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<strong>Thule</strong><br />
ASSOCIAZIONE CULTURALE<br />
I T A L I A<br />
<br />
12/2005<br />
dic/gen
Difesa della Tradizione<br />
5 Nostra Madre Natura<br />
8 Sole, il 25 dicembre<br />
10 Gli Dei o Archetipi presenti<br />
nella storia e nell’Uomo<br />
Rivoluzione e Tradizione<br />
14 La Via di Shiva, La via di <strong>Thule</strong><br />
16 Liberalismo Agnostico<br />
18 Fenomenologia dell’Ordine<br />
Attualità<br />
24 Per una lettura del mondo<br />
Giovanile<br />
26 Trasporti europei<br />
30 Ds come dissoluzione<br />
Storia e Controstoria<br />
34 Apologia di un Imperatore<br />
38 The Nazi Connection<br />
42 Il primo caduto<br />
della guerra civile<br />
Viaggi e resoconti<br />
46 Diario di Viaggio: Linz di Frida<br />
51 Bellatrix<br />
mensile<br />
anno III<br />
Dicembre/Gennaio 2005-2006<br />
distribuzione gratuita interna<br />
fotocomposto in proprio<br />
progetto grafico e copertina<br />
Antonello Molella
thule <strong>italia</strong><br />
editoriale<br />
di Marco Linguardo<br />
Non vi è miglior modo di<br />
aprire questo numero dedicando<br />
l’editoriale ad una figura<br />
di storico verso la quale<br />
occorre portare riconoscenza sia per la<br />
qualità delle Sue opere sia per la coerenza<br />
con le quali ha sostenuto da sempre la<br />
Sua lotta contro le menzogne raccontate<br />
dagli storici “politically correct”.<br />
Studio, passione e lotta che dovrebbero<br />
essere presi da esempio da chiunque e<br />
soprattutto da chi è in <strong>Thule</strong> e con <strong>Thule</strong>.<br />
Vi lascio con le parole di Irving presenti<br />
sulla bandella del Suo libro “La Guerra di<br />
Hitler” edito dalla Settimo Sigillo.<br />
Ho il sospetto che quanti mi criticano lo<br />
facciano non per le cose che ho scritto ma<br />
per quelle che non ho scritto e che loro<br />
avrebbero voluto che io scrivessi.<br />
Così non credo di dovere a chicchessia<br />
delle scuse per aver visto in una nuova<br />
ottica l’uomo Adolf Hitler. L’immagine<br />
che di lui ci è stata data in passato è così<br />
piena di errori dovuti a esigenze propagandistiche,<br />
che qualsiasi studio storico<br />
basato su documenti seri è un passo<br />
avanti. Ritengo di avere con questo libro<br />
“processato” Hitler secondo le regole della<br />
giustizia britannica nella quale vige il<br />
giusto rispetto delle prove. Per questo<br />
motivo ho attentamente analizzato tutte<br />
le fonti delle quali mi sono avvalso. Molte<br />
fonti regolarmente usate da altri storici si<br />
sono rivelate falsità ordite, per più motivi,<br />
a scapito della verità. In una occasione<br />
chiesi ai laboratori giudiziari della città di<br />
Londra di sottoporre ad esame chimico<br />
un “Diario dell’Ammiraglio Canaris” che<br />
mi era stato offerto: risultò dall’esame<br />
della carta e dell’inchiostro, che si trattava<br />
di un documento creato nel dopoguerra.<br />
Non sorprende, in simili circostanze, che il<br />
castello messo in piedi da poco scrupolosi<br />
storici cominci oggi a scricchiolare.<br />
E’ cosa comune attribuire ad Hitler una<br />
colpa di tutto quanto accadde agli ebrei<br />
europei. Ma, cosa pensare, in proposito,<br />
dell’editto “urgente” emanato da Rudolf<br />
Hess, vice del Fueher, in occasione della<br />
vergognosa “Notte dei Cristalli” (primo<br />
degli oltraggi antiebraici incoraggiato<br />
da Joseph Goebels), nel quale si ordinava<br />
“per volontà del massimo livello” di<br />
smettere immediatamente ogni atto di<br />
violenza contro le proprietà ebraiche?<br />
Qualsiasi storico, se avesse avuto per le<br />
mani quel documento, avrebbe chiuso gli<br />
occhi nella speranza che, riapertili, dello<br />
stesso non ci fosse più traccia. E infatti alcuni<br />
documenti sono scomparsi: si tratta<br />
di carte della massima importanza, fatte<br />
scomparire nel dopoguerra durante i processi<br />
di Norimberga.Non mi sorprende<br />
dunque che qualcuno mi abbia definito<br />
un grande rompiscatole: sino a questo<br />
momento, quando si è trattato di scrivere<br />
a proposito di Hitler, tutto “andava bene”,<br />
nessuna menzogna era esagerata, nessuna<br />
leggenda era troppo assurda per essere<br />
creduta e fragorosamente applaudita.<br />
David Irving<br />
Per essere vicini in questo momento allo<br />
Storico David Irving scrivere a: David Irving<br />
— Justizanstalt, Wien-Josefstadt,<br />
Wickenburggasse 18-20, A - 1080 Wien,<br />
AUSTRIA
difesa della tradizione<br />
difesa della tradizione difesa della tradizione
Nostra<br />
Madre<br />
Natura<br />
Il tema dell’ecologia, è da decenni parte del bagaglio<br />
“ideologico” di una tale parte culturale, che si<br />
autodefinisce “ambientalista”, o similare.<br />
Tali gruppi partono da presupposti che nella nostra<br />
weltanschauung non trovano posto, essendo anch’essi<br />
dei sottoprodotti della catena di montaggio del sistema<br />
usurocratico, che ogni tanto si da una riverniciata in<br />
verde per dare una parvenza di “ecologismo”: “Si, siamo<br />
stati cattivucci con la natura però tutto sommato ora<br />
siamo pentiti”, senza logicamente fare nulla di concreto.<br />
Strano caso ma a tale ambientalismo va a braccetto un<br />
pacifismo castrante e l’egualitarismo, quasi a voler far<br />
credere che la Natura sia pacifista o egualitaria, quasi<br />
a voler far credere che tali gruppi o individui siano<br />
gli unici a cui ci si può riferire per vedere dei punti<br />
di riferimento in battaglie che riguardano la lotta<br />
all’inquinamento, alla vivisezione, allo smembramento<br />
delle Sacre Montagne, agli OGM ecc...<br />
NOI, nel combattere il non-rispetto della natura, la<br />
“snaturalizzazione della natura” partiamo da presupposti<br />
diversi. Per noi, la difesa delle realtà biologica animale,<br />
vegetale, minerale, non si discosta dalla difesa delle<br />
realtà umana. Non vediamo la Natura come un bel<br />
quadro raffigurante un paesaggio montano, da<br />
contemplare passivamente e da restaurare ogni tanto.<br />
No, noi abbiamo in mente di rappresentare un nuovo<br />
tipo umano che ritorni al suo ambiente. Che riacquisti<br />
la comunione col territorio, col Suolo natio. Riallacciarsi<br />
alla sintonia con la Nostra Madre Natura, in un rispetto<br />
per i suoi componenti, per le sue differenziazioni,<br />
ma soprattutto riacquistare il contatto con le sue<br />
forze spirituali, e questo è ben lontano dall’ecologia<br />
moderna o ambientalismo che dir si voglia. Si tratta di<br />
staccarsi dalle catene opprimenti del modernismo per<br />
ricon<strong>net</strong>tersi al ciclo naturale.<br />
Il peggior male che ha causato l’industrializzazione<br />
dell’agricoltura europea è stata quella di cancellare<br />
la figura del contadino per far posto a quella<br />
dell’imprenditore agricolo e dei braccianti. Ossia<br />
guadagno ottenuto con i minori costi e i maggior<br />
profitti che si traduce nel non rispettare le leggi naturali<br />
Avatar<br />
e nel lavoro alienato e automico.<br />
Finirono così le osservazioni della Luna, del Sole, delle<br />
Piogge, i migliori meteorologi sono sempre stati i<br />
contadini, e nell’ambiente contadino nascevano quelle<br />
persone che potremo ben definire uomini e donne<br />
con facoltà superiori utilizzate nel favorire piogge,<br />
raccolti, per difendere le semine dagli uccelli e così via,<br />
sono cose che soprattutto in alcune zone delle regioni<br />
meridionali dell’Italia si possono sentire raccontare<br />
come non troppo vecchie se non ancora applicate.<br />
Il Lavoro agricolo era lavoro ciclico e strettamente<br />
correlato ai ritmi naturali, non era pensabile un<br />
agricoltura fuori da questi cicli. Nei tempi antichi il<br />
contadino stringeva due patti, uno con il Cavaliere e<br />
l’altro con la Terra. Inutile dire che oggi chiaramente è<br />
scomparso tutti questo, e non facciamoci abbagliare<br />
dall’ “agricoltura biologica”, nient’altro che un business<br />
(altrimenti non verrebbe pubblicizzata), o un attrazione<br />
turistica, di certo non una realtà di agricoltura<br />
alternativa.<br />
Dobbiamo aspirare e progettare un tipo di relazione<br />
col territorio totalmente differente agli attuali canoni<br />
moderni, ritornare alla Terra in senso materiale ma<br />
soprattutto spirituale, sentire la relazione, lo scambio di<br />
energie, tra noi e la terra, la comunanza, una solidarietà<br />
tra l’Uomo (che è diverso dall’umano) e la Natura. In<br />
quest’ottica si può pensare oltre che un vago “amore<br />
per la natura e gli animali” che in noi è Naturalmente<br />
Innato, a un qualcos’altro, un’ agrosofia che dia i suoi<br />
frutti nella costituzione di nuove realtà agricole e<br />
zootecniche, basate, appunto su quel senso spirituale di<br />
fondo. E’ il primo passo per l’abbattimento del sistema<br />
usurocratico, forme di vita, di convivenza, di comunità<br />
basate sul Lavoro e la Tradizione, e non sul denaro e il<br />
caos.<br />
Bisogna imparare che la natura che ci circonda non sta<br />
qui per essere violata, bisogna comprendere che non ci<br />
facciamo abbagliare dal “serve per salvare vite umane”,<br />
per la nostra visione del mondo nessuna forzatura delle<br />
leggi naturali, nessun sopruso verso di essa, nessun<br />
intervento atto a modificare la natura oltre il limite che
testo della tradizione<br />
essa stessa ci concede, può essere giustificato perché<br />
può “salvare” vite umane. E’ proprio qui che viene<br />
violato il patto, un patto non può essere a senso unico,<br />
non si può prendere senza dare,e anche nel prendere<br />
si deve stare dentro il proprio ruolo di comunanza con<br />
la natura.<br />
Chi giustifica la vivisezione o il taglio delle foreste,<br />
con il fatto che da ciò se ne ricaveranno dei farmaci<br />
non è diverso da chi li giustifica perché da questo se<br />
ne potranno ricavare dei cosmetici, entrambi partono<br />
da presupposti antinaturali ed egoistici. Ecco perché<br />
la nostra visione si incentra in un concetto spirituale,<br />
in una visione antimaterialista, antiumanista, in<br />
contrapposizione all’antropocentrismo che pone come<br />
cardine il poter e dover fare qualunque cosa contro la<br />
natura perché questa “umanità” possa “vivere” o “ vivere<br />
meglio” a discapito degli altri essere viventi. Dobbiamo<br />
imparare anche in questo a non pensare nel senso del<br />
sentimentalismo, non ci si struggi il cuore nel veder<br />
soffrire un cagnolino per poi passare indifferenti di<br />
fronte a una pianta tagliata, un fiore calpestato, chi<br />
ci dice che il mondo vegetale non ha la capacità di<br />
soffrire come il mondo animale? E di certo a muoverci<br />
nella difesa di animali o vegetali non ci muoviamo per<br />
pietismo o per un teosofico “pacifismo”.<br />
Cosa possono fare oggi, gli aderenti all’Associazione<br />
<strong>Thule</strong> che vogliono iniziare a mettere in pratica nella loro<br />
vita questi principi? Innanzitutto darsi una disciplina<br />
ecosofica. A partire da un alimentazione equilibrata, che<br />
dovrà protrarsi al consumo dei prodotti locali, chi vive<br />
in piccole realtà potrà anche attingere da coltivazioni o<br />
allevamenti familiari veramente fuori dai canoni attuali<br />
industriali, l’utilizzo di prodotti di qualsiasi genere il<br />
più possibile naturali. Il tempo libero dovrebbe essere<br />
dedicato all’esplorazione del proprio territorio, alla<br />
conoscenza di questo, e mentre camminate per i vostri<br />
piani, per i vostri monti, nei vostri boschi, respirate a pieni<br />
polmoni e sentite gli odori e le sensazioni che la natura<br />
ci offre, osserviamo i nostri paesaggi e sentiamoli come<br />
vivi, amiamoli nel vero senso della parola, sentiamoci<br />
partecipi di tutto questo, recuperiamo il contatto con<br />
le sue forze spirituali, meditiamo. In questi momenti si<br />
applicano oltre alle fondamentali regole di rispetto<br />
anche il ripristino del senso della sacralità del nostro<br />
Suolo, è questo che dobbiamo sentire dentro di noi.<br />
La natura ci parla, ascoltiamola. Poniamoci di fronte a<br />
quell’albero di quercia e cerchiamo di parlare con lui,<br />
dopo un po’ sentiremo le sue risposte, lo sentiremo<br />
vivo. E quando torneremo in città ci sentiremo diversi<br />
da chi ha passato la giornata nel caos metropolitano,<br />
e anche qui cercheremo di non abbruttire ancor di più,<br />
come fanno gli altri, l’ambiente cittadino.<br />
Dobbiamo comprendere il senso del ritorno alla Terra<br />
nel suo significato più profondo:<br />
Riacquistare la solidarietà con Nostra Madre Natura.<br />
ifesa della tradizion dife
Sole<br />
il 25 dicembre<br />
Nel corso della ricerca di informazioni e documenti riguardanti<br />
le origini pagane del Natale, quello che stupisce<br />
è che la data del 25 dicembre, prima di diventare<br />
celebre come “compleanno di Gesù”, sia stata giorno di<br />
festa per i popoli di culture e religioni molto distanti tra<br />
loro, nel tempo e nello spazio.<br />
Le origini di questi antichi culti vanno ricercate in ciò<br />
che è “principio” della vita sulla terra e che “dal principio”<br />
è stato oggetto di culto e di venerazione: il sole.<br />
Al centro di questo ciclo c’era l’astro che scandiva il ritmo<br />
della giornata, la “stella del mattino” che determinava<br />
i ritmi della fruttificazione e che condizionava tutta la<br />
vita dell’uomo. Per quest’ultimo, temere che il sole non<br />
sorgesse più, vederlo perdere forza d’inverno riducendo<br />
sempre più il suo corso nel cielo, era un’esperienza<br />
tragica che minacciava la sua stessa vita. Perciò, doveva<br />
essere esorcizzata con riti che avessero lo scopo di evitare<br />
che il sole non si innalzasse più o di aiutarlo nel<br />
momento di minor forza.<br />
È proprio partendo da questa considerazione che possiamo<br />
individuare le origini dei rituali e delle feste collegate<br />
al solstizio d’inverno.<br />
Questo giorno 23, è il giorno quando il Sole (dopo essere<br />
apparso nei giorni precedenti nel punto del massimo<br />
declino: in inverno) e apparentemente sembra per<br />
un giorno intero restare fermo in quel punto del cielo, il<br />
giorno dopo, il 24, riprende il suo cammino verso l’alto,<br />
ogni giorno di più, fino al solstizio d’estate dove invece<br />
si verifica il fenomeno inverso In poche parole quello<br />
dell’inverno significava che il sole giunto nella sua fase<br />
piu’ debole come luce e calore, non sprofondava nelle<br />
tenebre dove sembrava precipitare, ma diventava con<br />
la sua vitalita’ “invincibile” (invictus) sulle stesse tenebre,<br />
“rinasceva”, aveva un nuovo “natale”. Appunto il Natale<br />
del Sole invictus.<br />
Il solstizio: Solstitiu(m) significa proprio “sole fermo”. In<br />
Astronomia sono quei due giorni dove il sole si ferma<br />
per invertire il suo moto nel senso della declinazione; è<br />
cioe’ il punto dove raggiunge la massima distanza dal<br />
piano equatoriale.<br />
Per spazzare via il paganesimo la religione Cristiana<br />
Jera<br />
non potendo abolire questa festa pagana che continuamente<br />
celebravano i romani decise di farla coincidere<br />
con la nascita di Cristo. La nascita di Cristo, questa festa<br />
ricordo, in precedenza si celebrava non senza incontrare<br />
molte opposizioni (Origene e Arnobio) il 6 gennaio<br />
(Epifania- che significava l’apparizione, mostrarsi ), fu<br />
spostata nel IV secolo al 25 Dicembre per soppiantare<br />
la festa appunto culturale pagana del “natale del sole<br />
invitto” di Aureliano istituita nel 273<br />
E dato che il Natale significa anche “nascita”, l’operazione<br />
“pulizia pagana” per i sacerdoti del cristianesimo (nel<br />
321) fu molto semplice e divenne la ricorrenza che tutti<br />
oggi conosciamo.<br />
Il sole, il simbolo portatore della vita in genere: MITHRA<br />
era il dio mesopotamico del Sole gia’ nel 1400 a.C. Lo si<br />
festeggiava proprio il 25 Dicembre, con la festa del son<br />
(vocabolo babilonese) invictis.<br />
Nel culto del dio persiano, Mithra (in babilonese chiamato<br />
anche Bel) era del resto considerato il figlio del<br />
dio supremo: figlio del Sole e Sole egli stesso.<br />
Componenti essenziali della religione di Mithra era la<br />
salute dell’anima e l’immortalità; una dottrina legata<br />
alle idee di salvezza, di purificazione, di immortalità<br />
dopo la morte e dopo la fine del mondo.<br />
Il culto conosceva un battesimo, e una specie di pasto<br />
sacro, consistente in pane, acqua e vino, e parimenti a ricordo<br />
dell’ultimo pasto (ultima cena?) del maestro, Mithra<br />
dopo averlo consumato come atto sacrificale, salì<br />
al cielo portato dal carro del Sole per unirsi al Sole Nelle<br />
tradizioni e ritualita’ della festa del Sole troviamo anche<br />
molte altre cose in comune con il cristianesimo che<br />
certamente mutuò da entrambi i due paesi citati sopra.<br />
Sia nei riti, vedi il battesimo, il pasto sacro dove MITHRA<br />
dopo averlo consumato salì al cielo col carro del Sole;<br />
poi ritroviamo il banco di pietra davanti l’abside, l’altare<br />
dove veniva esposto il disco solare; e ritroviamo l’ascesa<br />
al cielo per gli eletti cui veniva garantita alla morte<br />
-se bevevano la bevanda dell’immortalità- l’ascesa<br />
verso le sette sfere pla<strong>net</strong>arie trasportati dal carro del<br />
Sole. Altro sibolo le Natale: l’albero è un culto di tutte<br />
le religioni arcaiche; è l’albero cosmico della mitologia
germanica (Yggdrasil, e la tradizione odierna riparte<br />
proprio dai germani), l’albero dei Veda (Asbvatta), l’albero<br />
della Vita che Dio stesso mette a dimora nel Paradiso<br />
(e da non confondersi con quello della conoscenza<br />
- Genesi II-27); è l’albero (babilonese) dei frutti , l’albero<br />
dove i primi popoli primitivi (in oriente rappresentava<br />
il risveglio della natura) osservarono proprio alla rinascita<br />
del sole solstiziale le gemme e il contemporaneo<br />
collegamento misterioso della crescenza delle stesse, e<br />
ne hanno fatto poi -nella fantasia delle varie religioni<br />
come abbiamo visto sopra.La concezione della consacrazione<br />
( = dal-sacrificio) era un rituale presente in<br />
tutti i riti arcaici delle antiche religione politeistiche,<br />
monoteistiche e anche dei riti pagani più lontani nel<br />
tempo, ed era concepita -l’offerta sacrificale e la distribuzione<br />
ai presenti- come portatrice di speciali forze<br />
che andavano ad agire sui presenti sacrificanti, e per<br />
questo chiamata “communio” (cioè dividere una cosa<br />
con altri - e la cena, il pasto o la semplice assunzione di<br />
un frammento dell’oggetto del sacrificio, era il rito per<br />
ricevere le speciali forze)<br />
L’accostamento al Sole Mithra non era del resto casuale.<br />
Giovanni nel Nuovo Testamento affermava “...in Lui<br />
era la vita e la vita era la Luce, la luce che splende nelle<br />
tenebre, la Luce vera che illumina ogni uomo” (Giovanni<br />
1,4-5 e 9).<br />
Tertulliano che scrisse su quasi tutti i problemi che agitavano<br />
la Chiesa del tempo, e che coniò molti concetti<br />
che dovevano poi essere alla base della dottrina della<br />
Trinità e della cristologia, scriveva “...ritengono che il<br />
Dio cristiano sia il Sole perchè è un fatto notorio che<br />
noi preghiamo orientati verso il Sole che sorge e che<br />
nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia, a dir il vero per<br />
una ragione del tutto diversa dall’adorazione del Sole”<br />
(Tertulliano, Ad Nationes I, 13).<br />
La coincidenza con il solstizio d’inverno fece sì che<br />
molte usanze solstiziali, non incompatibili con il cristianesimo,<br />
venissero recepite nella tradizione popolare.<br />
D’altronde non si trattava di una sovrapposizione<br />
infondata, perché fin dall’Antico Testamento Gesù era<br />
preannunciato dai profeti come Luce e Sole. Malachia<br />
testo della tradizione<br />
lo chiamava addirittura “Sole di giustizia”.<br />
Insomma nel IV e V secolo, molti cristiani erano attirati<br />
da queste feste spettacolari e la Chiesa romana, preoccupata<br />
dalla straordinaria diffusione dei culti solari e<br />
soprattutto dal mithraismo, che con la sua morale e<br />
spiritualità, non dissimile dal cristianesimo poteva frenare<br />
se non arrestare la diffusione del vangelo, pensò di<br />
celebrare nello stesso giorno del Natale del Sole (Sole<br />
Invictus) il Natale del Cristo, come vero Sole. Sostituire<br />
cioè la “grande festa” del Sole. Ancora l’ostensorio della<br />
liturgia cristiana, contrariamente a quello che si pensa<br />
non prese il nome dall’ostia, ma l’incontrario. Si chiamava<br />
ostensorio un millennio prima di Cristo; ostiare<br />
corrispondeva a un etimo egizio (e si traslò anche nel<br />
latino) e significava mostrare, fare vedere; cioè mostrare<br />
il disco solare ai fedeli; la liturgia cristiana conservò<br />
anche l’abbassamento del capo, perchè nei primi riti<br />
di Aton all’aperto, non era una proibizione guardare<br />
il sole, ma era solo un accorgimento, perchè fissando il<br />
sole si rischia di perdere la vista. Nei successivi riti trasferiti<br />
all’interno dei templi i sacerdoti di Aton ricorsero<br />
a un disco d’oro con i raggi attorno; appunto l’ostensorio,<br />
elevato in alto (elevazione) ma l’abitudine di chinare<br />
il capo rimase, e fu poi successivamente, insieme<br />
all’oggetto, traslato anche nel rito cristiano.<br />
Ostiare - significa infatti “mostrare” la vittima del sacrificio,<br />
ed era la primordiale barbara scena e costumanza<br />
nel sacrificare alle divinità i nemici presi in guerra e<br />
“mostrarli” al popolo. Il vocabolo rimase anche nell’antico<br />
latino; ma il Senato di Roma abolì questa “ostensione”<br />
fin dal 657 a.C., ritenendola una usanza indegna di<br />
un popolo civile.<br />
ifesa della tradizion dife
Gli Dei<br />
o archetipi<br />
presenti nella storia<br />
e nell’Uomo Giorgio<br />
Un alchimista contemporaneo considera gli archetipi,<br />
ovvero i campi energetici emanati dal Principio, come<br />
dèi, cioè figure plastiche suggestive e soggettive che<br />
ogni operatore può scoprire e verificare concretamente:<br />
questo, sulla base che dietro ogni evento di natura<br />
metafisica si rivela, si manifesta un potere chiaramente<br />
contraddistinto. Poiché gli dèi sono presenti nella natura<br />
come forme o modi d’essere del divino, essi sono<br />
‘vivi’ anche nella storia dell’umanità per svolgervi un<br />
