi al 1967.16 I risultati della prima<br />

prospezione sono serviti di base per<br />

i sondaggi eseguiti dal prof. L. Quilici<br />

nel 1964 e 1966.17 Si è così potuto capire<br />

il sistema di costruzione della terrazza<br />

composta da muri fondati profondamente<br />

nel suolo e disposti perpendicolarmente<br />

ai due muri frontali. Questa<br />

rete di murature sostiene le terre di<br />

riporto necessarie per la creazione del<br />

ripiano.<br />

Nell’ottobre del 2010 una nuova campagna<br />

di prospezione geofisica è stata<br />

eseguita dalla British School di Roma in<br />

collaborazione con l’Università di Southampton.18<br />

Lo scopo era di stimare il<br />

potenziale archeologico ancora da<br />

esplorare sulla terrazza, sia in densità<br />

che in estensione. I risultati (Fig. 12) si<br />

sono rivelati adeguati e fanno intravedere<br />

varie strutture ancora da scoprire.<br />

Particolarmente interessanti sono i dati<br />

che si riferiscono alla costruzione della<br />

terrazza stessa e quelli che riguardano la<br />

possibile presenza di un piccolo complesso<br />

ad ovest della villa.<br />

I risultati delle indagini geofisiche<br />

confermano una realtà ben piu complessa<br />

di quella che si era pensato all’inizio<br />

degli scavi della villa romana. In particolare,<br />

invitano a controllare le ipotesi<br />

suggerite per quanto riguarda la maglia<br />

di muri ortogonali in modo da non confondere<br />

questi ultimi con i muri orientati<br />

della stessa maniera ma appartenenti<br />

17 L. Quilici, Artena. Campagna di saggi<br />

nella Civita di Artena, «ns», s. viii, xxii, 1968,<br />

pp. 30-74.<br />

18 N. Crabb, La Civita di Artena, Artena,<br />

Lazio. Geophysical Survey Report, 2011, rapporto<br />

non pubblicato.


artena, piano della civita. conoscenze archeologiche (1978-2010) 107<br />

Fig. 9. Civita di Artena: villa, con evidenziato il monumento altomedievale.<br />

all’estensione tarda della villa. Così saranno<br />

effettuati saggi stratigrafici mirati<br />

sul margine della terrazza artificiale<br />

mentre l’ampliamento dello scavo dovrebbe<br />

portare a nuove scoperte legate<br />

non solo alla pars rustica della villa d’età<br />

imperiale ma anche ai nuovi tipi di occupazione<br />

del luogo in epoca tardoantica<br />

e altomedievale.<br />

Conclusione<br />

Prendendo in considerazione i risultati<br />

degli scavi della città d’epoca repubblicana<br />

e della villa romana possiamo dunque<br />

rilevare che la vasta area recinta dalle<br />

mura poligonali è stata usata per più<br />

di mille anni, dal iv sec. a.C. fino al vii<br />

sec. d.C.<br />

Aggiungendo i dati più discreti forniti<br />

dal materiale residuale o fuori contesto,<br />

è molto probabile che quest’arco di<br />

tempo possa rivelarsi ancora più ampio<br />

con il proseguire degli scavi.<br />

Post-Scriptum<br />

Salendo la pendice per la stessa strada<br />

che da oltre 2300 anni porta in cima alla<br />

collina per godere di un panorama rimasto<br />

quasi del tutto immutato, si percepisce<br />

il potenziale archeologico unico<br />

e il ruolo fondamentale che questa zona<br />

ha avuto nella storia di Artena. Il sito è<br />

protetto dal 1972 dal Piano Regolatore<br />

del Comune di Artena e vincolato dal<br />

1979, mentre l’idea di un parco archeologico<br />

risale al 1985. Una parte dei resti in<br />

situ è stata restaurata nel periodo 2005-<br />

2006 mentre nel 2009 fu inaugurato il<br />

Fig. 10. Civita di Artena: villa, monumento altomedievale.<br />

Fig. 11. Civita di Artena: villa, tesoro monetale scoperto a lato del monumento altomedievale.


