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LA CONSACRAZIONE SECOLARE - ism

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<strong>LA</strong> <strong>CONSACRAZIONE</strong> SECO<strong>LA</strong>RE<br />

SUSSIDIO PER <strong>LA</strong> FORMAZIONE PERMANENTE<br />

A cura del Consiglio Centrale<br />

Dell’Istituto secolare delle Missionarie<br />

della Regalità di Cristo<br />

Pro manuscripto<br />

Roma, ottobre 2007


PREMESSA<br />

Carissima,<br />

vogliamo offrirti, un piccolo strumento che contiene quasi delle “istruzioni minime per l’uso”,<br />

essenziali, operative, di facile accesso, in ordine alla consacrazione. Vuole essere un auspicio per un<br />

rinnovato e vigoroso impegno che si fa vita, non una somma di buone intenzioni, non pagine definitive<br />

ed esaustive, bensì un tracciato che può accompagnare il percorso per il cammino comune che non<br />

finisce mai.<br />

Per questo ti proponiamo di partire da alcune immagini, da uno sguardo che ha inizio dentro di<br />

te, nella tua interiorità e nel tuo sentire.<br />

I fratelli e le sorelle del Consiglio Centrale


Come leggere o interpretare immagini<br />

1<br />

La consacrazione secolare<br />

Un giorno Paul Claudel diceva: “Nessuna cosa è inutile poiché serve a spiegare il paradiso.” Perciò<br />

l’utilizzazione di immagini, fotografie, disegni, quadri nella formazione personale ha il suo giusto<br />

valore.<br />

Quando cerchiamo d’incontrare qualcuno, il suo volto ci interessa almeno tanto quanto la sua parola.<br />

Lo sguardo apre al mistero dell’altro e crea la comunicazione. Perché allora bandire dalla nostra<br />

formazione ogni visualizzazione, ogni immagine? La potenza dello sguardo apre spazi interiori e<br />

insemina il silenzio da cui potranno scaturire la lode e l’acclamazione. La contemplazione di<br />

un’immagine è un linguaggio della fede, un cammino per accedere al mistero di Dio incarnato in Gesù<br />

Cristo.<br />

Allora, come utilizzare un’immagine, una fotografia, un’opera d’arte?<br />

Come analizzarla, leggerla, farla propria, interpretarla?<br />

Vi propongo tre grandi tecniche di decodificazione e due esempi pratici di livello diverso.<br />

La decodificazione degli elementi socio-culturali dell’immagine<br />

-Gettare un colpo d’occhio globale sull’immagine.<br />

Quali sono i miei sentimenti e le mie riflessioni spontanee?<br />

-Osservare lo sfondo, i personaggi, l’età, il sesso, il modo di vestire, i gesti, l’atteggiamento del corpo,<br />

eventualmente il luogo, l’architettura, il tempo, l’ora, l’epoca….<br />

-Considerare gli elementi simbolici che esprimono i sentimenti, i valori, la classe sociale, la religione.<br />

-Fare un elenco completo di tutti questi elementi.<br />

-Chiedersi se ci sono degli insiemi omogenei e quali rapporti hanno tra di loro.<br />

-Qual è il significato di questa immagine per me, per il mio gruppo, i miei amici…?<br />

2. La decodificazione della composizione dell’immagine<br />

Angolo di ripresa:<br />

Qual è la posizione dello spettatore rispetto all’immagine? E’ coinvolto o messo a distanza?<br />

Profondità di campo:<br />

Quali elementi dell’immagine sono messi in rilievo? Cosa è messo in primo piano e cosa in secondo<br />

piano?<br />

La luce:<br />

Da dove viene la luce? C’è un gioco d’ombra e di luce? La luce è dolce, diffusa, neutra, violenta? Che<br />

atmosfera crea? Quali elementi dell’immagine mette in rilievo la luce?


Il colore:<br />

Quali colori sono presenti? Quali sono i colori dominanti? Quale atmosfera creano i colori?<br />

La struttura dell’inquadratura<br />

Quali linee, verticali, orizzontali, diagonali, a S, organizzano l’immagine? Come lo sguardo è guidato<br />

dalle linee?<br />

3. Il taglio dell’immagine<br />

-Dividere lo schema secondo uno degli schemi seguenti :<br />

-Quali sono gli elementi dell’immagine che si trovano sui punti forti?<br />

- Dov’è il centro del quadro intorno al quale gravitano gli altri elementi?<br />

-Analizzare ciascuno dei casi così definiti confrontandoli gli uni con gli altri.<br />

- A partire dagli elementi osservati, interroghiamoci sui loro significati<br />

.dal punto di vista dell’artista<br />

.dal nostro punto di vista personale<br />

.dal punto di vista biblico, teologico, socio-culturale……….<br />

Ecco la teoria della decodificazione. Per l’uso, vorrei semplificare un po’.<br />

Le principianti in interpretazione di immagini sceglieranno il punto 2 per essere sicure di successo e<br />

quelle che hanno paura di cominciare, farebbero bene a decodificare (interpretare ) le prime immagini<br />

in gruppo secondo i punti seguenti:<br />

Esempio 1<br />

-Guardare l’immagine globalmente<br />

-Osservare i luoghi, il tempo, i personaggi, le azioni, i gesti, il simbol<strong>ism</strong>o, il movimento, il centro<br />

dell’immagine, il tema, i colori.<br />

-Opporre luce/tenebre<br />

morte/vita<br />

cielo/terra<br />

uomo/donna ecc.<br />

-Trovare il punto di contrasto nella composizione<br />

-Tirar fuori il significato dell’immagine<br />

-Scoprire il suo messaggio per noi.<br />

Esempio 2<br />

-Penetro l’immagine in profondità. L’attraverso con i miei occhi e percepisco dove comincio, dove il<br />

mio sguardo mi conduce, quali sono i punti che mi attirano, m’irritano, mi provocano?<br />

- Rinuncio per il momento a opinioni personali, a interpretazioni. Tutto quello che emerge ha il diritto<br />

di esistere, ogni associazione, ogni reminiscenza verso del conosciuto.<br />

- Mi apro ai sentimenti che provo contemplando, li accolgo e li rispetto.<br />

2


-L’immagine è come un interlocutore, un dirimpettaio vivente che vuole entrare in dialogo con me. Mi<br />

fa delle domande, mi trasmette messaggi, mi porta parole incoraggianti o provocanti e attende la mia<br />

risposta.<br />

-Mi lascio interpellare da questo dialogo, per esempio una forma può interrogarmi, può avere a che fare<br />

qualcosa con me, può farmi bene o non incontrarmi.<br />

-Un colore può cominciare un dialogo con me ecc……<br />

-Un tale dialogo può ugualmente riuscire in forma scritta:<br />

Prendo un foglio di carta e lo piego a metà.<br />

A sinistra annoto tutto quello che emerge dall’immagine che viene verso di me.<br />

A destra annoto le mie reazioni : ciò che penso, sento, ciò che è importante per me.<br />

Rinuncio coscientemente ad ogni controllo, ad ogni valutazione, do libero corso ad uno sviluppo<br />

naturale.<br />

-Alla fine, rileggo il dialogo-immagine. Sottolineo una frase, una parola importante per me e la porto<br />

nella mia meditazione.<br />

Interpretare, leggere le immagini è un esercizio creativo e avvincente che è interessante a tutte le<br />

età.<br />

Mettiamoci all’opera!<br />

3<br />

M.T.B. (Francia-Lussemburgo)


La chiamata…<br />

«La Missionaria, vivendo la sua consacrazione nel mondo, è chiamata a cercare sopra ogni<br />

cosa di “Avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”»<br />

4


… in castità<br />

«La Missionaria custodisce e ama la vita in ogni sua forma, coltivando l’amicizia, la bellezza,<br />

la gioia, la creatività e ogni dono di Dio»<br />

5


… povertà …<br />

«La Missionaria accoglie con gioia il proprio essere creatura e si abbandona con piena<br />

fiducia in Dio e nella sua provvidenza paterna e materna […]»<br />

6


… e obbedienza,<br />

«In conformità a cristo “obbediente fino alla morte” la Missionaria riconosce, negli eventi della<br />

propria vita e della storia, i segni del passaggio di Dio e con responsabilità personale compie<br />

scelte rispondenti al progetto del Padre»<br />

7


…nel mondo «contemporanee» della storia.<br />

«Mandate per il mondo “secondo la forma del Santo Vangelo”»<br />

8


<strong>CONSACRAZIONE</strong> E MISTERO TRINITARIO<br />

In ogni inizio di vocazione è presente l'opera della Trinità.<br />

E' il Padre che prende l’iniziativa dell’amore: comprendere la vita come vocazione significa<br />

riconoscersi eternamente amati da Dio, avvolti in un progetto di sorprendente gratuità, in una iniziativa<br />

di assoluta generosità.<br />

In ogni vocazione l’iniziativa del Padre è finalizzata a conformare l'esistenza della creatura<br />

chiamata a quella del Figlio eterno venuto nel mondo. Ognuno, guardando a Lui, può ritrovare se<br />

stesso, come insegna il Vaticano II° nella Gaudium et Spes al n. 22: “In realtà solamente nel mistero<br />

del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di<br />

quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del<br />

Padre e del suo Amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima<br />

vocazione”. Ogni vocazione è sequela di Gesù, per diventare discepoli, capaci di riconoscere la sua<br />

voce.<br />

Infine l’iniziativa trinitaria dell'amore, che sta alla base di ogni vocazione, si compie nello<br />

Spirito Santo. “Nello Spirito è riposta la fecondità vocazionale della Chiesa, e per mezzo della<br />

consacrazione dello Spirito ogni vocazione diventa dono per Dio stesso, per la Chiesa e per il mondo”<br />

(Vocazioni nella Chiesa n. 4).<br />

E' lo Spirito Santo che viene mandato per disporre il cuore dell'uomo all'assenso libero e gratuito<br />

alla libera e gratuita iniziativa di Dio.<br />

E' lo Spirito Santo che riempie la mente di luce, il cuore di dolcezza nell'acconsentire alla Parola<br />

della vita che ci viene rivolta.<br />

E' lo Spirito Paraclito che ci sostiene nella fatica, che ci solleva nella debolezza, che ci rende<br />

capaci di un "Sì" generoso fino alla fine. Se non si accoglie lo Spirito, se non ci si apre al soffio di Lui<br />

in modo permanentemente nuovo, nella dimensione eucaristica e contemplativa della vita, nessuna<br />

vocazione si può realizzare, nessun cammino si può compiere nella fedeltà al progetto di Dio.<br />

L’iniziativa trinitaria evidenzia come ogni vocazione sia nascosta nel mistero di Dio, e come di<br />

conseguenza, tanto più la persona umana riconoscerà se stessa e 1a propria vocazione, quanto più saprà<br />

riconoscersi avvolta nel mistero di Dio.<br />

9


Nella Scrittura<br />

10


<strong>LA</strong> VOCAZIONE NELLO SCORRERE DEL TEMPO DEL<strong>LA</strong> VITA<br />

11<br />

Insegnaci a contare i nostri giorni<br />

e arriveremo alla sapienza del cuore<br />

(Salmo 90)<br />

Secondo il Salmo 90 l’uomo ha di fronte a sé due realtà apparentemente lontanissime: l’eternità<br />

di Dio (cf i vv. 1-2) e la brevità della vita umana. La riflessione su tale brevità porta il salmista, al<br />

versetto 12, a intravedere una possibilità nuova e sorprendente: “insegnaci a contare i nostri giorni, e<br />

arriveremo alla sapienza del cuore”.<br />

La sapienza biblica, non dimentichiamolo, è il saper coniugare l’esperienza critica della realtà<br />

con la fede nel Dio di Israele, o se vogliamo, il saper leggere la realtà alla luce della fede.<br />

“Contare i propri giorni” e scoprire che essi sono così pochi, significa prendere coscienza della<br />

propria creaturalità, ma, allo stesso tempo, leggere questa esperienza alla luce dell’azione di Dio.<br />

“Contare i propri giorni” è qualcosa che nasce dall’esperienza, ma che è anche, contemporaneamente,<br />

un dono di Dio da chiedersi nella preghiera: “insegnaci a contare i nostri giorni”. La sapienza, infatti, è,<br />

allo stesso tempo, ricerca dell’uomo e dono di Dio.<br />

Qui si apre la seconda parte del salmo 90 (vv. 13-17): il cuore della sapienza consiste nell’aver<br />

scoperto proprio all’interno del limite temporale della vita umana, la presenza dell’amore di Dio:<br />

“saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni” (Sal 90, 14).<br />

Ponendogli davanti il suo essere polvere, insegnandogli a contare i propri giorni, Dio introduce<br />

l’uomo attraverso la porta della sapienza: l’uomo si riconosce creatura e scopre che la propria vita, per<br />

quanto breve, è un dono ed è sotto il segno della misericordia divina:<br />

sia su di noi la dolcezza del Signore nostro Dio,<br />

rafforza per noi l’opera delle nostre mani,<br />

l’opera delle nostre mani rafforza (Sal 90, 17).<br />

Solo in questo modo, attraverso questa saggezza che sa accettare anche la propria morte, sarà<br />

possibile poi parlare di una vita che si apre all’eternità e diventa risposta ad una vocazione.<br />

Nello scorrere del tempo, incontriamo l’amore di Dio.<br />

La consacrazione è, allora, accettare di non vivere nella logica del possesso e del potere,<br />

illudendosi di conservare così la propria vita, ma consegnarsi sapendo che chi perde la sua vita per il<br />

Signore e per il Vangelo la trova per sempre (Gv 12, 25).


