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L'insegnamento del solfeggio

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L’insegnamento <strong>del</strong><br />

<strong>solfeggio</strong>


Un programma di educazione alla lettura<br />

può essere impostato tecnicamente in<br />

modo rigoroso, anzi in tanti modi,<br />

ugualmente rigorosi.<br />

Ma è dubbio che possa dare frutti se è<br />

pensato senza riferimento al quadro<br />

formativo più ampio - integrale - degli studi<br />

musicali.


Superamento <strong>del</strong>la scissione<br />

educazione-istruzione<br />

L’opposizione tra un insegnamento “per<br />

tutti” (l’educazione) e uno per pochi dotati<br />

(l’istruzione specialistica) è di vecchia data.<br />

diventò nel 1962 una bandiera utile a far<br />

includere la musica nella nuova scuola media<br />

unificata di cui allora si stavano fissando i<br />

programmi.


Didattica spontaneistica<br />

Educatori<br />

l’esperienza musicale<br />

<strong>del</strong>l’allievo è tenuta<br />

ferma sulle abilità<br />

iniziali, elementari<br />

Apprendimento specialistico<br />

Istruttori<br />

pratica di metodologie<br />

astruse o aberranti; o<br />

addirittura l’assenza di<br />

metodologie, la metodologia<br />

<strong>del</strong> caso, <strong>del</strong>l‘arrangiati , <strong>del</strong><br />

“fai come faccio io”


Unicità <strong>del</strong> processo d’apprendimento<br />

dalle fasi iniziali (gioco infantile o diletto amatoriale) alle fasi avanzate (professionismo).<br />

Anche a livello di scuola materna, si può parlare di educazione musicale solo quando il<br />

bambino musicalmente cresce, affina le proprie abilità d’intervento sul suono.<br />

Una metodologia tecnicistica è improduttiva anche nell’istruzione, anche negli studi<br />

conservatoriali.<br />

Graduazione dei livelli<br />

Le differenze sono piuttosto nei livelli di complessità, di articolazione, <strong>del</strong>l’esperienza<br />

musicale; quindi nei traguardi da assegnare a ciascun ambito scolastico:<br />

alla materna rispetto alla media; alla media rispetto al conservatorio.<br />

Superamento <strong>del</strong> settorialismo<br />

Una formazione musicale non ancora professionalizzante, com’è quella <strong>del</strong>l’età che<br />

c’interessa, fino ai 14 anni, non può essere finalizzata a un solo aspetto<br />

<strong>del</strong>l’esperienza musicale, ma deve in qualche modo contemplarli tutti.<br />

Contro il settorialismo, l’integrità.


Aspetti <strong>del</strong>l’esperienza musicale<br />

Esecutivo - riproduttivo<br />

Ideativo<br />

Analitico - interpretativo<br />

Abilità strumentali<br />

Decodifica <strong>del</strong>la grafia musicale<br />

Improvvisazione<br />

Composizione<br />

Libera espressione con i suoni<br />

Ascolto intelligente<br />

Comprensione<br />

Analisi<br />

GLOBALITA’ <strong>del</strong>l’ESPERIENZA


Documento elaborato dalla Commissione per la riforma<br />

<strong>del</strong> corso di teoria e <strong>solfeggio</strong> (1980)<br />

(documento rimasto purtroppo lettera morta)<br />

“I programmi <strong>del</strong> corso di Teoria, Solfeggio e Dettato musicale sono riduttivi e<br />

parziali sotto molteplici aspetti:<br />

- per la separazione <strong>del</strong>la concreta esperienza <strong>del</strong> fare e <strong>del</strong> sentire musica;<br />