108 cécile brouillard · jan gadeyne<br />

Fig. 12. Civita di Artena: risultati grafici della prospezione geofisica del 2010.<br />

nuovo Museo Civico Archeologico ‘Roger<br />

Lambrechts’, ancora non aperto al<br />

pubblico per mancanza di fondi.19<br />

Purtroppo, nonostante le iniziative<br />

private e pubbliche di promozione, il sito<br />

non sempre si presenta nel migliore<br />

dei modi ai visitatori, locali o forestieri<br />

che siano, quando per caso ne conoscono<br />

semplicemente l’esistenza. La manutenzione<br />

è sporadica e urgono lavori di<br />

consolidamento, di restauro e di protezione<br />

di alcuni ambienti. Si ricorda che<br />

dopo le prime indagini nella villa (1995),<br />

fu chiesto a Lambrechts di estendere lo<br />

scavo a tutta l’area della villa. L’avvio fu<br />

reso possibile grazie al progetto ‘Cinte<br />

murarie di antiche città del Lazio’, finanziato<br />

dall’Unione Europea e dal Comu-<br />

19 Offriamo qui una bibliografia essenziale<br />

del sito: Th. Ashby, G. J. Pfeiffer, La Civita<br />

near Artena in the Province of Rome, «Supplementary<br />

Papers of the American School<br />

of Classical Studies in Rome», i, 1904, pp. 87-<br />

107; M.R. de la Blanchère, Villes disparues.<br />

La Cività, «mefra», i, 1881, pp. 161-180; C. Brouillard,<br />

J. Gadeyne, La villa romana del<br />

Piano della Civita ad Artena, in Lazio e Sabina 1,<br />

Atti del Primo Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina,<br />

Roma, 2003, pp. 61-64; Iidem, Gli scavi<br />

della villa romana sul Piano della Civita in Artena.<br />

Nuovi dati delle campagne di scavo del 2002-<br />

2004, in Lazio e Sabina 3, Atti del Terzo Incontro<br />

di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma, 2006, pp.<br />

223-226; IIdem, La villa romana del Piano della<br />

Civita ad Artena. Le campagne di scavo 2006-<br />

2009, in Lazio e Sabina 7, Atti del Settimo Incontro<br />

di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma, 2011,<br />

pp. 339-343; C. Brouillard, J. Gadeyne, A.<br />

Rovelli, La villa romana del Piano della Civita<br />

di Artena (Rm). Campagna di scavo 2010. Una<br />

struttura alto-medievale ed un tesoretto monetale<br />

bizantino, in Lazio e Sabina 8. Atti del Ottavo Incontro<br />

di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma,<br />

2012, pp. 99-105; J. Gadeyne, Artena. Piano della<br />

Civita, in Cinte Murarie di antiche città del Lazio.<br />

Progetto di conservazione e valorizzazione<br />

della cinta muraria e dei monumenti della città di<br />

ne di Artena a patto che i resti rimanessero<br />

visibili in vista di un futuro ‘parco<br />

archeologico’. La questione preoccupava<br />

seriamente R. Lambrechts, in quanto<br />

timoroso che le autorità locali non garantissero<br />

una buona conservazione dei<br />

resti. Da un lato si pentì più volte di aver<br />

accettato, dall’altro contava sull’intelligenza<br />

e il buon senso: un patrimonio come<br />

questo, per forza, deve essere fruito<br />

e preso in considerazione.<br />

Diceva ancora Roger Lambrechts<br />

con affetto: ‘bisogna essere un po’ pazzo<br />

per tenere duro ad Artena’. Aveva ragione<br />

e forse in questo senso un po’ pazzi lo<br />

siamo tutti noi che prendiamo a cuore la<br />

salvaguardia del sito archeologico e del<br />

paesaggio naturale che lo circonda, spe-<br />

Ferentino e della Civita di Artena, Roma, 2000,<br />

pp. 30-37; R. Lambrechts, Scavi belgi ad Artena,<br />

«Archeologia laziale», vii, 1, 1985, pp. 119-<br />

126; Idem, Préromains et Romains sur le plateau<br />

