15.06.2013 Views

Rodolfo Battistini - Apporti pittorici romagnoli, veneti ed emiliani

Rodolfo Battistini - Apporti pittorici romagnoli, veneti ed emiliani

Rodolfo Battistini - Apporti pittorici romagnoli, veneti ed emiliani

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

178


<strong>Rodolfo</strong> <strong>Battistini</strong><br />

apporti <strong>pittorici</strong> <strong>romagnoli</strong>, <strong>veneti</strong> <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

l’interesse per i pittori originari nell’alta romagna<br />

e ancor più nello specifico provenienti<br />

dall’area ravennate, riscontrabile lungo la costa<br />

settentrionale delle marche fin dai primi anni del<br />

XVi secolo, aveva avuto momenti di particolare<br />

rilevanza nella città di pesaro e nel suo contado<br />

con l’apparizione delle pale di Girolamo marchesi<br />

da cotignola, rispettivamente per la chiesa dei<br />

santi apollinare e cristoforo di casteldimezzo<br />

e per la chiesa di santa maria delle Grazie nel<br />

centro della città.<br />

la prima, con La Vergine e il Bambino, i Santi<br />

Apollinare e Cristoforo e angeli musicanti, fu dipinta<br />

nel 1509, per volere dell’intera comunità<br />

parrocchiale disposta a far fronte alla spesa tramite<br />

una colletta 1 , a dimostrazione che durante<br />

il primo soggiorno pesarese il pittore riceveva<br />

committenze al di fuori della corte, in risposta<br />

dunque ad un orientamento di gusto largamente<br />

diffuso nell’area. nel secondo caso sarà invece la<br />

signoria a rivolgersi a Girolamo marchesi, nel<br />

1513, commissionando la Madonna Im macolata<br />

e Padre Eterno in gloria con i Santi Ago stino, Caterina<br />

d’Alessandria, Girolamo, con la com mittente<br />

Ginevra Tiepolo Sforza e Costanzo II, ben visibile<br />

sull’altar maggiore di santa maria delle Grazie,<br />

almeno fino al 1783 2 ; la pala mostra una sintesi<br />

degli insegnamenti che il pittore aveva ricevuto<br />

dai suoi maestri, i fratelli francesco e Bernardo<br />

Zaganelli, sui quali si andavano sovrapponendo<br />

gli apporti di timoteo Viti e di Ben<strong>ed</strong>etto<br />

coda, attivo in quegli anni nelle romagne e nelle<br />

marche. Bonita cleri 3 ha richiamato l’attenzione<br />

sul ruolo svolto da quest’ultimo artista nella<br />

formazione dei pittori fanesi del cinquecento:<br />

opere come l’Immacolata fra i Santi Gioacchino<br />

<strong>ed</strong> Anna, un tempo nella chiesa dei padri riformati<br />

fuori porta rimini, a pesaro, ora nel locale<br />

museo civico, costituirono senz’altro occasioni<br />

di ri" essione e offrirono ri ferimenti iconografici<br />

all’ambito di Giuliano per sciutti, in un rapporto<br />

di scambi che poté in seguito risolversi in direzione<br />

opposta, come di mostrano le derivazioni<br />

dalla pittura fanese riscontrabili nello Sposalizio<br />

della Vergine di Be n<strong>ed</strong>etto coda, conservato nel<br />

museo civico di rimini.<br />

la possibilità di conoscere gli svolgimenti figurativi<br />

delle vicine romagne e la disponibilità ad<br />

intrecciare rapporti con tale ambito artistico erano<br />

dunque dati acquisiti da tempo, da parte della<br />

cultura pittorica fanese, quando si presentò sulla<br />

scena cittadina, nell’agosto 1555, il ravennate<br />

Giovanni Battista ragazzini (1520 ca. – dopo il<br />

1591) per contrattare la decorazione della cupola<br />

del santuario di san paterniano, dipinta, l’anno<br />

seguente, con la rappresentazione del Paradiso 4 ,<br />

la cui struttura, simmetrica in maniera fin troppo<br />

prev<strong>ed</strong>ibile, chiara e dottrinale, anticipa quella<br />

limpida espressività che il concilio tridentino<br />

prima e il cardinale paleotti poi prescriveranno<br />

come valori irrinunciabili. raggiunto a fano alla<br />

fine degli anni cinquanta dal fratello francesco,<br />

anch’egli pittore, Giovanni Battista ragazzini fu<br />

impegnato, negli anni seguenti, in lavori di diversa<br />

natura, alcuni anche prestigiosi, come gli interventi<br />

decorativi condotti nel palazzo dei priori<br />

nel 1561, insieme al fratello di Giuliano persciutti,<br />

