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Le Anfore del Liceo Ginnasio Statale Vittorio Emanuele II di Napoli

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Il collo era <strong>di</strong> solito allungato, l’imboccatura era stretta per evitare la<br />

fuoriuscita <strong>del</strong> contenuto durante il trasporto e terminava in un orlo ingrossato<br />

che facilitava la chiusura ermetica <strong>del</strong> vaso, chiuso da tappi per lo più<br />

<strong>di</strong> sughero e <strong>di</strong> argilla, sigillati con pece, resina, pozzolana o calce (fig. 2).<br />

<strong>Le</strong> pareti <strong>del</strong>l’anfora erano in genere piuttosto spesse in modo da limitare<br />

danni e rotture durante le operazioni <strong>di</strong> trasporto. Il puntale dalla caratteristica<br />

forma a punta permetteva <strong>di</strong> impilare facilmente le anfore, <strong>di</strong>sponendole<br />

generalmente su più livelli all’interno <strong>del</strong>la stiva <strong>del</strong>la nave oneraria<br />

e costituiva, insieme alle anse, un ulteriore punto <strong>di</strong> presa durante le operazioni<br />

<strong>di</strong> spostamento <strong>del</strong> carico e <strong>di</strong> svuotamento <strong>del</strong> suo contenuto.<br />

<strong>Le</strong> <strong>di</strong>verse parti che componevano l’anfora venivano lavorate separatamente<br />

ed unite insieme prima <strong>del</strong>la cottura che avveniva in un apposito<br />

forno. Il corpo <strong>del</strong> vaso era realizzato con il tornio come pure l’orlo e il<br />

collo mentre le anse e il puntale erano eseguiti a mano. Infatti alla base<br />

<strong>del</strong>l’ansa si può spesso notare il segno <strong>del</strong> polpastrello usato per pressare e<br />

far aderire l’ansa al corpo <strong>del</strong>l’anfora.<br />

<strong>Le</strong> anfore, come si è detto, erano utilizzate soprattutto per il trasporto<br />

<strong>di</strong> prodotti alimentari liqui<strong>di</strong> e soli<strong>di</strong>, tra cui in particolare vino, olio e<br />

salsa <strong>di</strong> pesce (garum).<br />

Per quanto riguarda il vino, dopo la vendemmia e la pigiatura <strong>del</strong>l’uva<br />

il mosto prodotto veniva lasciato fermentare in grossi vasi <strong>di</strong> terracotta<br />

(pithoi) per alcuni mesi durante i quali veniva continuamente schiumato.<br />

In primavera il vino veniva travasato nelle anfore per essere trasportato<br />

e venduto e, per favorire la conservazione e <strong>di</strong>minuirne l’aci<strong>di</strong>tà, si<br />

trattava il prodotto con acqua <strong>di</strong> mare o resina, erbe aromatiche e miele.<br />

10<br />

Figura 2. Disegno ricostruttivo <strong>di</strong> un tappo <strong>di</strong> terracotta sigillato<br />

con resina o pozzolana.

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