- per l’esclusiva attenzione al fatto grafico, a scapito di quelli cui la grafia è<br />

subordinata, nella normale attività musicale: il fatto percettivo, quello<br />

espressivo, quello cognitivo;<br />

- per l‘abnorme privilegiamento <strong>del</strong>l’aspetto ritmico, spinto a livelli incongruenti<br />

con i reali bisogni esecutivi non solo dei corrispondenti anni di pratica<br />

strumentale, ma di quasi tutta la futura attività scolastica <strong>del</strong>l’ allievo, e ai danni<br />

degli altri aspetti <strong>del</strong> linguaggio musicale - melodico, armonico, timbrico<br />

dinamico, formale - oggetto di scarsa o nulla educazione;<br />

- per la settorialità <strong>del</strong> codice musicale considerato, rigidamente limitato al<br />

sistema tonale classico e in particolare chiuso ai sistemi contemporanei;<br />

- per l’incuria in cui è lasciata l’educazione <strong>del</strong>la voce;<br />

- per il non previsto collegamento con il parallelo studio strumentale;<br />

- per l’impostazione nozionistica e verbalistica <strong>del</strong>lo studio teorico...”


MUSICA MADRE<br />

La pratica prima <strong>del</strong>la grammatica<br />

Dal suono al segno e non dal segno al suono


Qualunque formazione musicale<br />

deve porsi come primo obiettivo il<br />

riscatto <strong>del</strong>l’orecchio, la sua<br />

valorizzazione come organo<br />

fondamentale nella costruzione<br />

<strong>del</strong>l’esperienza.<br />

PRIMATO DELL’ORECCHIO<br />

L’orecchio è attivo; non subisce, fa.<br />

In un programma scolastico possiamo<br />

dunque a diritto parlare di “attività<br />

uditive”, quindi di “formazione uditiva”.<br />

Non solo possiamo programmarla, ma<br />

programmarla come il fondamento su<br />

cui impiantare tutte le altre forme di<br />

attività musicali.<br />

I nostri occhi sono educati a distinguere e a riconoscere le più piccole varianti di<br />

forme, di colori, di linee, di piani di profondità. Sanno nominarli, richiamarli alla<br />

mente. Il vocabolario <strong>del</strong>la visione è ricco e articolato.<br />

Al confronto, la nostra abilità uditiva è estremamente rudimentale; siamo<br />

scarsissimamente padroni di strutture, di schemi di riferimento a cui riferire gli<br />

eventi sonori. Ci manca un lessico. Addirittura il lessico che possediamo è di<br />

un’ambiguità intollerabile (alto può significare altezza o intensità); forte può<br />

significare intensità o velocità. Per non parlare poi di parole come tempo o<br />

ritmo...).


PROGRAMMARE UNA ROBUSTA<br />

EDUCAZIONE PERCETTIVA<br />

Attivare varie abilità: distinzione, riconoscimento, seriazione, memoria...<br />

- sull’asse <strong>del</strong>la temporalità: eventi ritmici<br />

- sull’asse <strong>del</strong>la qualità: eventi timbrico-dinamici<br />

- sull’asse <strong>del</strong>la spazialità diastematica: eventi melodici e armonici<br />

- Rendere l’orecchio, protagonista di qualunque esperimento con i suoni.<br />

- Arrivare a controllare, discriminare, individuare, catalogare, organizzare<br />

gli eventi sonori, esclusivamente per forza di sensibilità uditiva<br />

Arriveremo a costruire un edificio di abilità musicali, nella misura in cui gli<br />

porremo a fondamento un insieme sistematico di quadri mentali,<br />

relativamente agli eventi sonori


BREVE STORIA DEL SOLFEGGIO<br />

Dal tempo di Guido d’Arezzo ogni suono possedeva una doppia denominazione:<br />

- Come altezza “assoluta”, tasto particolare (clavis) = (A-B-C-D-E-F-G)<br />

- Come grado <strong>del</strong>la gamma (vox) = sillabe guidoniane (ut-re-mi-fa-sol-la)<br />

