IL FRANCHISING: REGOLATO IL CONTRATTO

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<strong>IL</strong> <strong>FRANCHISING</strong>: <strong>REGOLATO</strong> <strong>IL</strong><br />

<strong>CONTRATTO</strong><br />

di Ezio Guerinoni e Maurizio Michi


Con il franchising si realizza un «sistema di collaborazione tra un produttore (o rivenditore)<br />

di beni od offerente di servizi (franchisor) ed un distributore (franchisee), giuridicamente ed<br />

economicamente indipendenti l’uno dall’altro, ma vincolati da un contratto, in virtù del quale il<br />

primo concede al secondo la facoltà di entrare a far parte della propria catena di distribuzione,<br />

con il diritto di sfruttare, a determinate condizioni e dietro il pagamento di una somma di<br />

denaro, brevetti, marchi, nome, insegna o addirittura anche una semplice formula o segreto<br />

commerciale a lui appartenente; inoltre il primo si obbliga a certi rifornimenti di beni o servizi,<br />

mentre il secondo si obbliga a conformarsi ad una serie di comportamenti prefissati dal primo»<br />

(Frignani).<br />

L’affiliato non è soggetto ad alcun vincolo di subordinazione nei confronti dell’affiliante, opera<br />

in regime di completa autonomia giuridica, utilizza una propria struttura aziendale, impiega<br />

personale proprio, investe propri capitali: gestisce, in sostanza, la propria impresa<br />

assumendone il relativo rischio economico.<br />

A questa formale indipendenza sul piano giuridico non risponde, tuttavia, una sostanziale<br />

autonomia economica, posto che – di regola – competono al franchisor tanto l’elaborazione<br />

delle strategie d’intervento e penetrazione in un determinato settore di mercato, quanto<br />

l’indicazione delle modalità e dei tempi d’esecuzione del programma operativo.<br />

Si è soliti distinguere tre tipi di franchising:<br />

a) il franchising di distribuzione di prodotti;<br />

b) il franchising di servizi;<br />

c) il franchising industriale.<br />

Il primo consiste in una tecnica di distribuzione di prodotti effettuata attraverso<br />

l’utilizzazione, nei punti di vendita, del marchio e dei segni distintivi del produttoredistributore;<br />

anziché effettuare la vendita diretta, attraverso esercizi commerciali e dipendenti<br />

organizzati direttamente e a proprio rischio dal produttore-distributore, quest’ultimo costruisce<br />

la sua rete di vendita mediante accordi (di franchising, per l’appunto) con imprenditori locali<br />

(franchisees) i quali si impegnano a vendere – spesso in esclusiva – i prodotti del fabbricantedistributore<br />

(il franchisor), - utilizzando altresì marchio, simboli, insegne del franchisor e<br />

talvolta seguendo lo stesso allestimento dell’esercizio.<br />

Il franchisor si impegna, per parte sua, a fornire i prodotti da rivendere e ad accollarsi servizi<br />

(di assistenza) e altri eventuali costi (concorso nelle spese di pubblicità, concorso nelle prime<br />

spese di allestimento dell’esercizio commerciale, ecc.).<br />

Il franchising può ricorrere tra produttore e grossista, tra produttore e dettagliante tra<br />

grossista e rivenditore, tra dettagliante e dettagliante. Il corrispettivo del franchisor è<br />

composta da una parte fissa e da una parte variabile corrispondente alle vendite realizzate<br />

(royalties). Il franchisee si obbliga ad acquistare una quantità minima di prodotti e ad<br />

osservare le modalità di vendita imposte dal franchisor.<br />

b) Nel franchising di servizi la particolarità risiede nell’oggetto dell’attività proposta dalla<br />