ruolo fondamentale, sia a livello individuale che collettivo.<br />
Essi sono determinanti, infatti, per l’affermazione<br />
di certi significati etici, filosofici, religiosi, politici, artistici:<br />
ogni divinità associa tali valori alla sua caratteristica<br />
specifica e pertanto i sistemi culturali e morali variano,<br />
nel corso della storia, col variare degli archetipi o dei<br />
predominanti, in un determinato periodo storico, nell’inconscio<br />
collettivo e quindi nella società..<br />
In ogni periodo, infatti, sono presenti più dèi in posizione<br />
di protagonisti, altri sono in stato di quiescenza<br />
o ricoprono ruoli di secondo piano (in sordina), altri ancora<br />
sono in opposizione ai primi. Tutti gli dei ed i loro<br />
valori, poco o tanto, prima o poi, agiscono comunque<br />
da dietro le quinte del collettivo umano, in un via vai<br />
di ampio respiro nel corso dei secoli. Funzionalmente<br />
un dio chiama altri dei, gli uni come alleati, gli altri<br />
come avversari, come una nota musicale porta sempre<br />
le sue risonanze . Dato che i pregi e i difetti degli dei<br />
sono onnipresenti, anzi onnipotenti, i fenomeni storici<br />
vanno studiati sotto questo profilo, con un’ottica molto<br />
diversa dalla comune. Difatti uomini e popoli sono condizionati<br />
dagli dei, come i soldatini di piombo o le mario<strong>net</strong>te<br />
nel gioco dai bambini. Come gli individui, così<br />
i collettivi sono ge<strong>net</strong>icamente connotati ad una specifica<br />
divinità che – nel caso di un popolo – è definita lo<br />
spirito della razza; tale ‘divinità’ a volte risulta vincente e<br />
a volte perdente nel corso delle vicende storiche delle<br />
nazioni. La finalità di ogni popolo, di ogni nazione, è la<br />
propria conservazione o affermazione; tali finalità sono<br />
associate a quelle del dio che caratterizza tale struttura<br />
sociale e in essa si realizza. In genere una nazione si<br />
alimenta d’immagini mitiche che recepisce e subisce e<br />
Sangiorgio<br />
che ne rivelano la dipendenza da un dio, piuttosto che<br />
da un altro. Il dio egemone di un dato popolo tende<br />
ad espandere la propria influenza, il proprio potere, a<br />
scapito degli dei di altri popoli. Quando il dio trainante<br />
è perdente, viene meno anche il senso d’identità nazionale,<br />
con la conseguenza che la nazione di riferimento<br />
è soggiogata e in seguito scompare, assorbita da altre.<br />
Si può citare come esempio il primo caso documentato<br />
dalla storia e cioè la dea madre dei popoli matriarcali<br />
del Mediterraneo, soppiantata dalla divinità patriarcale<br />
e solare dei popoli indoeuropei.<br />
La finalità dell’iniziato è quella della trascendenza dell’IO,<br />
dell’espansione della coscienza, ma è contrastata<br />
dalla finalità delle strutture sociali collettive, strumenti<br />
e riflessi automatici degli dei,. La logica collettiva tende<br />
alla massificazione, a sussistere come tale e a perseguire<br />
le proprie dinamiche.. In questo ingranaggio si trovano<br />
presi gli individui, anche i personaggi emergenti<br />
della storia, che perdono così la loro libertà di azione. Il<br />
collettivo tende inesorabile ad uniformare, ad adattare<br />
alla sua chiave di lettura il singolo, fagocitato dagli dei<br />
a loro uso e consumo.<br />
Il compito dell’iniziato è riscattarsi da tale stato di sudditanza,<br />
anzi, servirsi degli dei egemoni e trainanti di<br />
ogni periodo storico per elaborare strategie vincenti,<br />
utilizzandone la spinta travolgente. Ciò è possibile solo<br />
se si sviluppa la capacità di vedere, o meglio prevedere,<br />
gli dei nella loro azione che segue un meccanismo circolare,<br />
composto da spinte e rallentamenti, da fasi positive<br />
e fasi negative, da associazioni con dati archetipi<br />
e contrapposizioni con altri, che si ripetono sempre, sia<br />
nel collettivo che nel singolo.<br />
Un iniziato del secolo scorso ha paragonato questo<br />
meccanismo all’ottava musicale, dove la progressione<br />
vibratoria si sviluppa con cinque intervalli lunghi e due<br />
intervalli più rallentati, uno tra la nota MI e la nota FA<br />
ed un altro tra la nota SI e la nota DO dell’ottava superiore.<br />
In quest’ottica ogni attività umana, trascinata<br />
dagli archetipi, non procede mai in una direzione retta,<br />
verso un traguardo prefissato o verso un certo progresso,<br />
ma in concomitanza con i due rallentamenti di
1 Giammaria, Inter nos dii, La presenza<br />
degli dei, Bergamo, Edizioni Riccardo,<br />
1998, pgg. 15 e sg.<br />
2 L’’assenza di dèi’ nella dottrina cristiana<br />
– in generale nelle religioni<br />
ove prevale il monoteismo – è puramente<br />
apparente. L’attribuzione<br />
di qualità psichiche e morali che siano,<br />
in qualche modo, affini a quelle<br />
umane la ritroviamo non solo negli<br />
dèi del pantheon politeistico, ma<br />
anche nel monoteismo giudaico-cristiano<br />
e nell’islamismo. La differenza<br />
sul piano ontologico si caratterizza,<br />
semmai, tra la concezione teistica,<br />
per cui Dio è considerato come<br />
assoluto trascendente distinto dal<br />
mondo finito, e quella panteistica,<br />
in cui Dio lo si considera invece<br />
quale Principio interiore del mondo,<br />
immanente ad esso. Sul piano psicologico,<br />
ad esempio, il cristianesimo<br />
(come l’ebraismo e l’islamismo) ha<br />
i suoi ‘dèi’, che trovano riscontro nel<br />
pantheon (piuttosto affollato) dei<br />
vari santi, beati, ecc.<br />
3 P.D. Ouspensky, Frammenti di un<br />
insegnamento sconosciuto – La testimonianza<br />
di otto anni di lavoro<br />
come discepolo di G.I. Gurdjieff,<br />
Roma, Edizioni Astrolabio Ubaldini,<br />
1976.<br />
4 Giammaria, Inter nos dii, op. cit., pgg.<br />
34-35.<br />
ifesa della tradizione<br />
tono perde inevitabilmente il suo slancio, devia e torna<br />
gradualmente al punto di partenza. Ciò è in analogia<br />
con il comportamento della luce che, contrariamente<br />
alle apparenze, non ha una direzione rettilinea, ma<br />
curva. Pertanto l’operatore alchimico deve essere in<br />
grado di produrre al momento opportuno uno shock<br />
o un surplus di energia, tale da superare le stasi critiche<br />
e completare le proprie operazioni, supportate dagli<br />
archetipi. In questa logica la trasformazione spirituale<br />
dei collettivi è destinata al fallimento, come dimostrato<br />
dalla pervicace ignoranza e brutalità dell’umanità. La<br />
trasformazione individuale, soprattutto all’inizio, può<br />
essere facilitata all’interno di piccoli gruppi di iniziati,<br />
se questi diventano come delle dinamo - campi energetici<br />
complessi e modulati con una tempistica accorta<br />
- capaci di provocare nel singolo gli shock necessari.<br />
Per conoscere meglio il comportamento degli dèi nel<br />
collettivo si associano di seguito alcuni avvenimenti<br />
dei secoli scorsi all’influenza di determinate divinità o<br />
archetipi, così come suggerito dall’alchimista precedentemente<br />
citato .<br />
testo della tradizione<br />
Impero Romano Giove Apollo Marte<br />
Cristianesimo Dioniso<br />
Impero d’Oriente Saturno<br />
Calata dei barbari Marte<br />
Impero di Carlo Magno Apollo Marte<br />
Papato Saturno<br />
Comuni Mercurio<br />
Signorie Minerva Venere<br />
Umanesimo Mercurio<br />
Islam Diana<br />
Protestantesimo Minerva Mercurio<br />
Controriforma Saturno<br />
Illuminismo Minerva Giunone<br />
Conquiste del Nuovo Mondo Marte<br />
Colonizzazioni Giunone<br />
Esplorazioni Mercurio Minerva<br />
Positivismo dell’800 Minerva Giove<br />
Rivoluzione industriale Vulcano<br />
Rivoluzioni politiche artistiche Dioniso<br />
La Grande Guerra Giunone Minerva Vulcano<br />
contro Apollo Marte Venere<br />
Comunismo Saturno<br />
II Guerra Mondiale Giunone Minerva Vulcano<br />
contro Marte Diana Apollo<br />
Sionismo Saturno<br />
Caduta dei regimi comunisti Mercurio Venere<br />
Integralismo islamico Diana e Marte<br />
Droga musica rock ecologismo Pan<br />
Unificazione politica europea Apollo Giove Giunone<br />
Mercato globale Mercurio Vulcano<br />
Smascherare gli dei in azione ed allinearsi alle loro dinamiche<br />
non significa affatto essere rivoluzionari in<br />
tempo di rivoluzione o reazionari in tempo di reazione,<br />
come una banderuola, ma muoversi con fare distaccato<br />
sullo stesso piano degli archetipi. L’iniziato giostra fra le<br />
loro istanze contrastanti e, quasi cavalcandole, ne sfrutta<br />
l’energia illimitata senza esserne distrutto. Cerca, in<br />
pratica, di trovarsi nel punto d’incontro e compensazione<br />
delle forze circolanti contrapposte, nel punto dove si<br />
reintegra il “principio” nel suo aspetto totale. È il punto<br />
dove ad esempio i sette colori, addizionati tutti insieme,<br />
formano il bianco della luce assoluta. Si consideri poi<br />
che ogni dio ha il suo aspetto positivo ed il suo aspetto<br />
negativo e che, quando viene meno, deve farsi tesoro<br />
di quanto abbia portato di buono nell’ordine politico<br />
e culturale. Invece il collettivo tende a rimuovere e a<br />
demonizzare gli dei caduti in disgrazia in un dato periodo,<br />
senza capire che un dio rimosso è un emporio<br />
di potenza terribile che si scarica tragicamente in un<br />
periodo successivo. Nella storia dell’arte è interessante<br />
vedere quali canoni estetici siano stati supportati dalle<br />
divinità egemoni nel collettivo, sempre secondo il già<br />
citato testo.<br />
Classico Apollo Statuario<br />
Romanico Saturno Massiccio<br />
Moresco Diana Floreale<br />
Gotico Mercurio Slanciato<br />
Barocco Venere Fantasioso<br />
Neoclassico Apollo Misurato<br />
Romantico Saturno Intimistico<br />
Floreale Diana Ornamentale<br />
Impressionista Mercurio Individualistico<br />
Espressionista Venere Spontaneo<br />
Dadaista Dioniso Dissacratorio<br />
Cubista Mercurio Sintetico<br />
Novecento Minerva Razionale<br />
Fascista Apollo Puro<br />
Moderno Pan Informale
ivoluzione e tradizione<br />
rivoluzione e tradizione rivoluzione e tradizione
La Via<br />
di Shiva,<br />
La Via<br />
di <strong>Thule</strong> Ans<br />
Le radici di una differenza<br />
Quali sono i principi e le prassi che rendono la <strong>Thule</strong><br />
una associazione radicalmente differenziata rispetto a<br />
quasi tutte le realtà antagoniste, siano esse di estrema<br />
sinistra, di destra radicale, o di ispirazione ecologica o<br />
animalista ? Partire innanzi tutto da considerazioni veramente<br />
meta politiche e meta storiche, fuori dalle congiunture<br />
e dalle contingenze economiche e sociali.<br />
Prendiamo atto che la via della rinascita passa attraverso<br />
la distruzione - la distruzione è l’opera al nero - che<br />
il sistema in cui viviamo sta preparando. L’enorme catarsi<br />
di una implosione inevitabile. Nonché, secondo il<br />
principio eterno dell’amor fati¸ un implosione giusta e<br />
meritata.<br />
Il risveglio di chi si accosta alla <strong>Thule</strong> è l’apertura del<br />
Terzo Occhio di Shiva e l’avvio della catarsi che porterà<br />
alla nascita della nuova era.<br />
Un prussianesimo nell’era<br />
della ciber<strong>net</strong>ica<br />
La <strong>Thule</strong> non sbandiera al vento formule economiche<br />
desuete (assistenzialismo, statalizzazione, proletarismo,<br />
lotta di classe, ecc.), non propone scioperi generali, o<br />
volantinaggi contro la legge finanziaria; non vuole stipendi<br />
garantiti di stile sovietico. La <strong>Thule</strong> rifiuta qualsiasi<br />
scappatoia riformista al sistema borghese/industriale.<br />
Le fabbriche e i supermarket, nel futuro prossimo,<br />
saranno cattedrali in un deserto di rovine. L’economia<br />
europea infatti, potrebbe non riprendersi mai più, la<br />
natura potrebbe continuare a ribellarsi, come ha fatto<br />
a in Tailandia o a New Orleans più di recente; gli scontri<br />
inter etnici potrebbero divenire endemici e il troppo<br />
kebab cominceremmo a pagarlo in termini di vite<br />
umane.<br />
No!<br />
La <strong>Thule</strong> vuole che il futuro dell’uomo europeo sia un<br />
ritorno consapevole alle proprie origini: agricole, guerriere,<br />
etniche, spirituali. Molti, ma non tutti, potranno<br />
trovare il proprio posto nella comunità organica che<br />
nascerà dalle rovine del mondo post moderno, il giorno<br />
non lontano, che il sistema imploderà.<br />
Ma per arrivare a creare una schiera di risvegliati in grado<br />
di far prevalere il proprio ideale/progetto di civiltà<br />
è necessario raggiungere una condizione spirituale<br />
superiore, che plasmi l’interiorità dei soldati politici del<br />
presente millennio. Questi non nascono “esistenzialmente”<br />
come i loro bisnonni dalle trincee dalla guerra<br />
mondiale, ma stanno forgiando la loro volontà nelle<br />
distese intasate della rete, tra le masse di chip e pixel,<br />
arrivando a dominare la sostanza sotterranea e ctonia<br />
dell’ultra tecnologia. Lo stile cyber punk di Gibson incontra<br />
il soldato di prima linea Junger. Saranno i soldati<br />
di un fronte invisibile, che si snoda nelle piazze, nei<br />
posti di lavoro, nelle scuole ma non solo; non ci saranno<br />
forum, sito, blog o quant’altro che possano sfuggire a<br />
questo fronte invisibile dove il nostro eterno soldato<br />
politico combatterà la sua battaglia, in quella solitudine<br />
agghiacciante, che solo questo odioso sistema poteva<br />
attuare. Il nostro soldato sarà quindi abbandonato<br />
- non dalla <strong>Thule</strong>, che è in primo luogo un mito senza<br />
tempo e in secondo luogo un Ordine guerriero rinato<br />
hic et nunc, -e dovrà risolvere in sé stesso i conflitti interiori<br />
per poi poter riversare la propria rabbia contro<br />
un mondo che non può riconoscere come suo. Questo<br />
fintanto che il sistema, con il suo corollario tecnologico,<br />
durerà. Poi sarà ora di battersi nel corpo a corpo che da<br />
millenni forma le aristocrazie guerriere. Vinta la guerra<br />
spirituale nella solitudine delle distese ciber<strong>net</strong>iche del<br />
sistema il nostro soldato dovrà vincere la guerra materiale<br />
nel mondo del caos scatenato che seguirà al crollo<br />
della presente civilizzazione. Una rivolta silenziosa, una<br />
profonda ribellione Per questo la <strong>Thule</strong> sta preparando<br />
un lavoro di preparazione, di controinformazione,<br />
esoterico se vogliamo. Non stiamo cercando infatti le<br />
masse oceaniche, ma persone che rifiutino il sistema e<br />
la società del nulla una volta per tutte. Chi non si ritrova<br />
nell’egualitarismo, nel consumismo e non vuole che la<br />
propria vita sia sacrificata dalla demonia del lavoro – il<br />
tanto attuale vivere per lavorare – ha mosso il primo<br />
passo per la costruzione di un nuovo progetto di “oltre<br />
umana” civiltà.
ivoluzione e tradiz<br />
testo della tradizione
Liberalismo<br />
Agnostico<br />
e diritto nei rapporti<br />
tra etica e ge<strong>net</strong>ica,<br />
tra vita e morte<br />
Una civiltà non è tale se non ha presente a se stessa,<br />
come fondamento proprio, una concezione, una definizione<br />
univoca della vita ed una consequenziale concezione<br />
della morte. La presente epoca, caratterizzata<br />
da una travolgente avanzata del potere tecnologico, figlio<br />
della ragione calcolante, pone dei tremendi dilemmi…che<br />
noi, puntualmente, eludiamo, a cui sfuggiamo,<br />
delegando alla filosofia tautologica della tecnica, le risposte<br />
che non vogliamo o non possiamo più dare. Che<br />
cos’è la vita? E che cos’è la morte? Le due realtà esperienziali<br />
sono, com’è noto, correlate. L’uomo moderno<br />
ha paura dell’una e dell’altra! Noi possediamo, però, la<br />
convinzione che se non si affronta il tema dell’origine e<br />
cioè dall’affermazione cartesiana dell’uomo-macchina,<br />
dalla teoria dualistica della “res cogitans” da una parte<br />
e della “res extensa” dall’altra, dalla effettuale concezione<br />
meccanicistica della vita stessa, non si comprende<br />
quello che sta avvenendo, per la semplice ragione che<br />
le vicende del mondo umano sono comprensibili solo<br />
se sono poste in termini filosofici e cioè come considerazione<br />
pensante dei fatti (Hegel). E tali “fatti” sono<br />
le teorie del meccanicismo dei corpi pesanti e degli<br />
spazi vuoti della vecchia fisica newtoniana e cartesiana<br />
che, per altro, l’ultima fisica dei quanti, con l’intuizione<br />
dei campi gravitazionali, che richiamano la “chòra”<br />
platonica, quale matrice da cui provengono le forme,<br />
smentisce, dimostrando, invece, paradossalmente, che<br />
la materia non esiste (J. Guitton, Dio e la scienza, Milano<br />
2001). Secondo la visione tradizionale e religiosa di<br />
tutte le culture, il macrocosmo ed il microcosmo sono<br />
simili e l’uno e l’altro si strutturano, come confermano<br />
la fisica delle particelle nonché la biochimica, in livelli e<br />
insiemi di conoscibilità differenti, ognuno con il proprio<br />
Giandomenico Casalino<br />
linguaggio e sistema, correlati, però, in un complesso<br />
insiemistica organico, che per noi resta un “quid est”. Il<br />
microcosmo, quindi, anche e soprattutto, quello umano,<br />
è un Tutto, non una somma di parti, non una “”<br />
cioè, come la definisce Aristotele, “un impensabile accatastamento<br />
di legname senza forma”. Sono realtà, per<br />
l’appunto, organiche, solistiche ed unitarie, tendono all’Uno,<br />
vengono da Esso e tornano, tendendovi, ad Esso.<br />
In tale contesto culturale la vita, quindi, deve essere<br />
riconsiderata e riconosciuta come fenomeno complesso,<br />
formale, ideale, sacro, “noi siamo immersi nell’Anima<br />
come la rete nel mare” dice Plotino, per cui non vi è solo<br />
una definizione “cerebrale” o solo “cardiaca” o solo “simpatetico-vegetativo”<br />
della vita (come della morte) che è<br />
tutto ciò insieme ed Altro, cioè Pensiero, Progetto, Intelligenza,<br />
Emozioni, Passioni, Appetiti, come confermano<br />
la micro-biologia e la ge<strong>net</strong>ica comparata, la memoria<br />
della cellula, la funzione del DNA e la sua forma a spirale<br />
come le galassie o…il labirinto! Unitariamente, in<br />
guisa funzionale all’entelècheia, dice Aristotele, alla finalità,<br />
alla virtualità di un soggetto, di un ente, il quale<br />
diviene ciò che è. Esempio di tale verità possono essere<br />
tanto il seme dell’albero quanto l’embrione umano, i<br />
quali in potenza sono ciò che sono già in atto! Allora la<br />
morte è la scomposizione del composto, la disarmonica<br />
rottura dell’armonico, cioè la mia morte, la fine del mio<br />
organismo e quindi…si entra in un’altra dimensione altrettanto<br />
santa, cioè “sancita”, difesa, sanzionata; come ci<br />
insegna, per l’appunto, il Diritto Romano:”Proprie dicimus<br />
sanctae quae neque sacrae neque profanae sunt,<br />
sed quidam sancitone confirmatae” (Ulpiano, Digesto).<br />
Se noi, oggi, dimentichiamo ciò che ha differenziato<br />
sempre l’uomo dalla bestia, cioè il culto religioso del<br />
morto, effettuale testimonianza antropologica della<br />
consapevolezza della Soglia, in conseguenza per tale<br />
cultura diviene “normale” considerare, guardare il morto<br />
come semplice carcassa, quasi autoveicolo in disuso,<br />
dal quale prelevare i pezzi occorrenti al ricambio di cui<br />
necessitano gli altri uomini-macchina non ancora in disuso,<br />
cioè in movimento. Dietro il falso umanitarismo<br />
della cultura dell’espianto e del criterio a dir poco spa-
ivoluzione e tradiz<br />
ventoso del cosiddetto silenzio-assenso, su cui è fondata<br />
la normativa vigente in subiecta materia, è inutile<br />
nascondercelo, vi è questa concezione, questa convinzione<br />
che ora, in virtù della prassi tecnologica, trova la<br />
possibilità di attuarsi nel modo più mostruoso, anche<br />
se con la faccia dolce e pelosa del cosiddetto progresso…Che<br />
fare? Noi osiamo dire che non dobbiamo fare,<br />
bensì è necessario tentare di ritornare a pensare! Pensare<br />
al fatto storico che il meccanicismo filosofico si è coniugato<br />
perfettamente con il razionalismo efficientista<br />
del cosiddetto mercato, ed allora ecco la legittimazione<br />
della mostruosa realtà del traffico degli organi, ecco<br />
che se l’essere vivente è una “macchina” ed il profitto<br />
testo della tradizione<br />
(valore assoluto, anzi l’unico assoluto in un mondo di<br />
relativi...) reclama i suoi diritti, definiti metafisicamente<br />
“prioritari”, allora perché non deve essere lecito “fermare”<br />
questa “macchina” onde prelevare ciò che occorre al<br />
fine di lucro, senza attendere la sua “fermata naturale”?<br />
E se non esiste una definizione clinica univoca della<br />
morte, dato il relativismo gnoseologico imperante, allora<br />
ogni operatore del settore, ogni medico deciderà<br />
ed agirà secondo la propria convinzione e/o cognizione<br />
culturale; deciderà che anche e soprattutto “a cuore<br />
battente”, a temperatura corporea normale (ma ad elettroencefalogramma<br />
piatto…) e cioè sulla persona vi-<br />
vente è “lecito” prelevare organi utili, uccidendo di fatto<br />
e ciò nella totale e paurosa agnostica indifferenza della<br />
comunità e dell’ordinamento giuridico. In una parola, si<br />
deve prendere coscienza che tale problematica, insieme<br />
a quella della cosiddetta ingegneria ge<strong>net</strong>ica (e già<br />
il termine “ingegneria” la dice lunga sulla cultura retrostante),<br />
è figlia della forma mentale dell’epoca presente,<br />
definibile, in una parola, la reificazionedel soggetto<br />
umano a cui corrisponde sostanzialmente la personificazione<br />
dell’oggetto, della “res”, cioè della tecnica che,<br />
quasi come se fosse la metafisica dei tempi ultimi, da<br />
mezzo quale appariva essere diviene fine e come tale<br />
viene riconosciuta e “venerata”…Davanti a tale consolidata<br />
e tirannica “razionalità”, congetturare in termini<br />
solo giuridico-politici senza tematizzare la convinzione<br />
fondata sulla necessità dell’attuazione di un’autentica<br />
rivoluzione culturale, cioè una radicale inversione (che<br />
sarebbe rettificazione) della forma mentis dell’uomo<br />
della presente età, appare stupido ed impotente proprio<br />
in termini di filosofia della prassi. Sono sempre gli<br />
uomini, finchè sono tali, che “costruiscono” le civiltà: e<br />
sugli stessi, anzi nelle loro anime è necessario scrivere,<br />
nello stesso polittico modo in cui ce l’ha insegnato Platone!