Sei erano le sillabe, perché sei erano i “tipi di suono”, i<br />

“quadri mentali”, gli “affetti”, quindi i gradi <strong>del</strong>la gamma che<br />

l’orecchio percepiva e riconosceva.<br />

mentre la musica più recente è basata su mo<strong>del</strong>li percettivi di<br />

sette suoni (l’ottavo ripete il primo), la musica medioevale era<br />

basata su mo<strong>del</strong>li esacordali<br />

Medioevo<br />

solmisazione


Nel Cinque-Seicento il sistema si evolve.<br />

Cambia la sensibilità musicale.<br />

Cambia il linguaggio.<br />

Si passa da Josquin a Monteverdi,<br />

dalla modalità alla tonalità,<br />

dal mo<strong>del</strong>lo esacordale a quello ottocordale<br />

1500/1600<br />

Solfeggio relativo<br />

Banchieri, Burmeister, Nivers,<br />

Le Maire sono tra i sostenitori<br />

<strong>del</strong>la necessità di una settima<br />

sillaba. Che sarà,<br />

definitivamente, il si<br />

Nasce così il <strong>solfeggio</strong> moderno. Lo chiamo <strong>solfeggio</strong> relativo,<br />

per distinguerlo da quello assoluto<br />

Ogni suono può ricevere ora non sei nomi, ma sette.<br />

Il suono C è detto:<br />

- ut (poi do) se è tonica,<br />

- sol se è dominante (in tonalità di F),<br />

- si se è sensibile (in tonalità di D bemolle) , ecc.<br />

Questo <strong>solfeggio</strong> prese piede soprattutto in Francia, non in Italia,<br />

nonostante i tentativi d’introdurvelo


Nel Primo dizionario lessicografico in lingua italiana si legge, alla voce<br />

“Sistema di Monsignor Maire spettante il <strong>solfeggio</strong>”:<br />

“L’anno 1620 monsignor Maire propose il nuovo monosillabo si per<br />

apporsi alla settima corda <strong>del</strong>la scala. Questo si fu abbracciato, e tal<br />

modo di solfeggiare fu detto alla francese [...]. Molti attaccati all’antico<br />

sistema non adottano questa maniera, la quale, però è comunemente<br />

abbracciata perché più facile e comoda…”<br />

Leggere Gervasoni<br />

Fétis, nella Revue Musicale <strong>del</strong> 1827 affermava:<br />

“La solmisazione fu abbandonata da tutti i popoli d’Europa, con l’eccezione<br />

degli italiani, che per un’inspiegabile testardaggine, si sono ostinati a<br />

conservare questo metodo gotico”.


Dal <strong>solfeggio</strong> relativo al <strong>solfeggio</strong> assoluto<br />

Nel corso <strong>del</strong> Settecento, in Francia, le sillabe vengono usate non più<br />

solo per designare un grado <strong>del</strong>la gamma, un carattere, un affetto, ma<br />

l’altezza assoluta <strong>del</strong> suono<br />

C e Do venivano a significare la stessa cosa<br />

1700<br />

Solfeggio assoluto<br />

Chiamare do quello che era semplicemente e soltanto un C<br />

allentava nello studente l’impegno a “capire”, a “sentire”, che cosa<br />

fosse in realtà un do, cioè una tonica<br />

Leggere Rousseau


Nell’Ottocento la musica, come la lingua o l’aritmetica,<br />

viene insegnata a masse sempre più vaste.<br />

Nascono in tutta Europa, e anche in Italia, scuole<br />

popolari di musica, nelle quali la prima alfabetizzazione, e<br />

la conseguente ricerca di tecniche didattiche adeguate, è<br />

una questione nevralgica.<br />

Sul fronte opposto, quello <strong>del</strong>l’artisticità avanzata, è il<br />

nuovo virtuosismo (vocale e strumentale) a imporre nuovi<br />

compiti all’insegnamento.<br />

I conservatori assumono principalmente questa<br />

destinazione: così quello di Parigi, fondato nel 1795 per<br />

fornire strumentisti alla Guardia Nazionale.<br />

1700/1800<br />

Solfeggio assoluto<br />

Solfeggio parlato<br />

Il virtuosismo spinge verso un insegnamento tecnicistico, dominato<br />

dall’esercizio ripetitivo, duro e interminabile: un insegnamento “all’arma<br />

bianca”, dove conta non la massa dei caduti sul campo, ma il manipolo che<br />

raggiunge l’obiettivo (ossia l’esecuzione <strong>del</strong> pezzo difficile).<br />

E’ in questa realtà e in questa logica che i pedagogisti celebrano il divorzio<br />

tra educazione e istruzione.


