leggi il numero 2 - DOM la cupola del pilastro
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Scompari e poi riappari<br />
Davvero, par<strong>la</strong>re di lui significa par<strong>la</strong>re di ambizione<br />
e <strong>del</strong> contrario <strong>del</strong>l’ambizione: <strong>del</strong><strong>la</strong> scelta<br />
di rinunciare, di uno svanire. E poi non finisce lì.<br />
“Scompari e poi riappari”, cantava Dy<strong>la</strong>n. Fischer<br />
riappare nel 1992 rigiocando <strong>la</strong> stessa partita con<br />
Spasskij, dopo vent’anni esatti, quando si sta chiudendo<br />
<strong>la</strong> fase <strong>del</strong><strong>la</strong> Guerra Fredda. Dopo vent’anni,<br />
dal nul<strong>la</strong> in cui si era andato a confinare, quest’uomo<br />
riappare e gioca <strong>la</strong> parodia <strong>del</strong> suo grande trionfo.<br />
In questa parodia io ci leggo anche <strong>la</strong> parodia<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> storia che ripete <strong>il</strong> suo percorso, amaramente.<br />
E ancora non è finita, non ancora. Fischer, adesso,<br />
scompare un’altra volta dopo aver fatto una serie di<br />
riflessioni sugli scacchi e <strong>la</strong> morte degli scacchi...<br />
ma quando riappare, riappare esattamente all’altezza<br />
<strong>del</strong>le torri gemelle, <strong>del</strong>l’11 settembre 2001. In<br />
un’intervista a una radio f<strong>il</strong>ippina tira fuori tutto<br />
<strong>il</strong> suo odio per gli Stati Uniti. Bisogna considerare<br />
che <strong>la</strong> scelta di andare a giocare <strong>la</strong> partita con<br />
Spasskij nel 1992 gli era costata <strong>il</strong> bando, <strong>la</strong> cacciata<br />
definitiva dagli Stati Uniti perché c’era l’embargo<br />
sull’Ex Yugos<strong>la</strong>via e qualsiasi americano che<br />
trafficasse o avesse rapporti con <strong>la</strong> Ex Yugos<strong>la</strong>via<br />
incorreva in sanzioni. Ovviamente c’erano molti<br />
americani che lì vendevano armi, facevano traffici<br />
di ogni genere, e se ne stavano in casa, tranqu<strong>il</strong>li.<br />
Ma Fischer per essere andato a giocare una partita<br />
di scacchi finisce sul libro nero, è perseguito e non<br />
può più tornare in patria, nemmeno per assistere<br />
<strong>la</strong> madre in punto di morte. È l’ennesimo affronto,<br />
l’ennesima ferita. Così, l’11 settembre gli sembra<br />
un pretesto di rivincita. Dice: “Chi semina vento<br />
raccoglie tempesta, se lo sono meritato” e aggiunge<br />
una serie di sparate antisemite che sono <strong>la</strong> sua<br />
costante. Paradossale, considerato che lui era ebreo<br />
al 100%. Ma chi semina vento raccoglie tempesta, e<br />
vale anche per lui, naturalmente. Questa sua vendetta<br />
postuma gli costa parecchio; a un certo punto<br />
quel mandato di cattura nei suoi confronti viene<br />
applicato e <strong>il</strong> Giappone decide di dargli esecuzione.<br />
Fischer viene arrestato e resta più di un anno in<br />
carcere a Tokyo. Come finisce <strong>la</strong> vicenda? Finisce in<br />
Is<strong>la</strong>nda, nell’unico paese in cui continuavano ad<br />
adorarlo, senza riserve, dove infatti aveva vinto <strong>il</strong><br />
suo campionato mondiale, rendendo l’Is<strong>la</strong>nda celebre,<br />
a sorpresa. Per questo motivo, Reykjavík gli<br />
diede as<strong>il</strong>o politico e lui in Is<strong>la</strong>nda svanirà di nuovo,<br />
un’ultima volta. Scompare in questo territorio<br />
che è una sorta di compendio <strong>del</strong><strong>la</strong> sua vita. Campi<br />
ge<strong>la</strong>ti e bianchi, <strong>del</strong> tutto piatti, segnati solo dalle<br />
f<strong>il</strong>e di pali dove restano appesi gli stoccafissi. Un<br />
paesaggio che sembra una scacchiera, in bianco e<br />
nero. Ormai si era ritirato da tutto, chiudendosi nel<br />
s<strong>il</strong>enzio assoluto <strong>del</strong><strong>la</strong> mente. Voleva solo giocare a<br />
scacchi e finalmente trovava pace. Adesso <strong>il</strong> mondo<br />
era davvero diventato una scacchiera.<br />
“Io credo solo nelle buone mosse”.<br />
Non credo nel<strong>la</strong> psicologia, ha detto una volta, io<br />
“credo solo nelle buone mosse”. È una visione p<strong>la</strong>tonica,<br />
<strong>la</strong> sua. Ornette Coleman, uno degli ultimi<br />
grandi jazzisti, in un’intervista recente in cui gli<br />
chiedevano che musica ascoltasse, rispose: “Io<br />
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