Fenomenologia<br />
dell’Ordine<br />
Quando un raggruppamento umano si costituisce, non<br />
per mero interesse economico o pragmatistico che sia,<br />
è perché un’idealità comune caratterizza tutti i suoi<br />
componenti, perché, nel caso di raggruppamento tradizionale<br />
come <strong>Thule</strong>, vi è un superiore orientamento,<br />
un centro anagogico che lo differenzia. Come nella Politeia<br />
Platonica, un’identità deve contraddistinguere<br />
Idea Trascendente, Comunità e singolo componente<br />
della stessa: ogni elemento, gerarchicamente investito,<br />
deve essere lo specchio di ciò che vi è in Alto, come di<br />
ciò che vi in Basso. Platone poneva come collante della<br />
Politeia l’aretè della Giustizia, intesa come Ordine, come<br />
aderenza al Divino che da forma al manifestato, che trasmuta<br />
l’informe nella polis, come nel cittadino, che in<br />
entrambi infonde il senso del Sacro, del giusto agire,<br />
della natura propria. Se dal dopoguerra in poi sempre<br />
più vane ed illusorie si sono palesate le esperienze movimentistiche,<br />
le agitazioni per la pura azione materializzata<br />
ispirate da un confuso misticismo, se non addirittura<br />
da uno spurio idealismo, obbligata ai nostri occhi<br />
si manifesta la strada da seguire, quella dell’INTRANSI-<br />
GENZA dell’IDEA, quella dell’Ordine e non del movimento,<br />
come organizzazione ferrea, quasi militare, che<br />
non concede giustificazioni, né cedimenti, né ammiccamenti<br />
alla sovversione. Esamineremo l’idea di Ordine,<br />
quindi, prima in relazione alla dimensione comunitaria,<br />
per, poi, trasporla in quella individuale, per accennare,<br />
infine, come spunto aristocratico, a quella che è la concezione<br />
esoterico-iniziatica della medesima idea. Riteniamo,<br />
pertanto, fondamentale qualificare la radicale<br />
differenza tra ciò che è un movimento, un comune centro<br />
di aggregazione, da ciò che deve essere ed è sempre<br />
stato un Ordine: se il primo si realizza come coincidenza<br />
degli interessi, delle opinioni dei singoli, come<br />
forma contrattualistica di coesistenza, il secondo pone<br />
una visione ontologica come riferimento primo e prioritario,<br />
come Centro e come Vertice, a cui la “società di<br />
uomini” ed il singolo aderente devono conformarsi organicamente.<br />
L’Ordine deve, in tale ottica, essere rappresentazione<br />
e bastione difensivo di una Weltanschauung,<br />
di un’Idea, di una Fidesche non va<br />
Janus<br />
compromessa per alcuna ragione profana o d’opportunità,<br />
perché il cedimento intellettuale e di dottrina minerebbe<br />
alla base il senso stesso della sua esistenza.<br />
Alto è l’insegnamento di Servio che ci ricorda come<br />
magna erat apud majores cura Fidei, che rispecchia tutta<br />
la virtù guerriera di Roma, ma non l’unico ed isolato<br />
nel tempo:”La Fides significa personalità e gerarchia. In<br />
essa è il vero superamento di tutto ciò che è servizio<br />
anodino, ordine macchinistico, vile conformismo, routine,<br />
superstruttura ed anche violenza. In essa è una forza<br />
vivificante di virile spiritualità, una forza romana e fascista,<br />
al cessar della cui tensione ogni organizzazione,<br />
ogni legge e ogni istituzione diviene una creatura priva<br />
di sostegno interiore, che il primo urto farà crollare”(1).<br />
Negli ordini monastico-guerrieri, nel periodo delle Crociate,<br />
come i Templari, la saggezza, la disciplina, segnavano<br />
l’aderenza ad una regola spirituale, ad un connubio<br />
vitale, tra Azione e Contemplazione: il crociato<br />
rompeva con la cavalleria laica, egli aveva il Sacro come<br />
riferimento esistenziale, il combattimento per il suo<br />
Dio, la cavalleria profana, comune essendo stigmatizzata<br />
duramente, essendo i suoi membri vanitosi, mondani,<br />
succubi della collera e dell’irrazionalità. L’Ordine diveniva,<br />
quindi, comunità d’elitè, una corporazione<br />
tradizionalmente intesa, con una missione, con un’ideologia,<br />
con i propri valori: nella mitica corte di Re Artù vi<br />
era una ragion d’essere, un codice d’onore che accumunava<br />
tutti i cavalieri, come, per esempio, la disapprovazione<br />
assoluta di colpire alle spalle il proprio avversario.<br />
Qui si evidenzia un sentire, una vibrazione, un<br />
modus vivendi comune, ma regolato dalla’Alto, questo<br />
il senso dell’Ordine. Non è un caso, infatti, che, alla fine<br />
del XII secolo, Chrètien de Troyes esprimesse nei suoi<br />
romanzi tutta la chiarezza e tutta la dignità della<br />
cavalleria:”Gli ha detto che gli ha conferito il più alto<br />
ordine, con la spada, che Dio abbia fatto e stabilito, è<br />
l’ordine di cavalleria, che dev’essere senza villania”(2).<br />
Vi era, vi deve essere la riproposizione di un’etica virile,<br />
su immagine del patriziato romano, in cui i milites devono<br />
coordinarsi organicamente coi magister, ed insieme,<br />
univocamente aderire alla Fides per l’Idea, per la
1) Julius Evola, Corporazione e romana fedeltà in La Nobiltà<br />
della Stirpe, aprile-maggio 1938;<br />
2) Chrètien De Troyes, Le Conte du Graal ou le roman de<br />
Perceval, v.1588;<br />
3) Cicerone, De Legibus, I, 216;<br />
4) Platone, Stato 402;<br />
5) Properzio, Elegie, IV, II;<br />
6) Giuliano Kremmerz, La Scienza dei Magi, 1° v. pp. 140-141,<br />
Edizioni Mediterranee<br />
ivoluzione e tradiz<br />
Tradizione. E’ l’esplicitazione massima della differenza,<br />
della diversità tra l’umanità moderna, tecnologica, psicanaliticamente<br />
scissa e ciò che sentiamo, ciò che vogliamo<br />
fortemente essere, perché lo siamo interiormente:<br />
alma fides, fides sancta, sacra, casta, incorrupta!<br />
In tale direzione nessuno senso può essere attribuito<br />
alla volontà partecipativa dell’individuo, volontà razionale,<br />
se non emozionale ed irrazionale; l’aderenza interna<br />
deve significare identità con lo spirito dell’Ordine,<br />
che è identità con l’Archetipo di riferimento. Nell’ambito<br />
di un sano sentire militante vogliamo riferirci all’antico<br />
concetto di humanitas, come essenza della civiltà<br />
elleno-romana, anche se con forme simili ha potuto<br />
manifestarsi in diverse popolazioni di origine indoeuropea,<br />
come oggettivazione di una comunanza noetica<br />
e di stirpe. La megalopsichìa per i Greci e la magnanimitas<br />
per i Romani, cioè la rispettabilità civile e la personale<br />
grandezza d’animo, sono i presupposti irrinunciabili<br />
di ciò che si realizza quasi come un fine da raggiungere,<br />
cioè uno status tanto ontologico quanto pubblico, lo<br />
spirito incorrotto delle origini, la sua forza vitale, la manifestazione<br />
del proprio demone, che si incarna nella<br />
visione di nobilità solare, di drittura spirituale e guerriera,<br />
di antica grandezza, di primordiale superiorità, nel<br />
mondo greco-romano, ma anche nell’intera cultura<br />
indo-germanica. Tale virtù con lo Stoicismo forgiò la figura<br />
del sapiente, riservato e severo, tradizionalmente<br />
distaccato dalla massa, che sapesse porre un limes, un<br />
distacco tra una superiore condotta di vita e la volgarità<br />
del demos: tale è l’essenza numenica del limes, del<br />
limite, dell’Ordine interno, ma anche pubblico, di cui<br />
l’espressione territoriale è solo una manifestazione<br />
simbolica di una dimensione che supera il fattore naturalistico,<br />
puramente materialistico, (non è questo l’articolo<br />
adatto per trattare anche la dimensione magica di<br />
tale argomento, la strana relazione alchemica, però, che<br />
vi è tra un mandala ed il solco di fondazione di Roma<br />
potrà servire da spunto interessante a qualche ricercatore<br />
scaltro e mercuriale!) che ovviamente viene fraintesa<br />
da chi non possiede in sé una visione UNITARIA del<br />
Cosmo, del Sacro. Si configura per il militante del Fronte<br />
testo della tradizione<br />
della Tradizione l’ideale dell’uomo indoeuropeo, dell’Edeling<br />
germanico, uno stile aristocratico, che coinvolga<br />
ogni aspetto dell’esistenza umana, anche quello<br />
estetico:”Ad ogni moto dello spirito corrisponde in certa<br />
misura per natura una certa espressione del volto”(3).<br />
Non a caso l’humanitas, la stormenska, l’umana grandezza<br />
degli antichi Islandesi, si configura come una<br />
concezione fisico-ontologica, come espressione dell’uomo<br />
organicamente, interamente inteso: l’uomo nobile,<br />
l’aristocratico elleno-romano accompagna, caratterizza<br />
questa sua grandezza, questo suo ideale con la<br />
urbanitas, un comportamento posato e decoroso, con<br />
la comitas e la verecondia, l’amabilità e la socievolezza,<br />
ma anche il pudor, cioè l’amore per la riservatezza. A<br />
quanto abbiamo scritto, reputiamo sia fondamentale<br />
associare la nozione elleno-platonica della kalokagathìa,<br />
della bellezza e della bontà, come valore distintivo,<br />
differenziale dell’uomo, in cui un antico portamento, un<br />
contegno, uno stile siano i segni distintivi di una condotta<br />
e di una forma spirituale spartana, patrizia, aristocratica,<br />
indoeuropea, l’affermazione del vir<br />
magnanimus:”Dove dunque a un nobile carattere dell’anima<br />
si uniscano analoghi e armonici caratteri nell’aspetto<br />
esteriore, partecipi dell’identico modello, là si<br />
avrà uno spettacolo assai bello per chi lo vorrà contemplare”(4).<br />
D’altronde, le tre virtù umane che lo Schiller<br />
espone, cioè “bellezza, armonia e bellezza”, sono, altresì,<br />
anche le virtù artistiche di un Fidia, in cui la forma si<br />
impone sull’informe, sono aretè per il cittadino della<br />
polis, che interiormente e pubblicamente concepisce il<br />
Cosmo dal Caos, colui che impone il proprio dominio<br />
sulla vita e da essa non si fa vincere. L’humanitas valga<br />
come regola d’oro del membro dell’Ordine, che sappia<br />
sorreggerlo, contro le imboscate di una sospetta medianità<br />
o di un dilettantistico occultismo, che tutti incuriosisce,<br />
col suo gossip “esoterico”, con la sua storiografia<br />
“iniziatica”, che nei molti e non solo giovani utili idioti<br />
trova le sue nuove cavie da sacrificare “a chi ben conosciamo”.<br />
E’ questa la sovversione che tende a deprimere<br />
la virilità olimpica insita nella nostra civiltà, che lotta<br />
strenuamente contro qualsivoglia volontà di
Fenomenologia<br />
dell’Ordine<br />
potenza, contro qualsivoglia tentativo di differenziarsi,<br />
perché non più il mondo immortale dei Numi è l’origine<br />
e la fonte dell’esistenza, ma l’uomo, nella sua limitata<br />
razionalità, nella sua condizione caduca e mortale.<br />
L’umanesimo si oggettivizza come una vera parodia<br />
dell’Ordine, della Giustizia platonica, come una mera<br />
somma di individui, senza una reale eticità, senza<br />
un’idealità che possa condurre l’individuo al di là dei<br />
propri angusti ambiti, verso la riscoperta di un’aristocratica<br />
personalità; il tipo umano che non può essere<br />
assolutamente UNO DI NOI è quello del liberalista ottocentesco,<br />
del proletario socialista del ‘900, del globalizzato<br />
del 2000, ma neanche l’esoterista tuttologo, l’opinionista<br />
di ogni circostanza, il qualunquista esistenziale,<br />
l’uomo, cioè, non capace di autodisciplina, non capace<br />
di imporsi il silenzio, non capace di intendere altro al di<br />
fuori del pragmatismo della fenomenicità e della relatività<br />
delle proprie opinioni. Di uomini di tal razza - diciamolo<br />
pure – un Ordine, tradizionalmente istituito, non<br />
Janus<br />
saprebbe che farsene: sacrificio, senso della fedeltà, capacità<br />
di donarsi sono virtù che si manifestano come<br />
anamnesi interiore, come ricordo di un qualcosa che<br />
già si possiede e che non si acquisisce sui libri! Il fondamento<br />
della virile appartenenza sia la presenza REALE<br />
di un antico sentire, che valga come meta da raggiungere,<br />
come stile legionario da ri-affermare con metodo<br />
e sacrificio, come impersonalità vivente ed attiva, che<br />
possa sostituire il Noi all’Io, come adesione comunitaria<br />
ed organica ad un’Idea, visibile come la Luce sulle vette<br />
dei monti al sorgere del Sole:”Mihi natura dedit leges a<br />
sanguine ductas”(5). Tutto ciò, poi, come manifestazione<br />
dell’identità dei piani cosmogonici, può condurci ad<br />
alcune, frammentarie e finali considerazioni sul concetto<br />
di Ordine nell’ambito dell’Arte magistico-metallica,<br />
come squarci di Luce, come piccola e rara porzione di<br />
ambrosia. L’iniziato, secondo la Tradizione Occidentale,<br />
quando si trova nell’ “ingressum” della Via, vi accede<br />
con Passi e Segni che richiamano l’essenza del Lavoro
1) Julius Evola, Corporazione e romana fedeltà in La Nobiltà<br />
della Stirpe, aprile-maggio 1938;<br />
2) Chrètien De Troyes, Le Conte du Graal ou le roman de<br />
Perceval, v.1588;<br />
3) Cicerone, De Legibus, I, 216;<br />
4) Platone, Stato 402;<br />
5) Properzio, Elegie, IV, II;<br />
6) Giuliano Kremmerz, La Scienza dei Magi, 1° v. pp. 140-141,<br />
Edizioni Mediterranee<br />
ivoluzione e tradiz<br />
che si accinge a compiere: “RISPETTO ALL’ORDINE” è il<br />
suo comandamento! Egli sa di porsi interiormente in<br />
una posizione di “Respectus” cioè, da “respicere” che<br />
vale “guardare davanti a se”, equivalente di “contemplare”,<br />
l’atto dell’adepto che osserva l’epifania misterica.<br />
L’Ordine consiste appunto in questa epifania, in questo<br />
svelarsi dell’Armonia cosmica che si presenta nel richiamo<br />
alla “salus”, da “salvare”; salus, cioè salute, è concettualmente<br />
vicino all’idea di vigore e forza; si tratta di richiamare<br />
la forza magica del Genius, il suo volto<br />
vibrante mettendolo in attività:” L’INIZIAZIONE nella<br />
pratica è il complesso di tutte le operazioni che un<br />
Maestro Perfetto può fare su un discepolo per concedergli,<br />
conferire, confermare e sviluppare le virtù ascose<br />
nel suo organismo di uomo volgare”. (6) Salus è anche<br />
analogo a “salis” il Sale, che in alchimia ha una<br />
valenza ignea e ha la funzione di “innesco” del fuoco<br />
potenziale contenuto nello Zolfo, che senza il Sale non<br />
si accenderebbe e resterebbe allo stato di latenza. Parimente<br />
la componente Mercurio viene anch’essa risvegliata<br />
dal Sale: senza di esso non si sublimerebbe. Questa<br />
Forza Solare, che nell’Alchimia Filosofale, la via<br />
alchemica interna, cioè spagirica, è rappresentata appunto<br />
dal calore sprigionantesi dall’astro Sole, si innesca<br />
nell’atto rituale necessario al “movimento dei Piani”.<br />
Nella realtà, in questa Forza, nella qualificazione ad acquisirla,<br />
nell’Iniziazione ad Essa vi è racchiusa la Chiave<br />
dell’intera Opera di Palingenesi:”SOL SALUS SALIS SOL<br />
SOLIS IN MEDIO”. A tal punto, come palesato, il senso,<br />
l’idea dell’Ordine si deve riaffermare in tutte le articolazioni<br />
esistenziali dell’Uomo della Tradizione, come Principio<br />
Platonico, come Idea Arcaica che forgia e fonda la<br />
Comunità Organica dei Combattenti, degli Uomini virilmente<br />
Liberi, gerarchicamente Liberi. Saremo in grado<br />
di assolvere a tale così Alto mandato? Ne saranno degni<br />
gli Uomini e le Donne di <strong>Thule</strong>? Quando, per trasmissione,<br />
ricevemmo la bandiera del nostro Cuib, insieme<br />
ad essa vi era un piccolo bigliettino di carta, in<br />
cui poche parole resero REALE il senso di quel<br />
dono:”Vittoria e Sconfitta sono nelle mani di Dio, ma<br />
del tuo Onore, Tu solo sei Signore e Re”.<br />
testo della tradizione
attualita’<br />
attualita’ attualita’
Per una lettura del<br />
mondo giovanile<br />
Alla luce dell’opera<br />
di G. Faye<br />
Nel 1981 Guillaume Faye, pubblicava “Il sistema per uccidere<br />
i popoli”, una lucida visione del decadimento strutturale<br />
dell’Occidente. Egli, con fine arguzia, ci metteva in guardia da<br />
noi stessi; anni prima che la modernità prendesse il sopravvento<br />
sull’uomo, Guillaume Faye profetizzò ciò che, pochi<br />
anni dopo, al di là di ogni più nera previsione, esplose in quei<br />
processi che negli anni settanta stavano venendo alla luce:<br />
la cultura di massa, lo stupro di ogni pensiero e religione, la<br />
spoetizzazione del territorio, la prima globalizzazione economica;<br />
i cavalieri di una nuova Apocalisse, che presero le redini<br />
del destino dell’uomo. Faye parlava della modernità come<br />
di una “grossa mamma rassicurante”, una piovra, le cui prede<br />
potenziali sono culture, regioni, tutti i raggruppamenti umani<br />
forgiati dalla storia che piano piano sarebbero caduti sotto<br />
l’incessante procedere dell’infimo, creato dall’uomo stesso,<br />
sotto forma di un silenzioso e invisibile killer che utilizza armi<br />
come la tecnica e l’economia, il diritto e l’atto umanitario, l’uccisione<br />
della storia, a volte anche la cultura stessa; questo sta<br />
distruggendo la vita rigogliosa dei popoli, ridotti a spazio di<br />
investimento del marketing e privati di qualsiasi ordine simbolico.<br />
Quel mondo profetizzato con tanta lungimiranza da<br />
Faye - che inoltre, a lume della sua veggenza riuscì a prevedere,<br />
anni ed anni prima che avvenissero, svolte politiche radicali<br />
ed intense, conseguenza della perdita di identità del mondo<br />
stesso - è alle porte ed anzi è in noi, è già parte di noi stessi,<br />
chi più, chi meno, e ci sta divorando da dentro, spersonalizzando<br />
il nostro essere fino a soglie di automazione inconscia<br />
spaventose. I giovani sono la vera dimensione in pericolo, essi<br />
sono la grande realtà sul crinale di un abisso: oramai ridotti ad<br />
una massa di perdenti senza un credo preciso, costretti da loro<br />
stessi a vivere in un universo post-sessantottino, mascherato<br />
da cinema d’essai, dove poter bere vini pregiati e contentarsi<br />
della propria sconfinata cultura di aria fritta, dove puri esercizi<br />
di retorica vengono mascherati da letteratura. Elementi<br />
di persuasione esoterica vengono a galla nella “cultura” “alta”<br />
(per così dire) del nostro tempo, squallide menzogne fatte di<br />
sesso, droga e sentimenti grezzi a caro prezzo che portano<br />
giovani e meno giovani a contentarsi di un essere tellurico<br />
infimo, gretto, malinconico ma ingenuamente annegato in<br />
palliativi artificiali.<br />
E questo nel migliore dei casi: spesso i giovani non hanno<br />
nemmeno la possibilità un appiglio di pseudo-cultura a cui<br />
aggrapparsi, nel mare in tempesta dell’universo, e vengono<br />
trascinati da una corrente fatta di ignoranza e totale sfruttamento,<br />
ad opera di una società ultra-borghese che oramai sta<br />
crollando su se stessa, trascinandosi dietro un sistema fatto<br />
di masse che pensano di divergere su ogni punto e non si ac-<br />
Elio Balbo<br />
corgono di vivere la stessa intensiva schiavitù che li ancora ad<br />
una meschina realtà carnale. Una dimensione, quella dei giovani,<br />
oramai (aldilà di ogni possibile “luogo comune” da parte<br />
di chi scrive…) devastata, annichilita, assopita ed istupidita,<br />
ridotta sulla soglia di una dipendenza totale ed ignorante da<br />
ogni tipo di droga. Un abuso che conta migliaia di vittime non<br />
solo nel senso fisico, ma soprattutto in senso psichico, mentale<br />
ed intellettuale. Molti, moltissimi, giovani sono oramai sulla<br />
soglia della totale morte cerebrale per la continua e massiccia<br />
assunzione di sostanze che in capo a pochi anni li ridurranno<br />
ad amebe assolutamente incapaci alla vita. Soprattutto<br />
l’uso di sostanze psicotrope di sintesi (MDMA e simili) indurrà<br />
l’aumento di patologie degenerative del sistema nervoso<br />
centrale, dovute all’azione lesiva diretta sulle fibre nervose<br />
soprattutto serotoninergiche. A monito valga la confessione<br />
dell’attore Michael J. Fox, che nel 1998 confessò la sua malattia,<br />
il morbo di Parkinson, imputandone l’origine ad un suo<br />
giovanile abuso di una sostanza chiamata efedrina, causa in<br />
seguito comprovata dai medici, i quali non poterono che constatare<br />
l’effettivo danno arrecato dall’abuso di efedrina ed il<br />
successivo e correlato insorgere della patologia. Questa piaga<br />
sociale è un grave pericolo, che minaccia di minare alla base<br />
il futuro della società intera, agendo direttamente sui giovani<br />
e rendendoli in un certo qual modo: “innocui”, sacchi di carne<br />
pronti per essere sfruttati dall’ultra-borghesia; questa concausa,<br />
questa “cultura (se mi è concesso infangare un sostantivo<br />
tanto “subjectum”…) dello sballo”, non farà altro che accelerare<br />
i processi di annichilimento a cui le masse giovanili sono<br />
già soggette! Non posso che constatare, inoltre, che questa<br />
epoca è contraddistinta da fenomeni tremendi di marciscenza<br />
interiore, di cancrena spirituale: uno dei grandi problemi<br />
è rappresentato proprio dall’utilizzazione che le generazioni<br />
ultime fanno di misticismi vari, annegandoli in un calderone<br />
di credenze spurie e corrotte dal loro basso e squallido cannibalismo<br />
religioso: dove sta il rispetto per un’etnia se poi ci<br />
si ciba dal cadavere della sua cultura? Dove sta la cosiddetta<br />
“umanità” se il mondo che queste nuove generazioni creano<br />
è un mondo senza tradizioni? Senza radici? Senza sangue? Un<br />
mondo dove l’uniformazione, la globalizzazione, la standardizzazione<br />
della cultura, della religione, della razza è malcelata<br />
da squallido perbenismo interessato, una velata “voglia di<br />
fratellanza” variegata di alternativismi pseudo-comunisti che<br />
non fanno altro che massacrare ed impoverire ogni cultura<br />
che inglobano in sé con la scusa della tolleranza “a tutti i costi”.<br />
Una “mixitè” variopinta e mescolata in maniera ingenua,<br />