d’Artena?. Introduction à l’exposition consacrée<br />

aux fouilles d’Artena, in Comunità indigene e problemi<br />

della romanizzazione nell’Italia Centro-meridionale<br />

(iv-iii sec. av.C.). Actes du Colloque International,<br />

Bruxelles-Roma, 1991, pp. 65-73;<br />

Idem, Il Piano della Civita all’inizio del ’700, in<br />

Della Terra di Montefortino, feudo dell’Ecc.ma<br />

Casa Borghese. Il “notaro publico” Stefano Serangeli,<br />

storico e letterato (1654-1730), Artena, 2000,<br />

pp. 146-151; Idem, Artena 3. Un “mundus” sur le<br />

Piano della Civita? Bruxelles-Rome, 1996<br />

(«Etudes de philologie, d’archéologie et d’histoire<br />

anciennes», xxxiii); Idem, Les fouilles<br />

belges d’Artena, «Bulletin de la Classe des lettres,<br />

Académie Royale de Belgique», s. vi,<br />

xiv, 2003, pp. 117-147; Idem, Latium antique et<br />

archéologie belge, «Revue des Archéologues,<br />

Historiens d’art et Musicologues de l’ucl», 2,<br />

2004, pp. 16-23; R. Lambrechts et alii, Artena<br />

1, Bruxelles-Rome, 1983 («Etudes» citati,<br />

xxiii); R. Lambrechts et alii, Artena 2, Bruxelles-Rome,<br />

1989 («Etudes» citati, xxvi); R.<br />

Lambrechts, P. Fontaine, Artena (Roma).<br />

Rapporto sommario sugli scavi effettuati dalla<br />

missione belga sul Piano della Civita (campagne<br />

rando in un coordinamento delle risorse<br />

e in una volontà pubblica convinta di<br />

partecipare sia al finanziamento degli<br />

scavi che alla manutenzione del sito. È<br />

assolutamente necessario avviare un dibattito<br />

pubblico su una vera protezione<br />

della collina sulla quale si trova il sito archeologico,<br />

posto di fronte alla cava che<br />

minaccia seriamente di danneggiare<br />

non solo il paesaggio, ma anche l’integrità<br />

del sito archeologico e delle sue risorse<br />

naturali. Si spera che questa situazione<br />

venga presa in considerazione in<br />

senso globale, cioè dal punto di vista<br />

scientifico, culturale, ambientale e sociale.<br />

I risultati appena presentati e quelli<br />

futuri giustificherebbero pienamente<br />

l’investimento.<br />

del 1979, 1980 e 1981), «ns», s. viii, xxxvii, 1986,<br />

pp. 183-213; R. Lambrechts, P. Fontaine, E.<br />

De Waele, La Civita di Artena. Scavi belgi<br />

1979-1989, Rome, 1989; R. Lambrechts, H.<br />

Rix, Artena, Piano della Civita. Une inscription<br />

inédite / Eine unveröffentlichte Inschrift, «Revue<br />

Belge de Philologie et d’Histoire», 74, 1, 1996,<br />

pp. 131-142; J. Poucet, Notice sur Roger Lambrechts,<br />

«Académie Royale de Belgique. Annuaire»,<br />

2008, pp. 67-101; L. Quilici, Artena.<br />

Campagna di saggi nella Civita di Artena, «ns»,<br />

s. viii, xxii, 1968, pp. 30-74; Idem, Artena<br />

(RM). Saggi di scavo alla Civita, «ns», s. viii,<br />

xxviii, 1974, pp. 56-87; Idem, La Civita di Artena,<br />

in Latium Vetus, iv, Roma, 1982; Idem,<br />

Parchi archeologici e ambiente. Riflessioni in margine<br />

all’esperienza in atto alla Civita di Artena,<br />

«Ocnus», 15, 2007, pp. 201-208; M. Valenti, Il<br />

rapporto tra la città e il territorio: strutture dell’economia<br />

e della residenza, in Atlante del Lazio<br />

Antico. Un approfondimento critico delle conoscenze<br />

archeologiche, Roma, 2003, pp. 141-180.<br />

Referenze grafiche e fotografiche: le<br />

immagini pubblicate sono state riprese<br />

nell’ambito delle Missioni (1978-2010) (C.<br />

Brouillard, N. Crabb, G. Foglia, J.<br />

Gadeyne, R. Lambrechts, E. Mariette,<br />

M. Papale).

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