«rete» commerciale che si costituisce fra franchisor e i vari franchisees, ossia «servizi».<br />

c) Quanto al franchising industriale – scarsamente diffuso nella pratica – questo prevede<br />

l’acquisizione da parte del franchesee del diritto di fabbricazione di un prodotto di marca il<br />

cui procedimento di produzione e commercializzazione sia stato elaborato dal franchisor e, al<br />

contempo, il suo impegno a fabbricare quel determinato prodotto nel rispetto dei limiti<br />

quantitativi e qualitativi negozialmente pattuiti.<br />

In generale, il connotato peculiare del franchising è da ritrovare nel particolare modo di<br />

atteggiarsi dell’obbligo promozionale: questo, infatti, non si pone come un generico impegno di<br />

rivendita di beni e servizi (anche se di marca), ma si estrinseca – di fatto - in una ben più<br />

ampia e complessa promozione di una complessiva identità commerciale.<br />

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L’obbligo promozionale – in altri termini – non investe più la semplice commercializzazione di<br />

prodotti o servizi, ma viene a riferirsi ad una commercializzazione strettamente legata al<br />

marchio e – soprattutto – all’immagine del produttore; in questo senso viene in rilievo l’obbligo<br />

di utilizzo della medesima insegna; in questo contesto, ancora, assume un senso l’obbligo<br />

imposto agli affiliati di uniformarsi agli standards qualitativi praticati dal franchisor (che ne<br />

programma la strategia operativa), di utilizzare gli stessi sistemi di commercializzazione dei<br />

prodotti e di fornire i medesimi servizi di dopovendita; sempre in questo contesto assume<br />

rilievo la previsione dell’obbligo degli affiliati di garantire che tutti gli addetti vestano la<br />

medesima divisa e che le unità di vendita siano uniformate anche con riguardo agli<br />

arredamenti interni.<br />

LA RETE<br />

«Il contratto di franchising non può essere compreso se si considera isolatamente un singolo<br />

contratto. Il contratto di franchising è lo strumento per creare una rete, un sistema di<br />

franchising. Un solo contratto di franchising non ha senso (a meno che sia il primo di quel<br />

franchisor)» (De Nova).<br />

La nascita, lo sviluppo e la diffusione del contratto di franchising sono strettamente connessi<br />

all’evolversi delle esigenze di strutturazione di reti commerciali.<br />

Nella fase di passaggio dal commercio tradizionale a quello integrato, la figura dell’ausiliario si<br />

«integra» nel sistema di vendita del produttore che, in ragione dell’importanza e della quantità<br />

dei suoi prodotti, è in grado di garantire l’integrale assorbimento dell’attività dell’impresa<br />

ausiliaria e quindi giustificare un rapporto esclusivo; si diffonde, così, l’utilizzo, da parte delle<br />

imprese produttrici, di una catena di agenti anche (solitamente) non esclusivisti.<br />

La rete degli agenti diventa, concretamente, una strategia distributiva alternativa, a<br />

disposizione del committente per sostituire il sistema di vendita diretto, laddove le complessive<br />

condizioni di mercato e la natura del prodotto lo rendano economicamente conveniente.<br />

Il sistema di vendita tramite una rete di agenti o di commissionari se, da un lato, garantisce,<br />

sul piano distributivo, notevoli vantaggi per le case produttrici, dall’altro, tuttavia, non<br />

consente loro di allontanare il rischio legato alla commercializzazione diretta dei beni. La stessa<br />

pattuizione dello star del credere permette un semplice, parziale e limitato recupero<br />

economico proporzionato alla perdita o alla provvigione. Si sono sviluppate, allora, espressioni<br />

più evolute di modelli di commercializzazione di prodotti; nei sistemi distributivi integrati<br />

emergono nuove formule organizzative caratterizzate dalla presenza di figure di operatori<br />

acquirenti–rivenditori in proprio, legati da un fascio di contratti uniformi all’impresa<br />

concedente.<br />

Il produttore, in questo modo, accolla il rischio della vendita diretta alla controparte<br />

contrattuale, la quale in contropartita ne riceve una posizione privilegiata sul mercato, potendo<br />

acquistare da quella impresa a preferenza di coloro che non godono di un simile rapporto<br />

(Santini). Il franchising è – per l’appunto – una di queste forme evolute di organizzazione<br />

commerciale.<br />

CONTENUTO TIPICO DEL <strong>CONTRATTO</strong><br />

I contratti di franchising vengono conclusi sulla base di condizioni generali di contratto<br />

predisposte dal franchisor, condizioni generali che hanno ormai raggiunto un elevato grado di<br />

omogeneità; in queste si possono distinguere alcune parti e pattuizioni tipiche e rilevanti.<br />