pietro, a conferma degli stretti rapporti tra le<br />

due botteghe 5 . nel 1563 lo troviamo di nuovo<br />

nella basilica di san paterniano per affrescare il<br />

catino absidale con Cristo in trono, Davide e Isaia,<br />

nell’ambito di una permanenza a fano - in base<br />

alla documentazione fino ad ora conosciuta, ma è<br />

probabile che le ricerche condotte da Giuseppina<br />

Boiani tombari per questo volume aggiungano<br />

nuovi dati – protrattasi fino al 1568, mentre il<br />

fratello francesco risulta abitante in una casa della<br />

contrada di san marco, acquistata con Giovanni<br />

Battista, ancora nel 1598, evidentemente trattenuto<br />

fino a quella data da commissioni perdute<br />

o rintracciabili solo in via ipotetica 6 .<br />

da luca longhi, il termine di riferimento per<br />

la sua formazione più evidente, riconosciuto in<br />

modo unanime dalla critica, Giovanni Battista<br />

ragazzini ha derivato il linguaggio limpido e<br />

raffinato, la chiarezza e la simmetria dei moduli<br />

compositivi, anche quando l’impianto acquistava<br />

orchestrazioni più ampie in senso monumentale;<br />

A fronte<br />

la navata centrale<br />

della basilica<br />

179


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

180<br />

Giovanni Battista<br />

ragazzini, Il Paradiso,<br />

affreschi della cupola<br />

oltre che l’attitudine a mantenere misurata l’intensità<br />

della tavolozza. attraverso l’esempio del<br />

più anziano pittore ravennate Giovanni Battista<br />

ha avuto l’opportunità di risalire al manierismo<br />

parmense, di conoscere e assimilare la particolare<br />

definizione dei gesti, a metà tra una sciolta<br />

dinamica e una recitazione aulica, derivata dagli<br />

esempi di livio agresti e degli Zuccari, di attingere<br />

nuove idee per tornire i volumi tondeggianti<br />

come facevano i bolognesi.<br />

Già maria rosaria Valazzi 7 aveva notato come il<br />

linguaggio di Giovanni Battista ragazzini fos se<br />

rimasto in sostanza entro l’ambito della pittura<br />

ravennate, con esiti affini a quelli di francesco<br />

longhi, figlio quintogenito di luca longhi <strong>ed</strong><br />

invero negli affreschi di fano è già in opera l’impianto<br />

articolato secondo un ordine paratattico<br />

– nel quale la giustapposizione degli elementi<br />

prevale rispetto ad una loro reale interazione e<br />

ad una convincente ambientazione spaziale dei<br />

personaggi – già evidente nella prima tela firmata<br />

da francesco longhi, la Visione della Beata Chiara<br />

del 1568, ora nella catt<strong>ed</strong>rale di cervia, ma in<br />

origine nella chiesa di santa maria degli angeli<br />

di rimini. con questa e altre opere di francesco<br />

gli affreschi di san paterniano hanno in comune<br />

i lineamenti leziosamente ricercati delle figure,<br />

animate da gesti ripetuti che propongono un<br />

registro colloquiale dove le ragioni del decoro<br />

controriformato si allentano per far posto ad un<br />

eloquio feriale.<br />

mentre i dipinti di ragazzini sono stati igno rati,<br />

oppure riportati in modo lacunoso o ad dirittura<br />

erroneo dalle guide-catalogo cittadine manoscritte,<br />

r<strong>ed</strong>atte a partire dal XVii secolo 8 , tutta<br />

la letteratura artistica fanese segnala la Ma donna<br />

del latte con i Santi Sebastiano, Carlo Bor romeo e<br />

anime del Purgatorio del veronese claudio ridolfi<br />

9 , posto sulla navata sinistra, come pala del<br />

cosiddetto Altare del Riscatto 10 .<br />

il trasferimento di claudio ridolfi a corinaldo<br />

nel 1612 ha determinato l’ingresso nelle cultu-


apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

Giovanni Battista<br />

ragazzini, I santi protettori<br />

di Fano, affreschi sui<br />

pennacchi della cupola<br />

181


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

Giovanni Battista<br />

ragazzini, Cristo in trono,<br />

Davide e Isaia,<br />

affresco del catino<br />

absidale<br />

Sotto e a fronte<br />

particolari dell’affresco del<br />

catino absidale<br />

182


apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

183


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