La memoria della chiamata<br />

“La parola del Signore venne a me… (Ger 1,13) Prima di formarti nel grembo materno, io ti ho<br />

conosciuto” (Ger 1,5)<br />

Questo “prima” introduce, nella vita di Geremia, una identità basata su un legame che viene<br />

prima di ogni altro legame: quello con Dio.<br />

Dio esplicita il suo rapporto di padre verso un figlio, con la creatura. Pertanto Geremia sarà –<br />

ancor prima che figlio di Chelkia – figlio di Dio.<br />

“Prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato” (Ger 1,5b)<br />

In quel “prima” non c’è solo una conoscenza, ma anche una consacrazione.<br />

Per un compito, ancora tutto da scoprire, Dio lo ha consacrato, prima ancora di formarlo nel<br />

grembo materno.<br />

“Ti ho dato profeta alle nazioni” (Ger 1,5c)<br />

La vocazione di Geremia è quella di essere profeta in un contesto internazionale. Che cosa<br />

significa? È probabile che il rotolo di Geremia dovesse essere inviato alle comunità ormai in diaspora,<br />

in un contesto esilico e che potesse pertanto raggiungere, benché indirettamente, le nazioni straniere<br />

che le ospitavano.<br />

Ma questa missione dice qualcosa di più. Dice che il destino del popolo di Giuda – cui Geremia<br />

appartiene – è ormai mescolato con quello delle nazioni straniere. La vita e la missione profetica di<br />

Geremia si realizzano in un tempo di trasformazione radicale: il tempo dell’esilio e della dispersione<br />

del popolo in mezzo ad altri popoli. Un popolo che è ormai in mezzo ai gôjîm (stranieri) ed esso stesso<br />

è divenuto gôjîmi (straniero): tanti piccoli gruppi dispersi in mezzo ai popoli.<br />

Geremia dovrà insegnare al suo popolo a collaborare per il bene universale: “così dice il<br />

Signore: cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare. Pregate il Signore per esso, perché<br />

dal suo benessere dipende il vostro benessere” (Ger 29, 7), per approdare ad un respiro di convivenza<br />

pacifica e spirito autentico di cooperazione al “benessere” comune di tutti i popoli.<br />

“Ahimè, Signore, io non so parlare, perché sono un ragazzo” (Ger 1,6)<br />

È la sua ragionevole obiezione dinanzi al compito che Dio viene ad assegnargli. Il giovane,<br />

nella Bibbia, specialmente nei testi sapienziali, viene identificato con l’inesperto, colui che deve sedersi<br />

al banchetto della Sapienza, dove deve imparare a distinguere il bene dal male, per poter decidere della<br />

vita e della morte 1 .<br />

“Non dire: Sono giovane, ma va’…” (Ger 1,7-8)<br />

La sua vita non sarà risparmiata, ma sarà “donata”. Egli non dovrà avere paura pur essendo<br />

giovane, poiché saprà rispondere dei legami con il mondo, ricco del legame con quel “Padre” che da<br />

“prima” l’ha conosciuto e consacrato e sarà con lui per sempre.<br />

Di queste parole, “io sarò con te” Geremia talvolta dubiterà, quando la durezza del suo compito,<br />

del servizio a cui è stato chiamato, sarà più aspra e quel Dio che l’ha chiamato dall’eternità sembrerà<br />

lontano, volubile, dimentico del suo amore eterno 2 .<br />

1 Cf Pr 9, 1-6<br />

2 In particolare nei testi delle cosiddette “Confessioni” di Geremia. Cf. 15, 10-18 e 20, 7-18.<br />

12


“Il Signore stese la mano, e mi toccò la bocca” (Ger 1,9)<br />

In questo tocco la sua consacrazione, il decreto del divenire “suo”, del suo essere collaboratore<br />

e profeta.<br />

Tale consacrazione stabilisce che dovrà essere Geremia stesso, la sua persona, il suo corpo… il<br />

segno in mezzo ad un popolo di gôjîm, stranieri. Dal tocco di Dio scaturiscono le parole che Geremia<br />

dovrà pronunciare in mezzo agli altri popoli, in un mondo aperto e cangiante.<br />

Dio conferisce, pertanto, a Geremia la capacità, di sconvolgere l’ordine preesistente, il miracolo<br />

di poter costruire una cosa nuova.<br />

“Il ramo di mandorlo” (Ger 1, 11-12)<br />

“Mi fu rivolta questa parola del Signore: che cosa vedi, Geremia?<br />

Risposi: vedo un ramo di mandorlo. Il Signore soggiunse: hai visto bene<br />

Poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla”.<br />

Il Signore invia a Geremia una nuova parola. È una parola che contiene una visione: un ramo di<br />

mandorlo.<br />

L’albero è come una “sentinella”, perché annuncia la primavera con la sua fretta a fiorire; il<br />

mandorlo è simile al profeta il quale è sentinella del giorno, pronto ad annunciare i primi bagliori di<br />

luce a chi giace nelle tenebre.<br />

È l’urgenza e la novità delle situazioni che la storia presenta, che esigono nuove soluzioni,<br />

nuove intuizioni, quando Israele non avrà più né il suo tempio, né la sua terra, né la sua Santa Città.<br />

È in questo “legame” con il suo popolo, la sua città, che nascerà la vocazione a “servire” il<br />

popolo, quella “porzione” di Dio, piccola e sofferente.<br />

Nel racconto della vocazione di Geremia ci è suggerito che se la vita di un ragazzo può essere<br />

spesa in un compito importante, questo deriva da un radicamento con più legami. Tali legami<br />

intersecano la terra ed il cielo, Dio e gli uomini.<br />

1. Il legame con Dio che affonda in un “prima” che viene e va nell’eternità.<br />

2. Il legame con “tutti i popoli”.<br />

3. Il legame con il proprio popolo che guarda verso il futuro.<br />

Sulla base di queste tre appartenenze nasce una “vocazione”, cioè un senso della vita e una<br />

adesione ad esso.<br />

La vocazione è una Parola, unica per ogni uomo, realizzata attraverso un dono, una<br />

consacrazione. Da quella Parola sbocceranno tutte le opere capaci di provocare e navigare ogni<br />

eventuale sradicamento, cambiamento, rivoluzione, al fine di promuovere la libertà, la vita e il futuro<br />

per tutte le nazioni.<br />

“Passa, nel deserto, rifletti ed esita, attendi e giudica, ma poi entra nella città della vita per agire<br />

e dire, per creare e aiutare, per colmare di opere i giorni dell’esistenza.” (G. Ravasi)<br />

13<br />

Tratto dalla rivista: Parola, Spirito e Vita


NEL<strong>LA</strong> VECCHIAIA PORTERANNO ANCORA FRUTTI<br />

Elisabetta, Zaccaria, Simeone e Anna<br />

Nel Vangelo di Luca e più precisamente nella sezione dedicata ai racconti dell’infanzia di Gesù,<br />

incontriamo quattro personaggi che rientrano nella categoria di coloro che oggi definiremmo anziani:<br />

Elisabetta, Zaccaria, Simeone e Anna.<br />

Luca traccia il profilo di questi quattro giusti, la cui vecchiaia si presenta esemplare proprio<br />

perché illuminata dal mistero del Cristo atteso in Israele.<br />

La narrazione lucana si apre con la presentazione di Zaccaria ed Elisabetta, i futuri genitori di<br />

Giovanni (Lc 1,5-7). Di loro si sottolinea anzitutto l’irreprensibilità nell’osservanza dei comandi e dei<br />

precetti di Dio (Lc 1,5), e in rapporto con la notizia dolorosa dell’assenza di figli, si accenna alla loro<br />

età.<br />

La tradizione biblica preferisce parlare di giorni piuttosto che di anni, come se volesse dare<br />

maggior valore a ciò che si vive istante per istante. La vita appare, così, come l’insieme dei giorni e i<br />

giorni come i passi di un cammino.<br />

Alla vecchiaia «si giunge», avendo attraversato le precedente stagioni della vita. La vecchiaia è<br />

il momento verso il quale confluisce tutto ciò che si è vissuto, il tempo nel quale si raccoglie il frutto di<br />

ciò che si è seminato. Per questo, alla vecchiaia ci si prepara vivendo con verità il tempo che la<br />

precede.<br />

Per il pio israelita non è concepibile un cammino umano che non sia accompagnato dal Signore<br />

e non è pensabile un giorno che non sia riempito della sua presenza.<br />

Il tempo sono i giorni e i giorni sono la vita vissuta, sotto lo sguardo di Dio.<br />

La vecchiaia è buona se in essa c’è vita, è cattiva se la vita non c’è. E la vita, per la Scrittura, è<br />

la comunione con Dio, il suo timore, l’esperienza della sua benedizione, poiché la gloria del Signore<br />

abbraccia i singoli giorni dell’uomo e l’intero suo cammino 1 .<br />

Di Elisabetta e Zaccaria si afferma esplicitamente: «Erano entrambi giusti davanti a Dio» (Lc<br />

1,6).<br />

La giustizia non è il rispetto formale di regole codificate, ma di una adesione personale a Dio,<br />

piena di amore e di riconoscenza.<br />

“Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è l’unico. Tu amerai il Signore Dio con<br />

tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forse. Questi precetti che oggi ti da ti stiano fissi nel<br />

cuore”. (Deut 6, 4-6).<br />

I giusti amano la casa del Signore. Essi riconoscono la sua vera identità e lo venerano come<br />

luogo della presenza di Dio e della preghiera.<br />

«Beato chi abita la tua casa…Un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove» (Sal 84, 5.11)<br />

«Una cosa ho chiesto al Signore - questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della<br />

mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario» (Sal 27,4). Il desiderio di<br />

abitare con il Signore (Sal 15,1), di saziarsi della sua presenza (Sal 17,15), di contemplare il suo volto<br />

(Sal 27, 8-9), desiderio che si intravede dietro l’amore per il santuario, è tutt’uno con l’esperienza della<br />

fede. Potremmo parlare di una tensione contemplativa che segna profondamente e costantemente<br />

l’anima del giusto.<br />

Di un simile sentire contemplativo la preghiera è insieme l’espressione e il frutto. Chi ama stare<br />

nel tempio del Signore sicuramente servirà Dio.<br />

1 «Il timore del Signore prolunga i giorni» (Pr 10,27). «Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza,<br />

dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,11). «È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce» (Sal 36,10).<br />

14


Così della profetessa Anna si osserva che nel tempio «serviva Dio notte e giorno con digiuni e<br />

preghiere» (Lc 2,37).<br />

Desiderio di Dio e preghiera, percezione intensa della presenza di Dio e invocazione incessante,<br />

tensione contemplativa e costante intercessione a favore dell’umanità sono elementi imprescindibili di<br />

un’esperienza di fede che nella vecchiaia può raggiungere il suo vertice. L’anziano che crede è<br />

tendenzialmente un contemplativo, un uomo che prega con fiducia in forza di una intensa comunione<br />

con Dio, insondabile segreto della sua anima. Egli dimora in Dio e Dio dimora in lui. Egli irradia Dio e<br />

Dio risplende in lui.<br />

È il senso della presenza di Dio che rende la vita feconda e serena.<br />

Ai giusti divenuti anziani, camminando nell’orizzonte della speranza, non fa spavento la loro<br />

debolezza e il venir meno delle energie, non li rattrista il non riuscire a fare tutto quanto prima si<br />

faceva. La speranza si radica nell’esperienza della bontà di Dio, della infinità misericordia<br />

dell’Altissimo (Lc 6,35).<br />

«La speranza poi non delude – scrive Paolo ai Romani – perché l’amore di Dio è stato riversato<br />

nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Si basa sulla benevolenza<br />

di Dio a favore dell’umanità, sulla compassione del Cristo.<br />

Ad un cuore riscaldato dalla rivelazione dell’amore divino, corrisponde uno sguardo limpido e<br />

puro, capace di riconoscere i segni della creatività dello Spirito e di gioire per le meraviglie di Dio. La<br />

gioia di Zaccaria e di Elisabetta per una nascita impensabile (Lc 1,14; 1,24-25), la commozione di<br />

Simeone per quel bambino che è tra le sue braccia (Lc 2,28), l’entusiasmo di Anna accorsa nel<br />

frattempo (Lc 2,38), dimostrano la giovinezza spirituale di questi giusti ormai avanti in età.<br />

Essi conoscono le prove della vita (Lc 1,7), la sofferenza della fede (Lc 1,25), la fatica della<br />

perseveranza (Lc 1,6). Sanno che tutto questo fa parte della via di Dio, che è via di redenzione (Lc<br />

2,34-35). Essi sanno stupirsi delle cose inaudite che Dio fa sorgere nella storia e se ne lasciano<br />

abbagliare.<br />

In Simeone colpisce questo parallel<strong>ism</strong>o tra il «vedere la morte» e il «vedere il Messia».<br />

Quando vedrà il Cristo, Simeone vedrà la morte. Non vedrà la morte senza prima vedere il Cristo. E<br />

quando Simeone stringerà tra le sue braccia quel bambino che Maria e Giuseppe hanno portato al<br />

tempio, al colmo della gioia per la salvezza, dirà: «Ora tu sciogli il tuo servo, o Signore, secondo la tua<br />

parola, in pace» (così dobbiamo tradurre letteralmente la frase nel greco).<br />

Emerge qui in modo evidente una straordinaria definizione della morte, nella prospettiva della<br />

fede di Israele. Per chi crede nella fedeltà misericordiosa di Dio, che ha dato compimento alla promessa<br />

del Messia, la morte va intesa come l’atto mediante il quale lo stesso Dio pone termine ad<br />

un’esperienza transitoria. Egli scioglie i legami che vincolano una persona a questa vita segnata dal<br />

limite e ferita dalla sofferenza, per consentirle di entrare nella pace. La morte è così passaggio alla<br />

gloria, accesso al riposo definitivo, ingresso nella dimora eterna di Dio e permette di «essere portati<br />

dagli angeli nel seno di Abramo» (Lc 16,22), e di «essere con Gesù in paradiso» (Lc 23, 43).<br />