anzi, peggio, ignorante. Un groviglio di nozioni improntate sul<br />
liberalismo più becero, su di una negazione della storicità di
attualita’<br />
proporzioni giganti, una leggerezza a dir poco allarmante nel<br />
rapportarsi con il mondo, con la società, con la cultura: paghi<br />
della situazione economica molto spesso agiata, questi nuovi<br />
post-comunisti, post-capelloni, post-hippy, pseudo-alternativi,<br />
ritengono che ogni cosa gli sia dovuta, ritengono che l’impegno<br />
politico si possa limitare a squallide manifestazioni di<br />
populismo ignorante, quando inneggiano a fantomatiche<br />
“feste del raccolto” (della marijuana), quando si battono per<br />
aprire centri cosiddetti “sociali”, dove (a detta loro) lavorare,<br />
ragionare, dare “asilo politico”, creare una comunità organica,<br />
attiva e pensante, ma che in realtà si limitano ad essere squallidi<br />
capannoni luridi dove è permesso ogni genere di crimine,<br />
per così dire, poiché in fin dei conti, la loro è una “protesta”<br />
dettata da un profondo infantilismo, quindi questi “crimini”<br />
di cui si macchiano altro non sono che l’abuso di sostanze e<br />
tutt’al più dare rifugio a qualche “squatter” senzatetto. Questo<br />
è ciò che i nostri giovani vogliono e stanno ottenendo: io<br />
stesso rilevo nella mia piccola città queste forme di becera<br />
bassezza mascherate da impegno politico. Purtroppo nessuno<br />
si adopera per arrestare questi fenomeni: infatti i centri sociali,<br />
i rave-parties, sono il simbolo della cancrena che divora<br />
i giovani, nessuno si mobilità per fermarli, siamo in un’era di<br />
liberalismo sfrenato, molto spesso tendente al libertinismo;<br />
fermare queste aggregazioni pseudo-politiche, che sono l’infame<br />
scusa per “farsi delle canne”, è un imperativo.<br />
Oramai il pericolo è imminente; il collasso sociale è alle porte<br />
e nel giro di un paio di generazioni sarà inevitabile. Constatando<br />
la situazione odierna, di giovani educati nella libertà<br />
più becera da figli del sessantotto, in cui le eccezioni di individui<br />
raziocinanti e votati al mantenimento di tradizioni o comunque<br />
schierati in maniera anti-positivista, anti-liberale ed<br />
anti-borghese si contano sulle dita di una mano; non posso<br />
che calcolare che la società futura, quella che sarà governata<br />
dalla generazione che in questi anni vive tra i venti ed i trenta<br />
inverni sarà la società della massa informe, la società del<br />
depauperamento culturale, dell’abbassamento delle barriere<br />
intellettuali ed dell’abbattimento di quelle mistico-religiose,<br />
sarà la società della globalizzazione che tanto deprecano, la<br />
società delle società subliminali che masticano per poi sputare<br />
la massa povera (che è povera sotto ogni punto di vista),<br />
una società dove tutto sarà mascherato d’ipocrisia multicolore,<br />
dove suoni, odori, colori e sensazioni saranno sempre più<br />
artificializzate e rese assimilabili tramite trascendenze indotte<br />
da agenti esterni. Sarà la società dove i tempi reazione saranno<br />
sempre più veloci, fino a diventare essi stessi obsoleti<br />
ed ad essere soppiantati dall’accettazione incondizionata di<br />
ogni sorta di imput, una società del tutto, estremizzato in un<br />
tutto informe, in una massa dal colore indefinito, un groviglio<br />
testo della tradizione<br />
di credi e pensieri inutilmente variegata, una società, per citare<br />
un caro amico, “del nulla” più completo. Oramai i tempi<br />
si stringono, siamo quasi sulla soglia di questo cambiamento,<br />
nemmeno così radicale, ma tremendo perché rappresenta<br />
un “punto di non ritorno”, l’inizio, o meglio, il momento in cui<br />
inizia la vertiginosa parabola ascendente di un processo di<br />
distruzione cominciato mezzo secolo fa ma che ha cominciato<br />
a farsi sentire veramente negli ultimi 10 anni del secolo, un<br />
decennio buio che ha silenziosamente assassinato le menti<br />
del futuro con la menzogna di un mondo segnato dalla noia.<br />
Noi ci dobbiamo armare contro l’imminente catastrofe, ci<br />
dobbiamo armare con la fulgida spada della conoscenza,<br />
che più d’ogni altra cosa può guidarci al di fuori del Kali Yuga<br />
squarciando le tenebre di un mondo che collassa; difendendoci<br />
con lo scudo della Tradizione e del Sangue, inneggiando<br />
all’Identità che ci appartiene, alla cultura ed al credo che rappresentano<br />
la nostra anima ed il nostro corpo. Lottando a spada<br />
tratta contro il processo di meccanizzazione del pensiero<br />
umano, contro il sempre più incessante avanzare della cultura<br />
di massa, contro la violenza che vien fatta nei confronti della<br />
nostra Tradizione ad opera di uomini che sono essi stessi nati<br />
e cresciuti nella medesima, ma che vogliono distruggerla abbagliati<br />
dalla falsa promessa di un mondo più buono e giusto<br />
nell’ uguaglianza di ogni cosa: popolo, lingua, etnia, religione.<br />
Uguaglianza che può portare solo al depauperamento intellettuale,<br />
storico e culturale, riducendo tutto il mondo a quella<br />
massa informe fatta di noia e costume benpensante.<br />
Uniamoci noi che, pochi, consci delle rovine che ci circondano,<br />
cerchiamo una soluzione al disfacimento, alla creazione prossima<br />
di una società in cui l’individuo è un nulla in un mare di<br />
niente, di un mondo in cui megalopoli costantemente illuminate<br />
a giorno fanno da sfondo ad un cielo grigio inondato<br />
di nubi purpuree, città veloci e caotiche, città irriconoscibili:<br />
calderoni di pseudo-culture, miscellanee di antiche tradizioni<br />
oramai dimenticate, città e mondi che sono microcosmi insensati,<br />
sproporzionate e deformi cattedrali dedicate ad un<br />
non-Dio. Un mondo in cui il valore di un’anima è nulla ed è<br />
calcolato in grammi, in base al sapore ed al colore, e quindi<br />
rapportata su di una scala di valori dettata da un dittatore<br />
mass-mediatico. “Il futuro richiede il ritorno dei valori ancestrali”,<br />
questo il monito di Faye nel suo altro, preveggente<br />
capolavoro: “Archeofuturismo”, “l’eterno ritorno dell’identico<br />
contro le visioni cicliche e lineari”, questo l’obiettivo concreto<br />
da prefissarsi, riportare il mondo su quei binari sillogistici che<br />
gli permettano di uscire indenne dall’Età Oscura, rientrando<br />
nel ciclo dell’Ouroboros universale.
Trasporti<br />
Europei<br />
Il Quaderno dei Sogni<br />
L’Unione Europea ci ha ormai abituato ad ogni tipo di<br />
litigio, diatriba o contrasti di qualsivoglia natura; sia si<br />
tratti di politica internazionale, sia si tratti di decidere<br />
quali postille mettere nell’ormai giubilato trattato costituzionale<br />
o, più prosaicamente, su chi debba tirare fuori<br />
più soldi o meno per l’anoressico bilancio comunitario.<br />
Lunghe discussioni, pagelle impietose e malignamente<br />
esibite tramite i mezzi d’informazione su chi, tra gli Stati<br />
membri, sia virtuoso e chi no nel rispettare i famigerati<br />
“parametri”, alleanze sotterranee, ed altre amenità di genere<br />
bizantino, non hanno però esaurito quella vena di<br />
retorica che pulsa forte ogni qual volta tanto gli euroburocrati,<br />
che i vari politicanti nel pascolo di Strasburgo,<br />
debbano fare dei gran bei “viaggi psichedelici” sulle<br />
ali della fantasia; prospettando un continente unito e<br />
prospero, grazie alle loro lungimiranti decisioni. Dura<br />
la vita di questi grandi statisti! Costretti a passare ore<br />
ed ore a tentar di far quadrare grigi bilanci continentali,<br />
mentre il loro cuore immagina l’Unione simile alla<br />
grand’Atene di Pericle.<br />
Il problema è che a volte queste pulsioni creative sfociano<br />
in dei veri e propri “quaderni dei sogni” spacciati<br />
nei momenti “giusti” agli imbelli cittadini europei come<br />
imminenti opere in via di realizzazione, prioritarie, categoriche,<br />
ed impegnative per tutti.<br />
Il progetto “TEN” è uno di questi. Vediamo allora brevemente<br />
la sua vita e di cosa si tratta.<br />
Il suo concepimento avvenne nella riunione del Consiglio<br />
Europeo d’Essen del 1993; e da lì fu così dato inizio<br />
a tutta una serie d’azioni volte ad organizzare al meglio<br />
questa grande idea, uno di questi famigerati “quaderni<br />
dei sogni” appunto, relativo ad una gigantesca riorganizzazione<br />
paneuropea delle infrastrutture di comunicazione.<br />
L’ultima modifica, che risale al 21 aprile del<br />
2004, porta l’impronta del Parlamento Europeo stesso,<br />
che ha pensato bene in tale sede di buttare su carta<br />
ufficiale il documento programmatico dei progetti previsti,<br />
con relativi finanziamenti, scaturito dal lavoro delle<br />
commissioni comunitarie addette. Ad Essen era stato<br />
subito battezzato con la lingua madre del commercio<br />
mondiale, l’inglese, prendendo il nome di “Transport<br />
European Network” (TEN); ma il suo sviluppo, in gran<br />
parte teorico, e proseguito negli anni con continue modifiche,<br />
è stato più il frutto delle solite barocche operazioni<br />
di “assalto alla diligenza” dei fondi dell’Unione e di<br />
ripicche incrociate tra i partner europei, che di un vero<br />
e proprio lavoro lungimirante di politica economica.<br />
Infatti è assodato che nella maggior parte dei casi i<br />
”corridoi” terrestri, ideati nel quadro generale TEN (vedi<br />
cartina n.1), non sono nient’altro che una somma di<br />
progetti infrastrutturali, ferroviari ed autostradali, dei<br />
singoli Stati del vecchio nocciolo della Comunità Economica<br />
Europea, assemblati alla meglio ed ampliati<br />
verso l’Est-europeo ed i balcani in previsione del nuovo<br />
corso storico/politico post “Guerra Fredda”; e che sicuramente<br />
già fin dal 1993 doveva esser ben chiaro alle<br />
cancellerie dell’Europa Occidentale, dato il precipitare<br />
degli eventi tanto nell’U.R.S.S., quanto nel restante ex<br />
blocco comunista.<br />
cartina nr.1<br />
Gruppo Gabriele<br />
Numerose però sono le voci che a tutt’oggi criticano<br />
queste nuove vie di comunicazione a “corridoi”; e con<br />
le più solide motivazioni scientifiche ed economiche<br />
possibili.<br />
Innanzi tutto l’antistoricità del piano che si vuol realizzare.<br />
Frutto di una mentalità ereditata più dall’epoca<br />
degli Zar di Russia, bisognosi di unire tramite la ferrovia<br />
il loro grande Impero con i territori siberiani, che del-
attualita’<br />
l’evo moderno dove, a conti fatti, il mondo appare molto<br />
più a “portata di mano”, in ragione di tutta una serie<br />
di tecnologie di trasporto che sicuramente detengono<br />
una loro importanza ed un’intrinseca utilità; nonché di<br />
un notevole risparmio di risorse economiche e di velocità<br />
nella realizzazione, rispetto ai colossali progetti del<br />
TEN, costosi e dalla tempistica lunga.<br />
Vi è poi un grossolano errore di valutazione nella crescita<br />
prevista dei volumi di merci trasportate in Europa<br />
e dall’Europa. Infatti a realizzazione conclusa, cioè<br />
tra vent’anni, i “corridoi” intermodali si troveranno un<br />
panorama economico continentale del tutto mutato.<br />
Ammesso che il sistema produttivo europeo regga nel<br />
prossimo quinquennio l’urto della competitività asiatica<br />
(variabile storica non trascurabile), con l’andar del<br />
tempo, e con lo sviluppo dell’economia globale, le merci<br />
trasportate su lunghe distanze peseranno sempre di<br />
meno (de materializzazione) e potranno esser poste<br />
su navi o su aerei cargo, sicuramente molto più adatti<br />
ed economici di un trasporto su gomma o su rotaia a<br />
lunga gittata. Mentre poi il trasporto su gomma si riqualificherà<br />
nei percorsi “regionali”, cioè in un raggio di<br />
150/200 km, sia per i manufatti ingombranti o le merci<br />
normali (che già oggi in Italia ad esempio appaiono<br />
“regionalizzati” al 70%), sia per quelli a più alto valore<br />
aggiunto (componenti elettronici, biotecnologie ecc.),<br />
ciò non avverrà per il sistema ferroviario di tipo TAV<br />
(Treno ad Alta Velocità) che si vuol realizzare, incapace<br />
d’adattarsi ad un contesto di così stringente competitività<br />
e decisamente differenziato. Perché si troverà ad<br />
esser essenzialmente più costoso di un trasporto aereo<br />
o marittimo, per ammortizzare le spese d’opera (enormi!),<br />
e perché non potrà regionalizzarsi così come sta<br />
avvenendo per gli automezzi.<br />
Se poi abbandoniamo gli scenari “futuribili” e ci accostiamo<br />
al presente notiamo che forse quasi nessuno<br />
in Europa intende metter mano al proprio salvadanaio<br />
nazionale per buttarsi anima e debiti in un impresa a<br />
così alti rischi e con prospettive quanto meno incerte.<br />
Dopo più di dieci anni dal primo vagito ad Essen,<br />
il nostro “caro” progetto TEN appare un bambino che<br />
testo della tradizione<br />
stenta a crescere nella realtà. Scartoffie a parte gli unici<br />
tratti cantierati di rilievo sono presenti tra Parigi e Berlino<br />
(“corridoio del Nord”); nella zona da Lione al confine<br />
<strong>italia</strong>no, tra Torino e Milano e tra Padova e Venezia<br />
(“corridoio 5”). Per il resto è tutto un susseguirsi di “NO!”<br />
detti in varie lingue. La Spagna non intende né distrarre<br />
dal suo bilancio un solo euro, per un sogno in cui non<br />
crede a quanto pare, né traforare i Pirenei senza un motivo<br />
reale, visto che il suo volume di scambi marittimi<br />
sia mediterranei che atlantici gode di ottima salute e<br />
di ulteriori collegamenti terrestri non ne ha bisogno.<br />
Francia e Germania nicchiano per un simbolico asse tra<br />
le rispettive capitali, più che per qualche cosa che neppure<br />
loro si possono permettere, visti i tempi che corrono.<br />
L’Inghilterra è impegnata nell’archeofuturistico<br />
progetto di una linea a levitazione mag<strong>net</strong>ica, che collegherà<br />
la Scozia con Londra, tramite vettori che viaggeranno<br />
a 500 km/ora; unico modello di treno in grado<br />
di competere con l’aereo regionalizzandosi. Gli Stati<br />
slavi e balcanici invece hanno respinto un’eventuale<br />
indebitamento con qualche strozzino atlantico (leggi<br />
FMI /Banca Mondiale) forse perché hanno astutamente<br />
intuito il bidone che gli si prospettava dinnanzi.<br />
L’unico Stato europeo che appare entusiasta e scalpitante<br />
per i progetti “TEN” risulta, a conti fatti e per esclusione,<br />
l’Italia. Da Essen in poi ogni nostro governo, di<br />
qualsiasi orientamento politico, ha premuto con esponenziale<br />
insistenza affinché si aggiungessero quanti<br />
più tronconi di corridoio solcanti le nostre terre. Ciampi,<br />
nelle sue innumerevoli vesti istituzionali (Governatore<br />
di Banca d’Italia, Ministro dell’Economia, Presidente del<br />
Consiglio nonché quale Presidente della Repubblica) si<br />
è sempre prodigato nel far “beneficiare” allo stivale le<br />
gioie del passaggio di ben due tronconi “TEN” (vedere<br />
cartine n.2 e n.3); trovando negli ultimi anni un illustre<br />
discepolo in Silvio Berlusconi. Distintosi per aver mobilitato<br />
tutto il peso diplomatico dell’Italia in seno all’U.<br />
E., pur di ottenere il “via libera” alla progettazione, ed<br />
alla realizzazione futura, sia dell’asse che va dal Frejus a<br />
Trieste, sia di quello che va dal Brennero a Palermo, con<br />
tanto di titanico ponte sullo Stretto di Messina. Che for-
Trasporti<br />
Europei<br />
Il Quaderno dei Sogni<br />
se sarà intitolato o al nostro santo di Arcore o a qualche<br />
inesistente partigiano calabrese. Scherzi a parte, i dati<br />
appaiono subito inquietanti; il costo previsto per il solo<br />
cartina nr.2<br />
prolungamento Napoli/Palermo gravita intorno ai 100<br />
miliardi di Euro!<br />
Il timore di alcuni esperti indipendenti però è che tali<br />
previsioni si rivelino quanto meno semplicistiche. Basti<br />
pensare che sarà necessario un invasivo traforo della<br />
Sila, che potrebbe riservare delle “sorprese” nelle sue<br />
viscere di non poco aggravio sulle già poderose spese<br />
messe in conto.<br />
L’Unione elargirà scarse risorse finanziarie, forse neanche<br />
il 10% del necessario, anche se nei documenti ufficiali<br />
si è stabilito fino al 20%. Vista poi l’aria da “smobilitazione<br />
generale” che si respira ad ogni vertice ufficiale<br />
dei partner europei c’è anche il rischio che il rubi<strong>net</strong>to<br />
smetta d’improvviso di inviare a Roma quei pochi soldi<br />
concessi dal documento programmatico dell’anno<br />
scorso; e che dovranno essere comunque spalmati nell’arco<br />
di vent’anni.<br />
cartina nr.3<br />
Gruppo Gabriele<br />
Purtroppo anche questa ennesima “vaccata” italica<br />
vede le figure di tutti gli attori della politica e dell’economia<br />
nostrane poste interessatamente in prima fila ad<br />
applaudire la salma presidenziale quando ammonisce<br />
che “…non possiamo isolarci!”; e quindi “Avanti Tutta!”<br />
con prospezioni e colate di cemento dalla pianura padana<br />
alle falde dell’Etna. Tanto sarà lo Stato (cioè NOI!)<br />
che dovrà stornare dal bilancio miliardi e miliardi di<br />
Euro da qui ai prossimi decenni, pur di far fronte ai lavori<br />
di realizzazione dei tronconi “TEN”. Appalti aggiudicati<br />
a tutta quella nuova razza di non-imprenditori<br />
chiamata “general contractor”, che altri non sono se non<br />
i presta nome di chi dal pulpito dei mezzi di comunicazione<br />
continua a blandire i benefici di progresso insiti<br />
nello sventrare il nostro piccolo stivale in modo indiscriminato.<br />
Questi “soloni” mancati sono facilmente identificabili,<br />
basta aprire gli occhi sulla loro retorica positivista;<br />
comprenderete cosa vogliono e che “…tutto ciò che vi<br />
dicono è falso”.
attualita’<br />
testo della tradizione
DS<br />
come DiSsoluzione<br />
Mi sento veramente indignato quando vedo un partito<br />
dal forte consenso in Italia attuare una campagna di<br />
comunicazione come quella dei Democratici di Sinistra<br />
degli ultimi anni. E’ sufficiente dare uno sguardo al sito<br />
web relativo al partito in questione per comprendere<br />
a cosa mi riferisca. La sezione<br />
comunicazione offre<br />
una panoramica dei<br />
manifesti e dei messaggi<br />
da essi propagandati. Ritengo<br />
ci sia da offendersi<br />
come cittadini <strong>italia</strong>ni<br />
prima ancora che come<br />
uomini dalle consolidate<br />
idee politiche.<br />
Se da un lato si possono<br />
leggere tutti gli slogan<br />
e tutte le battaglie condotte<br />
(a torto o a ragione) degli ultimi anni si può notare<br />
una relativa attenzione al sociale ed alle fasce deboli<br />
della popolazione, se per fasce deboli intendiamo quegli<br />
“emarginati” moderni come gli omosessuali o le coppie<br />
di fatto ma non riconosciute dalla legge e come gli<br />
extracomunitari. Sembra proprio che da diverso tempo<br />
l’attenzione dei DS si sia rivolta più a queste categorie<br />
che ad altre. Cercando di propugnare in ogni modo un<br />
certo tipo di integrazione. Legittimo tutto ciò, lungi da<br />
me il metterlo in dubbio, ma i più attenti faranno certamente<br />
delle considerazioni.<br />
Non parlo tanto delle campagne per il voto agli immigrati<br />
apparse nel 2003, condivisibili o meno, in quel<br />
caso il messaggio è palese anche se ad un certo punto,<br />
tra i soggetti dalle diverse etnie, in fotografia, appare un<br />
simpatico e dolcissimo bimbo dagli occhi a mandorla.<br />
Questo fa riflettere solo con il senno del poi. Non mi riferisco<br />
nemmeno alle campagne per il riconoscimento<br />
o l’istituzione dei PACS ove le coppie che potrebbero<br />
essere interessate sono quelle omosessuali, miste (dal<br />
punto di vista dell’etnia) e – unico caso normale – una<br />
coppia di signori almeno sulla 50ina.<br />
La cosa molto singolare, che mi ha fatto aguzzare la vi-<br />
Ilio<br />
sta e che ancora non è apparsa sulla sezione comunicazione<br />
del sito , è la battaglia dove il messaggio punta<br />
l’attenzione sull’amore per la patria (dai sinistri?) della<br />
sinistra <strong>italia</strong>na. “Amare l’Italia” lo slogan. Ed in bella mostra<br />
una famiglia normale…beh, tanto normale non direi<br />
se si guardasse con attenzione il pargoletto tenuto<br />
in braccio con noncurante ostentazione.<br />
Cerchiamo di ricavare il filo conduttore da tutto ciò.<br />
Nel 2003 propongono il voto agli immigrati (del resto<br />
come farà il vice presidente del consiglio ex-post-fascista<br />
Gianfranco Fini) e tra le tante belle foto campeggia<br />
quella di un bimbo orientale. Poco tempo dopo nasce la<br />
battaglia per i PACS e le coppie pubblicizzate sono due<br />
omosessuali (par condicio ai sessi), una mista in quanto<br />
ad etnia ed una, poveretta e sola, normalissima coppia<br />
di anziani che a 50 anni suonati non riterranno certo<br />
opportuno convolare a nozze ma stipulare un patto civile<br />
(?!). Per ultima, in ordine di tempo, appare l’accorato<br />
grido rivolto all’amore verso la patria, l’Italia, dove, però,<br />
la coppia (veramente <strong>italia</strong>na?) tiene in braccio un bimbo<br />
ancora una volta dagli occhi a mandorla.<br />
Io, cittadino comune, se non mi si riempie il cuore di<br />
tenerezza e benevolenza<br />
verso queste<br />
categorie tanto<br />
“maltrattate” o “dimenticate<br />
dalla società”,<br />
potrei avere<br />
una diversa reazione.<br />
Un diverso pensiero<br />
e cogliere un<br />
diverso messaggio,<br />
forse subdolo, forse<br />
subliminale.<br />
Attualmente il pericolo<br />
sociale, in gran<br />
parte avvertito nell’Italia centro-settentrionale è quello<br />
dell’immigrazione nord-africana e della colonizzazione<br />
economica imminente da parte del pericolo cinese, il<br />
pericolo con “gli occhi a mandorla”. I bimbi rappresentano<br />
il futuro e la cattolica Italia ancora si sposa in chiesa.