184<br />

navata sinistra<br />

con l’altare del riscatto<br />

l’altare del riscatto,<br />

particolare<br />

ra figurativa locale di un artista dalla complessa<br />

formazione, fondata sui testi del manierismo<br />

ve neto – felice Brusasorci con i suoi agganci<br />

alla cultura toscana, Vasari in particolare – e soprattutto<br />

su quelli di paolo caliari, del quale,<br />

secondo le fonti11 , fu allievo a Venezia tra il 1585<br />

e il 1593. a queste componenti si è aggiunta la<br />

conoscenza della pittura di f<strong>ed</strong>erico Zuccari e<br />

del Barocci durante il probabile soggiorno romano<br />

tra il 1594 e il 1601. comunque ridolfi<br />

è sicuramente ad urbino, dove era già stato in<br />

realtà nel novembre 159012 , ospitato nella casa e<br />

collaboratore nella bottega di f<strong>ed</strong>erico Barocci,<br />

dal 1601 fino alla morte del maestro urbinate, nel<br />

161213 . il periodo che va dal 1610 al 1615-16 è<br />

qualitativamente tra i più alti della sua carriera e<br />

proprio a questi primi anni del secondo decennio<br />

lorenza mochi onori14 assegna la pala di fano,<br />

imm<strong>ed</strong>iatamente seguente al Battesimo di Cristo<br />

della chiesa di san francesco di mercatello sul<br />

metauro, datato 1612. la morbidezza dei contorni<br />

delle figure della tela di mercatello ritorna<br />

nel nostro San Sebastiano, la cui trat tazione del<br />

nudo è prossima a quella visibile nel Martirio<br />

di San Sergio del museo diocesano di urbino.<br />

molto vicini a quelli di mercatello sono anche i<br />

cherubini che si affacciano dalle nubi, analoghi<br />

anche a quelli della Madonna con Bambino e i<br />

Santi Francesco, Ubaldo, Caterina d’Alessandria e<br />

Chiara della chiesa di santa maria della misericordia<br />

a Belv<strong>ed</strong>ere ostrense, databile tra il 1610<br />

e il 1613. diverse sono le collocazioni temporali<br />

suggerite da marisa Baldelli15 , orientata verso il<br />

periodo che va dal 1616 al 1622, mentre Grazia<br />

calegari16 inserisce la tela di fano tra i lavori eseguiti<br />

dal 1600 al 1610.<br />

pur nella consapevolezza di quanto sia rischioso<br />

affidarsi, per la datazione delle opere di ridolfi,<br />

alla ripetizione dei motivi iconografici, riproposti<br />

talvolta a distanza di anni, mi sembra che i<br />

confronti proposti da lorenza mochi onori a<br />

supporto della sua cronologia siano del tutto condivisibili,<br />

ma un chiarimento definitivo del la questione<br />

potrà venire solo dalle ricerche ar chivistiche


apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

claudio ridolfi,<br />

Madonna del latte con i<br />

Santi Sebastiano, Carlo<br />

Borromeo e anime del<br />

Purgatorio<br />

185


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

186<br />

condotte da Giuseppina Boiani tombari per questo<br />

volume.<br />

ad una datazione circoscritta entro i limiti della<br />

prima metà del secondo decennio conduce non<br />

solo la composizione costruita secondo schemi<br />

geometrici di verticali e orizzontali, per esaltare<br />

la separazione tra la dimensione dell’umano agire<br />

e del divino, rappresentata, quest’ultima, dal cumulo<br />

di nubi popolate da cherubini. un’impaginazione,<br />

certo, riscontrabile nella maggior parte<br />

delle sue sacre conversazioni, ma la tipologia della<br />

Vergine è la stessa che ricorre nel periodo iniziale<br />

della sua attività, con la m<strong>ed</strong>esima acconciatura,<br />

assisa tra le nubi con la gamba sinistra avanzata<br />

per sorreggere il vivace Bambino.<br />

come nel san francesco della Madonna con Bambino<br />

e i Santi Francesco e Stefano della chiesa di san<br />

pietro apostolo di monsano il nostro san sebastiano<br />

è proteso, con l’avanzamento della gamba,<br />

verso il possesso di uno spazio più ampio. san<br />

carlo Borromeo, colto in assorta <strong>ed</strong> estatica preghiera,<br />

viene qui risolto con una maggiore consistenza<br />

volumetrica rispetto alle prove del primo<br />

decennio, reso anche attraverso lo studiato andamento<br />

dei panneggi e dello scorcio delle mani.<br />