L’anziano Simeone che si avvia alla fine dei suoi giorni con un cuore consolato, guardando alla<br />

morte come ad un passaggio verso la pace promessa da Dio e realizzata dal suo Messia, diviene una<br />

sorta di precursore dei discepoli del Cristo risorto.<br />

L’ultima stagione della vita è il momento nel quale contemplare con tutta la forza di un cuore<br />

libero e saggio il mistero dell’eternità che ha preso casa nella storia. Il cammino dei giorni, in tutte le<br />

sue fasi, si compie per ognuno di noi nella luce della trasfigurazione.<br />

15<br />

Tratto dalla rivista: Parola, Spirito e Vita


UN VALORE CRISTIANO FONDAMENTALE:<br />

SERVIRE IL MONDO COME CRISTO<br />

1. Per descrivere questa inquadratura cristologica, possiamo ispirarci a tre serie di testi biblici.<br />

a. La prima serie potrebbe essere costituita dagli inni cristologici (per es. il prologo del IV<br />

Vangelo, Efesini 1, Colossesi 1) che presentano Gesù come colui nel quale, mediante il<br />

quale, in vista del quale, tutto é stato creato.<br />

Gesù, che é vissuto in un suo mondo, in un tempo particolare, in una società concreta di<br />

uomini… é il centro del mondo, il Signore di tutti i tempi e di tutte le cose, é il polo di<br />

attrazione di tutti gli uomini e di tutta la realtà umana e cosmica.<br />

b. La seconda serie di testi del Nuovo Testamento proclama l’amore con cui il Padre e Gesù<br />

hanno amato il mondo per dargli vita e salvezza. «Dio ha tanto amato il mondo da dare il<br />

suo Figlio unigenito» (Gv 3,16), «il pane che io darò é la mia carne per la vita del mondo»<br />

(Gv 6, 51), «io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiamo in abbondanza. Il buon<br />

pastore pone la vita, offre la vita per le sue pecore» (Gv 10, 10-11). Questi testi ci parlano di<br />

un mondo, di una realtà umana che di fatto non si è aperta all’azione creatrice di Dio, non ha<br />

riconosciuto la centralità di Gesù, non ha corrisposto al disegno di Dio: si è chiusa e si<br />

chiude in se stessa, pretendendo di ricavare da se stessa, in modo assoluto e totale, la<br />

possibilità di vita e di gioia. È una pretesa che conduce il mondo alla morte: peccato,<br />

menzogna, odio, violenza caratterizzano il mondo che si separa da Cristo. Tuttavia Dio<br />

continua ad amare questo mondo, a volerne il bene e la salvezza e di conseguenza l’amore<br />

di Dio è un amore che soffre. Il Figlio di Dio mandato dal Padre nel mondo, proprio perché<br />

ama il mondo, si dissocia dalle pretese autonomistiche di questo mondo e prende su di sé il<br />

peccato, l’odio, il dolore, la morte, per distruggerli in un gesto di suprema obbedienza<br />

all’amore del Padre, attraverso il marcimento del seme nel profondo della terra e della<br />

morte, frutto e segno dell’amore senza limiti.<br />

c. La terza serie di testi biblici è rappresentata dai discorsi missionari di Gesù.<br />

Gesù rende partecipi i discepoli del suo servizio al mondo, li invia nel mondo, vuole siano<br />

dentro il mondo, immersi nella storia e nel tempo, quindi nella temporalità e nella società.<br />

Chiede loro però di non essere del mondo, sia perché la loro presenza nel mondo deriva da<br />

un principio che trascende il mondo, cioè il progetto amoroso di Dio, sia perché il loro<br />

servizio al mondo deve anche contrastarne gli orientamenti egoistici, ribelli, che separano il<br />

mondo dal progetto di Dio. Per questo la missione dei discepoli nel mondo comporterà,<br />

come quello di Gesù, sofferenze, contestazioni, opposizioni, marcimento, martirio: si pensi<br />

per esempio come il testo di Matteo unisce insieme missione, attenzione, presenza,<br />

contestazione, problemi, difficoltà, tribunali, flagellazioni, opposizioni (cfr Mt 10, 1-42).<br />

Tutto questo riflette nell’apostolo il modo di essere di Gesù.<br />

2. I diversi servizi delle diverse vocazioni cristiane<br />

Questi passi biblici ci introducono ad un’idea ampia, complessa e articolata del servizio che i<br />

cristiani recano al mondo nel nome e con la forza di Gesù.<br />

a. Anzitutto sono molte e diverse le cose di cui il mondo, gli uomini, la gente hanno bisogno.<br />

Vi sono sia i bisogni più immediati e appariscenti (quelli che abbiamo chiamato bisogni<br />

16


primari, che riguardano il cibo, la salute, il benessere, la casa), sia i bisogni più profondi (la<br />

conoscenza della verità, l’educazione alla libertà, la serenità nella vita familiare e sociale,<br />

l’aiuto a scoprire e a seguire il progetto di Dio rivelato in Gesù). Nell’enciclica «Redemptor<br />

hominis» Giovanni Paolo II ha proposto un principio stimolante e fecondo, dicendo che<br />

l’uomo, nella sua totalità e quindi anche nella sua totalità di bisogni, di necessità, di<br />

prospettive, è la via principale della Chiesa. Ma questa grande via che la Chiesa deve<br />

percorrere nella sua missione, cioè l’amore all’uomo secondo il disegno di Dio in Cristo, si<br />

dirama, proprio per la complessità e ricchezza dell’esistenza umana, in una infinita varietà<br />

di strade complementari che corrispondono ai diversi bisogni dell’uomo.<br />

b. Una seconda radice di varietà nel modo concreto con cui i discepoli di Cristo servono il<br />

mondo, è costituita dalla motivazione profonda di questo servizio. I cristiani servono il<br />

mondo non perché si adeguano ad esso e si esauriscono in esso (in puri rapporti di carattere<br />

strumentale: dare per ricevere e non servizio disinteressato), ma perché richiamano al<br />

mondo che il principio della sua vita e della sua salvezza viene da fuori, scaturisce dal cuore<br />

di Dio, proviene dall’obbedienza amorosa e dolorosa con cui Gesù ha affrontato la croce.<br />

Ecco la radice per capire la diversità, il modo e il nesso dei diversi servizi che il cristiano<br />

rende al mondo.<br />

Orbene il cuore di Dio e la Croce di Cristo contengono profondità inesauribili e possono<br />

rendersi presenti nella vita dei cristiani in modi sempre nuovi, diversi e complementari. Ciascuno<br />

riceve una chiamata diversa a servire il mondo, mediante un diverso modo di imitare il cuore di Dio e<br />

la croce di Cristo; da un'unica radice, quindi, provengono diverse chiamate e vocazioni.<br />

È soprattutto su questo tema della molteplicità delle chiamate e delle vocazioni, a partire<br />

dall’unica radice, che mi sembra sia importante scavare anche teoricamente per superare alcune<br />

barriere terminologiche e dottrinali che possono fare difficoltà. Vediamo degli esempi.<br />

C’è il modo della totale dedizione al mistero, dell’intercessione e dell’offerta, del silenzio e<br />

della contemplazione, in una programmata lontananza dalle concrete occupazioni mondane, proprio per<br />

assicurare al mondo la cosa di cui ha maggiormente bisogno, cioè la vicinanza di Dio.<br />

C'è il modo - vero e legittimo, perché deriva dalla stessa fonte - della dedicazione completa alla<br />

missione evangelizzatrice della Chiesa, mediante l'assunzione dei compiti connessi con il ministero<br />

pastorale. Questa vocazione comporta normalmente la rinuncia a compiti diretti nel campo<br />

professionale e propriamente politico, allo scopo di offrire al mondo un’immagine particolarmente<br />

efficace di Gesù buon pastore che offre tutta la vita per il suo gregge.<br />

C'è il modo, anch'esso scaturito dalla stessa croce di Cristo, di una più diretta gestione delle<br />

realtà quotidiane di questo mondo, dei fatti economici e sociali, delle forze politiche, per liberare queste<br />

realtà da ogni impiego falso e peccaminoso e per farle servire al vero bene dell'uomo secondo il<br />

progetto di Dio.<br />

Ho fatto solo alcuni esempi, che si riferiscono alle più comuni, alle schematicamente più facili<br />

da determinare, vocazioni cristiane. Avendo toccato il tasto "vocazione", chiamata dello Spirito di Dio<br />

a partire dalla inesauribilità del cuore di Cristo, è chiaro però che occorre essere aperti alla creatività<br />

dello Spirito di Gesù, che suscita sempre nuove vocazioni. Occorre anche non erigere barriere tra le<br />

diverse vocazioni, ricordando che i valori cristiani fondamentali sono presenti in tutte le vocazioni, pur<br />

se con modalità e sottolineature diverse.<br />

È la missione della Chiesa il grande sfondo dal quale prende risalto e rilievo ogni vocazione<br />

cristiana. Le profonde intuizioni del Vaticano II sulla realtà della Chiesa non sono forse ancora<br />

pienamente sviluppate. Si è colto il passaggio dalla Chiesa, vista prevalentemente come una società,<br />

alla Chiesa considerata come mistero, segno, corpo di Cristo, comunione con Cristo. E questo<br />

17


passaggio è certamente importante. Per esempio, per stare al tema che ci interessa, ha permesso di<br />

superare una concezione negativa o solo contrappositiva dei laici, che erano definiti puramente come<br />

«non chierici». Oppure si assegnavano ai laici compiti della presenza cristiana nel mondo, mentre al<br />

clero venivano riconosciuti i compiti della edificazione della comunità cristiana, quasi ci fosse una<br />

divaricazione. Ora invece la visione della Chiesa come comunione di tutti i credenti in Cristo ha fatto<br />

intravedere la partecipazione attiva di tutti i cristiani alla edificazione della Chiesa e ha proposto il<br />

servizio del mondo come compito di tutti i credenti, anche di quelli che non sono direttamente<br />

impegnati nelle realtà temporali.<br />

Per approfondire questo argomento occorre perciò fare un passaggio: dalla comunione alla<br />

missione. La missione si radica, nasce dalla comunione ed insieme si esplicita. Occorre cioè capire che<br />

la comunione dei credenti in Cristo è missionaria, è la partecipazione varia e articolata di tutti i credenti<br />

alla missione di amore che il Padre ha assegnato a Gesù e che Gesù svolge nella Chiesa mediante lo<br />

Spirito. Questa missione va sempre meglio compresa, non solo nei suoi principi fondamentali, ma<br />

anche nelle sue concrete applicazioni storiche, che chiamano in causa una penetrante capacità di lettura<br />

delle diverse situazioni spirituali in cui versano gli uomini di oggi. La missione richiede discernimento<br />

delle situazioni. È lo Spirito Santo che suscita il discernimento e le vocazioni cristiane e vocazione<br />

cristiana vuol dire capire pienamente se stessi, capire la libertà, la storia, i propri compiti, la vita degli<br />

uomini alla luce di Cristo: vocazione cristiana è obbedienza a questa luce; è un dire agli altri che solo<br />

questa luce è la verità piena dell’uomo.<br />

Se vogliamo accostarci al car<strong>ism</strong>a dell’Istituto non in modo puramente ripetitivo ma con<br />

l’intento di scoprirne le potenzialità stesse, dobbiamo essere attenti alle provocazioni della storia<br />

attuale.<br />

Carlo Maria Martini<br />

18


Nel nostro cammino<br />

19


Consacrazione secolare secondo San Francesco<br />

Ricordiamo alcuni criteri preliminari per una corretta riflessione e ricerca:<br />

I. L’intuizione di fondo, che abbiamo avuto della “consacrazione secolare” al momento della<br />

“chiamata”, probabilmente ha poi incontrato nella vita di ciascuna di noi momenti di<br />

rimeditazione, riscoperta, a volta più completa e precisa, a volte più accentuata su aspetti<br />

particolari, a volte approfondita sotto aspetti mistico-personali. Insomma, la consacrazione<br />

si vive, si comprende e si sviluppa per tutta la vita, anche in relazione alla storia personale e<br />

del mondo in cui si vive.<br />

Certo, è importante che non passino mai in secondo ordine i nuclei essenziali specifici di un<br />

determinato tipo di vocazione. Ma è anche utile che i nuclei essenziali recepiscano a volte<br />

accentuazioni particolari in rapporto all’esperienza di vita.<br />

II. Naturalmente, è fondamentale ben chiara, l’ispirazione dei fondatori (nel caso nostro cofondatori<br />

– Gemelli e Barelli), dei quali dovremmo avere presente la specifica “lettura”<br />

della Fonti Francescane.<br />

Ci sarà utile per questo riprendere alcune citazioni dagli scritti dei co-fondatori, memoria<br />

della loro vita, bibliografia delle Fonti Francescane (dal loro tempo fino ad oggi),<br />

bibliografia delle riflessioni elaborate e pubblicate in proposito dallo stesso ISM, nei suoi<br />

quasi 90 anni di vita (1919-2007).<br />

Chiediamo alle Fonti Francescane, leggendole con i nostri co-fondatori, un itinerario di letturaassimilazione-impegno<br />

della nostra consacrazione e missione secondo Francesco (anche qui “sine<br />

glossa”).<br />

Per una prima possibile traccia (ma certo se ne potrebbero proporre innumerevoli):<br />

1. L’essenziale della visione di fondo di Francesco della vita consacrata (cap. I della Regola non<br />

bollata)<br />

2. Corporietà e consacrazione (capp. XXIII e XVI della Regola non bollata)<br />

3. Consacrazione e sponsalità (cap. IX della Lettera a tutti i fedeli, Lettera di Chiara ad Agnese di<br />

Praga)<br />

4. Oblatività e comunione (cap. 152, Celano II)<br />

5. Nella dimensione ecclesiale (introduzione e cap. I Lettera a tutti i fedeli)<br />

6. Francesco fatto carità (cap. IX, 3-4 Bonaventura Leggenda Maggiore)<br />

7. Missione nel mondo (cap. XVI Regola non bollata)<br />

1. L’essenziale visione di Francesco sulla vita consacrata: seguire la dottrina e l’esempio del Signore<br />

nostro Gesù Cristo (cap. I della Regola non bollata, FF 4)<br />

Che i frati vivano in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità<br />