attualita’<br />
testo della tradizione<br />
Secondo i DS, il futuro di questa nostra Italia è negli<br />
occhi a mandorla, le coppie del futuro saranno per lo<br />
più sterili. Due gay o due lesbiche non riusciranno mai a<br />
procreare, due 50enni se non ricorrono alla “scienza” difficilmente<br />
proveranno l’emozione di un concepimento<br />
e cosa rimane? La coppia mista o quella che adotta<br />
bimbi con gli occhi a mandorla. Quindi non preoccu-<br />
piamoci del pericolo economico, tanto tra poco i nostri<br />
stessi figli saranno gialli o di altro colore diverso dal<br />
bianco. Il nostro futuro avrà gli occhi a mandorla. Con<br />
tanta tranquillità la sinistra <strong>italia</strong>na ci avverte dell’imminente,<br />
come qualcosa di ineluttabile e accettabile. Una<br />
società di meticci culturali, sociali e razziali.<br />
Io mi chiedo cosa ci sia di male nel non volerlo. Cosa c’è<br />
di male a desiderare ancora il bene prima per gli <strong>italia</strong>ni<br />
o per gli europei? Cosa c’è di male a credere in una comunità<br />
di popoli uniti da una medesima etnia? Cosa c’è<br />
di male a credere ancora che le famiglie siano portatrici<br />
di una continuità spirituale e tradizionale e che nella<br />
spiritualità e tradizione ci debba essere la diversità tra<br />
i sessi?<br />
Davanti a simili messaggi, più o meno chiari, io non ci<br />
sto, non mi faccio insultare così dai geni della comunicazione<br />
e dai fautori del progresso. Credo ancora in<br />
valori diversi e sarò pure anacronista, ma ho una testa<br />
che funziona. Non accetto gli insulti per me e per la mia<br />
gente.
storia e controstoria<br />
storia e controstoria storia e controstoria
Apologia di un<br />
Imperatore<br />
Non è difficile insozzare l’immagine di un personaggio davanti<br />
alle masse, non lo è oggi come non lo è mai stato in passato.<br />
Hitler è stato definito l’Anticristo ma prima di lui, quasi<br />
duemila anni fa, un altro uomo si meritò lo stesso appellativo,<br />
e gli storici del periodo si impegnarono tanto (e come loro<br />
gli studiosi moderni e non ultimi i cristiani), che l’epiteto è<br />
rimasto legato al suo nome fino ai giorni nostri, in saecula<br />
saeculorum.<br />
Naturalmente sto parlando di Lucio Domizio Enobarbo, detto<br />
Nerone. All’ingresso della Domus Aurea, la meraviglia urbana<br />
che egli volle fosse realizzata, un Museo (nell’accezione più<br />
antica del termine) di ottanta ettari dove arte, luce, bellezza e<br />
perfezione architettonica si fondevano in completa armonia,<br />
ho chiesto a decine di turisti <strong>italia</strong>ni se sapessero chi fosse Nerone<br />
e cosa fece nei suoi quattordici anni di Impero.<br />
E dalle risposte è emerso il ritratto, non troppo particolareggiato,<br />
di un uomo dedito alle più sfrenate orge e a piaceri di<br />
ogni tipo, di un folle che incendiò Roma per “fare spazio” all’impresa<br />
architettonica che aveva in mente e, non dimentichiamolo<br />
mai, il primo e più acerrimo nemico e persecutore<br />
dei cristiani.<br />
Tirando le somme si può facilmente concludere che, nei quattordici<br />
anni in cui è durato il regno di Nerone, se gli orizzonti<br />
culturali ed economici dell’Impero si allargarono e vi fu pace<br />
e prosperità mentre egli era impegnato a ubriacarsi e sodomizzare<br />
bambini nella Sala Ottagonale, lo dobbiamo al caso o<br />
al favore divino, non certo al fatto che fu un grande statista a<br />
dispetto della sua personalità senza dubbio bizzarra.<br />
Le fonti storiche non possono essere cambiate, sono le stesse<br />
da secoli, “revisionismo” non significa modificarle ma verificarle,<br />
effettuare controlli incrociati, riscontrare eventuali anomalie<br />
e contraddizioni che potrebbero essere dovute a una<br />
interpretazione soggettiva degli eventi. Questa dovrebbe<br />
essere la norma, l’unico modo oggettivo di riportare la storia<br />
servendosi degli scritti dell’epoca, eppure solo di recente si è<br />
tenuto conto dell’ideologia, della personalità e della posizione<br />
sociale di Svetonio e Tacito, ai quali dobbiamo la maggior<br />
parte delle informazioni che ci sono giunte su Nerone.<br />
Guarda caso entrambi appartenevano alla classe sociale che<br />
l’Imperatore disdegnava e contro la quale combatté a lungo<br />
per ridurne il potere in favore di una plebe che lo ha adorato<br />
e ha mantenuto viva la leggenda che egli non fosse morto, e<br />
che sarebbe tornato un giorno, per riscattarla dalle ingiustizie<br />
subite. A ragion del vero bisogna dire che in questi ultimi<br />
anni sono stati fatti degli sforzi per rendere giustizia alla figura<br />
dell’Imperatore, si sono occupati della faccenda storici<br />
e studiosi di ogni parte d’Europa, dalla Francia alla Romania<br />
mentre l’Italia annega ancora nell’ignoranza, una damnatio<br />
memoriae eterna e non solo nei confronti del pazzo, fratricida,<br />
uxoricida, incendiario, vizioso Nerone.<br />
Questa è la storia che ci insegnano nelle scuole, che ci insegnano<br />
i libri e che ci insegna la televisione, grande maestra di<br />
Argentea<br />
vita dell’era moderna; una storia filtrata, modificata e inventata,<br />
scritta dai vincitori per le masse, studiata a tavolino come<br />
un romanzo Harmony in modo da provocare le reazioni desiderate,<br />
i giusti sentimenti d’orrore e repulsione nei confronti<br />
di grandi personaggi il cui carisma e la cui personalità avrebbero<br />
potuto cambiare il corso degli eventi dando origine a<br />
una nuova Età dell’Oro. Concludo questa breve introduzione<br />
con le parole di Massimo Fini nel suo “NERONE, duemila anni<br />
di calunnie” di cui consiglio vivamente la lettura:<br />
Questo libro è dedicato soprattutto ai giovani perché,<br />
attraverso le menzogne sulla storia di ieri, sappiano riconoscere<br />
quelle,<br />
per loro certo più importanti, sulla storia di oggi.<br />
Lucio Domizio Enobarbo nasce ad Anzio il 15 dicembre del<br />
37 d.C. da Agrippina Maggiore, di Augustea discendenza, bella,<br />
fiera e coraggiosa ma anche fredda e calcolatrice, e Gneo<br />
Domizio della stirpe degli Enobarbi, di ben più umili benché<br />
nobili origini.<br />
I primi anni di vita del piccolo Lucio non sono dei più felici: la<br />
madre viene accusata di complotto ai danni dell’Imperatore<br />
Caligola e esiliata mentre il padre muore, così il bambino viene<br />
affidato alla zia Domizia Lepida.<br />
E’ in questo periodo che comincia la sua istruzione della quale<br />
si occupano inizialmente un barbiere e un ballerino e sarà<br />
forse quest’ultimo a trasmettere a Nerone l’amore per il Circo,<br />
i giochi e le attività ginniche in generale, una passione che<br />
mai lo abbandonerà anche in età adulta. Due anni dopo, alla<br />
morte di Caligola, Agrippina viene richiamata dall’esilio e, decisa<br />
più che mai a realizzare i suoi sogni di potere, comincia<br />
col prendere nuovamente il figlio con sé; la donna ha progetti<br />
ambiziosi da realizzare e ogni singolo ingranaggio dell’enorme<br />
meccanismo che si appresta a mettere in moto, ruota intorno<br />
alla figura del piccolo Lucio.<br />
Comincia col liberarsi dell’unica persona che ha un minimo<br />
di influenza sul figlio e le cui interferenze potrebbero rivelarsi<br />
dannose per i suoi intenti: Domizia Lepida. La donna viene<br />
così accusata di complotto ai danni dell’Imperatore Claudio<br />
e condannata a morte.<br />
Eliminato ogni ostacolo Agrippina può finalmente dedicarsi<br />
innanzi tutto all’istruzione del figlio che affida a illustri personaggi<br />
del mondo greco - orientale e, soprattutto, a Lucio<br />
Anneo Seneca a cui dà il compito di sovrintendere al lavoro<br />
degli altri istruttori e di insegnare a Nerone la retorica e la filosofia.<br />
Seneca non è sicuramente un esempio d’uomo, predica bene<br />
ma non vive secondo i precetti che insegna ed è fin troppo<br />
impegnato ad accumulare denaro; anche in futuro, più simile<br />
a un serpente cresciuto in seno a Nerone che a un mentore,<br />
le sue lodi all’Imperatore non saranno mai sincere eppure<br />
contribuirà a infondere definitivamente nel futuro Imperato-
e la passione per una cultura che egli imparò ad amare fin<br />
dall’infanzia e in nome della quale, una volta salito al trono,<br />
cercò di dare al proprio Impero l’impronta civile e raffinata<br />
tipica dei costumi ellenistici. Una volta risolto il problema dell’istruzione<br />
del piccolo Lucio, Agrippina, abile negli intrighi e<br />
di bellissimo aspetto, riesce a farsi prendere in moglie dallo<br />
zio, l’Imperatore Claudio, che ha già due figli: Britannico, di salute<br />
cagionevole (soffre di epilessia), e Ottavia. Da qui all’adozione<br />
di Nerone da parte dell’Imperatore passa poco tempo,<br />
del resto la successione è un problema da non trascurare e<br />
Claudio, pensando probabilmente ai problemi di salute di Britannico,<br />
decide di acconsentire alla richiesta della consorte<br />
non sapendo di aver firmato in questo modo la propria condanna<br />
a morte. Come se non bastasse Agrippina riesce a fargli<br />
promettere in sposa la sorellastra Ottavia, matrimonio che<br />
avviene nel 53 quando Lucio indossa già da tempo le vesti<br />
da adulto in pubblico, ricopre cariche importanti e pronuncia<br />
discorsi davanti alla folla.<br />
Oramai i tempi sono maturi e Agrippina pensa bene di dare<br />
testo della tradizione<br />
un mano al fato avvelenando, con la complicità di Seneca e<br />
dell’assaggiatore dell’Imperatore, il piatto del consorte. Il veleno<br />
fa effetto ma probabilmente la dose è troppo blanda:<br />
Claudio è in fin di vita ma ancora pericolosamente cosciente<br />
ed ella decide di dargli il colpo di grazia con l’aiuto del medico<br />
e di un pennino intinto nel veleno spinto a forza nella sua<br />
gola nell’apparente intento di voler provocare dei conati di<br />
vomito.<br />
E’ fatta, Claudio è morto e il giorno dopo Nerone sale al trono<br />
grazie a un delitto di cui non è responsabile e di cui, soprattutto,<br />
non sa niente. Ha così inizio il suo Impero che durerà<br />
ben quattordici anni, un tempo piuttosto lungo rispetto ai<br />
suoi predecessori e successori.<br />
Ora, lungi da me stilare una sterile biografia ricca di date ed<br />
eventi, reperibile tra l’altro in qualunque libro di storia romana,<br />
il mio intento è soffermarmi sulla figura dell’Imperatore e<br />
dell’Uomo, due personalità distinte e a volte in conflitto eppure<br />
degne di nota entrambe in quanto, seppure coltivò l’arte<br />
che amava, mai venne meno ai propri compiti di statista e<br />
in entrambe le attività spese tutte le energie che poteva. Salire<br />
al trono non fu mai la sua aspirazione, l’Arte lo era, questo<br />
senza dubbio alcuno, ma non il governo.<br />
Nerone preferì sempre la gente comune all’aristocrazia, nelle<br />
piccole cose lo si poteva facilmente capire dal taglio dei capelli<br />
(era solito portarli lunghi e sciolti come gli artisti e la gente<br />
comune), dal fatto che al Circo durante le corse tifasse i “verdi”<br />
(il colore preferito dal popolo) mentre gli aristocratici tifavano<br />
i “rossi”, e da come amasse confondersi con la plebe; spesso si<br />
mischiava a loro anonimamente anche solo per parlare. Era<br />
solito frequentare bettole e taverne vestito da schiavo e non<br />
aveva paura a provocar risse e scazzottate del resto non gli<br />
mancava il coraggio né tanto meno la preparazione atletica.<br />
Ma la prova più grande della sensibilità che ha sempre avuto<br />
nei confronti della plebe l’abbiamo dalle riforme che tentò<br />
di attuare (e se ci riuscì solo in parte lo dobbiamo al senato e<br />
dell’aristocrazia che gli si sono sempre opposti) a livello legislativo<br />
e fiscale, riforme mirate sempre a un rialzo dell’economia<br />
generale ma soprattutto al benessere del popolo. Erano<br />
frequenti le donazioni di grano alla plebe, durante una carestia<br />
che colpì duramente Roma nel 64 mise mano alle riserve<br />
accumulate nei magazzini dello Stato, cosa che aveva già<br />
fatto spesso, anche solo per abbassare i prezzi di mercato. Si<br />
pronunciò persino a favore degli schiavi ordinando ai prefetti<br />
cittadini di accettare le loro denunce di maltrattamenti subiti<br />
dai padroni. Così la plebe imparò presto ad amarlo mentre gli<br />
scontri con l’aristocrazia e il senato si fecero sentire fin dai primi<br />
anni di governo. Nerone non ci mise molto a capire che un<br />
Impero vasto come quello di Roma non avrebbe mai potuto<br />
reggersi sui fragili principi di una Repubblica che non esisteva<br />
più ma in nome della quale il senato si ostinava a parlare.<br />
Dopo un’attenta analisi giunse alla conclusione che avrebbe<br />
dovuto prendere le redini del comando in modo molto più<br />
deciso di quanto non avessero fatto i suoi predecessori. Come<br />
prima cosa si occupò della questione dei liberti, schiavi liberati<br />
(per la maggior parte uomini colti provenienti da oriente)<br />
ai quali erano state date cariche importanti e che, lentamente,<br />
si erano fatti prendere la mano impicciandosi di faccende<br />
che poco li riguardavano. Inizialmente Nerone si guadagnò<br />
l’appoggio del senato limitando il potere degli schiavi liberati<br />
ma quando cercò allo stesso tempo di affidare ai senatori le<br />
mansioni che un tempo erano dei liberti a loro non piacque,<br />
del resto preferivano di gran lunga la bella vita priva di responsabilità<br />
che avevano condotto fino a quel momento.<br />
L’Imperatore li accusò spesso di incompetenza e assenteismo<br />
fino a che non decise di tornare sui propri passi e rendere ai<br />
liberti le cariche che avevano ricoperto fino a quel momento.<br />
Ma i dissidi fra l’Imperatore e il senato erano solo agli inizi,<br />
molte delle sue proposte furono bocciate o accettate solo in<br />
parte. Provò ad eliminare le tasse indirette e precisamente i<br />
dazi doganali che colpivano duramente la plebe. Al “no”deciso<br />
del senato impose comunque che le norme d’esazione d’ogni<br />
singola tassa fossero rese note, tolse le soprattasse ed eliminò<br />
le imposte che gravavano sulle navi mercantili che trasportavano<br />
il grano d’oltremare. La svalutazione mo<strong>net</strong>aria fu un altro<br />
dei grandi cambiamenti introdotti da Nerone, egli ridusse<br />
infatti la percentuale d’oro e d’argento contenuta nell’aureus<br />
e nel denarius. A dirla tutta la quantità d’argento fu abbassata<br />
di molto rispetto a quella d’oro, sempre in favore del popolo<br />
che possedeva solo argento. Al contempo si occupò dello<br />
sviluppo edilizio di Roma e, “aiutato” dal famoso incendio<br />
(si ricorda che non esistono prove storiche che sia stato egli<br />
stesso a provocarlo, fu accusato Nerone come furono accusati<br />
i Cristiani, ma fu lui a passare alla storia come pazzo incendiario.)<br />
fece costruire il Circo Massimo, il Campo Neroniano, un<br />
nuovo ponte sul Tevere, il Tempio della Fortuna di Seiano e<br />
toria e controstoria
Apologia di un<br />
Imperatore<br />
l’Acquedotto Celimontano; inoltre fece ricostruire la Via Sacra<br />
e pavimentare il clivio Palatino. E ultima ma non certo per importanza<br />
diede inizio ai lavori per la costruzione della Domus<br />
Aurea, che mai vide compiuta se non nei suoi sogni.<br />
Da tutto ciò l’economia trasse un gran giovamento grazie anche<br />
allo sviluppo dell’industria dei laterizi, e il tasso di disoccupazione<br />
e l’inflazione si mantennero bassi. Nel frattempo<br />
tolse ai senatori quasi ogni potere decisionale, Nerone stava<br />
cercando di realizzare il suo progetto di una monarchia assoluta,<br />
l’unico modo a suo avviso (e non solo a suo avviso, aggiungerei)<br />
di tenere insieme un Impero così vasto e ricco di<br />
culture tanto diverse. Pur non dedicandosi direttamente alla<br />
guerra, preferendo la diplomazia alla conquista, seppe circondarsi<br />
di generali valorosi ai quali affidò la gestione dei tumulti<br />
in corso nell’Impero e qui vale la pena ricordare la regina Boudicca,<br />
un’avversaria degna di nota delle legioni romane che<br />
guidò i Britanni alla riconquista della propria terra.<br />
Sotto il suo comando gli insorti smembrarono la Nona Legione<br />
e solo a fatica i romani riuscirono a placare la rivolta.<br />
Incapace di accettare la sconfitta la fiera Boudicca si tolse la<br />
vita. Col passare degli anni l’influenza di Agrippina sul figlio<br />
andò affievolendosi, la sua idea di governo era ben diversa da<br />
quella dell’Imperatore, per lei gli intrighi e gli assassini erano<br />
all’ordine del giorno e la sua arroganza era pari solo alla sua<br />
ambizione tanto che Nerone decise di darle una nuova residenza,<br />
lussuosa ma lontana dal palazzo, sperando di tenerla<br />
così lontana dagli affari di stato ma non servì a molto.<br />
L’Imperatrice cominciò a complottare ai danni del figlio e<br />
se una prima volta se la cavò difendendosi magistralmente<br />
durante un processo, non riuscì però a venirne fuori una seconda<br />
volta quando lo stesso Seneca, che aveva ancora un<br />
minimo di influenza sull’Imperatore, lo convinse (non a torto<br />
in realtà) che la madre era una nemica e un pericolo. Fu così<br />
che Nerone decise di compiere forse il più famoso degli assassini<br />
per cui è passato alla storia volendo tralasciare i molti<br />
altri di cui è stato con buona probabilità ingiustamente accusato<br />
(l’omicidio di Britannico ad esempio, la cui morte, mirabilmente<br />
descritta da Tacito negli “Annali”, potrebbe essere<br />
stata causata dalla rottura di un aneurisma, caso frequente<br />
negli attacchi epilettici.) Eppure non c’è Imperatore Romano<br />
la cui coscienza non sia macchiata da qualche delitto, l’assassinio<br />
era l’unico modo per difendersi dai complotti e dai colpi<br />
di stato e, ricordiamolo sempre, Nerone non uccise una madre<br />
amorevole ma una donna che lo avrebbe assassinato a<br />
sua volta appena ne avesse avuta l’occasione, per governare<br />
secondo i suoi principi, distruggendo tutto ciò che il figlio era<br />
riuscito a costruire fino a quel momento. Questo non fa di lui<br />
un uomo buono ma non è sicuramente abbastanza per trasformarlo<br />
in un mostro. Erano le regole di quel periodo e in<br />
quel contesto e Nerone se ne servì e giocò la partita nel modo<br />
che ritenne migliore, il gesto fu meditato e sicuramente sofferto,<br />
altrimenti non avrebbe allontanato la madre cercando<br />
Argentea<br />
in tutti i modi una soluzione alternativa, se fosse stato il mostro<br />
descritto da Tacito l’avrebbe semplicemente fatta uccidere<br />
prima ancora della prima accusa di complotto. Solo per<br />
l’omicidio di Ottavia non ci sono giustificazioni di sorta, fu<br />
un atto terribile commesso per il più banale (e frequente nel<br />
passato come oggi) dei motivi: la passione per un’altra donna:<br />
Poppea. E fu uno dei rari casi in cui Nerone ebbe il popolo<br />
contro: tutti sostenevano Ottavia anche se questo non servì<br />
a salvarle la vita.<br />
L’Imperatore in un primo momento si limitò ad esiliarla poi le<br />
fece tagliare i polsi e la fece immergere in acqua molto calda.<br />
Ottavia morì dissanguata mentre Poppea saliva al trono, una<br />
ben triste fine senza dubbio.<br />
Delle accuse degli storici del periodo, la meno credibile è<br />
forse il presunto calcio col quale avrebbe ucciso una Poppea<br />
malata e incinta. Amava la donna e desiderava ardentemente<br />
un figlio e alla sua morte non la dimenticò mai anche se conobbe<br />
l’amore di altre donne. Inoltre il fatto che, per stessa<br />
ammissione di Svetonio Poppea fosse malata al momento del<br />
presunto calcio fa per lo meno ipotizzare una diversa versione<br />
dei fatti. Ad ogni modo, non furono certo gli assassini reali<br />
o presunti, a portare l’aristocrazia e i suoi più stretti amici a<br />
congiurare contro di lui. Nerone oramai si esibiva frequentemente<br />
sulla scena come attore, poeta e cantore, e la cosa era<br />
giudicata oltremodo scandalosa per un Imperatore. Dei poteri<br />
che aveva lasciato al senato abbiamo la prova nella scritta<br />
EX S.C. (Ex Senatus Consultu), scomparsa dalle mo<strong>net</strong>e nel 60;<br />
oramai ai senatori, indolenti e parassiti, non affidava più alcuna<br />
carica preferendo uomini di sua fiducia, spesso liberti e<br />
militari di carriera. Per l’aristocrazia si trattò di un vero e proprio<br />
schiaffo in pieno volto, e ad approfittare della situazione<br />
fu un uomo che Nerone considerava persona di fiducia se<br />
non un vero e proprio amico: Gaio Calpurnio Pisone, amante<br />
della poesia e della recitazione, spesso spinto da Nerone<br />
aveva calcato come lui le scene e, in effetti, le somiglianze con<br />
l’Imperatore erano fin troppe e i suoi sostenitori (fra i quali<br />
c’era anche Seneca che da tempo Nerone aveva allontanato)<br />
non erano dei più scaltri. La congiura fu presto scoperta<br />
e i partecipanti diretti costretti al suicidio, molti altri furono<br />
semplicemente esiliati e una buona parte assolti anche solo<br />
per aver contribuito all’inchiesta con le loro testimonianze.<br />
La moglie di Seneca, che aveva deciso di morire col consorte<br />
tagliandosi le vene, fu salvata in quanto non colpevole e non<br />
meritevole di morire.<br />
Anche in questo caso l’Imperatore dimostrò una clemenza<br />
