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Lezioni sull'Inferno dantesco a confronto: Pirandello e Bacchelli

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Francesca Fagnani<br />

re sì come mente raziocinante; Dante, uomo vivente, può errare e peccare». Il<br />

peccato più pernicioso per il pellegrino è quello a cui può condurlo la paura, che<br />

come sagacemente sottolinea <strong>Bacchelli</strong> è «la disperazione, peccato capitale e teologale;<br />

è disperar della salvezza e del soccorso, della Grazia di Dio. È l’accidia<br />

nera»; la paura è quel peccato per cui «Dante può render vano e rifiutare il soccorso<br />

del cielo mosso a emendarlo […] questo peccato è umano, naturale, inevitabile:<br />

terribile e in sé per sé spaventoso, in quanto in esso l’uomo peccatore,<br />

Dante, può ancora sempre perdersi e ricusare la salute eterna, anche nel viaggio<br />

in cui Virgilio lo guida e assiste». Si tratta, dunque, a parere dello studioso di un<br />

dramma perpetuo ed implicito, che riemerge più volte durante il percorso oltremondano<br />

di Dante ed ha un’importanza strutturale, come dimostra l’importanza<br />

che esso assume nel II canto dell’Inferno. La paura di Dante e l’errore di Virgilio<br />

sono da <strong>Bacchelli</strong> assunti come chiavi fondamentali per comprendere il senso<br />

dell’episodio dei barattieri, che egli, ancora una volta per primo, mette in relazione<br />

con quanto accaduto davanti alle porte di Dite: «il perenne dramma della<br />

discesa in inferno, della paura e tentazione di Dante, in cotesti due momenti della<br />

renitenza diabolica, tragico davanti a Dite, comico sull’argine di Malebolge, propone<br />

infatti, uguale e ripetuto, e aggravato l’errore di Virgilio». Errore che egli<br />

giudica «teologicamente necessario», in quanto la sua scienza, che conosce tutto<br />

il conoscibile razionale, per ciò che «appartiene alla Grazia, alla Rivelazione, alla<br />

Redenzione, è limitata, non illuminata». Per le ragioni sopra dette non ci si può<br />

dilungare eccessivamente sull’intervento dello scrittore toscano, denso, fra l’altro,<br />

di interessanti suggerimenti esegetici, che si riveleranno ricchi di futuro.<br />

Quel che interessa ora evidenziare è come la lettura di <strong>Bacchelli</strong> abbia significato<br />

un momento di svolta nella storia ermeneutica del canto; egli, infatti, mettendo<br />

soprattutto in relazione l’avventura della quinta bolgia con quella che si svolge<br />

a Dite, comprese come nel tessuto diegetico del canto fossero presenti una<br />

serie di motivi riconducibili ad uno schema continuamente riccorrente all’interno<br />

del percorso infernale: qui, come altrove, il viator si trova di fronte ad una<br />

serie di difficoltà che gli impediscono di proseguire il suo viaggio; gli ostacoli<br />

che i due pellegrini devono affrontare sono determinati dalla tenace opposizione<br />

delle forze demoniache, che non è solo una componente narrativa fondamentale,<br />

ma è un modo attraverso cui il poeta dà voce al timore cristiano del cedimento,<br />

della resa al male. Questo motivo sempre presente nella catabasi infernale, è<br />

decisamente centrale davanti alla città di Dite e nella quinta bolgia: in entrambi<br />

gli episodi, infatti, trova ampio spazio il tema della paura, che <strong>Bacchelli</strong> sottolinea<br />

essere un peccato e per giunta gravissimo, in quanto porta alla «disperazione»,<br />

agendo quindi direttamente su quella che era considerata una virtù teologale<br />

fondamentale, ovvero la speranza, che Dante stesso definirà, interrogato da<br />

San Giacomo, uno attender certo / de la gloria futura (Pd. XXV, vv. 67-68).<br />

Grande merito di Riccardo <strong>Bacchelli</strong>, quindi, è stato quello di far luce sulla pluralità<br />

e profonda serietà dei significati religiosi, connessi all’avventura che ruota<br />

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