La regola e la vita dei frati è questa, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di<br />

proprio, e seguire la dottrina e l’esempio del Signore nostro Gesù Cristo, il quale dice: Se vuoi<br />

essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e poi<br />

vieni e seguimi; e: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce<br />

20


e mi segua; e ancora: Se qualcuno viene a me e non odia il padre, la madre, la moglie e i figli, i<br />

fratelli e le sorelle e anche la sua vita stessa non può essere mio discepolo. E: Chi avrà lasciato<br />

o il padre, o la madre, o la moglie o i figli, la casa o i campi per amore mio, riceverà il<br />

centuplo e possederà la vita eterna.<br />

2. Corporietà e consacrazione (capp. XXIII e XVI della Regola non bollata, FF 69)<br />

Abbiamo consegnato e abbandonato il nostro corpo al Signore nostro Gesù Cristo. (cap. XVI<br />

della Regola non bollata, FF 64)<br />

Tutti amiamo con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la<br />

fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, con tutto l’affetto, con<br />

tutti i sentimenti più profondi, con tutto il desiderio e la volontà il Signore Iddio, il quale a noi<br />

ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima tutta la vita; che tutti ci ha creato e redento, e che ci<br />

salverà per sua misericordia. Lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, pieni di<br />

putrido fetore, ingrati e cattivi.<br />

E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che hanno consegnato e abbandonato il loro corpo al<br />

Signor nostro Gesù Cristo, e per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili,<br />

poiché dice il Signore: Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita<br />

eterna.<br />

Beati quelli che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli: Se<br />

hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Se poi vi perseguitano in una città fuggite in<br />

un’altra. Beati sarete, quando vi odieranno e vi perseguiteranno e vi bandiranno e vi<br />

insulteranno e il vostro nome sarà proscritto come infame e falsamente diranno di voi ogni<br />

male per causa mia; rallegratevi in quel giorno e esultate, perché grande è la vostra<br />

ricompensa nei cieli. Dico a voi amici miei: non lasciatevi spaventare da loro e non temete<br />

coloro che uccidono il corpo e dopo di ciò non possono far niente di più.<br />

Guardatevi di non turbarvi. Con la vostra pazienza salverete le vostre anime. E chi persevererà<br />

sino alla fine, questi sarà salvo.<br />

3. Consacrazione e sponsalità. Essere sposi, fratelli e madri del nostro Signore Gesù Cristo (cap. IX<br />

della Lettera a tutti i fedeli, FF 199-210)<br />

Del fuggire la sapienza carnale<br />

Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto dobbiamo essere<br />

semplici, umili e puri.<br />

E disprezziamo noi stessi, poiché tutti, per colpa nostra, siamo miseri, putridi, fetidi e vermi,<br />

così come dice il Signore per mezzo del suo profeta: Io sono un verme e non un uomo, sono<br />

l’obbrobrio degli uomini e lo spregio del popolo.<br />

Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad<br />

ogni umana creatura per amore di Dio.<br />

E tutti coloro che faranno tali cose e persevereranno fino alla fine riposerà su di essi lo Spirito<br />

del Signore, ed Egli ne farà la sua dimora, e saranno figli del Padre celeste di cui fanno le<br />

opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi, quando per lo<br />

Spirito Santo l’anima fedele si unisce a Gesù Cristo.<br />

21


Siamo fratelli suoi, quando facciamo la volontà del Padre suo che è in cielo. Siamo madri sue,<br />

quando lo portiamo nel cuore e nel nostro corpo con l’amore e con la pura e sincera coscienza,<br />

e lo generiamo attraverso sante opere che devono risplendere agli altri in esempio.<br />

Oh, come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre!<br />

Oh, come è santo e bello e amabile avere in cielo un Sposo!<br />

Oh, come è santo, come è caro, piacevole e umile, pacifico e dolce e amabile e sopra ogni cosa<br />

desiderabile avere un tale fratello che offrì la sua vita per le sue pecore e pregò il Padre per<br />

noi dicendo: Padre santo, custodisci nel nome tuo coloro che mi hai dato. Padre, tutti coloro<br />

che mi hai dato nel mondo erano tuoi e li hai dati a me; e le parole che desti a me le ho date a<br />

loro; ed essi le hanno accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono uscito da te e hanno<br />

creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo. Benedicili e<br />

santificali. E per loro io santifico me stesso, affinché anche loro siano santificati in un’unità<br />

come lo siamo noi. E voglio, o Padre, che dove sono io ci siano con me anche loro, affinché<br />

vedano la gloria mia nel tuo regno.<br />

4. Francesco e l’Eucaristia: oblatività e comunione (cap. 152 della Vita II del Celano, FF 789-790)<br />

La sua devozione al corpo del Signore<br />

Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore,<br />

preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità.<br />

Riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare ogni giorno la Messa, anche se unica, se il<br />

tempo lo permetteva. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche agli<br />

altri. Infatti, essendo colmo di reverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio<br />

di tutte le sue membra, e, quando riceveva l’agnello immolato, immolava lo spirito in quel<br />

fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore.<br />

Per questo amava la Francia, perché era devota del Corpo del Signore, e desiderava morire in<br />

essa per la venerazione che aveva dei sacri misteri.<br />

Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pissidi preziose, perché riponessero in luogo<br />

il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco<br />

decoro.<br />

Voleva che si dimostrasse grande rispetto alle mani del sacerdote, perché ad esse è stato<br />

conferito il divino potere di consacrare questo sacramento. «Se mi capitasse – diceva spesso –<br />

di incontrare insieme un santo che viene dal cielo ed un sacerdote poverello, saluterei prima il<br />

prete e correrei a baciargli le mani. Direi infatti: Ohi! Aspetta, san Lorenzo, perché le mani di<br />

costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrumano!»<br />

5. Nella dimensione ecclesiale Francesco si colloca in relazione a tutti fedeli (religiosi, chierici e<br />

laici – maschi e femmine – abitante del mondo intero) (Introduzione e cap. I della Lettera a tutti i<br />

fedeli, FF 179-185)<br />

A tutti i fedeli<br />

A tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, maschi e femmine, a tutti coloro che abitano nel<br />

mondo intero, frate Francesco, loro umile servo, ossequio rispettoso, pace vera dal cielo e<br />

sincera carità nel Signore.<br />

Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servire a tutti e ad amministrare a tutti le fragranti<br />

parole del mio Signore.<br />

Per cui, considerando che non posso visitare i singoli a causa della malattia e debolezza del<br />

corpo, ho proposto con la presente lettera e con questo messaggio, di riferire a voi le parole del<br />

22


Signore nostro Gesù Cristo, che è il verbo del Padre, e le parole dello Spirito Santo, che sono<br />

spirito e vita.<br />

Del Verbo del Padre<br />

L’altissimo Padre annunciò che questo suo Verbo, così degno, così santo e così glorioso<br />

sarebbe venuto dal cielo, l’annunciò per mezzo del suo arcangelo Gabriele alla santa e<br />

gloriosa Vergine Maria, dalla quale ricevette la carne della nostra fragile umanità.<br />

Egli, essendo ricco più di ogni altra cosa, volle tuttavia scegliere insieme alla sua madre<br />

beatissima la povertà.<br />

E prossimo alla sua passione, celebrò la pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane rese<br />

grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. E<br />

prendendo il calice disse. Questo è il mio sangue del nuovo testamento, che per voi e per molti<br />

sarà sparso in remissione dei peccati. Poi, rivolto al Padre pregò dicendo: Padre, se è<br />

possibile, passi da me questo calice.<br />

E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra. Depose tuttavia la sua<br />

volontà nella volontà del Padre dicendo: Padre, sia fatta la tua volontà, non come voglio io, ma<br />

come vuoi tu.<br />

E la volontà del Padre fu tale che il suo figlio benedetto e glorioso, dato e nato per noi, offrisse<br />

se stesso cruentemente come sacrificio e come vittima sull’altare della croce, non per sé, per il<br />

quale tutte le cose sono state create, ma per i nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché<br />

ne seguiamo le orme. E vuole che tutti siamo salvi per Lui, e che lo si riceva con cuore puro e<br />

corpo casto.<br />

Ma pochi sono coloro che lo vogliono ricevere e vogliono essere salvati da Lui, sebbene il suo<br />

giogo sia soave e il suo peso leggero.<br />

6. Francesco fatto carità come lo legge San Bonaventura (dalla Leggenda Maggiore di S.<br />

Bonaventura, IX, 3-4 FF 1167-1168)<br />

Nient’altro possedeva, il povero di Cristo, se non due spiccioli, da poter elargire con liberale<br />

carità: il corpo e l’anima. Ma corpo e anima, per amore di Cristo, li offriva continuamente a<br />

Dio, poiché quasi in ogni istante immolava il corpo col rigore del digiuno e l’anima con la<br />

fiamma del desiderio: olocausto, il suo corpo, immolato all’esterno, nell’atrio del tempio;<br />

incenso, l’anima sua, esalata all’interno del tempio.<br />

Ma, mentre quest’eccesso di devozione e di carità lo innalzava alle realtà divine, la sua<br />

affettuosa bontà si espandeva verso coloro che natura e grazia rendevano suoi consorti.<br />

Non c’è da meravigliarsi: come la pietà del cuore lo aveva reso fratello di tutte le altre<br />

creature, così la carità di Cristo lo rendeva ancor più intensamente fratello di coloro che<br />

portano in sé l’immagine del Creatore e sono stati redenti dal sangue del Redentore.<br />

Non si riteneva amico di Cristo, se non curava con amore le anime da Lui redente.<br />

Niente, diceva, si deve anteporre alla salvezza delle anime, e confermava l’affermazione<br />

soprattutto con quest’argomento: che l’Unigenito di Dio, per le anime, si era degnato di salire<br />

sulle croce.<br />

Da lì quel suo accanimento nella preghiera; quel correre dovunque a predicare; quell’eccesso<br />

nel dare l’esempio. E perciò ogni volta che lo biasimavano per la sua austerità eccessiva,<br />

rispondeva che lui era stato dato come esempio per gli altri.<br />

23


7. La Missione nel mondo tra i non credenti o credenti con altra fede – secondo Francesco (dal cap.<br />

XVI della Regola non bollata FF 42-45)<br />

Dice il Signore: Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Siate dunque prudenti come<br />

serpenti e semplici come colombe.<br />

Perciò quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare fra i Saraceni e altri infedeli,<br />

vadano con il permesso del loro ministro e servo.<br />

Il ministro poi dia loro il permesso e non li ostacoli se vedrà che essi sono idonei ad essere<br />

mandati; infatti dovrà rendere ragione al Signore, se in queste come in altre cose avrà<br />

proceduto senza discrezione. I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono ordinare i rapporti<br />

spirituali in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano<br />

soggetti ad ogni creature umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani.<br />

L’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annunzino la Parola di Dio perché<br />

credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, e siano battezzati, e si facciano<br />

cristiani, poiché, se uno non rinascerà per acqua e Spirito Santo non potrà entrare nel regno di<br />

Dio.<br />

Queste ed altre cose che piaceranno al Signore possono dire ad essi e ad altri; poiché dice il<br />

Signore nel Vangelo: Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, Io li riconoscerò davanti al<br />

Padre mio che è nei cieli; e: Chiunque si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio<br />

dell’uomo si vergognerà di lui, quando tornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli.<br />

E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che hanno consegnato e abbandonato il loro corpo al<br />

Signor nostro Gesù Cristo, e per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili,<br />

poiché dice il Signore: Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita<br />

eterna.<br />

Beati quelli che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli: Se<br />

hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Se poi vi perseguitano in una città fuggite in<br />

un’altra. Beati sarete, quando vi odieranno e vi perseguiteranno e vi bandiranno e vi<br />

insulteranno e il vostro nome sarà proscritto come infame e falsamente diranno di voi ogni<br />

male per causa mia; rallegratevi in quel giorno e esultate, perché grande è la vostra<br />

ricompensa nei cieli. Dico a voi amici miei: non lasciatevi spaventare da loro e non temete<br />

coloro che uccidono il corpo e dopo di ciò non possono far niente di più.<br />

Guardatevi di non turbarvi. Con la vostra pazienza salverete le vostre anime. E chi persevererà<br />

sino alla fine, questi sarà salvo.<br />

24<br />

Augustina M. D. (Italia)


<strong>LA</strong> <strong>CONSACRAZIONE</strong> NELLE NUOVE COSTITUZIONI<br />

Con il testo della lettera ai Filippesi (Fil 2,5-11) si aprono le nuove Costituzioni.<br />

Fin dai primi versetti l’inno cristologico di Paolo ci manifesta ciò che caratterizza in profondità<br />

la vita consacrata: avere “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5), assumere cioè non<br />

solo il suo pensiero, i suoi gesti, le sue parole, le sue azioni… ma il suo stesso sentire.<br />

Siamo nella dimensione del cuore, di ciò che dà senso alla vita: si potrebbe dire che al centro della<br />

consacrazione sta questo “cuore a cuore” con Gesù… che ci rimanda con la memoria alle nostre<br />

origini, a quella preghiera semplice e vitale (talvolta quasi ostinata) di Armida Barelli: “Sacro Cuore,<br />

mi fido di te”.<br />

Avere il cuore di Cristo, avere i suoi stessi sentimenti ci porta a contemplare colui che, “pur<br />

essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio: ma spogliò se<br />

stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2,6-7). Il mistero dei tre<br />

consigli evangelici è qui espresso pienamente nella kénosi che è l’abbassamento di Dio, l’umiliazione<br />

per amore, la volontà di assimilazione perfetta all’umanità attraverso lo spogliarsi e il servire fino<br />

all’obbedienza più alta, che esita nel dono supremo della vita: “Apparso in forma umana, umiliò se<br />

stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).<br />

Povertà, castità, obbedienza sono la carità stessa di Gesù che assume tutto l’umano ponendosi<br />

liberamente nella condizione del servo obbediente per amore.<br />

La lettera ai Filippesi costituisce la trama su cui si forma il tessuto delle nuove Costituzioni;<br />

riletta attraverso questa Parola, la consacrazione diviene l’elemento unificante che lega tra loro le varie<br />

parti del testo, con alcune caratteristiche particolari.<br />

Fin dai primi articoli, che dicono il Car<strong>ism</strong>a dell’Istituto, si comprende anzitutto come nella<br />

nostra vita la consacrazione sia intesa primariamente come sequela di Gesù e come non possa essere<br />

disgiunta dalla laicità:<br />

“L’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo è costituito da donne laiche consacrate a<br />