rara.<br />
A questa seguirono altre congiure che Nerone riuscì sempre a<br />
stroncare sul nascere e che contribuirono a congelare definitivamente<br />
i suoi rapporti con l’aristocrazia e il senato.<br />
Nel 66 Nerone realizzò un sogno che lo aveva accompagnato<br />
fin dall’infanzia: un viaggio di un anno in Grecia durante
ivoluzione e tradiz<br />
il quale partecipò ai giochi che per l’occasione erano stati<br />
accorpati uno di seguito all’altro.<br />
Accumulata una grande quantità di premi e medaglie (nonché<br />
di gloria) tornò a Corinto dove decise di dare vita a un<br />
progetto che già in precedenza avevano studiato Cesare e<br />
Caligola: l’eliminazione dell’istmo che avrebbe accorciato le<br />
distanze con l’Oriente e favorito i commerci marittimi.<br />
Prima del rientro a Roma dove uno scontento ancora più<br />
grande lo attendeva in quanto mai nessun Imperatore si era<br />
allontanato così a lungo dalla capitale e per così “futili” motivi,<br />
pronunciò un discorso davanti ai Greci proclamando la liberazione<br />
della provincia e guadagnandosi così la loro fedeltà<br />
incondizionata, un gesto politico che non gli costò molto ma<br />
che avrebbe dato molti vantaggi all’Impero.<br />
Una volta di più l’Imperatore aveva unito l’utile al dilettevole,<br />
assicurando un alleato fedele a Roma durante un viaggio che<br />
tutti avevano creduto unicamente di svago.<br />
Tornato a Roma non restò con le mani in mano e diede il via a<br />
un altro progetto al quale pensava da tempo. Cominciò a ra-<br />
testo della tradizione<br />
dunare le truppe per l’occupazione del Caucaso in quella che<br />
sarebbe stata la prima mossa di una spedizione sulle orme di<br />
Alessandro Magno ma i preparativi vennero bruscamente<br />
interrotti da un avvenimento che inizialmente Nerone prese<br />
alla leggera: la ribellione di Giulio Vindice, governatore della<br />
Gallia Lugdunense. Vindice chiese e ottenne l’appoggio di<br />
Servio Sulpicio Galba, governatore della Spagna e insieme a<br />
lui partì all’attacco. Inizialmente le truppe del Reno, fedeli a<br />
Nerone seppur con qualche incertezza riuscirono a placare i<br />
rivoltosi e il governatore della Gallia, sconfitto, si uccise.<br />
A questo punto sarebbe bastato poco, infondo Nerone aveva<br />
la fedeltà incondizionata delle province orientali e la neutralità<br />
dei restanti governatori incerti sul da farsi ma l’Imperatore<br />
sembrò aver perso del tutto la voglia di reagire.<br />
Cominciò a parlare di rifugiarsi in Egitto o di vivere della propria<br />
arte, e di certo non giocò a suo favore il fatto di non essersi<br />
mai interessato personalmente dell’esercito e non aver<br />
mai fatto visita alle proprie truppe.<br />
Non passò molto tempo che tutti i governatori gli furono<br />
contro e sui muri della città cominciarono ad apparire scritte<br />
canzonatorie. Anche le poche persone di cui ancora si fidava<br />
lo tradirono o lo lasciarono da solo, persino la sua nuova moglie,<br />
Statilia Messalina, non ci pensò due volte prima di scappare.<br />
Il ruolo più importante nella caduta dell’Imperatore lo<br />
ebbe Ninfidio Sabino, prefetto del pretorio, che lo convinse a<br />
lasciare la Domus Aurea per rifugiarsi in un altro palazzo agli<br />
Orti Servilliani e qui lo lasciò mentre in pubblico diffuse la notizia<br />
che Nerone era fuggito in Egitto. Sulle ultime ore di vita<br />
di Nerone sappiamo poco, le uniche notizie ci vengono da<br />
Svetonio e a queste dobbiamo attenerci sempre ricordando<br />
le premesse iniziali sullo storico che aveva sicuramente tutto<br />
l’interesse a ridicolizzare l’Imperatore.<br />
Secondo Svetonio la pisside piena di veleno gli venne tolta<br />
per cui, incapace inizialmente di farlo da solo, Nerone mandò<br />
a cercare qualcuno che si degnasse di ucciderlo.<br />
Non trovando nessuno pronunciò la frase: “ Dunque non ho<br />
più un amico e nemmeno un nemico!”<br />
Su consiglio di Faone, uno dei pochi liberti che gli erano rimasti<br />
vicini, decise allora di rifugiarsi in una vecchia casa di<br />
campagna a qualche chilometro da Roma.<br />
Qui, circondato dai liberti che lo esortavano a togliersi la vita<br />
prima dell’arrivo delle truppe di Galba, ordinò che venisse<br />
scavata una fossa della misura del suo corpo e fatti i preparativi<br />
per onorare il suo cadavere. Più volte tentò di uccidersi<br />
senza trovare il coraggio e infine, ritrovando la risolutezza che<br />
lo aveva sempre caratterizzato, pronunciò le parole:”Questo<br />
modo di fare è ignobile, turpe, è indegno di Nerone, proprio<br />
indegno! Ci vuole sangue freddo in questi momenti. Via, svegliati!”<br />
e si trafisse la gola con il pugnale.<br />
Era il 9 giugno del 68 d.C.<br />
Ora, non è facile stabilire con chiarezza quale fu la causa sca-<br />
tenante della fine di Nerone.<br />
Sappiamo che il suo governo filo popolare non sarebbe mai<br />
potuto piacere all’aristocrazia, che i conflitti col senato furono<br />
determinanti, e che il suo scarso interesse per la guerra preferendo<br />
di gran lunga la diplomazia all’azione non servì certo a<br />
garantirgli la fedeltà delle truppe.<br />
Può anche darsi che la colpa sia da attribuire a una rivoluzione<br />
culturale che era destinata a rimanere solo un sogno in<br />
quanto Roma non avrebbe mai accettato come sua la cultura<br />
ellenica.<br />
Ma a noi non devono interessare le fantasticherie e i “se” e le<br />
contorsioni mentali col senno di poi, quello che conta realmente<br />
è rendersi conto che gli storici hanno voluto far passare<br />
per mostro un grande uomo di stato le cui azioni e i cui<br />
vizi, (veri o presunti), non furono più crudeli di quelle di altri<br />
Imperatori (anzi, in molti casi dimostrò una clemenza insolita<br />
per quel periodo e quel contesto.).<br />
Il buon Costantino assassinò fra gli altri la moglie e il figlio,<br />
quanti di voi lo ricordano per questo e quanti perché fece del<br />
cristianesimo la religione di stato?<br />
Dobbiamo assolutamente renderci conto che quello che<br />
hanno fatto gli storici duemila anni fa è quello che hanno<br />
continuato a fare per duemila anni fino ai giorni nostri.<br />
E’ su questo che dovremmo riflettere portando la nostra attenzione<br />
alla storia contemporanea, in modo che gli avvenimenti<br />
del passato ci siano di insegnamento per il futuro,<br />
perché impariamo a pensare con la propria testa e a non<br />
smettere mai di chiederci perché.
The Nazi<br />
Connection<br />
Euge<strong>net</strong>ica, razzismo americano<br />
e nazionalsocialismo.<br />
Questo breve estratto a fini di recensione del libro di Stefan<br />
Kühl “The Nazi Connection. Eugenics, American Racism, and<br />
German National Socialism” permetterà di avere un assaggio<br />
- come era nelle intenzioni dell’autore – dei legami esistenti<br />
tra il movimento euge<strong>net</strong>ico ed il programma nazionalsocialista<br />
di igiene razziale, palesando come molti scienziati americani<br />
ebbero a sostenere attivamente la politica di Hitler e<br />
come l’idea di sterilizzazione quale controllo ge<strong>net</strong>ico fosse<br />
stata accettata a livello internazionale dai primi anni del ventesimo<br />
secolo.<br />
L’opera di sintesi e traduzione è stata curata da Marco Linguardo.<br />
1 – Il “Nuovo” Razzismo Scientifico<br />
Nel 1991, l’antropologo Roger Pearson salì alle cronache con<br />
ciò che fu con molta probabilità la più articolata difesa del<br />
razzismo scientifico negli Stati Uniti dal 1945. In Race, Intelligence<br />
and Bias in Acadame (Razza, Intelligenza e Pregiudizio<br />
nel Mondo Accademico), Pearson denunciò “la forte opposizione<br />
dei Marxisti ed altri esponenti della Sinista” verso la<br />
ricerca con implicazioni razziali. Attaccò sia l’accademia sia i<br />
media quali bastioni dell’opposizione politicamente motivata<br />
contro le ricerche della scienza “obiettiva”.<br />
L’euge<strong>net</strong>ica, che Pearson definì con termini moderni come<br />
“l’applicazione pratica della scienza ge<strong>net</strong>ica verso il miglioramento<br />
della salute ge<strong>net</strong>ica delle generazioni future” fu<br />
un movimento politicamente e scientificamente influente<br />
nella prima metà del ventesimo secolo, particolarmente in<br />
Gran Bretagna, Stati Uniti, e Germania. La parola euge<strong>net</strong>ica<br />
fu originariamente coniata da Francis Galton nel 1883. Dal<br />
suo punto di vista, il movimento euge<strong>net</strong>ico avrebbe dovuto<br />
aspirare a dare “alle razze più adatte una possibilità maggiore<br />
di prevalere con rapidità su quelle meno adatte.”<br />
In accordo con Pearson, gli euge<strong>net</strong>isti ritenevano che gli<br />
Europei così come altre razze dotate avevano già capacità<br />
ge<strong>net</strong>iche distinte e che “alcuni individui e popolazioni incrociate<br />
avevano qualità ge<strong>net</strong>icamente trasmissibili che erano<br />
intellettualmente, fisicamente e moralmente più desiderabili”.<br />
Gli euge<strong>net</strong>isti utilizzavano due differenti approcci per migliorare<br />
il “patrimonio ge<strong>net</strong>ico nazionale”. Gli “euge<strong>net</strong>isti negativi,”<br />
nelle parole di Pearson, tentavano “di liberare le future<br />
generazioni da evitabili handicap ge<strong>net</strong>icamente trasmissibili.”<br />
Gli “euge<strong>net</strong>isti positivi”,dall’altro lato, vedevano “la possibilità<br />
di aumentare la qualità ge<strong>net</strong>ica totale della nazione<br />
garantendo un tasso di nascita superiore tra i meglio dotati<br />
ge<strong>net</strong>icamente.”<br />
Bisogna ricordare che le pubblicazioni di Pearson furono supportate,<br />
in parte, dal Pioneer Fund, una fondazione la cui iniziale<br />
leadership elogiò gli aspetti della politica razziale della<br />
Germania Nazionalsocialista e che ha, negli anni più recenti,<br />
dato sostegno finanziario a controverse ricerche sulla razza e<br />
sull’intelligenza.<br />
Lo scopo dichiarato del Fund era di “aumentare le caratteristiche<br />
del popolo Americano” per mezzo dell’incoraggiamento<br />
alla procreazione dei discenti delle “genti bianche che si stabilirono<br />
nelle originali tredici colonie prima di adottare la Costituzione”<br />
e fornire aiuto alle ricerche condotte sul “miglioramento<br />
della razza con particolare interesse verso il popolo<br />
degli Stati Uniti.” Oggi, il Pioneer Fund è il più importante supporter<br />
finanziario alla ricerca concernente la connessione tra<br />
razza ed eredità negli Stati Uniti. Continua anche a finanziare<br />
studi nelle aree dell’euge<strong>net</strong>ica, ge<strong>net</strong>ica umana, ed immigrazione.<br />
Il Pioneer Fund fornì sostegno quindi a Pearson per la sua<br />
estesa attività letteraria ed aiutò a rendere possibile la ricerca<br />
di quasi tutti gli scienziati che Pearson difendeva dalle “tecniche<br />
Marxiste” che gridavano al “razzismo”, “nazismo,” e “fascismo.”<br />
Per fare qualche esempio, quando Arthur J. Jensen, che Pearson<br />
definì “il principale ricercatore responsabile della rinascita<br />
del pensiero di ‘ereditarietà’ nei recenti decenni,”divenne<br />
noto per le sue tesi dove si affermava che i neri fossero in maniera<br />
ereditaria meno intelligenti dei bianchi, il Pioneer Fund<br />
si mostrò impaziente di finanziare il lavoro.<br />
Jensen ricevette il supporto di un altro protetto del Pioneer<br />
Fund, William Shockley. Nel 1970, Shockley, premio Nobel per<br />
la fisica nel 1956, dichiarò che la qualità della razza umana<br />
stava diminuendo a causa del fatto che le ricerche ge<strong>net</strong>iche<br />
venivano sempre più trascurate.<br />
Il supporto del Pioneer Fund non fu limitato a Jensen, Shockley,<br />
Pearson, Rushton, Gordon e al Progetto Minnesota ma<br />
la lista di altri beneficiari di sussidi di questa Fondazione<br />
comprendeva l’American Immigration Control Federation<br />
(Federazione Americana per il Controllo dell’Immigrazione),<br />
la Foundation of Human Understanding (Fondazione sulla<br />
Conoscenza Umana), Richard Lynn, professore di psicologia<br />
dell’Università dell’Ulster, l’Istituto Eysenck di Psichiatria dell’Università<br />
di Londra, e Seymour Itzkoff dello Smith College.<br />
2 – Relazioni Tedesco-Americane entro il Movimento Internazionale<br />
di Euge<strong>net</strong>ica prima del 1933<br />
In un’intervista per il Berliner Tageblatt, Alfred Ploetz, il fondatore<br />
tedesco della scienza dell’igiene razziale, discusse la sua<br />
esperienza negli States al primo Congresso Internazionale<br />
per l’Euge<strong>net</strong>ica tenutosi a Londra nel 1912. Ploetz descrisse<br />
gli Stati Uniti come un chiaro leader nel regno dell’euge<strong>net</strong>i-
ca. Nel suo commento prefigurava lo sviluppo della relazione<br />
tra euge<strong>net</strong>isti tedeschi ed americani che si sarebbe basato<br />
su di una emergente comunità internazionale di scienziati<br />
dediti al miglioramento della razza.<br />
Gli euge<strong>net</strong>isti europei ammiravano il successo della loro<br />
controparte americana nell’influenzare la legislazione in materia<br />
di euge<strong>net</strong>ica ed ottenere estesi aiuti finanziari per il<br />
movimento euge<strong>net</strong>ico americano.<br />
Che poi i ge<strong>net</strong>isti razziali tedeschi in generale ed in particolare<br />
di Berlino fossero ben informati circa la situazione dell’euge<strong>net</strong>ica<br />
in Nord America si deve in parte ad uno dei più attivi<br />
membri della società di Berlino. Géza von Hoffmann, che passò<br />
molti anni in California come viceconsole austriaco, infatti<br />
informava regolarmente i suoi colleghi tedeschi e il pubblico<br />
sugli sviluppi dell’euge<strong>net</strong>ica negli Stati Uniti. Nel 1913, pubblicò<br />
un libro, Die Rassenhygiene in den Vereinigten Staaten<br />
von Nordamerika (Igiene Razziale negli Stati Uniti del Nord<br />
America), che più tardi sarebbe divenuto uno dei libri base<br />
del neonato movimento euge<strong>net</strong>ico. Dopo un’introduzione<br />
testo della tradizione<br />
che abbozzava le basi scientifiche dell’euge<strong>net</strong>ica il testo ri-<br />
feriva di un’ampia accettazione degli ideali euge<strong>net</strong>ici negli<br />
Stati Uniti sostenendo che la speranza di Galton che l’euge<strong>net</strong>ica<br />
sarebbe divenuta “la religione del futuro” si stava ivi<br />
realizzando.<br />
Le teorie sull’evoluzione e decadimento (Entartung), l’importanza<br />
dell’ereditarietà, e la possibilità del miglioramento razziale<br />
stavano pe<strong>net</strong>rando il pensiero scientifico americano e<br />
la vita sociale.<br />
Il capitolo finale di Hoffmann indicava l’orientamento euge<strong>net</strong>ico<br />
delle restrizioni americane sull’immigrazione. Spiegava<br />
che per gli euge<strong>net</strong>isti americani la selezione fosse basata<br />
sia sull’individuo che sulla razza. L’”Homo Europaeus, il tipo<br />
Germanico e Nordico” servivano quali modelli della superiorità<br />
razziale.<br />
La Prima Guerra Mondiale mise ovviamente a dura prova le<br />
relazioni internazionali tra euge<strong>net</strong>isti. Il Secondo Congresso<br />
Internazionale di Euge<strong>net</strong>ica fu posticipato, e il Comitato Permanente<br />
cessò di incontrarsi sino all’Ottobre del 1919. Il Congresso<br />
ebbe luogo a New York City nel Settembre 1921 senza<br />
la partecipazione tedesca che dal 1925 tornò comunque a<br />
riunirsi al movimento internazionale allorquando le relazioni<br />
tra ge<strong>net</strong>isti tedeschi ed americani si ebbero già ricucite.<br />
A sottolineare lo stretto lavoro di inter-relazione tra America<br />
e Germania ci fu il sostanzioso supporto finanziario delle<br />
fondazioni americane per il sostegno della ricerca euge<strong>net</strong>ica<br />
in Germania. Il principale sostenitore fu la Fondazione Rockefeller<br />
di New York. Questa finanziò la ricerca dell’igienista razziale<br />
Agnes Bluhm oltre ad altri studiosi quali Herrmann Poll,<br />
Alfred Grotjahn, e Hans Nachtsheim. La fondazione Rockefeller<br />
giocò inoltre un ruolo centrale nello sponsorizzare i principali<br />
istituti di euge<strong>net</strong>ica in Germania, inclusi l’Istituto Kaiser<br />
Wilhelm per la Psichiatria e per l’Antropologia, l’Euge<strong>net</strong>ica e<br />
l’Ereditarietà Umana. E continuò a sostenere gli euge<strong>net</strong>isti<br />
tedeschi anche dopo che il Nazionalsocialismo ebbe ad assumere<br />
il controllo della scienza tedesca.<br />
Il Terzo Congresso di Euge<strong>net</strong>ica, tenutosi nel 1932 a New<br />
York, fu un contrattempo per la Germania in termini di estensione<br />
dell’influenza tedesca entro il movimento internazionale<br />
di euge<strong>net</strong>ica. Di fatti la Depressione e le relative difficoltà<br />
economiche furono di impedimento affinché importanti igienisti<br />
razziali potessero parteciparvi. Il tema del Congresso era<br />
“Un Decennio di Progresso nell’Euge<strong>net</strong>ica”.<br />
Il “decennio di progresso” si riferiva sia ai passi avanti nella<br />
cosiddetta euge<strong>net</strong>ica pura sia in quella “applicata”. Il movimento<br />
di sterilizzazione nelle varie nazioni del mondo era<br />
avanzato. Nel 1928, il Cantone Vaud Svizzero aveva promosso<br />
una legge che permetteva la sterilizzazione di persone<br />
mentalmente handicappate se gli amministratori della salute<br />
avessero ravveduto il pericolo che l’individuo in questione<br />
avrebbe potuto produrre una prole degenerata. La Danimar-<br />
ca applicò un anno più tardi una legge simile. Dal 1928, la<br />
Società Euge<strong>net</strong>ica in Gran Bretagna aveva iniziato una campagna<br />
per la sterilizzazione volontaria.<br />
La discussione in Germania sulla sterilizzazione, prima dell’applicazione<br />
della legge sulla Prevenzione delle Malattie<br />
Ereditarie nella Progenie passata il 14 Giugno del 1933, fu fortemente<br />
influenzata dai modelli americani. Nel Maggio 1923,<br />
Boeters mandò un rapporto al governatore della Sassonia nel<br />
quale chiedeva una sterilizzazione obbligatoria per ciechi e<br />
sordi ereditari, per gli handicappati mentali, i malati mentali,<br />
i “pervertiti” sessuali, ed i padri con due o più figli illegittimi.<br />
Egli pubblicò un modello di legge, la cosiddetta Lex Zwickau<br />
in cui Boeters si riferì direttamente all’esperienza negli Stati<br />
Uniti, affermando, “In una nazione avanzata di primo ordine<br />
che ci sforziamo di seguire – ovvero gli Stati Uniti d’America<br />
- la legge sulla sterilizzazione è stata introdotta e testata<br />
tempo fa”<br />
Due libri del 1929 fornirono agli igienisti razziali tedeschi del<br />
vasto materiale circa la situazione negli Stati Uniti d’America.<br />
Uno studio sulla sterilizzazione in California degli eugenisti<br />
Eugene S. Gosney e Paul Popenoe fu tradotto in tedesco soltanto<br />
un anno dopo la sua comparsa negli Stati Uniti.<br />
3 – Il Contesto Internazionale<br />
Nell’estate del 1934, un anno e mezzo dopo che i Nazisti salirono<br />
al potere in Germania, la Federazione Internazionale<br />
delle Organizzazioni d’Euge<strong>net</strong>ica (IFEO), nell’incontro di<br />
Zurigo, passò una risoluzione a cui la propaganda Nazista<br />
farà frequentemente riferimento per illustrare l’accettazione<br />
internazionale alla loro politica razziale. In questa risoluzione<br />
inviata ai primi ministri di tutte le principali potenze occidentali,<br />
l’IFEO affermava che, malgrado tutte le differenze<br />
di prospettive politiche e sociali, l’organizzazione era “unita<br />
toria e controstoria
The Nazi<br />
Connection<br />
da un profondo convincimento che la ricerca euge<strong>net</strong>ica e<br />
la pratica fossero della più alta urgenza ed importanza per<br />
l’esistenza di tutti i paesi civili.”<br />
Gli igienisti razziali tedeschi e i politici della razza nazionalsocialisti<br />
videro la risoluzione come una conferma della preponderanza<br />
tedesca ed americana nel movimento euge<strong>net</strong>ico e<br />
come un’approvazione internazionale della legge sulla sterilizzazione<br />
del 1933.<br />
Alla conferenza IFEO del 1936 a Scheveningen, nei Paesi Bassi,<br />
Charles M. Goethe presidente dell’Associazione della Ricerca<br />
Euge<strong>net</strong>ica, spiegò agli euge<strong>net</strong>isti europei che a causa della<br />
“bassa qualità nella composizione” di certi strati della popolazione<br />
americana, gli Stati Uniti avevano adottato forti misure<br />
per prevenire un’ulteriore ingresso di immigrati indesiderati<br />
e per purificare la popolazione esistente.<br />
La stampa scientifica tedesca e i media nazisti riportarono<br />
estesamente i risultati della Conferenza. Il Völkischer Beobachter,<br />
voce ufficiale del governo nazista, affermava che nonostante<br />
le differenti visioni del mondo, la conferenza accettò<br />
l’ “assoluta posizione di leader della Germania nella ricerca<br />
ge<strong>net</strong>ica e le misure pratiche nell’area della salute razziale”.<br />
Il Völkischer Beobachter concludeva che “i principali igienisti<br />
razziali di quasi tutte le nazioni civilizzate avevano concordato<br />
con la posizione tedesca e accettato la correttezza delle<br />
misure adottate in Germania.”<br />