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1) Premessa.<br />

Il contratto si apre solitamente con una descrizione di chi sono le parti. Con riguardo al<br />

franchisor, si indica chi sia, quale sia la sua posizione sul mercato, la sua rete distributiva, di<br />

quali segni distintivi sia titolare e quale sia il suo know-how; per quanto concerne il franchisee,<br />

si indica la sua qualità di imprenditore indipendente, la sua disponibilità di locali per l’esercizio<br />

dell’attività e della sua titolarità di autorizzazione amministrativa relativa all’esercizio<br />

dell’attività stessa.<br />

Spesso le premesse si chiudono con una dichiarazione di intenti, che sinteticamente può<br />

essere espressa come intenzione del franchisor di ampliare la propria rete, e del franchisee di<br />

entrare a farvi parte.<br />

Le dichiarazioni esposte in premessa – la quale suole essere definita «parte integrante del<br />

contratto» - sono utili per l’interpretazione del contratto medesimo.<br />

2) Oggetto.<br />

Elemento essenziale del franchising è – in generale – la trasmissione dal franchisor al<br />

franchisee di diritti, facoltà o beni, che quest’ultimo non potrebbe altrimenti acquisire. Si<br />

deve distinguere, peraltro, con riguardo all’oggetto specifico, fra franchising di distribuzione e<br />

franchising di servizi.<br />

Nel primo la clausola relativa all’oggetto mette in evidenza una concessione per la rivendita,<br />

per poi aggiungere la trasmissione del know-how, la prestazione di servizi e la licenza di uso<br />

dei segni distintivi del franchisor; nel franchising di servizi, invece, si mette in primo piano la<br />

concessione dell’uso del marchio e dell’insegna.<br />

3) Obbligazioni delle parti.<br />

Fra le obbligazioni del franchisee che si incontrano più di frequente si segnalano:<br />

a) impegno ad allestire l’unità di vendita (o, in ogni caso, ad attrezzarsi per promuovere la<br />

vendita dei beni o l’erogazione di servizi);<br />

b) obbligo di acquistare una quantità minima di prodotti (da rivendere) del franchisor, oppure<br />

di acquistare dallo stesso (o da persone dallo stesso indicate) prodotti intermedi o beni<br />

strutturali;<br />

c) obbligo di rispettare determinati standard di qualità nella presentazione e/o nella vendita<br />

del prodotto o del servizio;<br />

d) obbligo di rispettare determinate procedure quanto alle condizioni di vendita, ai prezzi e<br />

così via (di solito specificamente indicate nel c.d. «manuale operativo»);<br />

e) impegno a pagare un diritto di entrata e/o royalties; in realtà, il quadro offerto dai contratti<br />

è molto articolato: si va dalla previsione di una front fee, o diritto d’ingresso, costituita<br />

normalmente da una somma una tantum corrisposta al momento della stipulazione del<br />

contratto, a quella di un pagamento periodico inteso o come fee di mantenimento del<br />

rapporto o, più spesso, come royalty percentuale calcolata sulla base del fatturato del<br />

franchisee, o altri criteri, fino ad arrivare alla previsione di entrambe le forme di<br />

corrispettivo; vi possono, peraltro, essere casi in cui non è previsto il pagamento di alcun<br />

corrispettivo da parte del franchisee.<br />

Quanto alle obbligazioni del franchisor:<br />

a) impegno a concedere al franchisee la licenza dell’uso dei propri segni distintivi, nonché a<br />

trasferire il proprio know-how e tutte le altre formule o conoscenze segrete che individuano<br />

i propri prodotti o servizi;<br />

b) impegno a fornire assistenza tecnica e commerciale per avviare l’impresa del franchisee;<br />

c) impegno a fornire consulenza commerciale, promozionale e di marketing durante tutta la<br />

durata del rapporto;<br />

d) impegno ad addestrare il personale che sarà impiegato nell’impresa del franchisee.<br />