Dio che testimoniano la possibilità di vivere, nelle condizione secolare, il Santo Vangelo, alla sequela<br />

di Gesù obbediente, povero e casto” (Art.1).<br />

“Il car<strong>ism</strong>a dell’Istituto esprime, fin dalle origini, il dono, fatto da Dio alla Chiesa, della secolarità<br />

consacrata, per una missione nel mondo, nello spirito di san Francesco” (Art.2).<br />

La consacrazione non è data una volta per tutte, ma è dono che cresce nel cammino progressivo<br />

della nostra vita: abbiamo la certezza di essere guidate giorno dopo giorno dallo Spirito di Gesù che ci<br />

ricolloca continuamente nella sua sequela , per il miracolo della grazia: “La Missionaria, vivendo la<br />

sua consacrazione nel mondo, è chiamata a cercare sopra ogni cosa di “avere lo Spirito del Signore e<br />

la sua santa operazione”, perché tutta la sua vita sia mossa dall’azione dello Spirito che vive e agisce<br />

in lei” (Art.5).<br />

La kénosi di Gesù, la sua scelta di umiltà, piccolezza, povertà danno alla nostra vita consacrata la<br />

pacificante consapevolezza di muoversi non già in un percorso per anime solitarie, ma piuttosto da<br />

donne pellegrine nel cammino di un popolo, con l’umanità tutta… in particolare quella più umiliata e<br />

prostrata: “La Missionaria condivide, soprattutto con i poveri e i piccoli, le fatiche, la precarietà, le<br />

sofferenze, le gioie e le speranze della vita” (Art. 6).<br />

25


La consacrazione è, come nella vita di Gesù:<br />

• pienezza d’amore: “Nella sequela di Gesù obbediente, povero e casto, la Missionaria “con<br />

tutta se stessa ama Colui che per amore tutto si è donato” e riconosce in questa vocazione la<br />

strada verso una vita piena e gioiosa” (Art. 13).<br />

• restituzione nella libertà: “Pellegrina sulle strade del mondo, vive libera da ogni attaccamento<br />

per restituire al Signore Dio Altissimo e Sommo tutti i suoi beni, riconoscendo che tutti i beni<br />

sono suoi e rendendogli grazie” (Art.14).<br />

La castità (Art. 17) è l’amore forte e totale di “tutto il cuore, di tutta la mente, di tutte le forze”<br />

che libera e vivifica le relazioni in un respiro universale rendendole pienamente umane, feconde e<br />

gioiose. E’ caratterizzata dal verbo con cui Dio esprime la missione dell’uomo sulla terra: “custodire”<br />

(Gen 2,15).<br />

Custodire la vita, l’amicizia, ogni affetto… per crescere progressivamente nella capacità d’amare.<br />

La povertà (Art.18) è l’accoglienza grata del nostro essere creature che ci apre all’abbandono<br />

fiducioso al Padre, ci fa crescere nell’affidamento a Lui, ci fa godere di ogni bellezza che a piene mani<br />

ci viene donata e ci porta naturalmente alla condivisione. Ci chiede un cuore grande e libero, insieme<br />

alla capacità di compiere responsabilmente scelte coraggiose per la costruzione della giustizia e della<br />

pace.<br />

L’obbedienza (Art. 19) è l’attenzione a riconoscere, nella vita e nella storia, “i segni del<br />

passaggio di Dio” per camminare umilmente nelle sue vie, attraverso l’aiuto reciproco al<br />

discernimento. Si nutre della Fede dei poveri che sanno molto desiderare, ma nulla determinare… per<br />

poter ospitare la Parola e accoglierne il dono grazie all’accompagnamento paziente e vicendevole che<br />

viviamo, l’una per l’altra.<br />

Alcuni elementi vivificanti per il nostro cammino di sequela sono:<br />

• l’accoglienza ospitale del dono di Dio in ogni tempo e condizione del nostro vivere: “In<br />

qualunque situazione personale di vita, salute o malattia, giovinezza o vecchiaia, accoglie la<br />

voce dello Sposo che dice: ecco ti attirerò a me” (Art. 20)<br />

• l’ascolto attento e fedele della vita quotidiana e della storia: “Sollecitata dalla Parola di Dio, la<br />

Missionaria è invitata a riconoscere nella storia e nei bisogni dell’umanità i segni della<br />

presenza di Dio e la sua chiamata” (Art. 8)<br />

• la fedeltà alla Parola e all’Eucaristia che nutrono la nostra vita (Art.22)<br />

• la comunità fraterna come realtà e scuola di servizio e fraternità universale nell’accoglienza<br />

dell’alterità, del perdono, della cura reciproca (Art. 24,25,26)<br />

• la disponibilità a lasciare che il cuore e la vita si trasformino nell’amore: “La Missionaria<br />

riconosce che il senso profondo della vocazione le viene svelato progressivamente e che la<br />

fedeltà al Vangelo richiede un cammino di conversione continua” (Art.28).<br />

La nostra vita possa essere, in questo tempo della storia, segno e prefigurazione del tempo futuro:<br />

“Perché nel nome di Gesù<br />

ogni ginocchio si pieghi<br />

nei cieli, sulla terra e sotto terra;<br />

e ogni lingua proclami<br />

che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre”<br />

26


(Fil 2, 10-11)<br />

Signore Gesù,<br />

mentre ri-accogliamo con gratitudine il dono delle nuove Costituzioni siamo consapevoli del nostro<br />

limite, ma confidiamo nella tua infinita misericordia.<br />

Piega anche le nostre ginocchia davanti a te, che ogni giorno ti manifesti a noi nella Parola e nel<br />

Pane, nella storia del mondo, nel creato bellissimo e troppo spesso violato, nell’umanità gioiosa o ferita<br />

che ci cammina accanto.<br />

Aiutaci a rimanere nella tua sequela con i nostri passi affaticati o leggeri, ma sempre affidati<br />

alla sicurezza delle tue orme: desideriamo seguirti ogni giorno, amandoti con tutta la capacità del<br />

nostro povero cuore e ponendo semplici, ma veri gesti d’amore lì dove fai fiorire la nostra vita.<br />

Ti benediciamo e ti rendiamo grazie, perché sappiamo che ti possiamo sempre incontrare ed amare<br />

nel fratello e nella sorella che ci metti accanto, mentre attendiamo il giorno in cui potremo contemplare<br />

il tuo volto e liberare il canto della nostra vita nella vita che non avrà fine.<br />

Per la tua gloria. Amen.<br />

27<br />

L. M. (Italia)


“… VIVENDO IN POVERTA’, CASTITA’ E OBBEDIENZA,<br />

NEL<strong>LA</strong> CONDIZIONE SECO<strong>LA</strong>RE…”<br />

Spunti per continuare a cercare insieme…<br />

“E’ possibile dire ancora qualcosa sui consigli evangelici vissuti nella condizione secolare, dopo<br />

anni di ricerca comune, di riflessione, di condivisione?” E’ l’interrogativo che facilmente nasce di<br />

fronte a questo tema.<br />

Si può tentare di farlo, a partire dalla consapevolezza che il loro contenuto concreto, vitale,<br />

cammina con la storia e si esprime in modi diversi nelle differenti culture e nel tempo; si può tentare di<br />

farlo, sapendo che tutto quanto si può dire è… precario, non è definitivo, ed è parziale perché<br />

appartiene ad una esperienza, ad un oggi che si radicano nel passato ma che, per essere vivi, devono<br />

rimanere aperti al divenire.<br />

Nel desiderio, tanto profondo da catturare l’esistenza, di “avere in sé gli stessi sentimenti di<br />

Cristo Gesù, il quale poiché si fece totalmente obbediente al Padre… spogliò se stesso… divenendo<br />

simile agli uomini e rimanendo fedele a loro e al Padre, fino alla morte e alla morte di croce” 1 , si fonda<br />

una scelta di consacrazione e a partire da qui possiamo cogliere il senso della professione dei consigli<br />

evangelici.<br />

Forse essi hanno il “compito” di tenere desta una nostalgia e alimentare un sogno. Sono la<br />

nostalgia e il sogno, che abitano il cuore di ogni uomo e di ogni donna, di relazioni nuove, “redente”, di<br />

relazioni povere, caste, obbedienti. E’ l’obbedienza alla storia (ob-audire, l’ascoltare intensamente),<br />

quella personale e quella dei popoli, che può indicarci la sostanza, il contenuto concreto dei voti nel<br />

tempo e, per i/le secolari consacrati/e, è l’immersione profonda, amante, nella storia che ci permette di<br />

professarli.<br />

“… il popolo ha lo stesso sogno: vuole vivere relazioni d’amore, interpersonali e comunitarie, non<br />

violente e, come dire, caste. Vuole vivere situazioni di giustizia, perché non sa più come sopravvivere e<br />

desidera che tutto il mondo, in questa realtà, faccia voti di giustizia. Sogna di poter essere partecipe<br />

della costruzione della storia, per obbedire veramente essendo protagonista nel dar forma alla vita.” 2<br />

Il sogno dunque non appartiene ai consacrati, non è loro proprietà; la loro vita è al suo<br />

servizio…Nella loro scelta di vivere poveri, casti e obbedienti in qualche modo l’universo riceve un<br />

segno che lo aiuta a riconoscere le domande che lo abitano, può riacquistare speranza che un modo di<br />

vivere diverso (evangelico) è possibile e per questo è incoraggiato a continuare a camminare…<br />

Obbedienza<br />

Ascoltare intensamente, ogni giorno e per tutta la vita, tutti/e e tutto, umilmente…<br />

“Fate attenzione a come ascoltate…” 3 dice Gesù alla folla. Come dire che c’è una qualità dell’ascolto<br />

che traduce l’obbedienza.<br />

… intensamente: c’è un ascolto superficiale, frettoloso, che trae subito delle conclusioni e ci può<br />

essere un ascolto che dà spazio all’altro, persona, avvenimento o cosa, che riconosce e ama la sua<br />

diversità, che gli permette di essere e di esprimersi per quello che è e in questo modo può incontrare in<br />

modo delicato e rispettoso la sua identità più profonda e cogliere il messaggio, la parola nuova che esso<br />

racchiude.<br />

1 Cfr Fil 2, 5-7<br />

2 A. Potente G. Gomez Non è tempo di trattare con Dio affari di poco conto Romena 2006<br />

3 Lc 8, 18a<br />

28


… ogni giorno; abbiamo riscoperto che l’ordinario, quello che talvolta consideriamo insignificante,<br />

ripetitivo, banale è avvolto nel mistero e imbevuto di mistero… “Ogni mattina il Signore fa attento il<br />

mio orecchio perché io ascolti… Il Signore mi ha aperto l’orecchio e io non mi sono tirato indietro” 4 E’<br />

come se, donando la capacità di ascoltare, Dio affidasse anche il compito e la responsabilità di farlo.<br />

Perché l’ascoltare non può che tradursi nell’inquietudine della ricerca che scaturisce dal farsi carico di<br />

ciò che si è udito, visto, toccato – si ascolta con tutto ciò che siamo – e diventa il camminare insieme<br />

per far nascere risposte.<br />

… tutti, tutte e tutto; il nostro tempo è un tempo di grandi movimenti di persone e di interi popoli.<br />

Scrive Antonietta Potente, teologa domenicana: “… oggi non stanno arrivando soltanto degli emigranti<br />

che cercano uno spazio per vivere, ma stanno arrivando una sapienza differente e un’immagine di Dio<br />

differente. […] quando i popoli emigrano non si spostano solo i modi di vivere di altre realtà e spazi<br />

geografici, cambia anche Dio. […] Ci muoviamo velocemente per aiutare le persone… siamo pronti a<br />

rispondere alle loro necessità… ma non cerchiamo con loro un’altra esperienza di vita, un’altra<br />

esperienza di Dio”. 5 La provocazione che ci viene dai grandi flussi migratori non è diversa da quella<br />

che ci viene da ogni persona, avvenimento o cosa con cui quotidianamente entriamo in contatto: il<br />

diverso, l’altro da me racchiude sempre una parola significativa, provocatoria, indicativa dei passi<br />

ulteriori da fare. E’ questa, forse, la fede in un Dio che cammina nella storia, che “opera per mezzo di<br />

tutti ed è presente in tutti” e che niente e nessuno può contenere, esaurire.<br />

… umilmente, dunque, a partire dalla realtà della propria incompletezza (in questo l’obbedienza è<br />

anche povertà), dalla incapacità a “comprendere” e “dire” il mistero che abita la storia e che chiama la<br />

storia, le singole persone e i popoli a camminare. Verso un di più di vita, verso una vita spirituale.<br />

Castità<br />

Spendere tutta la vita per imparare ad amare.<br />

“Ho sete!” grida Gesù dalla croce e sembra esprimere il desiderio, cocente come la sete, degli uomini e<br />

delle donne di tutti i tempi, che chiedono amore, relazioni profonde in cui ciascuno sperimenti che può<br />

rimanere se stesso ed incontrare l’altro nella fiducia, nel rispetto, nella tenerezza, relazioni che<br />

generano la vita e alimentano la vita.<br />

Vivere la castità può voler dire allora “spendere la vita per imparare a vivere relazioni caste” non solo<br />

fra i generi, ma con tutte le persone, con la natura, gli avvenimenti, le cose…; prendere sul serio quella<br />

sete, cercarla anche dietro comportamenti o scelte che troppo spesso ci affrettiamo a giudicare,<br />

fermandoci alla superficie; desiderare di rispondere alla sete donando acqua fresca e non aceto,<br />

quell’acqua che, secondo la parola di Gesù, diventa in chi la riceve fonte che zampilla per la vita…<br />