con accenti di sentimentalismo baroccesco<br />

più accesi, a suggerire un totale abbandono di<br />

fronte alla divinità, la figura di san carlo Borromeo<br />

riapparirà in controparte in due splendide<br />

pale eseguite per Verona intorno al 1615: nell’Immacolata<br />

Concezione e i Santi Carlo, Pietro e<br />

Francesco ora nel museo canonicale e nella Madonna<br />

con Bambino e i Santi Anna e Carlo della<br />

chiesa di san carlo, immagini destinate a fissare,<br />

nella città natale del pittore, l’iconografia “ufficiale”<br />

del santo recentemente canonizzato.<br />

nel frattempo un’eco del naturalismo bolognese,<br />

contrapposto a quello inquietante di caravaggio,<br />

aveva fatto il suo tardivo ingresso a fano nel<br />

1613 con la Madonna e i Santi Orso <strong>ed</strong> Eusebio<br />

di ludovico carracci, ancora al suo posto nella<br />

cappella di sant’orso del duomo, inserita nella<br />

carpenteria originale insieme alle tavole dell’epigono<br />

locale Bartolomeo Giangolini. pur essendo<br />

opera tarda e arcaizzante, la pala conserva qualche<br />

traccia di quell’adesione al vero intesa come<br />

imperativo morale volto a persuadere il f<strong>ed</strong>ele,<br />

sfruttando tutte le possibilità dell’espressione<br />

pittorica, sulla autenticità dell’evento narrato e<br />

costituisce, con i più tardi dipinti per la basilica di<br />

san paterniano eseguiti da carlo Bononi (ferrara<br />

1569-1632), l’inizio di una lunga serie di apporti<br />

<strong>emiliani</strong>, o della colonia emiliana a roma, in<br />

città. le tre tele, poste sulle pareti corrispondenti<br />

alla seconda campata della cappella d<strong>ed</strong>icata a<br />

san paterniano, raffigurano San Paterniano che<br />

guarisce la cieca Silvia, sull’altare, San Paterniano<br />

avvisato da un angelo della morte mentre dorme, a<br />

destra, la Ricognizione del corpo di San Paterniano,<br />

a sinistra. unanime è la letteratura artistica<br />

locale nell’assegnare le tele a carlo Bononi 17 , attribuzione<br />

poi confermata dalla storiografia novecentesca,<br />

anche se permangono incertezze sulla<br />

datazione.<br />

andrea <strong>emiliani</strong> 18 , nel ricostruire questa fase della<br />

vicenda bononiana, considerava un viaggio a<br />

roma quale causa necessaria per spiegare i dipinti<br />

di san paterniano <strong>ed</strong> ipotizzava pertanto il viaggio<br />

alla fine del primo decennio del seicento e<br />

l’esecuzione delle opere al 1610-1612.<br />

Jadranka Bentini e luigi spezzaferro, con fermando<br />

il collegamento hanno però ritardato il<br />

soggiorno romano e i successivi lavori per fano<br />

alla seconda metà del secondo decennio, in base<br />

al ricordo di fenomeni romani ben ravvisabili<br />

nelle tre tele, specie se si considerano i dipinti di<br />

carlo saraceni a santa maria dell’anima, assegnabili<br />

agli anni 1615-1617 19 . le conclusioni dei<br />

due studiosi sono state pienamente confermate<br />

da luigi ficacci che considera come più prossima<br />

ai dipinti fanesi la Pietà di reggio emilia<br />

ora al louvre, eseguita da Bononi tra il 1617 e<br />

il 1618 20 .<br />

la ricerca documentaria fin qui affettuata da<br />

Giuseppina Boiani tombari sembra attestare una<br />

datazione alla fine del secondo decennio, poiché<br />

proprio tra il 23 agosto 1618 e il 30 settembre<br />

1619 padre agostino Bertozzi, canonico regolare


di san paterniano, ha ricevuto sussidi per ornare<br />

la cappella d<strong>ed</strong>icata al santo con stucchi, pietre<br />

nobili e “pitture nobili”; quest’ultime, con tutta<br />

probabilità, corrispondenti ai quadri del pittore<br />

ferrarese.<br />

si tratta di opere esemplari della maturità di Bononi,<br />

nelle quali, accanto alle recenti sug gestioni<br />

romane, sono ben riconoscibili le basi della sua<br />

formazione ferrarese, a cominciare dalla accentuazione<br />

monumentale delle forme, dove il disegno<br />

si rafforza in se stesso, distinguendosi dal<br />

colore, secondo l’esempio dello scarsellino, per<br />

proseguire con i riferimenti alla tarda produzione<br />

del Bastarolo, premessa inevitabile per spiegare la<br />