4) Esclusiva.<br />

E’ questa una clausola particolarmente diffusa nei contratti di franchising e normalmente è<br />

reciproca, nel senso che essa, da una parte, vincola il franchisee a non vendere beni in<br />

concorrenza con quelli del franchisor e, dall’altra parte, vincola il franchisor a non servirsi nello<br />

stesso territorio di altri franchisees. L’esclusiva a carico del franchisee può non essere assoluta,<br />

nel senso che gli è consentito trattare anche altri beni o servizi, purché non in concorrenza.<br />

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5) Durata.<br />

Evidenti ragioni economiche impongono che la durata del contratto sia sufficiente a garantire<br />

il «rientro» degli investimenti che il franchisee ha effettuato; proprio per questo è prevista una<br />

durata variabile da un minimo di 3-5 anni a 9 ed oltre. Questo periodo minimo iniziale è quasi<br />

sempre stabilito in contratto (eccetto il caso – abbastanza raro – di un contratto a tempo<br />

indeterminato). Alla scadenza il contratto potrà poi essere rinnovato per periodi più brevi<br />

(anche di anno in anno), salvo disdetta.<br />

6) Intrasmissibilità del contratto.<br />

In considerazione del marcato intuitus personae, il contratto è solitamente dichiarato<br />

intrasmissibile; in alternativa, è prevista la trasmissibilità subordinata al previo consenso<br />

scritto del franchisor.<br />

7) Clausola risolutiva espressa.<br />

Costante è la previsione di una clausola risolutiva espressa per il caso di inadempimenti da<br />

parte del franchisee, il più delle volte con riferimento: i) al mancato o ritardato pagamento dei<br />

prodotti forniti dal franchisor, ii) all’aver prestato servizi di qualità scadente o, più<br />

genericamente, iii) all’aver compromesso l’immagine e la reputazione della rete, all’aver<br />

abusato dei segni distintivi dell’affiliante.<br />

8) Prelazione.<br />

Al fine di evitare che il know-how trasmesso al franchisee vada a vantaggio di un cessionario o<br />

affittuario concorrente, si è soliti prevedere che in caso di cessione o affitto dell’azienda da<br />

parte del franchisee, il franchisor abbia diritto di prelazione.<br />

9) Conseguenze dello scioglimento del contratto.<br />

Per il caso di scioglimento del contratto, si prevede l’obbligo per il franchisee di cessare<br />

immediatamente l’uso dei segni distintivi e l’utilizzazione del know-how e di mantenere il<br />

segreto su quest’ultimo; in alcuni casi gli viene anche imposto di astenersi, per un periodo<br />

determinato, dall’operare in concorrenza con il franchisor.<br />

Particolarmente variegata, poi, è – con riguardo al franchising di distribuzione – la casistica<br />

contrattuale in merito allo smaltimento della scorta di prodotti rimasti nel magazzino del<br />

franchisee.<br />

Dalla disamina appena svolta si evidenzia una prevalenza degli obblighi del franchisee rispetto<br />

a quelli del franchisor. Tale svantaggio, tuttavia, dovrebbe essere controbilanciato, per il<br />

franchisee, da una riduzione dei rischi imprenditoriali, posto che, entrando questi nella catena<br />

del franchisor, dovrebbe godere – grazie alla tipologie di bene o servizio offerto e alla forza di<br />

penetrazione del marchio – di un mercato sicuro.<br />

LA NUOVA LEGGE SUL <strong>FRANCHISING</strong><br />

Finalmente l’Italia si dota di una propria, autonoma e delineata legislazione in materia di<br />

franchising. La Legge 6 maggio 2004 n. 129, recante le norme per la disciplina dell’affiliazione<br />

commerciale, introduce infatti i criteri che d’ora in poi andranno a regolare questo fenomeno<br />

sempre più frequente nel mondo economico.<br />

Come noto, il contratto di franchising (avente natura atipica poiché non regolato dal Codice<br />

civile) è stato ritenuto meritevole di tutela giuridica in quanto frutto della libertà di iniziativa<br />

economica privata garantita dalla Costituzione e dal Codice civile. L’autonomia privata ha<br />

sempre dovuto incontrare i limiti generali dettati dall’ordinamento; ciò nonostante, la<br />

diffusione dell’affiliazione commerciale ha conosciuto una vera esplosione a partire dagli anni<br />

