leggi il numero 2 - DOM la cupola del pilastro

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15.06.2013 Views

((( Il racconto Carpe Diem • Nader Ghazvinizadeh Ho sedici anni, non ne ho mai avuti più di sedici, dunque sono molti, otto anni fa di questi tempi ero in terza elementare, non sapevo il latino, passo spesso davanti alle mie scuole elementari, perchè devo capire ancora molto, non sono mai andato a salutare le vecchie maestre. Da stasera il liceo è occupato, io dormirò qui, ho convinto i miei genitori parlando loro del fatto che, se avevo dormito regolarmente fuori con gli scout, era altrettanto naturale che lo facessi nella mia scuola. I miei genitori, indistintamente padre e madre: “Devi saper condurre un rapporto con i professori, con gli adulti, anche se sono cattivi, cattivi con te, solo così potrai capirli, crescere, se li eviti, li osteggi, ti sentirai inizialmente libero, ma poi sarai solo, sono persone, come te, devi credere che tu potrai diventare come loro”. Ancora i miei genitori: “Devi anche non reprimere la rabbia, perchè i repressi non sono lucidi e non sono utili: a se stessi ed agli altri”. Degli scout mi ricordo l’odore di legno bagnato e di piedi, ma anche l’impossibilità a dire di no: mi ripetevo sempre che, non fosse stato per loro, mai avrei costruito tante cose, mi ricordo anche quando c’erano le emergenze e si lavorava senza parlarsi, anche tra sconosciuti e ci si godevano le pause. Con gli scout ho chiuso, maturando nel tempo tanta disistima per i capi che erano degli sfigati, ho osservato senza intervenire lo scalfirsi della loro autorevolezza sino a quando lasciare è stata una naturale conseguenza: ho lasciato all’età in cui tutti lasciano. Ma non sono riuscito a finire su di uno scooter a fumare e bere come molti altri, sono rimasto a metà strada incapace di decidermi, di lasciarmi andare ad un qualsiasi male minore. Oggi comincerò con la cocaina, è deciso, sono già chiusi nell’aula da tempo, Mara Sarcinelli è uscita, sembra normale, come sembra normale chi perde l’altra verginità, è un coraggio strano quello che ci vuole. Cammino per la scuola, entro nelle aule degli altri, come si va in spiaggia in inverno, è sera, abbiamo sorpreso la scuola nel sonno, sono arrivate le pizze d’asporto. Scendo di sotto, stanno consegnando i cartoni con le pizze, guardo tutti e faccio il gioco di inventare chi ha pippato e chi no, mi soffermo sugli insospettabili, ora faccio il gioco di aver pippato io, faccio il gioco di parlare ai commensali, di tenere banco, mi immagino visto dagli occhi della Sarcinelli mentre tengo banco. Ora mangiamo, penso che ho raggiunto il punto più lontano dagli scout, ora li immagino tutti boy 62 ampio raggio n°2 63

– C’è la nevica! –. Sulle punte dei piedi, mento in su che spinge lo sguardo infantile, stupito per i fiocchi bianchi, oltre il vetro della finestra. Anni cinquanta in via Beroaldo, case dei profughi istriani, i “Giuliani” per le graduatorie pubbliche. – Bambini guardate, nevica –, aveva detto al mattino la maestra. Alla bambina quel verbo, per un errore diventato nome, consente di nominare quei fiocchi bianchi, in una lingua che sta diventando sua e la vedrà crescere. Tiziana Sgaravatto

– C’è <strong>la</strong> nevica! –.<br />

Sulle punte dei piedi, mento in su<br />

che spinge lo sguardo infant<strong>il</strong>e,<br />

stupito per i fiocchi bianchi, oltre <strong>il</strong><br />

vetro <strong>del</strong><strong>la</strong> finestra.<br />

Anni cinquanta in via Beroaldo,<br />

case dei profughi istriani, i<br />

“Giuliani” per le graduatorie<br />

pubbliche.<br />

– Bambini guardate, nevica –,<br />

aveva detto al mattino <strong>la</strong> maestra.<br />

Al<strong>la</strong> bambina quel verbo, per un<br />

errore diventato nome, consente<br />

di nominare quei fiocchi bianchi, in<br />

una lingua che sta diventando sua<br />

e <strong>la</strong> vedrà crescere.<br />

Tiziana Sgaravatto

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