Un modo diverso dunque di vivere la relazione:<br />

- Non all’insegna dell’utilità: cerco l’altro perché riempie dei vuoti in cui non riesco a stare…, mi<br />

occupo della natura per la paura che alcune risorse vengano a mancarmi…, mi accosto alle<br />

cose, do loro valore solo perché e nella misura in cui mi servono…<br />

- Non all’insegna della violenza: l’energia sessuale, ha detto qualcuno, o diventa tenerezza o<br />

diventa potere; la relazione – a cui tale energia spinge – può diventare dunque potere esercitato<br />

o subìto …<br />

4 Is 50, 4-5<br />

5 A. Potente Semplicemente vivere Romena 2007<br />

29


- Non all’insegna dell’esclusione… Viviamo in una società che troppo spesso esclude chi non<br />

rientra nei suoi schemi, il diverso, l’imperfetto… E anche nella Chiesa talvolta corriamo questo<br />

rischio, partendo forse dalla convinzione che in essa l’imperfezione sia un… incidente di<br />

percorso!<br />

Alcuni passaggi fanno parte del cammino:<br />

- passaggio dall’utilità alla gratuità, anche attraverso la scelta della solitudine che permette<br />

davvero di incontrare e lasciarsi incontrare, di ospitare e lasciarsi ospitare, di offrire a se stessi e<br />

all’altro la libertà di andare per attingere ad altre fonti di vita…;<br />

- passaggio dalla violenza alla tenerezza, alla cura, grazie anche alla scelta dell’impotenza, del<br />

non potere… avere una parola risolutiva da dire, un consiglio da dare; questo porta a stare<br />

dentro la relazione essendo semplicemente presenti l’uno all’altro, accettandoci per ciò che<br />

siamo e incoraggiandoci così a dare dignità alla propria vita;<br />

- passaggio dall’esclusione all’armonia, riconoscendo che la Vita, per esprimersi, ha bisogno di<br />

tutti, anche – e talvolta soprattutto – di coloro le cui esistenze ci appaiono un non-senso o un<br />

contro-senso.<br />

In questa ottica vivere la castità può voler dire ancora riconoscere la fragilità, l’imperfezione<br />

come l’unico modo di esistere; resistere al desiderio della “normalizzazione” in cui tutto ciò che mette<br />

in discussione è “incasellato” e messo in condizione di non disturbare; rispettare, riconoscere il valore<br />

della diversità, non quella che tante volte ammantiamo di poesia, ma quella che interroga e scomoda (e<br />

in questo la castità si sposa con l’obbedienza).<br />

Povertà<br />

Coltivare il sogno di un mondo fraterno.<br />

Anche il voto/promessa di povertà è dunque questione di relazione, non solo con le cose, ma anche con<br />

le persone e la storia, a partire dalla passione per il “sogno” che Dio ha sul mondo.<br />

“Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno… la verità germoglierà dalla terra<br />

e la giustizia si affaccerà dal cielo…”<br />

“Tutto mi è stato dato dal Padre mio…” 6<br />

Gesù appare costantemente nell’atteggiamento e nella consapevolezza di “riceversi” dalle mani<br />

del Padre suo. E S. Francesco gli fa eco: “… riconosciamo che tutti i beni sono suoi [di Dio] e di tutti<br />

rendiamogli grazie, perché procedono tutti da lui.” 7<br />

Accogliersi ogni giorno dalle mani di Dio nella concretezza della propria persona e della propria<br />

storia, con gratitudine, può essere un aspetto della scelta di povertà. Riconoscersi figli di un Padre che<br />

sa di che cosa abbiamo bisogno ancor prima che glielo chiediamo, che conta perfino i capelli del<br />

nostro capo… può aprire alla gioia umile di ricevere da tutti perché in ognuno si riconosce il tramite e<br />

il sacramento della presenza del Signore, un segno della cura che Egli ha per ciascuno di noi… 8<br />

In un tempo in cui tanti coltivano il mito dell’autosufficienza e dell’onnipotenza e si affannano<br />

per raggiungere l’impossibile, la presenza di persone che accettano di essere creature, bisognose di tutti<br />

per vivere, può dare voce al desiderio spesso inconsapevole di potersi consegnare, con la fiducia del<br />

bambino, a qualcuno che ha cura di noi e rafforzare la speranza che questo è possibile.<br />

6 Mt 11, 17a<br />

7 Rnb 17, 17<br />

8 Cfr 1Cel 24<br />

30


“… non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio…” 9<br />

Le mani, aperte per ricevere, rimangono aperte perché nulla venga trattenuto… “Beato il servo<br />

che restituisce tutti i suoi beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualcosa per sé, nasconde dentro di sé<br />

il denaro del Signore suo Dio, e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere” 10 . La promessa di povertà<br />

può prendere allora il nome di restituzione: se tutto è ricevuto, tutto va restituito e il tenere per sé<br />

diventa… appropriazione indebita! E se qualcuno si… serve da solo, egli offre l’occasione concreta di<br />

restituire: “… a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende<br />

del tuo, non richiederlo.” 11<br />

“… spogliò sé stesso…” 12<br />

Si nasce nudi, poi la nostra nudità viene coperta… Quello che accade per il corpo può essere<br />

letto come metafora di ciò che accade a tutta la persona: mano a mano che la vita va avanti ci<br />

copriamo, indossiamo degli abiti, per proteggerci naturalmente, ma forse anche per difenderci, per<br />

darci visibilità, per rispondere alle aspettative vere o presunte delle persone o dell’ambiente, per essere<br />

accettati… Il desiderio di entrare da povere nella relazione può chiedere forse di recuperare questa<br />

nudità (potrebbe essere anche questo un significato dell’invito di Gesù a tornare bambini?!?),<br />

accettando il rischio di stare dentro la relazione per quello che si è, in modo indifeso, vulnerabili allo<br />

sguardo dell’altro.<br />

Il cammino per “osservare il santo Vangelo, vivendo in castità, povertà e obbedienza” non è<br />

semplice, come del resto non lo è quello di tutti gli uomini e le donne che desiderano prendere sul serio<br />

la vita.<br />

Alcuni pilastri possono sostenere e accompagnare lungo la via:<br />

- il contatto con la Parola: un contatto umile, paziente che si nutre di ascolto e attende che una<br />

delle parole che esprimono la Parola catturi e illumini i passi da fare…<br />

- l’accoglienza della solitudine, non come isolamento ma luogo in cui ritrovare l’unità in se stessi<br />

e con ciò che circonda…<br />

- il silenzio come vuoto che permette di andare in profondità e di cogliere anche le voci più<br />

sommesse…<br />

- la comunità come luogo in cui potersi “narrare” affinché il cammino di ciascuna diventi<br />

patrimonio e motivo di ringraziamento e di lode per tutte.<br />

Ogni volta che ci accostiamo al mistero, all’inesprimibile, sperimentiamo che tutto ciò che si può<br />

dire è un pallido riflesso di ciò che esso è. Ma se uniamo le parole di tanti – e, nelle parole, le<br />

sensibilità, il cuore, le menti… – lo si può comprendere un pochino di più. E’ per questo che gli spunti<br />

di riflessione offerti sono solo per… continuare a cercare insieme.<br />

9 Fil 2, 6<br />

10 Am 18, 2<br />

11 Lc 6, 29b-30<br />

12 Fil 2, 6-7<br />

31<br />

F. P. (Italia)


La voce delle sorelle<br />

32


Esperienze di vita nella malattia<br />

Quando, alcuni anni fa, mi fu diagnosticato il morbo di Parkinson, vissi un periodo di totale<br />

depressione.<br />

Come: una malattia che non si sa perché, in che modo, da che cosa viene – che senso ha? dove ti<br />

porta?<br />

Una malattia che non ha rimedi, soluzioni, che non guarisce mai – dove ti porterà, come ti<br />

costringerà a cambiare le forme e i tempi di vita? che cosa ti impedirà? o a che cosa ti costringerà?<br />

Insomma, una ignota, odiosa, intrattabile avversaria, che nemmeno si sa come affrontare.<br />

___<br />

Passato un po’ di tempo, forse perché non avevo avuto grandi cambiamenti dello stato di salute<br />

e invece raccolto varie informazioni di ambiente, restai felicemente colpita dagli “illustri” compagni di<br />

sventura che il Parkinson mi indicava: Papa Giovanni Paolo II, il Cardinal Martini a Gerusalemme…<br />

Pareva quasi un titolo di gloria (!), di riconoscimento spirituale – un modo di soffrire con Gesù<br />

perdurando nel tempo e senza perdere la presenza di spirito, la preghiera, lo studio, la contemplazione,<br />

la possibilità di comunicazione, l’incontro coi luoghi, i valori, i tempi del mondo…<br />

___<br />

Passati ancora alcuni anni e cominciando a registrare colpi di peggioramento intenso (nella<br />

deambulazione, nell’uso delle mani, per l’autonomia alimentare, igienica, auditiva, scritturale) mi trovo<br />

adesso a vivere una strana e forte sensazione di “doppia vita”.<br />

Da un lato la mente e il cuore continuano a cercare, progettare, programmare contatti, studi,<br />

scambi: con i 28 Paesi del mondo conosciuti nel corso della vita – con le centinaia di amici e amiche<br />

conosciuti e amati – con la città di Roma, vissuta da più di 40 anni nella sua ricca varietà culturale,<br />

paesaggistica, devozionale – con gli ambiti culturali preferiti: fonti francescane, visione storicoantropologica<br />

del mondo, tertio millennio adveniente e nuova evangelizzazione... Tutto chiaro e<br />

diretto, come se mi dicessi: alzati e vai – alzati e cammina!<br />

Ma appena mi alzo in piedi, il tutto cambia: sono completamente bloccata e mi posso muovere<br />

solo col pensiero.<br />

Non è poi tanto male, mi direte. Sì, certo, non è male continuare a vivere, lavorare, creare,<br />

cambiare, con lo spirito. Questa è la vera cosa che conta.<br />

Resta tuttavia una sensazione di almeno parziale attuale impotenza: che cosa posso riuscire a<br />

fare e che cosa no? E un timore per l’avvenire: fino a quando riuscirò a lavorare con lo spirito?<br />

Non resta che continuare a provare: sperimentare volta per volta che cosa riesco ancora a vivere<br />

ed agire, e che cosa no.<br />

Continuare a “provare” il più possibile?<br />

C’è il rischio di fare peggio, farsi male?<br />

O è meglio continuare a tentare il più possibile, fino al limite del rischio?<br />

____<br />

Ho fatto alcune “prove”.<br />

Prova 1: Partecipare ad un seminario sul tema della Trinità, che mi aveva attirato molto in<br />

rapporto al testo di Gualberto G<strong>ism</strong>ondi, di recente da me scoperto, “Car<strong>ism</strong>a<br />

francescano e nuova evangelizzazione nel terzo millennio”. E anche pensando che la<br />

sede era vicina, molto simile a quella dove ora risiedo, e che sarebbero state presenti<br />

33


molte amiche. Sì, era tutto vero: luogo vicino, simile, molte amiche prontissime ad<br />

aiutarmi, e per di più mio fratello Tommaso che mi ha portato in macchina all’andata e<br />

al ritorno.<br />

Che cosa è stato allora che alla fine mi ha fatto decidere: queste cose non me le posso<br />

permettere più? Non avevo calcolato la stanchezza distruttiva dello stare ferma, seduta<br />

nella stessa posizione, per ore, durante le relazioni, discussioni, conclusioni, che non<br />

volevo disturbare muovendomi. Non stanchezza mentale o emotiva, no, ma sofferenza<br />

fisica quasi insopportabile.<br />

Prova 2: Partecipare al congresso annuale dell’Istituto Internazionale di ricerca sul volto di Cristo<br />

– creato dal Cardinal Angelini – come facevo da molti anni, presso l’Università<br />

Urbaniana di Propaganda Fide. Oltre tutto, quel luogo mi ricorda in modo emozionante<br />

due grandi amici: Gesualdo Nosengo, che vi insegnava la pedagogia di Gesù Maestro, e<br />

Gioacchino Ruhuna, il Vescovo Martire del Burundi che spesso vi era ospitato. Questi<br />

forti ricordi mi hanno sostenuto molto. Ma, ciò nonostante, la lunghezza delle relazioni,<br />

la vertiginosità dell’aula magna, l’immobilità forzata mi hanno paralizzato a tal punto<br />

che ho dovuto chiedere aiuto per muovermi di lì a due giovani studenti.<br />

Sembrava quasi che non potessi più uscire di là.<br />

Prova 3: Uscire in macchina, di buon ora, sentendomi benino, per una necessità veloce (ritirare<br />

l’aiuto ISM nov. dic. presso l’ufficio). Ma alla fine lo sforzo fisico richiesto da quel<br />

breve tempo o impegno mi sembrò sproporzionato, perché fu tale da rovinare l’intera<br />

giornata. Anche l’uscita in macchina per la piccola veloce commissione, acquisto o<br />

spesa, non me la posso permettere più. Così è chiaro che la macchina diventa superflua.<br />

Comincio a prefigurarmi in prospettiva per fine anno: scadenza assicurazione, vendita<br />

auto.<br />

Prova 4: Ma poi, essendo ancora ottobre, bel tempo, condizioni discrete, voglia di vedere<br />

Benedetto e Anna, portando loro i dolcini, il calendario Porziuncola e le cartoline<br />

augurali UNICEF, ho abusato dell’uso della macchina. L’incidente a sorpresa è stato tale<br />

da farmi adottare la prospettiva immediata invece che per fine anno.<br />

Al semaforo rosso freno forse troppo bruscamente, il motore si blocca e non riparte più.<br />

Macchina ferma in corsia di transito: è un problema. Ma il problema più forte è che non<br />

riesco ad alzarmi in piedi né camminare. Per fortuna nessuno mi tampona e per fortuna<br />

ho con me il telefonino. Chiedo aiuto a Alfonso Empler e a Tommaso. Vengono tutti e<br />

due: la macchina viene spostata a mano e poi “rifugiata” alla Circ. Aurelia. Tommaso mi<br />

riporta a casa con la macchina sua. I due si accorderanno e provvederanno alla<br />

riparazione e alla vendita. E’ andata bene! Grazie, Signore! Così la prospettiva di fine<br />

anno è già conclusa.<br />

Prova 5: C’è ancora una cosa un po’ a rischio: l’alzata quotidiana per Lodi e Messa alla 6.30.<br />