’70. Il legislatore, come in precedenza aveva già fatto per altri contratti atipici (ad esempio in<br />

tema di factoring), ha ritenuto di regolamentare la materia oggi in esame con una legge<br />

definita da alcuni commentatori «agile». In soli 9 articoli viene infatti dettata la disciplina del<br />

contratto de quo, con l’evidente intento di porre un freno alla «capacità creativa» delle parti ed<br />

alla conseguente interpretazione giurisprudenziale.<br />

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Definizione<br />

Senza voler entrare nel dettaglio di ogni singola disposizione, l’art. 1 della legge in esame<br />

definisce l’affiliazione commerciale (ovvero il franchising) come un contratto «fra due soggetti<br />

giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede<br />

la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o<br />

intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni<br />

diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica o commerciale, inserendo<br />

l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati sul territorio, allo scopo di<br />

commercializzare determinati beni o servizi». Ecco dunque delinearsi i tratti tipici della<br />

«nuova» figura negoziale: si tratta di un contratto sinallagmatico, cioè a prestazioni<br />

corrispettive, in forza del quale l’affiliante concede all’altra parte di entrare nella propria rete o<br />

sistema di distribuzione in cambio del pagamento di un corrispettivo.<br />

Con tecnica mutuata dalla produzione normativa comunitaria, il comma 3 dell’art. 1 fornisce la<br />

definizione di «know-how», di «diritto di ingresso» e di «royalties». Brevemente, si osserva<br />

come il legislatore abbia ritenuto di non tradurre coattivamente il termine know-how, come<br />

invece ha preferito con franchising, trasformando quest'ultimo in affiliazione commerciale.<br />

Caratteristiche del controllo<br />

Particolarmente rilevante appare l’art. 3, il quale testualmente prevede che il contratto di<br />

affiliazione commerciale debba essere redatto per iscritto a pena di nullità (comma 1); grava<br />

sull’affiliante, inoltre, l’obbligo di aver già sperimentato sul mercato la propria formula<br />

commerciale al fine di poter costituire una rete commerciale (comma 2); il rapporto deve avere<br />

di norma una durata minima non inferiore a tre anni e comunque tale da garantire<br />

l’ammortamento dell’investimento, salva in ogni caso la risoluzione anticipata per<br />

inadempienza di una delle parti (comma 3). Da ultimo, il comma 4 dell’articolo in esame<br />

impone la presenza nel contratto di una rilevante serie di elementi ritenuti tipizzanti il vincolo<br />

contrattuale in esame. Ad esempio, si richiede l’indicazione dell’ammontare degli investimenti e<br />

delle spese di ingresso che l’affiliato dovrà sostenere prima dell’inizio dell’attività, l’ambito di<br />

una eventuale esclusiva territoriale, la specifica del know-how fornito dall’affiliante e così via.<br />

L’indicazione di tutte queste informazioni appare in stretta connessione con quanto previsto<br />

dagli articoli 4 e 6. Tra gli obblighi dell’affiliante, l’art. 4 prevede infatti che almeno trenta<br />

giorni prima della sottoscrizione di un contratto di franchising l’aspirante affiliato disponga di<br />

una copia del contratto che andrà a sottoscrivere corredato da una lunga serie di allegati; solo<br />

nel caso in cui sussistano obiettive e specifiche esigenze di riservatezza tali dati dovranno<br />

essere quantomeno citati nell’accordo. In particolare, tra gli elementi più significativi,<br />

l’affiliante dovrà allegare copia del suo bilancio degli ultimi tre anni, l’indicazione dei marchi<br />

utilizzati nel sistema di distribuzione, una lista degli affiliati operanti nella rete distributiva, la<br />

descrizione sintetica degli eventuali procedimenti giudiziari o arbitrali promossi nei suoi<br />

confronti e conclusi negli ultimi tre anni ed altro ancora.<br />

Pare opportuno osservare come la scelta di improntare alla massima trasparenza il contratto di<br />

affiliazione nel suo momento genetico sia condivisibile. È noto, infatti, come la carenza di<br />