monumentalità delle forme e della composizione,<br />

unite alla sobrietà del colore, in coerenza con<br />

una riforma morale che apre la pittura di Bononi<br />

verso un’austera grandiosità spirituale.<br />

le prove di ludovico carracci alle origini della<br />

storia pittorica di Guercino, la Madonna dei Cappuccini<br />

del 1591, ora nella pinacoteca di cento, e<br />

la Caduta di San Paolo del 1587, conservata nella<br />

pinacoteca di Bologna, sono le stesse che potrebbero<br />

aver costituito i parametri dell’esperienza ludovichiana<br />

di Bononi, attraverso la quale la verità<br />

di natura ha vivificato l’artificio prezioso della<br />

levigatezza del colore, ricordo del manierismo<br />

più capzioso. il ruolo del disegno portante delle<br />

figure, immerse nella vibrazione bruno-plumbea<br />

che costituisce l’atmosfera com plessiva delle tre<br />

tele, conferma lo sforzo, già avvertibile alla fine<br />

del primo decennio, per combinare la tradizione<br />

ferrarese e bolognese con l’intervento di una forte<br />

ascendenza veneta post-tintorettesca.<br />

tutte queste sollecitazioni sono i presupposti per<br />

una linea forte e circostanziata sulla fisicità delle<br />

forme, perentoriamente imposte nello spazio,<br />

sorrette da un disegno che afferma una plastica<br />

fortemente ombreggiata che si accende di energia<br />

nei volti mossi dalla luce e dal vibrare dei profili<br />

lineari, ad evocare l’irregolare atteggiarsi e muovere<br />

della folla.<br />

da domenico tintoretto, giunto a ferrara in<br />

oc casione delle nozze di margherita d’austria,<br />

carlo Bononi ha desunto utili indicazioni di articolazione<br />

strutturale per la grande maniera rappresentativa<br />

del secondo decennio del sei cento,<br />

sperimentata con successo nelle tele di fano,<br />

dove sono presenti articolazioni di un punto di<br />

vista differenziato all’interno di una stessa storia,<br />

scorci monumentali, accorgimenti di dinamica<br />

luministica di contrasti, capaci di amplificare lo<br />

spazio e quasi di attribuire sonorità alla storia rappresentata,<br />

attraversata da ombre gravi e dense.<br />

il soggiorno romano, come già accennato, ha<br />

lasciato i segni di un approccio alla pittura di<br />

ambiente caravaggesco, tramite le immagini delle<br />

stesso merisi, ma in particolare di carlo saraceni,<br />

senza trascurare l’empito sentimentale baroccesco<br />

e soprattutto i grandi cicli decorativi manieristi.<br />

da questa pluralità di lezioni sono derivate<br />

le idee per la concertazione delle storie fanesi,<br />

dalla spazialità insolita per Bononi, rappresentate<br />

con un punto di vista abbassato ad un livello di<br />

apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

cappella di san<br />

paterniano<br />

187


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

188<br />

carlo Bononi,<br />

Ricognizione del corpo di<br />

San Paterniano


apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

carlo Bononi,<br />

San Paterniano avvisato<br />

da un angelo della morte<br />

mentre dorme<br />

189


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

carlo Bononi,<br />

San Paterniano che guarisce<br />

la cieca Silvia<br />

190


maggiore verosimiglianza naturale che consente<br />

una dimensione priva di scorcio, affidato invece<br />

ad un singolo personaggio: la miracolata, o<br />

l’astante sulla destra della pala centrale. non si<br />

ricerca dunque un artificio spaziale complessivo,<br />

ma l’artificio espressivo di una partecipazione al<br />

dramma.<br />

da caravaggio è derivato sicuramente il dina mismo<br />

repentino ottenuto attraverso l’im prov visa<br />

intermittenza della luce contro le te ne bre, circoscritto<br />

tuttavia entro l’ampio svi luppo orizzontale<br />

narrativo, appreso delle sto rie zuccaresche, con la<br />

conseguente artico lazione gerarchica tra i ruoli<br />

dei personaggi per l’illustrazione delle azioni, al<br />

cui interno le sottigliezze <strong>ed</strong> acutezze d’espressione<br />

rive lano quanto sia a questo punto avanzata<br />

la ricerca della verosimiglianza pittorica, ma nel<br />