Alzarmi, prepararmi, mettermi in moto a quell’ora è difficoltoso. Lo sarebbe in tutti i<br />

modi, anche se più tardi o con più tempo. Di questo tuttavia non intendo fare una<br />

“prova”: intendo continuare il più possibile, finché sarà possibile, tutto il possibile.<br />

Perché avere in casa questa possibilità è un dono incommensurabile. E perché senza<br />

l’Eucaristia non potrei vivere.<br />

Prova 6: E gli Esercizi?<br />

34


Avvento Anno C<br />

3 dicembre 2006<br />

I ritiri?<br />

Ahimé, mi sembra che la problematicità stia aumentando….<br />

Agli ultimi Esercizi, alla Verna estate 2006, con l’aiuto delle sorelle me la sono cavata<br />

ancora abbastanza bene.<br />

Ma all’ultimo ritiro, a S. Sebastiano al Palatino la prima domenica di novembre 2006, a<br />

un certo punto ho dovuto “fuggire” perché non resistevo più a stare ferma seduta sulla<br />

sedia, nonostante che l’intervento di Anna mi affascinasse per la sua sensibilità e<br />

delicatezza. Perdonami, Anna!<br />

Ricordo quello che dice il francescano S. Felice da Cantalice: “dobbiamo considerare<br />

perfetta letizia, quando subiamo ogni sorta di prove”. Grazie, Francesco, di avermelo<br />

ricordato!<br />

Che senso ha, Signore, continuare a vivere (di questa malattia non si muore) diventando sempre<br />

più priva di forze e movimento, fino ad essere completamente paralizzata, forse anche non riuscire più<br />

a parlare, a “cantare” Lodi e Vespri, non più pensare, leggere, scrivere, studiare, riflettere, insegnare?<br />

Comincio a rendermi conto: non vedrò più Assisi, non vedrò più “o meu amado Brasil”, non<br />

vedrò più l’Africa….<br />

Non vedrò più Modena o Vignola, non andrò più a Bologna.<br />

Non vado più in macchina, non posso viaggiare, non mi muoverò più…<br />

Il contrario di tutta la mia vita. E’ difficile entrarci. Quale il senso, quale il cammino?<br />

Dopo la Comunione di oggi (3 dic.) mi prende un lampo… che ho già scordato. (Signore,<br />

fammelo tornare!)<br />

Ma forse lo sto già ricostruendo: io stessa ho scritto (nelle “Riflessioni sulle FF per Adveniat):<br />

“Francesco, spinto sempre in tutto dall’amore a Cristo, nella sua vita non cercò altro che di<br />

imitarlo, per arrivare alla piena immedesimazione con lui.”<br />

Come Francesco con le stimmate immedesimarsi con lui, passo passo, pezzo per pezzo,<br />

incollandosi con lui sulla sua croce: non potrebbe essere questo il senso, il modo definitivo e totale?<br />

In fondo, perché amavo tanto quei luoghi, quei viaggi, quei ricordi, quelle storie?<br />

Perché si riferivano a Gesù.<br />

Ma c’era forse anche un “di più” di vanità, di bellezza, di compiacimento e “cultura” personale.<br />

Ora viene il riferimento definitivo, più diretto, immediato, totale.<br />

Grazie, Signore!<br />

Dammi grazia di sentirmi “incollata” a te sulla croce, non per soffrire o non soffrire, ma<br />

principalmente per immedesimarmi con te.<br />

Questo è l’essenziale della vita che cercavo.<br />

Questo è ciò che conta.<br />

__________<br />

35<br />

Augustina M.D. (Italia)


Cos’è la consacrazione per me<br />

Per me la consacrazione è servire Dio, essere le sue mani e i suoi piedi sulla terra. Questo<br />

comporta amare Dio per poterlo servire, nell’umiltà totale, nell’amore profondo e nella continua<br />

comunione con Lui che mi permette di scorgerLo in coloro che servo.<br />

Per me, significa anche essere in armonia con gli altri, pregare con semplicità perché mi guidi a<br />

confrontarmi con gli altri senza offendere. Nella comunicazione al telefono – se sento di suscitare<br />

malintesi – prego per avere l’aiuto di non offendere gli altri, anche coloro che non conosco.<br />

La consacrazione, per mezzo dei consigli evangelici, mi dà la libertà di stare nel mondo, di<br />

prendermi cura e di aiutare gli altri. Considero la consacrazione nello spirito dei consigli evangelici<br />

come la mia risposta a Cristo e alla sua Chiesa.<br />

Ora che l’età è avanzata e i problemi di salute peggiorano, trovo che posso ancora aiutare gli<br />

altri ascoltandoli con più attenzione. Anche la salute, non buona, ha il suo lato positivo. Mi offre il<br />

tempo di pregare, non solo per me ma per gli altri che hanno difficoltà ad accettare la loro condizione<br />

di vita – sia di solitudine, sia di malattia o di povertà.<br />

Essendo un’infermiera, la mia vita si è svolta occupandomi di assistenza. Dio è stato molto<br />

buono con me: nonostante la mia attuale incapacità di dare fisicamente un aiuto, posso ancora<br />

ascoltare, ridere e amare.<br />

Vorrei anche ricordare ciò che padre Stephen Hartdegen aveva affermato: “lavora come una<br />

figlia di Dio – vivi una vita vicina a Dio per poter diffondere la cristianità”. Mi aveva anche detto che<br />

Dio mi aveva dato tanti doni e che l’amore gratuito e il servizio erano la mia migliore risposta.<br />

Come missionaria consacrata, prego perché mi sia donato di concludere, in qualunque modo, la<br />

mia vita sulla terra, non chiedendo qualcosa per me agli altri, ma donando me stessa e rimanendo<br />

sempre cordiale.<br />

36<br />

A. W. (USA)


Testimonianza<br />

Nella nebbia dell’incertezza<br />

di molti anni,<br />

come dare significato alla vita?<br />

Si chiudevano porte<br />

che avevano promesso un varco – poi,<br />

per un caso gioioso<br />

o per un disegno d’amore<br />

ho trovato l’ISM,<br />

o meglio l’ISM ha trovato me.<br />

Finalmente a casa.<br />

L’offerta di un vivere profondo,<br />

Cristo come centro<br />

semplice, povero, obbediente.<br />

Il lavoro come missione,<br />

la solidarietà con i rifugiati, gli immigrati,<br />

le badanti, i colleghi.<br />

Fraternità – una miscela di grazia<br />

come pietre che, sfregandosi tra loro,<br />

si ammorbidiscono a vicenda.<br />

La vita nel gruppo:<br />

dolorosa, gioiosa<br />

conflittuale, ricca.<br />

La responsabilità: una crocifissione,<br />

un confronto con l’ombra<br />

di un imparare immenso,<br />

una lenta liberazione.<br />

La vocazione:<br />

come Geremia – il fuoco<br />

brucia nel mio profondo.<br />

37<br />

J. (Australia)


Che cosa significa consacrazione nella mia vita quotidiana<br />

La parola «consacrazione» deriva dal verbo «consacrare» che significa essere dedicata a …<br />

Nel mio caso, si tratta quindi di essere dedicata a Dio nella vita di tutti i giorni. È consacrata la persona<br />

che ha coscienza della presenza di Dio e che crede che il mondo non obbedisce alla legge del caso. Dio<br />

è Signore della storia. Egli illumina e guida i passi degli uomini.<br />

Intravedo la mia consacrazione come un atto di fede e di riconoscenza, un richiamo che esige<br />

una risposta, un impegno alla solidarietà con la mia gente, una chiamata al servizio, all’impegno per il<br />

bene e per la formazione dell’umanità. Si tratta innanzitutto di una decisione quotidiana, di un atto<br />

interiore da rinnovare ogni giorno, prima di diventare un atto «ufficiale» sanzionato dalla Chiesa<br />

mediante la professione.<br />

Si tratta del programma di tutta una vita, come avvenne per Gesù di Nazareth che fece suo il<br />

messaggio dei profeti all’inizio della sua missione: «Lo Spirito del Signore è su di me…» (Luca, 4)<br />

Le parole di Gesù mi spingono a diventare solidale con il mio contesto di vita, con il mio<br />

entourage esistenziale. Esse trovano un’eco in quell’affermazione del Concilio Vaticano II che mi<br />

ricordo sempre: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di questo tempo, dei<br />

poveri soprattutto e di tutti quelli che soffrono, sono le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei<br />

discepoli di Cristo e non vi è nulla genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS, 1).<br />

Come posso allora trattenermi e chiudere il cuore di fronte alle situazioni di ingiustizia , di<br />

malattia, di morte facile o prematura?<br />

Ciò che non posso fare fisicamente, lo posso almeno nella preghiera.<br />

Ho fede e non ho paura.<br />

38<br />

V. (Congo)


Disposta a tutto<br />

Quando cerco di trovare la risposta alla domanda, che cosa è per me la consacrazione, la più piena e<br />

adatta è: tutto, tutta la mia vita è consacrazione.<br />

Un tempo quando ero giovane volevo sposarmi, avere dei bambini, una famiglia, come ogni<br />

ragazza. Questa idea mi ha accompagnato nella scuola secondaria e all’inizio dello studio universitario.<br />

Non si sa come, ma tutto si sistemava, cosicché non sono entrata in relazioni intime. Adesso posso dire,<br />

che Dio riserva per sé le persone che ha scelto, proteggendole con amore geloso perché maturino per<br />

Lui.<br />

Un giorno, dopo il terzo anno di Farmacia, mi sono resa conto che non avevo prima preso in<br />

considerazione la vocazione alla vita di consacrazione perché avevo paura che, se Dio mi avesse<br />

chiamata, io avrei dovuto farmi monaca, ma non volevo entrare in convento. Questa scoperta ha<br />

sconvolto la mia anima. Mi sono aperta al discernimento per capire la volontà di Dio su di me. Ho detto<br />

a Dio che ero disponibile a fare quello che Lui desiderava per me. Veramente mi sono aperta a tutto,<br />

perfino al convento. Entro un anno ho conosciuto che il disegno di Dio su di me non era il matrimonio,<br />

né il convento, ma restare nel cuore del mondo, solo per Lui. Poi gli avvenimenti si sono susseguiti<br />

velocemente. Ho incontrato la persona che mi ha indicato il modo concreto di tale vita nella Chiesa.<br />

Sono venuti dubbi, non legati alle mie paure, ma allo scoprire come può essere difficile questo<br />

cammino e che cosa chiedeva di lasciare. Infine mi sono offerta a Dio nel giorno del mio 24°<br />

compleanno. Questa decisione era per me la più radicale e la più bella. Sono felice, non ho avuto mai<br />

rimpianti benché talvolta sia stato difficile. Gesù mi ha prodigato ogni sorta di cure con grande amore e<br />

tenerezza. Ora, mentre sto scrivendo, sono commossa; a volte penso, se non sarò abbastanza “buona”<br />

alla fine, per mia difesa, avrò questo sincerissimo e generoso atto di amore.<br />

39<br />

M. P. (Polonia)


Consacrazione<br />

Cosa può dire una missionaria di 82 anni sulla consacrazione? Dare la propria vita al Signore<br />

può sembrare avventura riservata ai giovani. Eppure può investire la vita intera dalla giovinezza all’età<br />

avanzata. Quando Cristo ha compiuto la sua grande consacrazione con l’Ultima Cena aveva 33 anni.<br />

Chiara è stata consacrata nella sua giovane età. E Francesco, quando l’ha fatto? Lascio a te la risposta.<br />

Essendo parzialmente immobile posso dire che la mia è una vita consacrata? Le nostre sorelle<br />

più anziane come la vivono? Quante domande! E’ abbastanza faticoso per la Missionaria vivere la<br />

consacrazione nell’ordinarietà della vita quotidiana. Comunque è veramente meraviglioso!<br />

Ecco le vie verso questo obiettivo: povertà, castità, obbedienza e apostolato. La povertà<br />

comprende molti aspetti, come, ad esempio, alla mia età sono sola senza una mia famiglia, mentre le<br />

mie amiche hanno questo sostegno. I miei quattro fratelli sono morti negli anni passati, lasciandomi<br />

quindi ancora più povera per molti versi. Guardiamo alla povertà di san Francesco durante la sua<br />

malattia agli occhi. Povertà nella imitazione di Cristo, che da ricco, si fece povero, così da arricchire<br />

noi con la sua povertà e così diventiamo ricchi (cf. II Cor. 8,9). Parlando di castità, non ci rendiamo<br />

conto che l’apparenza e la bellezza della gioventù passano e dobbiamo confrontarci con i cambiamenti<br />

che si manifestano nell’età avanzata. “La castità, un cuore indiviso nella verginità e nel celibato.<br />

Consiste in un aiuto di carattere sponsale per chi fa dono di se stesso”. Con l’obbedienza, fai quello<br />

che puoi, ma questo non è ciò che ci si aspetta da noi come membri attivi dell’Istituto. “L’obbedienza<br />

implica la sottomissione, con spirito di fede e con amore, alla volontà di Dio espressa attraverso le<br />

legittime responsabili”. C’è anche l’apostolato nel quale si può veramente emergere. Come? Attraverso<br />

l’accoglienza della volontà di Dio, diventando gentile e paziente verso coloro che stanno intorno a te<br />

che potrebbero servirti, essendo più autonomi di te; pregare di più per il mondo.<br />

La consacrazione è una vita più alta. E’ una grazia. “Inoltre, è guidata dalla costante azione<br />

dello Spirito Santo, che indica alle persone di accettare la chiamata e di rimanere fedeli in una vita<br />

maggiormente conforme a Cristo, donandosi totalmente al servizio della Chiesa”.<br />