informazione circa la reale situazione della rete di distribuzione sia stata nella prassi una delle<br />

maggiori fonti di litigio tra le parti. Ci si può tuttavia interrogare sulla reale efficacia di tale<br />

norma, in quanto la posizione dell’aspirante affiliato è sovente più debole (almeno<br />

economicamente) rispetto a quella dell’affiliante. Certo, il primo potrà sempre rivolgersi ad altri<br />

soggetti; la potenza e la forza commerciale del marchio del franchisor potrebbero però<br />

spingere il candidato ad accettare anche maggiori oneri e minori garanzie iniziali pur di entrare<br />

a far parte di un sistema di distribuzione ritenuto valido, serio e foriero di guadagni.<br />

Coerentemente con quanto sopra esposto, l’art. 6 dispone che le parti, in adesione al più<br />

generale principio dettato dall’art. 1337 del Codice civile, devono comportarsi secondo lealtà<br />

correttezza e buona fede in qualsiasi momento prima della stipula del contratto, fornendo<br />

altresì anche tutte le notizie che possano essere necessarie o utili, anche se non<br />

espressamente richieste.<br />

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Qualora una delle parti abbia fornito false informazioni, l’altra parte potrà richiedere<br />

l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1439 del Codice civile, nonché il risarcimento del<br />

danno, se dovuto. Questa scelta è particolarmente rilevante, in quanto il legislatore ha<br />

(correttamente) qualificato la condotta di colui che trasgredisce il dovere di corrette<br />

informazioni come dolosa; l’art. 1439 c.c. stabilisce infatti che «il dolo è causa di annullamento<br />

dei contratti quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra<br />

parte non avrebbe contrattato». Le false informazioni possono quindi considerarsi raggiri posti<br />

in essere al fine di trarre in inganno la controparte e far sì che stipuli un contratto alla cui base<br />

vi sono elementi di fatto non corrispondenti al vero. Come già sopra rilevato, la falsa<br />

rappresentazione della realtà si è dimostrata una delle cause più frequenti di risoluzione (più o<br />

meno consensuale) del rapporto di franchising.<br />

In conclusione, meritano un ultimo cenno gli art. 7 e 9. Il primo dispone che per le<br />

controversie relativa ai contratti di affiliazione commerciale le parti possono (e dunque non<br />

devono, ovvero non sono obbligate), convenire un tentativo di conciliazione presso la Camera<br />

di commercio, industria artigianato e agricoltura nel cui territorio ha sede l’affiliato, nel rispetto<br />

delle norme dettate dal D.Lgs. 5/2003, prima di adire l’autorità giudiziaria o di ricorrere<br />

all’arbitrato. Si è così voluto incentivare il ricorso alle procedure di cosidetta Alternative<br />

dispute resolution, nella logica seguita dal legislatore, da alcuni anni a questa parte, di<br />

ridurre il carico sulla magistratura demandando la risoluzione di dispute a soggetti privati<br />

specializzati.<br />

L’art. 9, infine, precisa che i contratti preesistenti alla data di entrata in vigore della Legge n.<br />

129/2004 dovranno essere adeguati alle disposizioni in essa previste, tanto nel contenuto<br />

quanto nella forma entro un anno dalla suddetta data.<br />

TUTELA DELLE PARTI E DEI CREDITORI<br />

Si può ritenere che la legge sul franchising apporti un significativo sviluppo nella<br />

regolamentazione della materia, dettando finalmente norme chiare, precise e definite che,<br />

quantomeno nelle intenzioni del legislatore, ben si prestano a tutelare le parti contraenti. Il<br />

tempo e l’esperienza diranno se tali scopi siano stati frustrati o conseguiti ed in quale misura.<br />