Il Congresso Internazionale di Scienza di Popolazione del<br />
1935 a Berlino segnò l’apice del sostegno internazionale alla<br />
politica razziale nazista e rappresentò un grande successo per<br />
la macchina di propaganda razziale del nazionalsocialismo. Il<br />
congresso riunì importanti euge<strong>net</strong>isti, antropologi, scienziati<br />
di popolazione, e ge<strong>net</strong>isti da tutto il mondo.<br />
Clarence G. Campbell, che era il rappresentante più anziano<br />
del movimento euge<strong>net</strong>ico americano a Berlino distribuì una<br />
lettura de “Postulati Biologici dello Studio della Popolazione”.<br />
Dopo aver elogiato un vasto numero di euge<strong>net</strong>isti non tedeschi,<br />
così procedette:<br />
“E’da una sintesi del lavoro di tutti questi uomini che il leader<br />
della Nazione Tedesca, Adolf Hitler, abilmente sostenuto dal<br />
Ministro degli Interni, Dr. Frick, e guidato da antropologi,da<br />
euge<strong>net</strong>isti e filosofi sociali della nazione, è stato capace di<br />
costruire una completa politica razziale sullo sviluppo e miglioramento<br />
della popolazione che promette di essere epocale<br />
nella storia della razza. Egli ha posto un modello che altre<br />
nazioni e altri gruppi razziali debbono seguire, se non desiderano<br />
abbassare la loro qualità razziale, la loro realizzazione<br />
razziale, e le loro prospettive di sopravvivenza.”<br />
Gli igienisti razziali tedeschi erano consci dell’importante ruolo<br />
giocato da Campbell nel guidare il sostegno alla politica<br />
razziale nazista. Nel suo discorso finale circa “razza e successi<br />
(Rasse und Leistung),” il motivo conduttore della conferenza,<br />
Fischer fece infatti un particolare riferimento alle “eccellenti<br />
osservazioni di Mr. Campbell.”<br />
4 – Sterilizzazione in Germania e negli Stati Uniti<br />
L’amministrazione nazista si riferì al “modello U.S.” come<br />
avente un ruolo importante nella formulazione della propria<br />
politica razziale. Otto Wagener, capo dell’Ufficio Politico-Economico<br />
del Partito Nazista dal 1931 al 1933, scrisse a riguardo<br />
del particolare interesse di Hitler nei confronti degli sviluppi<br />
dell’euge<strong>net</strong>ica negli Stati Uniti affermando che lo stesso<br />
Führer avrebbe detto:<br />
“Ora che conosciamo le leggi sull’ereditarietà, è possibile<br />
un’azione estesa per prevenire che esseri malati e severamente<br />
handicappati possano venire alla luce. Ho studiato con<br />
grande interesse le leggi di molti stati americani concernenti<br />
la prevenzione e la riproduzione di persone la cui progenie<br />
sarebbe, con tutta probabilità, di nessun valore o pericolosa<br />
per il complesso razziale. Sono sicuro che occasionalmente<br />
degli errori possano avvenire. Ma la possibilità di eccessi ed<br />
errori non è tuttavia prova della non correttezza di tali leggi.”<br />
Nel 1935, la Rassenpolititische Auslandskorrespondentz<br />
affermò che, in termini di euge<strong>net</strong>ica, la Germania era una<br />
“buona discepola di altre società civilizzate”. Nel 1939, l’Archive<br />
für Rassen- und Gesellschaftsbiologie affermò che gli Stati<br />
Uniti avevano “raggiunto qualcosa di grande” col passaggio<br />
alle loro prime misure di sterilizzazione. Egualmente, Volk un<br />
Rasse riferì con favore le decisioni della Suprema Corte degli<br />
Stati Uniti che legittimava la sterilizzazione obbligatoria nel<br />
1916 e ancora nel 1927.<br />
Nel Febbraio del 1934, Hans F.K. Günther, antropologo razziale,<br />
spiegò al suo uditorio in una sala stracolma dell’Università<br />
di Monaco che fosse ragguardevole il fatto che “ le leggi<br />
sull’immigrazione americane fossero state accettate da una<br />
schiacciante maggioranza, sebbene gli Stati Uniti apparissero<br />
come il più liberale paese del mondo”. Fece riferimento a<br />
Grand e Stoddard quali “padri spirituali” della legislazione sull’immigrazione<br />
e propose che tali leggi servissero da modello<br />
per la Germania. Gli igienisti razziali nazionalsocialisti furono<br />
particolarmente impressionati dal modo in cui la politica<br />
americana sull’immigrazione combinasse la selezione euge<strong>net</strong>ica<br />
con quella etnica.<br />
Gli euge<strong>net</strong>isti americani divennero dunque consapevoli ed<br />
orgogliosi del loro impatto sulla legislazione nella Germania<br />
nazista. Riconoscevano che la Legge Tedesca sulla Prevenzione<br />
delle Malattie Ereditarie sulla Progenie fu fortemente influenzata<br />
dalla legge californiana sulla sterilizzazione.<br />
Di conseguenza a tali mutui riconoscimenti, non è sorprendente<br />
che Popenoe, Gosney, ed il movimento euge<strong>net</strong>ico<br />
californiano nel complesso sostenessero con forza la legge<br />
nazista sulla sterilizzazione. A tal fine tra le varie attività,<br />
nel 1934 il movimento euge<strong>net</strong>ico californiano organizzò la<br />
presentazione di una mostra sul programma euge<strong>net</strong>ico del<br />
Reich. Sostegno che si può facilmente evincere anche attra-
verso la lettura di numerosi articoli apparsi in quel periodo<br />
sul Eugenic Nerws.<br />
5 – Euge<strong>net</strong>isti Americani nella Germania Nazista<br />
Come avvenne anni addietro per il movimento euge<strong>net</strong>ico<br />
tedesco nei confronti degli Stati Uniti, divenne importante<br />
per gli euge<strong>net</strong>isti americani acquisire fonti di prima mano<br />
riguardanti l’applicazione delle misure in Germania. Dal loro<br />
punto di vista, il successo delle leggi euge<strong>net</strong>iche tedesche<br />
risultava dalla consistente applicazione di un esemplare disegno<br />
legislativo. Allo scopo di promuovere la politica razziale<br />
tedesca, gli euge<strong>net</strong>isti americani tentarono di raccogliere<br />
informazioni e prove con cui essi potessero contrastare le<br />
critiche, come anche le voci circa lo scopo della legge sulla<br />
sterilizzazione tedesca quale metodo per eliminare la popolazione<br />
ebraica. Così anche dopo che i Nazionalsocialisti salirono<br />
al potere nel 1933 gli euge<strong>net</strong>isti americani viaggiarono<br />
frequentemente nella Germania rossobruna.<br />
testo della tradizione<br />
Il primo euge<strong>net</strong>ista Americano che venne nel Reich per testi-<br />
moniare l’applicazione delle misure euge<strong>net</strong>iche fu William<br />
W. Petee, segretario dell’Associazione Americana di Salute<br />
Pubblica. Nel 1933 e 1934, questi viaggiò attraverso la Germania<br />
per sei mesi stipendiato dalla Karl Schurz Foundation.<br />
La persona che studiò la politica razziale tedesca in gran dettaglio<br />
e che contribuì a diffondere i vantaggi della politica<br />
razziale nazista all’interno del movimento euge<strong>net</strong>ico americano<br />
fu comunque Marie E. Kopp. Questa – tra le sue innumerevoli<br />
affermazioni - sottolineò l’importanza delle Germania<br />
come “prima nazione nel mondo a porre in essere un esteso<br />
programma euge<strong>net</strong>ico tra i suoi 65 milioni di abitanti.” Tali<br />
misure razziali “erano imperative per correggere condizioni<br />
che stavano minando la salute della nazione”.<br />
Anche dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, euge<strong>net</strong>isti<br />
americani continuarono a far visita alla nazione tedesca.<br />
Lothrop Stoddard trascorse quattro mesi in Germania e la<br />
propaganda nazista orgogliosamente sottolineò il fatto che<br />
un così famoso euge<strong>net</strong>ista americano stesse visitando la<br />
Germania anche dopo lo scoppio della guerra. A Stoddard<br />
fu permesso di colloquiare con le più alte cariche tedesche,<br />
come Heinrich Himmler, Joachim von Ribbentrop e Richard<br />
Walter Darré. William L. Shirer, un collega americano che era<br />
stato in Germania dal 1934, si lagnò del fatto che il Ministro<br />
della Propaganda del Reich diede una preferenza particolare<br />
a Stoddard a ragione dei suoi scritti sull’argomento razziale<br />
che “figuravano nei libri di testo scolastici nazisti”. Stoddard<br />
incontrò altresì i massimi igienisti razziali del Reich, quali<br />
Hans F.K. Günther, Eugen Fischer e Fritz Lenz.<br />
6 - Conclusione<br />
Ovviamente malgrado l’ampio supporto alla politica razzista<br />
nazionalsocialista entro il movimento euge<strong>net</strong>ico americano,<br />
gli studi storici americani hanno tradizionalmente affermato<br />
che soltanto un piccolo gruppo di euge<strong>net</strong>isti sostenevano la<br />
politica razziale del nazismo, e che questi gruppi furono progressivamente<br />
emarginati e discreditati all’interno della comunità<br />
scientifica. Questo egregio lavoro di Kühl dedicherà<br />
l’ultima parte dell’opera ricca di citazioni e note a dimostrare<br />
come la sopra citata affermazione non sia corrispondente<br />
all’effettivo atteggiamento tenuto da quegli euge<strong>net</strong>isti che<br />
dopo la guerra si affrettarono ad autoproclamarsi “scienziati”<br />
in contrapposizione ai “pseudoscienziati” che si occuparono a<br />
loro dire dell’aspetto politico dell’euge<strong>net</strong>ica.<br />
Fonte: The Nazi Connection – Eugenics, American Racism and<br />
German National Socialism - Stefan Kühl – Oxford University<br />
Press<br />
Traduzione e Sintesi ad opera di. Marco Linguardo<br />
Associazione Culturale <strong>Thule</strong> Italia<br />
toria e controstoria
Il Primo Caduto<br />
della<br />
Guerra Civile<br />
«Voi siete l’espressione del valore sovrumano, un impeto senza peso, un’offerta senza<br />
misura, un pugno d’incenso sulla brace, l’aroma di un’anima pura».<br />
D’Annunzio parlando di Ettore Muti<br />
Poco prima della mezzanotte del 23 agosto 1943 una piccola<br />
colonna di automezzi dei Reali Carabinieri parte dall’autocentro<br />
del Ministero dell’Interno: un’autovettura, un autocarro,<br />
un’ambulanza. A bordo un tenente dell’Arma (Taddei), un<br />
maresciallo in borghese (Ricci), un uomo in tuta kaki di cui<br />
nessuno saprà mai il nome - basso, stempiato, sulla quarantina,<br />
con accento napoletano - e una dozzina di carabinieri<br />
armati di moschetto.<br />
Escono da Roma deserta nella notte (vige il coprifuoco), percorrono<br />
la via Aurelia, raggiungono Maccarese. Nella periferia<br />
della cittadina lasciano l’ambulanza, che attenda il loro ritorno,<br />
e sostano alla locale stazione dei carabinieri. Viene svegliato<br />
il maresciallo che la comanda, al quale il tenente chiede<br />
due militi perché facciano da guida alla comitiva fino a Fregene.<br />
Salgono sull’auto i carabinieri Contiero e Frau; la colonna<br />
riparte silenziosa nel buio, sguscia per la campagna e si ferma<br />
davanti alla piccola caserma dei carabinieri di Fregene.<br />
La comanda il brigadiere Barolat, che viene tirato giù dal letto<br />
e invitato ad unirsi alla comitiva. Perché? Risponde brusco il<br />
tenente: “Abbiamo l’ordine di arrestare Ettore Muti e lei deve<br />
condurci alla sua abitazione”. Meraviglia dell’assonnato brigadiere.<br />
Con tutto quello schieramento di forze ? Non era più<br />
semplice mandare un piantone a chiamarlo, come era stato<br />
fatto altre volte? «No», è la risposta. «Questa volta la cosa è<br />
diversa».<br />
E in effetti fu una «cosa diversa».<br />
Dopo aver imbarcato il brigadiere, autovettura ed autocarro<br />
proseguono per la strada sterrata che conduce alla pi<strong>net</strong>a di<br />
Fregene, ai cui margini sorge, piuttosto isolata, la bassa villetta<br />
ad un piano che è la residenza di Muti.<br />
Fermate le macchine ad una certa distanza e spenti i motori,<br />
gli uomini vengono fatti proseguire a piedi, in colonna e in<br />
silenzio, fino alla costruzione. «Abita qui» dice il brigadiere.<br />
Bene, risponde l’ufficiale, e ordina di circondare la casa imbracciando<br />
i moschetti e di bussare alla porta. L’ordine viene<br />
eseguito, ma nella villa tutti dormono e ci vorrà qualche minuto<br />
perché la porta venga aperta.<br />
Assonnato compare sull’uscio l’attendente di Muti, che stupefatto<br />
chiede al brigadiere Barolat, da lui ben conosciuto, il<br />
perché di quell’insolita visita alle due di notte. Ma la meraviglia<br />
gli passa di colpo quando un gruppetto di armati, tenente<br />
in testa, fa irruzione nell’interno. «Ho un mandato di cattura<br />
per Ettore Muti. Svegliatelo e fate presto!» spiega secco il<br />
tenente.<br />
Muti era in camera da letto, e non era solo. Da tempo conviveva<br />
con lui una ballerina polacca di una compagnia di riviste,<br />
Edith Fucherova. Svegliato forse dal trambusto, compare<br />
sulla porta dell’ingresso a torso nudo, con i soli pantaloni<br />
del pigiama. Compaiono anche gli altri pochi abitanti della<br />
villetta: Concetta Verità, la cameriera, e Roberto Rivalta, un<br />
vecchio amico di famiglia di Muti. Questi si guarda intorno,<br />
apparentemente tranquillo, accenna un sorriso al brigadiere<br />
che conosce, chiede che cosa si voglia da lui. Risponde senza<br />
complimenti il tenente Taddei: «Ho l’ordine di arrestarla. Si<br />
vesta e venga con noi». Sguardo sbalordito di Muti, poi una<br />
scrollata di spalle:«Va bene, mi vesto e vengo subito». Il tenente<br />
lo rincorre mentre si dirige verso la camera da letto. Muti<br />
incomincia a seccarsi: «Tenente, so vestirmi anche da solo». E<br />
poi, spiega, nella camera c’è un’altra persona. Ma l’altro insiste<br />
e si giustifica: «Ho l’ordine di non perderla di vista neppure<br />
un minuto».<br />
Eseguita rapidamente la vestizione, Muti allunga il braccio<br />
nell’interno dell’armadio in cui pende la sua giacca di tenente<br />
colonnello pilota dell’Aeronautica, con quattro file di decorazioni<br />
sul petto. Il solerte carabiniere non gradisce, osserva che<br />
farebbe meglio a vestirsi in borghese, tanto (ma su questo<br />
particolare le versioni non concordano) «le sue medaglie ora<br />
non servono».<br />
Muti indossa ugualmente la sua giubba gloriosa, si fa preparare<br />
un borsa con un po’ di biancheria e parte con l’ufficiale e<br />
con gli altri, verso la notte esterna.<br />
Parte anche verso la morte. Invece di prendere la strada che<br />
conduce a Fregene, sulla quale erano rimasti gli automezzi,<br />
la comitiva si dirige a piedi, in colonna, nella direzione opposta:<br />
quella che porta alla pi<strong>net</strong>a. In testa alcuni carabinieri, nel<br />
mezzo Muti affiancato dal Maresciallo Ricci e dal carabiniere<br />
Frau immediatamente alle sue spalle, a due passi di distanza,<br />
il misterioso uomo in tuta kaki; e in coda, un po’ distanziato, il<br />
tenente con gli altri carabinieri.<br />
Alcuni minuti di marcia silenziosa nei viottoli della pi<strong>net</strong>a; poi<br />
Muti si ferma. Evidentemente l’illogica direzione verso cui lo<br />
stanno portando fa nascere in lui qualche sospetto. Ma non<br />
ha tempo per approfondirlo.<br />
Nella notte fonda dei bosco si ode un fischio, poi un altro, poi<br />
la sua voce che grida: «Ma insomma, che fate? Sono un <strong>italia</strong>no!»<br />
Il tutto viene sommerso da alcuni scoppi di bombe a mano,<br />
raffiche di mitra, confuso fuoco di fucileria. Due, tre minuti di<br />
bolgia infernale, al termine della quale Ettore Muti giace al<br />
suolo, nell’immobilità della morte.<br />
Erano circa le tre di notte del 24 agosto 1943. In quella notte,<br />
nella pi<strong>net</strong>a di Fregene, ha inizio la guerra civile che strazierà<br />
l’Italia, di lì a poco, per due anni. E il fascista Muti, assassinato<br />
da altri <strong>italia</strong>ni, ne è la prima vittima.<br />
Si è molto strologato, da una parte sulla «casualità» dell’accaduto,<br />
addotta dalle autorità del tempo e subito recepita dalla<br />
storiografia dei mezzi d’informazione, nonché sulla presenza,<br />
nelle vicinanze, di un campo di paracadutisti germanici verso<br />
il quale Muti avrebbe tentato di fuggire, dando così motivo<br />
alla sparatoria che l’ha ucciso.<br />
E dall’altra parte, su un messaggio scritto da Badoglio al capo<br />
della polizia Senise, che Senise nega di aver ricevuto e che<br />
non è stato trovato (ma c’era bisogno di scriverlo?): «Muti è<br />
sempre una minaccia. il successo è possibile solo con un me-
ticoloso lavoro di preparazione. Vostra eccellenza mi ha perfettamente<br />
compreso».<br />
Lo stile di Badoglio, (ha lasciato scritto di essere, come generale<br />
in guerra, «meticoloso nella preparazione e irruento nell’azione»),<br />
ma sono tutte discussioni di lana caprina. L’intento<br />
omicida della spedizione Taddei emerge indubitabile da due<br />
dati di fatto su cui concordano tutte le testimonianze.<br />
Primo, e minore, i due fischi. Non si fischia, in quelle specifiche<br />
circostanze, per divertimento. Un fischio significa un ordine,<br />
un avvertimento, non può essere altro. E l’altro fischio probabilmente<br />
risponde: «ricevuto».<br />
Secondo dato, determinante in assoluto, è il percorso su cui<br />
Taddei e i suoi uomini hanno condotto Muti dopo l’arresto.<br />
Il mandato di cattura comportava obbligatoriamente la traduzione<br />
in un carcere, che avrebbe dovuto essere la caserma<br />
dei carabinieri di Fregene o più verosimilmente un carcere di<br />
Roma, raggiungibile percorrendo la via Aurelia dopo avere<br />
sorpassato Fregene. Invece il drappello armato che ha seguito<br />
l’arresto lascia sul posto i propri automezzi, conduce l’arre-<br />
testo della tradizione<br />
stato nella direzione opposta e si inoltra a piedi nella pi<strong>net</strong>a.<br />
Perché? Non si raggiunge nessun carcere da quella parte! Ovvio<br />
dedurne che un mandato di cattura fu solo un pretesto,<br />
l’intento reale essendo l’eliminazione dell’uomo.<br />
Due altri dati, solo apparentemente secondari, rafforzano la<br />
conclusione. Nei pochi minuti di furiosa sparatoria al buio tutti<br />
rimasero incolumi ed un solo fu colpito, e colpito a morte:<br />
Muti.<br />
Logico dedurne che anche la sparatoria fu un pretesto, per<br />
giustificare e coprire i soli colpi diretti contro un bersaglio:<br />
quelli che uccisero lui.<br />
E inevitabilmente si pensa al misterioso uomo in tuta così ben<br />
protetto da essere ignoto ancor oggi: il killer che stava alle sue<br />
spalle ed ha compiuto la parte del «lavoro» che non si addiceva<br />
alle divise degli altri. Infatti - secondo dato comprovante - il<br />
berretto che Muti portava, recuperato fortunosamente dalla<br />
famiglia e tuttora esistente, reca due fori di proiettile: uno sul<br />
dietro, in corrispondenza della nuca, l’altro davanti, che attraversa<br />
la visiera. Che cosa si vuole di più?<br />
Sul significato e la «morale» da trarre da questo omicidio che<br />
oggi i cronisti direbbero «eccellente», voluto ed eseguito da<br />
uomini che facevano riferimento ad un governo che si diceva<br />
costituzionale (ma non lo era), potrebbero e dovrebbero farsi<br />
diverse riflessioni, che finora non risulta siano state fatte.<br />
E’ sperabile che qualche onesto storico del futuro vi si accinga.<br />
Storicamente il fatto è rilevante, assai più di quanto sia<br />
stato finora considerato: richiama alla memoria l’assassinio<br />
di Calvo Sotelo, che precedette la guerra civile spagnola. Per<br />
cinquant’anni ed oltre gli avversari del fascismo hanno goduto<br />
di una buona «rendita» tenendo vivo il culto del delitto<br />
Matteotti, che fu indubbiamente un omicidio ma preterintenzionale,<br />
in quanto non programmato da mandanti ed esecutori<br />
che volevano soltanto «dare una lezione» all’esponente<br />
socialista. Il delitto Muti fu invece chiaramente deliberato e<br />
voluto, inaugurando il sistema della eliminazione fisica degli<br />
avversari politici che fu caratteristico della guerra civile e causò<br />
all’Italia dolori e danni che durano ancora.<br />
Di Enzo Capaldo<br />
Tratto dal sito: http://www.<strong>italia</strong>-rsi.org<br />
di Frostland - mark.dan@alice.it<br />
toria e controstoria
viaggi e resoconti<br />
viaggi e resoconti viaggi e resoconti
Viaggi e<br />
Resoconti<br />
diario di viaggio: Linz di frida<br />
25 Settembre. 1° giorno<br />
Bentornati!<br />
Ci siamo salutati nel numero di ottobre nella stazione di Vienna<br />
alle 15,30 ed ora, puntualissimi come è d’uopo in Austria,<br />
ecco giunti alle 17,10 alla stazione di Linz, modernissima, su<br />
due piani, assomigliante ad un grande centro commerciale<br />
pieno di ristoranti e negozi e con un’enorme libreria che<br />
adocchiamo subito e che sarà ripetutamente visitata tutte le<br />
volte che nei prossimi giorni passeremo da qui e vedrete che<br />
non saranno poche…!!<br />
Radunate le nostre valige prendiamo un taxi e andiamo l’indirizzo<br />
dell’Hotel DREI MOHREN (Promenade 17 Linz) (http://<br />
www.ab<strong>net</strong>.at/hotel/oo/ldreimohren/ ).<br />
Situato in centro davanti alla sede del Governo della provincia<br />
- il Landhaus - e’ stato da noi scelto per il suo significato<br />
storico. Esiste dal 1565, da generazioni gestito dalla stessa famiglia<br />
e mostrante sin da subito una calda accoglienza - tralasciando<br />
l’assenza dell’ascensore…<br />
La stanza è grande e tranquilla, con un terrazzino e una vista<br />
magnifica sui tetti (siamo al 5° piano) e sulla guglia del Neuer<br />
Dom .<br />
Questa cattedrale in stile neogotico ricorda da vicino lo Stephandom<br />
di Vienna costruita nel 1862 e con un campanile<br />