40<br />

H. T. M. (USA)


La gioia<br />

Con gioia ed entusiasmo ho cominciato a pensare alla mia "consacrazione nella vita di ogni<br />

giorno".<br />

Devo, però, confessare che mi sono sorte delle domande, dopo trent'anni di vita consacrata:<br />

dove sono adesso? cosa posso fare e cosa devo cambiare?...<br />

Ho pregato e continuo a pregare che lo Spirito mi aiuti e mi guidi per vivere la mia<br />

consacrazione in questo mondo come un dono, una scelta libera che ha le sue radici in Gesù Cristo.<br />

Seguendo l'esempio di Francesco e Chiara, mi impegno a vivere in modo aperto in questo<br />

tempo ego-centrico; l'apertura è per me un atteggiamento interiore che offre a Dio l'opportunità di<br />

entrare in modo rinnovato nella mia vita e m'invita così ad un amore più reale.<br />

La vita consacrata mi chiama a lavorare e decidere tenendo gli occhi fissi su Gesù, che devo<br />

rendere vivo nella nostra società con la motivazione di essere semplicemente una persona buona.<br />

L'amore appassionato di Dio per me e la sua elezione sono i miei fondamenti per vivere ora<br />

come Missionaria della Regalità di Cristo, per vivere pienamente con Gesù al centro della mia vita.<br />

Passando molto tempo con Gesù - Eucaristia, meditazione, adorazione, vita - mi è dato di conoscerlo e<br />

sperimentarlo sempre di più. La relazione personale affiora in amore puro, in amore caloroso e in<br />

abbandono delicato alla volontà di Dio, che s'implora amorevolmente all'istante.<br />

Come semplice operaia, ho sperimentato diverse volte come i potenti, i superiori o anche<br />

persone comuni mi hanno molto ferito per incomprensione, per mancanza di attenzione in determinate<br />

situazioni. Inizialmente la rinuncia alla maternità fisica era per me un gran sacrificio, ma ho potuto<br />

sperimentare che nella vita consacrata si possono vivere pienamente tutte le dimensioni dell'essere<br />

donna, in una maternità spirituale. In senso spirituale posso e voglio essere madre per tutti i miei fratelli<br />

e le mie sorelle, con una preferenza particolare per i poveri e i più piccoli perché ognuno di noi, come<br />

anch'io, è amato da Cristo con un amore unico.<br />

Francesco e Chiara hanno passato molto tempo con Colui che amavano e desideravano sentire<br />

le sue parole che li orientavano, le ascoltavano e le mettevano in pratica. Ho io il coraggio di farlo in<br />

questo mondo incurante di che cosa pensa la gente?<br />

La vita consacrata in questo tempo significa per me anche avere un rispetto enorme per la natura<br />

ed usare con gratitudine i nuovi mezzi di comunicazione, senza che diventino una dipendenza.<br />

Maria è per me la persona migliore che mi può guidare durante l'adorazione perché lei è stata la<br />

prima adoratrice di Gesù. Attraverso il suo incondizionato "Sì" a Dio, mi aiuta a vivere la mia<br />

professione, un impegno per tutta la vita. Dopo trent'anni sono ancora all'inizio... Perciò chiedo la<br />

vostra preghiera e sono grata per il vostro esempio e per i suggerimenti per continuare sempre a vivere<br />

come laica consacrata in questo tempo.<br />

41<br />

A. (Belgio)


Consacrazione: cosa significa per me ogni giorno?<br />

Sono due anni che sono in pensionamento anticipato e ora il vissuto della mia consacrazione è<br />

diverso. Voglio dire che è venuta a mancare una grande tensione. Prima c'era automaticamente lo<br />

schema prefissato e la pressione lavorativa. Ora? Non ci sono più obblighi, tutto è permesso.<br />

Posso voltarmi indietro con gratitudine al periodo lavorativo passato che è stato bello. Con la<br />

forza del Signore sono riuscita a fare tutto.<br />

Ciò che prima era il nucleo della mia vita è rimasto. Tutto ciò che mi capita appartiene al<br />

Signore!<br />

Quando sono andata in pensione non ho voluto aderire a tante associazioni, un po' per paura di<br />

perdermi là dentro con le riunioni. Vedo questo nuovo periodo nella mia vita come una continua ricerca<br />

di approfondimento. Ho più tempo per il raccoglimento; tempo anche per leggere serenamente un libro,<br />

per andare a delle conferenze; più tempo per le persone intorno a me. Personalmente pensavo di poter<br />

disporre di più del mio tempo. Io? Ma il Signore ha pensato diversamente!<br />

Il nucleo più intimo della mia vita rimane invariato. Con la professione la mia vita non mi<br />

appartiene più. Questa affermazione è un tema che è stato trattato una volta in un ritiro e mi ha lasciato<br />

un segno.<br />

Come vivo la consacrazione ogni giorno?<br />

Per primo devo tener conto con l'invecchiamento; tutto non va più così veloce.<br />

Eucaristia quotidiana. Rimane un dono ed un impegno di viverla sempre più consapevolmente.<br />

Se possibile, preferibilmente la mattina, per iniziare la giornata. Lì non sono sola a pregare, abbiamo<br />

bisogno della comunità per indirizzarci a Dio: "Padre nostro". Con la forza del Signore posso<br />

continuare.<br />

Anche la convivenza con i miei fratelli è un dono ed un impegno. Su tante cose della nostra<br />

convivenza non sono sola a decidere, bisogna cercare una soluzione buona. Così imparo a conoscermi<br />

meglio, a impegnarmi continuamente, e anche a mettermi qualche volta da parte. In un certo senso è la<br />

stessa cosa con la vita nell'Istituto e con le altre riunioni.<br />

Molto tempo è richiesto dalle cure per la casa. Lavoro che torna ogni giorno e non ha un nome<br />

specifico; nel farlo si curano le persone.<br />

Avere tempo per il Signore. "Mettere il mio cuore nel Suo Cuore". Con queste parole esprimerei<br />

la mia vita di preghiera. La fedeltà a questo non è facile. Lo descriverei come un giardino interiore nel<br />

quale bisogna estirpare le erbacce. E qualche volta c'è una tempesta, qualche volta arriva l'oscurità o la<br />

solitudine. Allora ho la tendenza a fuggire invece di rimanere con il Signore. Ma... a Lui sono<br />

consacrata e anche in questi momenti mi chiede di rimanergli fedele.<br />

Ci provo a rimanere unita a Gesù durante la giornata scorgendo il Signore nelle persone che<br />

incontro quotidianamente, anche inaspettatamente. Il contatto con le persone può essere talvolta<br />

un'esperienza intensa della presenza di Gesù guardando alla croce.<br />

A casa tante cose mi ricordano l'Istituto. Se incontro gli ex-colleghi del lavoro, uno sguardo può<br />

diventare una preghiera spontanea per le mie sorelle ed i miei fratelli.<br />

42


La natura può essere per me anche una fonte distensiva per rimanere qualche tempo con il<br />

Signore: il mare, il bosco, l'aria, i fiori, un ramoscello (Non romperà il ramoscello rotto). Ancora di più<br />

se posso condividere questi pensieri con qualcuno.<br />

Sacramento della confessione. Anche se ora c'è il dolore per la morte del mio padre confessore<br />

fisso, sperimentare ogni volta di nuovo il perdono dà un senso profondo alla mia consacrazione. Ma<br />

non si ferma qui: il Signore chiede anche a me di perdonare altri e questo non è tanto evidente.<br />

Accantonare i propri progetti. La gente sa che ora non lavoro più e pensa che non abbia niente<br />

da fare poiché non sono sposata. Qualche volta arriva la sera e ho potuto fare solo poche cose di quelle<br />

avevo pianificate. Essere in pensione è ora certamente un vantaggio, non c'è più il legame all'orario di<br />

lavoro.<br />

Contatti nella parrocchia attraverso la visita dei malati. Molte persone sono sole. Si tratta<br />

soprattutto di ascoltare la loro storia. Qualche volta sperimento che già questo può essere una<br />

liberazione, poterne parlarne con qualcuno e qualche volta no, o almeno non ciò è direttamente visibile<br />

per me. Ammiro le persone che soffrono pazientemente e anche le famiglie che sopportano pesi<br />

enormi. Porto tutte queste persone nel cuore del Signore. Lui sa di cosa hanno bisogno per proseguire<br />

sulla loro strada.<br />

Consiglio parrocchiale, incontri biblici. Non più sempre così facile di uscire la sera.<br />

La famiglia conta su di me. Provengo da una grande famiglia e questo comporta molta gioia ma<br />

anche un grande coinvolgimento ogni volta che c'è un dolore.<br />

Mi confronto con tante opinioni diverse e sono quasi spinta in una certa direzione dai media.<br />

Eutanasia? Aborto? Stranieri? Non è più evidente dare una risposta pronta. Spesso si tratta del fatto che<br />

le persone non sono più all'altezza della situazione. Essere aperti e ascoltare la loro storia può essere<br />

già una liberazione. Spesso mi chiedo come Gesù avrebbe reagito, oggi. Devo osare esprimere la mia<br />

opinione.<br />

Non sono sola sulla strada. Il Signore fa sì che altri entrino gratuitamente nella mia vita.<br />

Certamente non è evidente incontrare il Signore in ogni persona. Soprattutto se mi sento ferita.<br />

Allora mi serve del tempo per elaborare le lacerazioni rimanendo alla presenza del Signore e<br />

nella speranza di poter incontrare ancora delle persone con le quali poter essere totalmente me stessa.<br />

Ma nonostante l'impotenza che sperimento, nella mia fede so che c'è QUALCUNO che mi<br />

capisce e mi ama!<br />

43<br />

L. (Belgio)


Cosa significa la consacrazione nella mia vita quotidiana?<br />

Già da tanti anni il Signore mi accompagna sulla mia strada. Questa elezione rimane per me una<br />

fonte profonda di pace e di gioia. Significa che ogni giorno mi devo lasciar prendere da Lui e che devo<br />

dedicare del tempo a Lui. L'incontro eucaristico quotidiano è il culmine. Per me è importante il tempo<br />

veramente dedicato a Lui in silenzio ed ascolto, per poterLo scorgere, in ogni persona che incontro.<br />

Anche nella persona che per me è qualche volta noiosa, difficile, tanto diversa. VederLo anche<br />

nell'uomo piccolo, povero e debole. Partendo da questa unione con il Signore, vorrei poi provare ad<br />

essere al suo servizio, anche nelle situazioni che non mi sono congeniali.<br />

Per me essere consacrata a Lui significa che in ogni momento si deve essere pronti perché è il<br />

Signore stesso che chiede qualcosa. Allora cerco di rispondere, anche se provando e riprovando, e<br />

qualche volta con poca voglia.<br />

Consacrazione significa che mi impegno nella gestione della chiesa e della parrocchia, che<br />

visito degli ammalati e porto loro la comunione. Significa che cerco sempre di rendermi disponibile e<br />

di avere il coraggio di testimoniare, se è il caso, anche se è difficile per me. Attraverso la mia<br />

consacrazione mi sento molto felice, perché è il Signore che opera in me. Da sola non ce la faccio, ma<br />

Lui c'è sempre, anche se non è sempre chiaro. Lui mi sorregge.<br />

Con Maria vorrei pregare: "il mio cuore magnifica il Signore, perché ha guardato all'umiltà<br />

della sua serva, Egli ha fatto grandi cose in me".<br />

Y. (Belgio)<br />

_______<br />

Significa per me: mettermi ogni giorno davanti al Signore e dire: "Eccomi qua, Signore, per fare<br />

la tua volontà. Metti un po’ del tuo amore nel mio cuore affinché io possa trasmetterlo alle persone con<br />

le quali farò oggi un pezzo di strada insieme".<br />

Come pensionata ho l'opportunità quotidiana di incontrare delle persone, sia nel mio quartiere,<br />

sia durante riunioni nella parrocchia o nel TOF (Terz’Ordine Francescano). Come responsabile<br />

parrocchiale per la pastorale degli infermi visito spesso ammalati e anziani e posso portare, ogni mese,<br />

la santa comunione e pregare con loro.<br />

Accanto alla formazione che ricevo nel nostro Istituto, seguo anche dei corsi di formazione<br />

nella nostra forania (federazione). Nel nostro gruppo biblico ci formiamo gli uni gli altri, parlando della<br />

Scrittura. La mia preghiera e la celebrazione eucaristica quotidiane sono un sostegno indispensabile.<br />

Nonostante le mie forze fisiche diminuiscano, sono molto grata al Signore perché posso ancora<br />

impegnarmi per Lui e per gli uomini. Mi rendo conto del suo Amore e questo mi dà pace e felicità.<br />

_______<br />

44<br />

M. L. G. (Belgio)<br />

Quando uscivo dall'ora mensile di preghiera per la santificazione dei sacerdoti, qualcuno mi<br />

disse: "con la confessione il Signore è veramente buono, si prende cura di noi". Ho risposto: "il Signore<br />

è sempre misericordioso". E' la parola che abbiamo sentito spesso durante il nostro ultimo ritiro. Il<br />

nostro parroco aveva appena detto nella sua omelia: "anche noi possiamo portare il lieto annuncio".<br />

Una signora che vive da cinque anni nel nostro quartiere non era mai stata nella chiesa della<br />

nostra parrocchia (santuario nazionale di santa Lutgart): l'ho invitata a visitare il santuario, ha accettato<br />

e passa ogni giorno davanti alla chiesa. Era molto sorpresa dalla nostra bella chiesa. Sono gli esempi<br />

quotidiani, le testimonianze di vita cristiana possibili alla mia età.<br />

M. T. K. (Belgio)


Per il lavoro personale o in gruppo<br />

<strong>LA</strong> <strong>CONSACRAZIONE</strong> SECO<strong>LA</strong>RE<br />

1. CHI MI CHIAMA? Significato teologico<br />

…La Parola di Dio<br />

…Dal magistero<br />

2. COME MI CHIAMA? Car<strong>ism</strong>a - spiritualità<br />

…Dai fondatori<br />

…Dalle costituzioni<br />

…Per riflettere<br />

3. PERCHE’ MI CHIAMA? Significato esistenziale<br />

… Missione…per il Regno di Dio<br />

….Testimonianze di vita<br />

45

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