In prima battuta, sembrerebbe, però, che la specifica indicazione di informazioni che l’affiliante<br />

deve fornire all’aspirante affiliato possa tradursi in una mera formalità travolta dal potere<br />

contrattuale incomparabilmente superiore in capo al primo. La sanzione dell’annullabilità ex<br />

art. 1439 c.c. è però sicuramente rilevante e capace di fungere da elemento riequilibratore,<br />

specialmente nel caso in cui tale circostanza venga portata agli «onori della cronaca», con<br />

tutte le conseguenti ricadute prevedibili sul marchio o sul prodotto distribuito. In questo senso,<br />

il dovere di informazione circa le liti pendenti o concluse dall’affiliante nei tre anni precedenti<br />

alla stipula di un contratto di franchising potrebbe essere facilmente aggirato nel caso in cui il<br />

franchisor sia riuscito a conciliare e transigere tutte le precedenti liti insorte con altri affilianti.<br />

In tal caso, l’informazione fornita al futuro affiliato sarebbe falsata.<br />

D’altro canto, pare utile sottolineare come l’affiliante non possa costituire ex novo una rete di<br />

distribuzione ma debba, prima di sottoscrivere contratti di franchising, aver già testato sul<br />

mercato la propria formula commerciale. In questo modo si dovrebbe, quindi, garantire una<br />

efficacia e serietà tale per cui il franchisee non abbia a che dolersi dell’eventuale insuccesso<br />

della rete di distribuzione.<br />

Queste prime osservazioni inducono poi a ritenere che i creditori che avanzano pretese tanto<br />

nei confronti dell’affiliante che verso l’affiliato avranno nuove possibilità a loro disposizione per<br />

poter esigere il proprio credito. La «disclosure» dei contratti di franchising, in particolare per<br />

quanto attiene alle royalties da corrispondere, può infatti tradursi in una efficace arma a favore<br />

del creditore.<br />

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Si consideri infatti che nell’ipotesi di inadempimento da parte dell’affiliato (che appare<br />

peraltro remota, stante la sua dipendenza dall’affiliante per quanto concerne la fornitura di<br />

beni, prodotti, allestimento e simboli distintivi), si potrà procedere con le consuete azioni<br />

legali le quali potranno giungere al pignoramento ed alla vendita di materiale. Di norma tra<br />

affiliante ed affiliato vi è infatti una cessione di beni realizzata da soggetti giuridicamente<br />

autonomi ed indipendenti tra di loro. Nel caso in cui il debitore sia l’affiliante, sarà invece<br />

sufficiente dar corso ad una procedura di pignoramento presso terzi, andando a colpire il c.d.<br />

debitore del debitore, ovvero l’affiliato. Questi, infatti, deve mensilmente o secondo le modalità<br />

previste dal contratto pagare le royalties pattuite. Anziché corrispondere il dovuto al<br />

franchisor, su ordine del Giudice le trasmetterà al creditore, il quale viene così ad essere<br />

maggiormente tutelato ed esposto a minori rischi. Come noto, infatti, le procedure esecutive<br />

attuate nelle forme del pignoramento non sempre danno l’esito sperato; capita sovente che il<br />

ricavo dei beni venduti coattivamente sia decisamente inferiore al credito vantato. Nel caso ora<br />

in esame, invece, il creditore non corre altro rischio se non quello del fallimento o della<br />

chiusura dell’affiliato.<br />

Più interessante appare invece l’ipotesi di inadempimento «interno» al rapporto di franchising.<br />

Si supponga, ad esempio, che l’affiliato non sia in grado di pagare tutte le rate in cui viene di<br />

solito diviso il canone d’ingresso iniziale o che non versi le royalties mensilmente dovute.<br />

Ferma restando la possibilità di esperire le consuete azioni di tutela del credito già sopra<br />

richiamate (pignoramento presso il debitore o presso terzi), l’affiliante può tutelarsi chiedendo<br />

una fidejussione bancaria o assicurativa da escutere in caso di default da parte<br />

dell’affiliante oppure può chiedere una apposita garanzia reale o personale al momento della<br />

stipula del contratto di franchising. Quest’ultima soluzione può apparire particolarmente<br />

efficace nel caso in cui l’affiliante sia una società in accomandita semplice. Sarà infatti<br />

sufficiente che tutti i soci (accomandatari ed accomandanti) si impegnino fideiussoriamente<br />

a garantire personalmente l’adempimento delle obbligazioni dedotte in contratto in capo al<br />

franchisee. L’affiliante avrà così di fronte a sé una più ampia platea di debitori, obbligati in<br />

solido tra di loro; egli può quindi superare in questo modo gli angusti limiti dettati dal Codice<br />