Quando si fonda il Conservatorio di Parigi, vi si adotta ufficialmente il <strong>solfeggio</strong><br />

assoluto.<br />

Il <strong>solfeggio</strong> assoluto è una pratica più “sbrigativa”, soprattutto in vista<br />

<strong>del</strong>l’esecuzione strumentale (chiamare do qualunque tasto crea “confusione”).<br />

Di questo passo, la “facilitazione” per lo studente di<br />

strumento arriva fino al punto di risparmiargli qualunque<br />

forma di <strong>solfeggio</strong> (cantato ovviamente), addirittura<br />

qualsiasi attività vocale<br />

Una conseguenza <strong>del</strong> passaggio dal <strong>solfeggio</strong><br />

relativo a quello assoluto è la fondazione <strong>del</strong><br />

<strong>solfeggio</strong> parlato, che diventerà nel tardo Ottocento<br />

una vera e propria istituzione didattica


Escogitato come propedeutico al canto, il <strong>solfeggio</strong> parlato finisce con<br />

l’invadere le aule scolastiche, sempre all’insegna <strong>del</strong>la “facilitazione”<br />

Questo sistema di “lettura per sordi” (per<br />

“strumentisti-sordi”!) sarà ignorato fuori di<br />

Francia e dei Paesi latini.<br />

Invece di far leva su percezione e motricità, la<br />

didattica ottocentesca elevò l’aritmetica a<br />

fondamento <strong>del</strong>la lettura.<br />

Il divisionismo diventò lo strumento principale <strong>del</strong>la<br />

lettura ritmica, ossia <strong>del</strong> <strong>solfeggio</strong> parlato.<br />

Ma un ritmo, per esempio un ritmo puntato, non si<br />

impara contando e misurando, ma educandosi a<br />

riconoscerlo quando appare, a produrlo, a inventarci<br />

su, ad analizzarlo in musiche che lo contengono


Solfeggiare oggi<br />

Come per i gradi <strong>del</strong>la gamma, anche l’acquisizione progressiva di strutture<br />

ritmiche (cellule, figurazioni ecc.) sempre più complesse, che costituiscono un<br />

programma di educazione alla lettura ritmica, esige la costituzione di un<br />

“quadro mentale” (propriocettivo): attraverso attività di riconoscimento e di<br />

manipolazione che precedono la lettura e la fondano.<br />

L’aritmetica non può essere che una fase successiva, di sistemazione razionale.<br />

Probabilmente il recupero istituzionale,<br />

oggi in Italia, <strong>del</strong>la doppia denominazione<br />

dei suoni sarebbe utopistico.<br />

Il punto non è tanto di nominare i gradi,<br />

quanto di percepirli.<br />

Noi possiamo educarci a percepire un<br />

suono come tonica anche se non lo<br />

chiamiamo do.<br />

Quando la preoccupazione<br />

principale <strong>del</strong>lo studente è<br />

quella di nominare le note, la<br />

fluidità <strong>del</strong>l’esecuzione ne<br />

risulta facilmente inceppata


Senza dire <strong>del</strong>la difficoltà che lo<br />

studente incontra, quando gli si<br />

chiede non di solfeggiare a prima<br />

vista, ma di cantare (sulle parole <strong>del</strong><br />

testo o su “la la la”): la memoria<br />

tonale, che è quella che conta, viene<br />

surrogata da quella meccanica <strong>del</strong>le<br />

sillabe<br />

Quello che conta, in ultima analisi,<br />

è la capacità di portare attenzione,<br />

di sentire e riattivare il suono in sé.<br />

I nomi <strong>del</strong>le note sono un’utile<br />

mediazione, a cui tornare in caso<br />

di difficoltà, ma da abbandonare<br />

appena possibile<br />

Il rischio è l’atomismo didattico, che esige una compensazione di tipo<br />

globale.<br />

Far percepire allo studente, e far praticare nella lettura, mo<strong>del</strong>li melodici<br />

interi, unità dotate di senso. Ma questa non è un’alternativa ai solfeggi; è<br />

un’integrazione che dovrebbe accompagnare il <strong>solfeggio</strong> passo a passo

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