contempo manifestano l’aspirazione ad una forma<br />

impeccabile, compiuta nella definizione e<br />

“gentile” nella decantazione degli affetti.<br />

ancora una volta tutte le guide-catalogo 21 fanesi,<br />

sia pure con qualche imprecisione, concordano<br />

nell’attribuire la pala d’altare nel coro della basilica,<br />

raffigurante San Paterniano in gloria sopra<br />

la città di Fano, al bolognese alessandro tiarini<br />

(1577-1668), ma la prima menzione della tela<br />

risale al 1777, da parte di marcello oretti 22 . la<br />

storiografia storico-artistica novecentesca ha accolto<br />

senza riserve il dipinto nel catalogo del pittore,<br />

ma ha proposto datazioni molto diverse, a<br />

partire dagli anni fra il 1647 e 1650, decisamente<br />

troppo avanzati 23 , per retroc<strong>ed</strong>ere al principio degli<br />

anni trenta, ipotesi meno irrealistica 24 , fino ad<br />

attestarsi al 1643-44 secondo daniele Benati, al<br />

termine di un ragionamento esatto nella sua articolazione,<br />

oggi maggiormente precisabile, dopo<br />

l’attenta ricognizione sulle fonti archivistiche <strong>ed</strong><br />

epigrafiche effettuata per questo libro, riguardo<br />

alla traslazione delle spoglie del santo in basilica<br />

25 . le reliquie di san paterniano furono trasferite<br />

il 10 luglio 1551 nella nuova basilica urbana 26 ,<br />

consacrata nel 1558 27 , mentre il 25 giugno 1643<br />

il consiglio Generale fanese decise di eleggerlo<br />

principale protettore della città 28 . nel 1636 i resti<br />

del santo furono ricomposti in una nuova urna<br />

marmorea, come ricorda la lapide 29 sul lato destro<br />

del transetto: è probabile che la tela sia stata<br />

realizzata intorno a quest’ultima data. non cr<strong>ed</strong>o<br />

infatti sia stato necessario per i canonici regolari<br />

del santo salvatore attendere il 1643 per commissionare<br />

la pala d’altare principale rappresentante<br />

il santo venerato nella chiesa. tale esigenza sarà<br />

stata sicuramente avvertita anche prima dell’attribuzione<br />

a san paterniano del patronato della<br />

città e l’occasione potrebbe essere stata proprio la<br />

risistemazione delle reliquie. d’altra parte l’alta<br />

qualità del dipinto e le sue caratteristiche stilistiche<br />

indurrebbero ad anticiparne l’esecuzione<br />

almeno agli anni trenta.<br />

pur attento alle implicazioni letterarie del fare<br />

pittorico a livello di traduzione del racconto in<br />

figura, la ricerca di alessandro tiarini è rimasta<br />

apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

l’abside della chiesa<br />

191


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

192<br />

alessandro tiarini,<br />

San Paterniano in gloria<br />

sopra la città di Fano


sempre concentrata su un confronto col reale,<br />

secondo una linea di continuità dell’er<strong>ed</strong>ità carraccesca,<br />

in particolare ludovichiana.<br />

i dipinti del primo periodo hanno risentito ad<br />

evidenza della formazione toscana, dovuta al<br />

precoce soggiorno a firenze, con rimandi al<br />

passignano, al poccetti, all’empoli, fino al pontormo.<br />

dopo il ritorno a Bologna, nel 1606-1607, a fronte<br />

della riconversione dei propri mezzi espressivi<br />

alla luce della poetica ludovichiana, le conoscenze<br />

acquisite in toscana non furono dimenticate,<br />

ma al contrario informarono tutta la carriera del<br />

pittore e i loro esiti sono evidenti anche nella valorizzazione<br />

dei passaggi plastici sorretti da un’accurata<br />

progettazione grafica, nonché da un senso<br />

locale del colore, animato da ri" essi metallici.<br />

anche in questa commissione, una pala d’altare<br />

finalizzata ad esaltare il santo titolare della basilica,<br />

si nota come l’interesse di tiarini fosse rivolto<br />

più alla costruzione di una storia con risvolti<br />

<strong>ed</strong>ificanti, piuttosto che alla contemplazione di<br />

verità immortali e in questo caso, una volta di<br />

più, ha rappresentato un’azione colta nel suo farsi<br />

con brani d’intensa adesione al vero, come nella<br />

splendida v<strong>ed</strong>uta dall’alto di fano che possiamo<br />