Civile in tema di responsabilità del socio accomandante nelle società in accomandita semplice.<br />

A maggior ragione, analoga pattuizione contrattuale potrà utilizzarsi in presenza di società di<br />

capitale, chiedendo ai singoli soci o ad alcuni di essi di offrire apposite garanzie.<br />

Ne discende dunque come l’affiliante sia decisamente più tutelato in caso di inadempimento da<br />

parte dell’affiliato e che possa disporre di strumenti di tutela del proprio credito decisamente<br />

più efficienti e di immediato utilizzo rispetto a quelli tradizionali.<br />

Da questo punto di vista, si ritiene che la nuova legge sul franchising non comporti particolari<br />

modifiche alla prassi che oramai si era venuta a creare in assenza di specifiche norme dettate<br />

in materia. La finalità preminente che il legislatore ha voluto individuare si rinviene nello<br />

spostamento «in avanti» della tutela del contraente considerato più debole ovvero l’affiliato,<br />

andando a delineare una lunga serie di obblighi (in particolare si vedano gli art. 4, art. 6 e art.<br />

8 della legge in esame) in capo all’affiliante i quali devono essere adempiuti prima della<br />

sottoscrizione del contratto. Mi sembra quindi che si sia voluto dare più spazio alla<br />

«conoscenza» iniziale della controparte, dei suoi bilanci, dei suoi metodi operativi e così via,<br />

piuttosto che alla regolamentazione del rapporto di affiliazione nel suo divenire, in particolare<br />

nella fase (patologica) di inadempimento da parte di uno dei contraenti.<br />

CONCLUSIONI<br />

In conclusione, si può osservare come possano considerarsi importanti le novità introdotte<br />

dalla nuova legge sul franchsing. Dal punto di vista del recupero del credito, tuttavia, nulla di<br />

particolarmente significativo è accaduto, in quanto già dalle sue origini era parte essenziale del<br />

contratto la corresponsione di una somma da parte del franchisee al franchisor, la quale poteva<br />

essere aggredita dai terzi creditori.<br />

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Certo è che ora questa somma potrà essere più facilmente individuata richiedendo l’esibizione<br />

in giudizio del documento contrattuale (che si ricorda deve essere redatto per iscritto a pena<br />

di nullità) dal quale si potrà verificare la durata del vincolo e le somme di volta in volta dovute<br />

a titolo di royalties, sulle quali il creditore potrà ottenere piena soddisfazione. Ugualmente,<br />

l’affiliante non si è visto negare (e non poteva essere diversamente) il diritto a porre in essere<br />

tutte quegli strumenti di tutela (garanzie reali, personali, fidejussorie) che gli consentono di<br />

affrontare con maggiore tranquillità l’ipotesi di inadempimento dell’affiliato.<br />

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GLOSSARIO<br />

Star del credere<br />

Il patto cosiddetto dello star del credere è una clausola di garanzia, per cui l'agente, in<br />

relazione agli affari non andati a buon fine, non solo non percepisce alcuna provvigione, ma<br />

sopporta in parte - a prescindere da qualsiasi colpa o dolo - le perdite subite dall’imprenditore<br />

proponente, come conseguenza dell'inadempimento dei clienti da lui procurati<br />

Factoring<br />

Si tratta di un contratto attraverso il quale un’impresa effettua la cessione dei propri crediti<br />

commerciali ad un operatore specializzato, denominato Factor. Esso consente alle imprese<br />

fornitrici una serie di servizi coordinati, tra i quali la gestione del credito, la garanzia contro<br />

l’insolvenza del debitore, il finanziamento, attraverso il regolamento anticipato delle partite.<br />

Per i clienti factoring è sinonimo di maggiori dilazioni di pagamento e/o un fido più ampio.<br />

Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/<br />

Documento pubblicato su licenza di WKI - Ipsoa Editore<br />

Fonti:<br />

Pmi - il mensile della piccola e media impresa<br />

Amministrazione & Finanza – quindicinale di gestione, pianificazione e controllo aziendale<br />

Copyright: WKI - Ipsoa Editore<br />

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