alto 134 metri (per non superare quello del suo modello da<br />
136 metri).<br />
Avendo preparato bene la documentazione storica a Roma<br />
prima del viaggio, siamo eccitati da quello che ci aspetta questa<br />
tappa .. un po’ come i bambini che vanno a Rovaniemi al<br />
villaggio di Babbo Natale….siamo nei luoghi dell’infanzia del<br />
Führer e della sua prima giovinezza. Qui e nei dintorni egli<br />
visse fino alla morte della madre Klara avvenuta a causa di un<br />
cancro il 21 dicembre 1907.<br />
Come si può vedere dalle rare foto d’epoca contenute nel magnifico<br />
libro “ Linz dal 1900 a oggi” dalla balconata del nostro<br />
hotel durante il Terzo Reich si tenevano fastosi comizi con la<br />
ringhiera ricoperta di stendardi!!!<br />
Si avvicina il tramonto, così si esce subito dall’hotel per incamminarci<br />
verso il Danubio.<br />
Come in tante antiche città austriache, anche a Linz c’è la<br />
piazza principale - la Hauptplatz - che circondata da splendidi<br />
palazzi barocchi dipinti con colori pastello l’uno diverso dall’altro<br />
che alla luce del tramonto si colorano delicatamente<br />
come in uno scenario da film in costume.<br />
Al centro una grande fontana e tutto attorno delle aiuole con<br />
un carnevale di fiori colorati che abbiamo usato da sfondo<br />
per scattare foto bellissime della colonna della SS Trinità (anche<br />
qui, come nel Graben di Vienna, la colonna e’ stata eretta<br />
in ringraziamento alla scampata peste del XVIII secolo ).<br />
Man mano che si animano i numerosi caffé all’aperto (dopo<br />
le 17 o nel migliore dei casi le 18, tutti i negozi e gli uffici sono<br />
chiusi) viene ad assomigliare ad una rumorosa località di villeggiatura.<br />
Questo luogo ampiamente ritratto nei libri di foto del Terzo<br />
Reich quando ancora si chiamava Adolf-Hitler-Platz - per le<br />
sue dimensioni era infatti un luogo ideale per oceaniche adunate<br />
- immette attraverso un largo portale direttamente sul<br />
Danubio<br />
…… Eccolo davanti a noi al tramonto: largo, placido,antico<br />
come in milioni di altri tramonti nella memoria di tutti noi.<br />
Quasi in soggezione ci incamminiamo sul ponte dei Nibelunghi<br />
per vedere Linz illuminata riflessa nella corrente…e “inciampiamo<br />
“ in una striscia dipinta sull’asfalto proprio all’in-<br />
gresso del ponte. Ricorda l’arrivo delle truppe di “liberazione”<br />
alleate ma non è ancora abbastanza. C’è anche un contatore<br />
montato su una casetta di legno gialla che calcola i minuti da<br />
quando Linz è stata liberata dal criminale potere Nazionalsocialista.<br />
Siamo arrivati vicino a 32 milioni di minuti e…basta<br />
così!<br />
Ce ne torniamo in città costeggiando la riva e prendiamo una<br />
piccola e tortuosa stradina tutta in salita. Linz è infatti tutta<br />
salite e discese (queste ultime sempre troppo poche…). Piccoli<br />
locali vicino a palazzi antichi decoratissimi pieni di stucchi<br />
barocchi, con lampioni che lasciano una luce soffusa sui palazzi<br />
colore verde acqua, rosa antico e azzurro.. che atmosfera!<br />
Saliamo una scalinata lunghissima ed ecco ergerci sopra la<br />
città: siamo nel cortile del castello di Linz .<br />
Questa antica fortezza del XV secolo oggi ospita un museo<br />
- lo Schlossmuseum - con reperti archeologici, oggetti d’arte<br />
greca e romana, una importante collezione di armi, dipinti di<br />
varie epoche e molto altro ancora. Il museo chiude alle 16:<br />
quindi impossibile da vedere oggi. Questo castello, anche se<br />
in nessuna guida turistica è menzionato, durante il Drittenreich<br />
era una caserma di soldati ed è stato duramente bombardato<br />
nel 1945. Girando per i giardini curatissimi arriviamo<br />
allo Schlosscafe con una grande terrazza con vista sul Danubio<br />
illuminata da piccole lanterne disseminate ovunque e tavolini<br />
in mezzo agli alberi. Da quassù la vista sulla città e sulle
vie di accesso è grandiosa…Dopo un bicchiere di prosecco<br />
ghiacciato e mille foto scattate da Marco sulle mura medioevali<br />
scendiamo in città ma da un altro lato e così ci troviamo a<br />
passare sotto un antico portone che chiudeva l’accesso al castello.<br />
E’ la porta di Federico del 1481 con ancora i grandi e intatti<br />
portoni di ferro dell’epoca. Cerchiamo, alla poca luce del<br />
giorno rimasta, tracce dell’aquila che abbiamo visto nella foto<br />
ma invano. L’opera di denazificazione è stata molto accurata a<br />
Linz, come poi in tutta l’Austria. Restano gli edifici, ma nessun<br />
segno del passaggio. Se non avessimo trovato quei libri non<br />
sarebbe stato possibile ricostruire nulla di quel tempo che fu.<br />
E’ sera. Torniamo in hotel e poi a cena. Di fronte al Dreimoren<br />
si trova un ristorante, il Wienerwald dove andremo anche le<br />
prossime sere. Il menu non è molto vario: c’è pollo in tutti i<br />
modi e maniere, sicché verrà da noi soprannominato “la casa<br />
del pollo“. Cotolette di pollo ottime, vino della casa non male<br />
e il tutto a prezzi molto ma molto contenuti. Quindi l’indirizzo<br />
perfetto ( Wienerwald Promenade 22- Linz). Dopo cena una<br />
breve passeggiata e quindi a nanna: domani ci attende un<br />
programma molto intenso.<br />
testo della tradizione<br />
26 Settembre lunedi 2° giorno<br />
Già prima di partire dall’Italia si era prenotata una vettura alla<br />
Europcar per la giornata odierna avendo in programma di andare<br />
a Braunau Am Inn.<br />
Alle 10 del mattino di questa meravigliosa giornata di sole<br />
arriviamo alla sede della Europcar di Linz dove abbiamo la<br />
fortuna incredibile di essere ricevuti da Fraulein Gruber in<br />
persona che, dopo aver visionato il nostro vaucher, chiede<br />
i documenti, la patente e la carta di credito per dar seguito<br />
alla prenotazione. Già a questo punto si vede che comincia<br />
ad avere dubbi su di noi e comincia a fare domande sul dove<br />
fossimo alloggiati, sul perché non volessimo guidare tutti e<br />
due e perché solo io e perché non solo Marco e così via… Si<br />
mette pertanto al telefono con qualcuno ed in perfetto (nonché<br />
a noi incomprensibile) tedesco sembra analizzare i miei<br />
documenti da ogni lato tutto ciò col condimento di qualche<br />
simpatica risatina. Chiusa la telefonata brandisce un paio di<br />
forbici dichiarando di aver ricevuto ordine di tagliare la carta<br />
di credito. Le piombiamo praticamente addosso e alla nostra<br />
richiesta di spiegazioni continua come un disco rotto a ripetere<br />
la stessa cosa. Chiediamo di chiamare la Polizia .<br />
Marco cerca di parlare con il console <strong>italia</strong>no a Linz che è fuori<br />
sede riuscendo comunque e non so come a chiamare il consolato<br />
di Vienna dove il gentilissimo Signor Roberto gli conferma<br />
come fosse assolutamente impossibile un atto del genere<br />
da parte della Gruber. Fatto sta che aspettiamo la Polizei<br />
che arrivata ci requisisce e perquisisce gli zaini - non capendo<br />
un’ostia di quello che si dicevano. Ma almeno insieme ai documenti<br />
viene consegnata loro dalla Gruber anche la carta di<br />
credito. Trattati freddamente e con sospetto andiamo con la<br />
loro auto alla centrale di Linz dove rimaniamo per le prossime<br />
tre ore schiena contro schiena senza poterci parlare mentre<br />
loro telefonano al mondo intero per verificare l’autenticità di<br />
a) le nostre carte di identità<br />
b) i nostri passaporti<br />
c) la patente<br />
d) la carta di credito.<br />
Infine, come era giusto che fosse, dopo questo stress ci riconsegnano<br />
tutto dicendo che è “ok”!!! Ci facciamo riaccompagnare<br />
in agenzia spiegando poi alla Gruber che era tutto a<br />
posto e che ci poteva noleggiare l’auto ma – credeteci - questa<br />
rifiuta di nuovo e definitivamente. Non si fida. Basta. Niente<br />
auto. Valutiamo tra noi l’opportunità di reagire come ci<br />
verrebbe così spontaneo e cioè prendendola per quei capelli,<br />
corti e radi che aveva in testa quella st….. austriaca e… ma<br />
pensiamo saggiamente di andarcene. Ci teniamo troppo a<br />
proseguire il nostro viaggio senza ulteriori visite alla centra-<br />
le.<br />
Ci rechiamo alla stazione di Linz dove Marco, che a differenza<br />
di me conosce bene l’inglese, riesce ad avere gli orari dei treni<br />
per Braunau am Inn. Sono ormai le 2 del pomeriggio e il treno<br />
sarebbe partito alle 15.17 quindi, comprati i biglietti, abbiamo<br />
il tempo di mangiare qualcosa al Cafe de Paris della stazione.<br />
Due birre giganti e due filetti di manzo con patate ci rimettono<br />
proprio in sesto. Il caffé invece era meglio lasciarlo li.<br />
Puntualissimo il treno parte e dovreste vedere che treno!!!<br />
Deve essere lo stesso che fa questa tratta da decenni …niente<br />
di meglio per questo viaggio nel passato che abbiamo<br />
aspettato con tanta ansia di fare. Finalmente siamo giunti a<br />
Braunau am Inn!<br />
In una sola guida turistica abbiamo trovato menzione di questa<br />
cittadina. La Giunti riporta testualmente:<br />
“Braunau am Inn rimasta celebre nella storia nera per aver<br />
dato i natali a Adolf Hitler. Nessun monumento o museo lo<br />
ricorda“. Le altre, fra cui la famosa guida Routard,la ignorano<br />
completamente.<br />
A piedi, fotografando tutto ciò che è chiaramente vecchio di<br />
oltre 60 anni, ci incamminiamo per il centro città. Dopo circa<br />
1 km arriviamo nella piazza del paese che un tempo portava<br />
il nome del Fuhrer, Adolf-Hitler-Platz che ora è - come sempre<br />
in ogni città - rinominata Hauptplatz. Chiediamo informazioni<br />
per la Salzburgerstrasse e arriviamo subito al numero 15. La<br />
viaggi e resoconti
diario di viaggio: Linz di frida<br />
casa ora appare ben tenuta ed è sede di una associazione. Sul<br />
fronte strada a destra appare un monumento in memoria degli<br />
ebrei dei campi di concentramento. Di fianco alla casa del<br />
Führer c’e un bar <strong>italia</strong>no, il caffè Baccili (http://www.baccili.<br />
at/).<br />
Ci sediamo all’aperto proprio vicinissimi alla porta di ingresso<br />
della casa e con due calici di prosecco facciamo un brindisi<br />
alla storia. Qui fanno un vero caffé <strong>italia</strong>no ed il cameriere calabrese<br />
molto gentile ci parla della casa che, ironia della sorte,<br />
per lunghi anni ha ospitato un ricovero per persone con handicap…<br />
Passeggiamo a lungo per la cittadina, su e giù per<br />
vicoli e scalinate, sotto archi antichi …bellissima è la porta<br />
della città verso Salisburgo, a poche decine di metri dalla casa.<br />
Seguendo il fiume troviamo anche gli antichi bagni pubblici<br />
ora ricostruiti e trasformati in un museo. Attraversata la piazza<br />
si sbuca di fronte al fiume Inn. Il fiume divide l’Austria dalla<br />
Germania e proprio a metà del ponte c’è il cartello che segnala<br />
il paese tedesco di Simbach.Ora purtroppo ad unire i due<br />
paesi non c’è più il monumentale ponte in ferro con l’enorme<br />
aquila in alto in ferro battuto visibile a chilometri di distanza<br />
ma un semplice ponte in muratura.<br />
Da Braunau si può prendere un treno diretto che arriva a Monaco<br />
di Baviera in poco più di 2 ore… saremmo tentati ma<br />
domani abbiamo in programma diverse visite nella zona di<br />
Linz e rimandiamo ad un’altra occasione. E’ ormai buio e così<br />
torniamo alla stazione prendendo il treno per Linz alle 19.55<br />
che arriva a Linz puntuale – nonostante il cambio a Wells - alle<br />
21.52. Sono quasi le 22.30 quando ci accasciamo per la cena<br />
nella Casa del pollo. Dopo aver consumato ci dirigiamo sulla<br />
Landstrasse, la via principale di Linz, piena di ristoranti, pub<br />
e pasticcerie, queste ultime però rigorosamente chiuse data<br />
l’ora tarda. Avremmo assaggiato volentieri la famosa Linzer<br />
Torte (specialità di Linz come la Sacher Torte lo è di Vienna )<br />
ma riusciremo a partire da questa città senza averlo fatto.<br />
Invece ci capita di vedere la polizia di Linz all’opera fuori da<br />
un bar: sta piovendo forte e il malcapitato viene fatto stendere<br />
amma<strong>net</strong>tato sull’asfalto a faccia in giù con i pantalo-<br />
ni abbassati alle ginocchia. Dopo l’esperienza della mattina<br />
alla centrale non ci avviciniamo nemmeno e ce ne andiamo<br />
a dormire…<br />
27 settembre martedi 3° giorno<br />
Alle 9 spaccate si è a far colazione nella saletta del Dreimoren.<br />
Trovando tipi diversi di pane fresco, cor<strong>net</strong>ti, marmellate,<br />
miele e caffé tedesco in quantità. Con i nostri zaini sulle spalle<br />
andiamo alla stazione dei treni e qui noleggiamo un’auto dalla<br />
Denzel Drive dove una gentilissima signorina non mostra<br />
alcun problema o dubbio amletico sui nostri documenti e ce<br />
la consegna per la giornata di oggi. Cartina alla mano, Marco<br />
mi conduce – ma guido io! - fuori da Linz prendendo la strada<br />
per KZ di Mauthausen. Troviamo pochissimi segnali indicanti<br />
la locazione del campo. E ciò abbastanza inaspettatamente.<br />
Arriviamo alle 11.51 e ci restiamo quasi 2 ore. Sotto la pioggia<br />
battente attraversiamo il piazzale antistante il portone di<br />
ingresso ed entriamo: tutto eguale ad allora tranne l’assenza<br />
dell’aquila che si ergeva sopra la porta. Il muro di cinta e le<br />
torri di guardia in granito, le scale e gli edifici sulla destra sono<br />
praticamente intatti. Proviamo ad entrare nel primo blocco in<br />
quelli che erano gli uffici, le stanze del personale addetto ai<br />
campi, le cucine, i bagni…tutto è occupato da bacheche che<br />
mostrano effetti personali dei detenuti e foto dell’epoca.<br />
Scendiamo nel seminterrato al seguito di un gruppo di studenti<br />
di lingua tedesca che non ci sembrano molto sconvolti<br />
dalla narrazione della guida dato che c’è chi mangia e chi<br />
allegramente conversa al cellulare. Dopo una lunga sosta<br />
raccolti in meditazione davanti ai due piccoli forni crematori<br />
situati in un angusto stanzino (come riuscivano poi a muoversi<br />
agilmente non siamo riusciti a immaginarlo!!!) ricoperti<br />
di fiori leggiamo le scritte di maledizione verso la Germania.<br />
In particolare ci colpisce una scritta in <strong>italia</strong>no “ Hitler , se non<br />
fossi morto, ti ucciderei con le mie mani!!” Dopo circa 1000<br />
foto a tutto, porte e finestre aperte e chiuse, impianti del gas,<br />
dell’acqua, delle macchine per la disinfestazione, usciamo finalmente<br />
nel grande piazzale delle adunate. Qui non si riesce<br />
a fotografare il portone senza che qualcuno stia nel mezzo e<br />
decidiamo di uscire per andare a cercare la libreria indicata<br />
lungo il percorso. Ma è stata chiusa così come le sale comuni<br />
di sosta per i visitatori. Ci sembra che tutto sia un pò in disarmo<br />
e i visitatori sono effettivamente molto pochi. Ce ne<br />
torniamo sulla strada principale e imbocchiamo la direzione<br />
est verso Vienna. Stiamo alla ricerca dello Schloss Werfenstein<br />
!!!!!!! Il mitico castello di proprietà di Adolf Lanz alias Lanz von<br />
Liebenfels il fondatore della <strong>rivista</strong> “OSTARA“ con le cui rivoluzionarie<br />
idee Adolf Hitler venne in contatto per la prima volta<br />
a Vienna attorno al 1909 e in cui si fondò negli anni successivi<br />
il magico ordine “DES NEUEN TEMPELS “.<br />
Se per il KZ c’erano indicazioni stradali scarse, per il Werfenstein<br />
sono completamente assenti. Come indicazione abbia
mo solo una nota sul libricino “Ciclovia del Danubio da Passau<br />
a Vienna“ ( A.Fiorin ) che a pag.91 recita: ”Al km 6.6 di Grein,<br />
di fronte, sulla riva opposta, si erge la massiccia mole di Burg<br />
Werfenstein, antica stazione di dazio”.<br />
Finalmente lo avvistiamo a picco sul fiume. Saliamo a piedi la<br />
testo della tradizione<br />
collina. E’ immerso nella vegetazione e accanto passa la ferro-<br />
via ancora in uso di un trenino a cremagliera che collega tutti<br />
questi piccoli paesini di montagna.<br />
Il castello è di proprietà privata e sebbene appaia abitato nessuno<br />
risponde quando ci attacchiamo alla campana (non un<br />
banale campanello) dell’ingresso. Guardando dalle fessure<br />
del portone in legno vediamo all’interno un cortile ampio e<br />
quadrato pieno di rampicanti con un pozzo al centro. Il tutto<br />
sembra in buone condizioni ma nessun recapito o targa ci indica<br />
a chi possiamo rivolgerci per una visita interna. Allora lo<br />
fotografiamo da tutte le parti e a malincuore ce ne andiamo<br />
via. Al paese di St Nikolas, alla base della collina, proviamo a<br />
chiedere informazioni sul Burg ma dalle risposte dateci sembra<br />
che non sappiano della sua esistenza!!!<br />
Riprendiamo l’auto dirigendoci dalla parte opposta, verso Salisburgo,<br />
in cerca dello Schloss Hartheim, visto in diverse foto<br />
nella precedente visita al Lager di Mauthausen. Qui sottoriporto<br />
la descrizione che ne da un sito inter<strong>net</strong>:<br />
Aperto a Pasqua del 1940<br />
Chiuso a metà gennaio del 1945<br />
Il Castello di Hartheim non fu, strettamente parlando, un<br />
campo satellite di Mauthausen. Qui trovò applicazione la famigerata<br />
operazione “Eutanasia”, che vide l’eliminazione di<br />
decine di migliaia di handicappati fisici e psichici, colpevoli<br />
di offuscare l’immagine del superuomo nazista. Ma è provato<br />
che ci furono strette relazioni tra Hartheim e Mauthausen. Al<br />
punto che almeno 4.841 prigionieri del Lager furono uccisi in<br />
questo tragico castello.<br />
Per essere quello che si è sopra letto rileviamo la mancanza<br />
assoluta di segnali lungo la strada…Questi Austriaci non ci<br />
sembrano essere poi molto attenti alla memoria dell’Olocausto!!!<br />
Si trova sulla strada statale che da Linz porta a Efferding in<br />
mezzo ad un moderno centro residenziale. I cartelli dell’ul-<br />
timo minuto che lo indicano parlano della Scuola di Musica<br />
Hartheim, infatti risuona di musica quando ci avviciniamo.<br />
Così come anche il Wewelsburg in Westphalia e come poi vedremo<br />
a Monaco sembra sia una prassi quella di convertire<br />
questi edifici storici in scuole di musica. Come a voler “santificare<br />
“ un luogo ritenuto maledetto. E’ a pianta quadrata con<br />
un gran cortile interno circondato da prati curatissimi. Troviamo<br />
una targa solo sul lato dell’ingresso dei prigionieri: una<br />
grande lastra di plexiglass con incisi sopra file di nomi.<br />
Non potendo entrare, ci limitiamo a foto dell’esterno e poiché<br />
siamo al tramonto, ce ne torniamo verso Linz .<br />
E’ ora di cena ormai e consegnata l’auto alla stazione,facciamo<br />
giusto in tempo prima che chiuda la libreria a comprare una<br />
decina di libri in tedesco su Linz e il DrittenReich .<br />
Torniamo in hotel a depositare tutto e via alla Wienerwald a<br />
cena: stasera però optiamo per pollo alla griglia (un mezzo a<br />
testa )con contorno di patate al forno e funghi. Vino rosso e<br />
dopo un assaggio di qualche (molti) snaps (bicchierini) consigliati<br />
dal cameriere sempre molto gentile.<br />
28 settembre mercoledi 4° giorno<br />
E’ l’ultimo giorno a Linz e il sole splende limpido.<br />
Dopo la colazione prendiamo un taxi e ci facciamo portare<br />
a Leonding il sobborgo di Linz dove Hitler andò a vivere da<br />
bambino nel 1895 dopo Braunau. A Linz il Fuhrer rimase per<br />
tutta la sua infanzia e abitò in Michaelsbergerstrasse 16, la via<br />
principale, e la sua casa e’ ora sede di uffici comunali. Questa<br />
sembra essere la prassi: ovunque le case in cui ha abitato il<br />
Führer, o in cui ha tenuto importanti uffici, sono di proprietà<br />
del Governo e mai di privati. Passeggiamo a lungo, Marco<br />
prende foto da ogni angolatura soprattutto con la chiesa<br />
di Leonding sullo sfondo come si vede sempre nelle foto di<br />
repertorio di Hitler. Attraversando la Michaelbergerstrasse<br />
arriviamo al cimitero della chiesa, curato perfettamente, con<br />
vialetti e fiori ovunque e molti persone che vi lavorano per<br />
tenere tutto in ordine. Guardiamo tutte le lapidi cercando<br />
lungo il muro di cinta quella dei genitori Alois e Klara, ai piedi<br />
di un gigantesco abete e tutta decorata, nonostante sia pas-<br />
viaggi e resoconti
diario di viaggio: Linz di frida<br />
sato tanto tempo, da una profusione di fiori allegri e colorati.<br />
Avremmo voluto portare dei fiori anche noi in mancanza rimaniamo<br />
in silenzio ascoltando le campane della chiesa in<br />
questa dolce mattina di settembre.<br />
Infine riprendiamo il taxi e torniamo in centro a Linz.<br />
Dedichiamo il resto della mattinata a fotografare luoghi importanti<br />
e caratteristici della città per realizzare un reportage<br />
di confronto tra il 1933-1945 / 2005 .Sarà questo un lavoro<br />
molto importante realizzato viaggiando per tutta l’Austria e<br />
la Germania che verrà pubblicato in futuro.<br />
Torniamo in hotel, checkout e con tutte le nostre valige andiamo<br />
alla stazione. C’è il tempo per un sostanzioso buon pasto<br />
al Cafè de Paris quindi Marco e Frida sono pronti al binario<br />
24 per andare a Salisburgo.<br />
Le foto presenti nell’articolo sono di M<strong>Thule</strong>.<br />
Un servizio dettagliato con immagini d’epoca<br />
sarà pubblicato sul sito<br />
www.thule-<strong>italia</strong>.org
Bellatrix<br />
bellatrix<br />
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