scorgere sovrastata dalle nubi e dalle figure del<br />

santo e degli angeli, con un andamento piramidale<br />

della composizione che ricorda, insieme alla<br />

coinvolgente veemenza teatrale, il Cristo irato e i<br />

Santi Sebastiano e Rocco della chiesa di san mi-<br />

chele arcangelo a capugnano di porretta (Bologna),<br />

databile agli inizi del quarto decennio.<br />

nella pala di fano riscontriamo un’eco del tumultuoso<br />

clima patetico della seconda metà degli<br />

anni venti che si formalizza nel colore saturo, nel<br />

teatrale gioco di piani su cui è disposta l’articolata<br />

figurazione dal carattere drammatico e luministicamente<br />

contrastato, risolta in chiave ormai<br />

barocca.<br />

il dipinto conferma quanto notato da daniele<br />

Benati riguardo alla posizione isolata assunta da<br />

tiarini per tutto il quarto decennio all’interno<br />

della cultura figurativa bolognese, sempre più<br />

orientata all’idealizzazione. al contrario il dinamismo<br />

dell’immagine, l’espressivo effetto luminoso<br />

dimostrano un interesse per le soluzioni<br />

adottate da Giovanni lanfranco destinato ad<br />

aumentare nel corso egli anni trenta 30 .<br />

la letteratura artistica fanese 31 segnala un busto<br />

di San Pietro Apostolo del pittore bolognese nella<br />

sagrestia della chiesa, coincidente, secondo una<br />

parte della critica 32 , con il dipinto della pinacoteca<br />

civica di fano già attribuito a tiarini da anna<br />

maria ambrosini massari 33 , con il più pertinente<br />

riferimento iconografico a San Girolamo, ribadito<br />

da daniele Benati che data la tela alla fine<br />

degli anni trenta, vicina dunque alla pala di san<br />

paterniano 34 .<br />

ludovico carracci è il filo conduttore che lega fra<br />

loro i maestri <strong>emiliani</strong> operosi per san paterniano<br />

<strong>ed</strong> è anche alla base della formazione di Giovan-<br />

apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

alessandro tiarini,<br />

San Paterniano in gloria<br />

sopra la città di Fano,<br />

particolare della v<strong>ed</strong>uta<br />

della città<br />

193


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

Giovanni francesco<br />

Barbieri detto il Guercino,<br />

Lo sposalizio della Vergine,<br />

fano, pinacoteca san<br />

domenico<br />

194


ni francesco Barbieri detto il Guercino (cento<br />

1591 – Bologna 1666), il quale sarà coinvolto<br />

nel dibattito artistico locale dalla committenza<br />

fanese solo dopo aver sperimentato la sua particolare<br />

interpretazione del classicismo, evidente già<br />

nel primo dipinto, giunto l’anno 1641 in città,<br />

L’Angelo Custode voluto da Vincenzo nolfi per<br />

la propria cappella della chiesa di sant’agostino,<br />

ora nella pinacoteca civica di fano. nel quadro il<br />

gruppo, risolto in uno statico primo piano, è reso<br />

con forme levigatissime all’interno di una visione<br />

già classicista d’impronta reniana, conciliata però<br />

in modo perfettamente equilibrato con la verità<br />

fenomenica dei soggetti.<br />

la ricerca di una composizione calibrata, ambientata<br />

in uno stretto primo piano che nulla<br />

toglie alla pregnanza di significato e alla naturale,<br />

nonché ariosa, affermazione dei volumi di ciascun<br />

personaggio, ha conseguito, nel 1648-49,<br />

un esito altissimo nello Sposalizio della Vergine,<br />

secondo lavoro di Guercino per fano, in origine<br />

sul primo altare a destra della basilica, di patronato<br />

della famiglia mariotti, ora nella pinaco-<br />

teca san domenico della fondazione cassa di<br />

risparmio di fano, sostituito sull’altare da una<br />

copia firmata dal pittore fanese Giusto cespi<br />

(1867–1954).<br />

oltre che da tutta la letteratura artistica locale 35 ,<br />

la pala è citata nel Libro dei Conti del maestro<br />

l’anno 1649 36 e collocata nello stesso periodo da<br />

carlo cesare malvasia 37 .<br />

inciso da luigi cunego nel 1785, il dipinto fu rubato<br />

nel 1895. ritrovato subito dopo, la famiglia<br />

mariotti lo trasferì nel proprio palazzo cittadino,<br />

per poi venderlo alla cassa di risparmio di fano<br />

nel 1969 38 .<br />

le guide-catalogo più volte citate 39 in questa<br />

s<strong>ed</strong>e registrano, nella sagrestia, dipinti dei nipoti<br />

e collaboratori di Guercino, Ben<strong>ed</strong>etto e cesare<br />

Gennari, come pure del maestro stesso. nel corso<br />

delle ricerche, condotte nel 1989 per un volume<br />

sulla fano del seicento curato da aldo deli, due<br />

quadri furono individuati come opere di Ben<strong>ed</strong>etto<br />

Gennari e uno, raffigurante probabilmente<br />

Sant’Orsola, corrisponde alla descrizione che le<br />

guide ci hanno tramandato di una tela con l’attribuzione<br />

unanime al Barbieri 40 . l’immagine, di<br />

alta qualità, presenta lo stesso volto, in controparte,<br />

della Sant’Elena che ritrova la vera Croce,<br />

visibile nella chiesa di san lazzaro dei mendicanti,<br />

pala risalente al 1644; ritorna poi nella<br />

Santa Gertrude conservata a torino nella Galleria<br />

sabauda, di un anno successiva. l’identica fisionomia<br />

è stata utilizzata dal pittore per il david<br />

nel Saul che tenta di uccidere David con la lancia<br />

del 1646, oggi a roma, nella Galleria nazionale<br />

d’arte antica di palazzo Barberini, per riapparire<br />

poi nella Maddalena che si disciplina in collezione<br />

privata di new York, databile 1649. l’elenco potrebbe<br />

continuare a lungo, data la vicinanza con<br />

i lavori eseguiti da Guercino nel periodo tra il<br />

1644 e il 1655, tanto da far pensare che le guide<br />

abbiano riportato un’informazione non lontana<br />

dal vero.<br />

apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

ambito di Giovanni<br />

francesco Barbieri detto<br />

il Guercino, Sant’Orsola,<br />

sagrestia di san paterniano<br />

195


il complesso monumentale di san paterniano a fano<br />

196<br />

note<br />

1. sulla storia della pala, già attribuita agli Zaganelli, si rimanda<br />

ad a. donati, Girolamo Marchesi da Cotignola, repubblica di san<br />

marino, 2007, pp. 137-138.<br />

2. successivamente la pala venne spostata all’interno della chiesa,<br />

per subire poi varie vicissitudini <strong>ed</strong> arrivare, nel 1909, alla milanese<br />

pinacoteca di Brera. si v<strong>ed</strong>a a. mazza, in Pinacoteca di Brera.<br />

Scuola emiliana, milano 1991, pp. 280-282.<br />

3. B. cleri, Officina Fanese. Aspetti della pittura marchigiana del<br />

Cinquecento, cinisello Balsamo, milano 1994, p. 39.<br />

4. Gli affreschi sono firmati e datati in una targa in pietra collocata<br />

sul cornicione della cupola: “ioannes reGacinus<br />

facieBat 1556”.<br />

5. lavori non più esistenti, così come quelli meno impegnativi,<br />

ad esempio la pittura di stemmi, mazze e stendardi, secondo la<br />

prassi delle botteghe rinascimentali. per una complessiva ricostruzione<br />

dell’attività dei fratelli ragazzini a fano e nelle marche si<br />

rimanda a l. a. lucattelli e a. passarini, Ioannes Baptista Ragazzinus<br />

ravenas et germanus suus Franciscus, in “notizie da palazzo<br />

albani”, X, 2, 1981, pp. 54-63.<br />

6. franco Battistelli e Giuseppina Boiani tombari hanno riferito<br />

a francesco ragazzini una Pietà conservata nella pinacoteca civica<br />

del palazzo malatestiano di fano, proveniente dalla locale<br />

chiesa di santa croce dove il pittore aveva affrescato due cappelle<br />

(f. Battistelli, G. Boiani tombari, Documenti in<strong>ed</strong>iti sul pittore<br />

Domenico Sacchetta, in «fano», supplemento al n. 4 del «notiziario<br />

d’informazione sui problemi cittadini», 1984, pp. 135-145).<br />

Bonita cleri ha riproposto in seguito l’attribuzione in Officina<br />

Fanese, cit., p. 42. sulla tela si v<strong>ed</strong>a la sch<strong>ed</strong>a di chi scrive pubblicata<br />

su La Pinacoteca Civica di Fano. Catalogo Generale. Collezione<br />

Cassa di Risparmio di Fano, a cura di a. m. ambrosini massari, r.<br />

<strong>Battistini</strong>, r. morselli, cinisello Balsamo 1993, pp. 48-49. l’indagine<br />

documentaria sul soggiorno fanese dei fratelli ragazzini<br />

fu inaugurata da cesare selvelli, Intorno ad un dipinto di ‘pittore<br />

errante’ ravennate a Fano, in “felix ravenna”, 1916, 24, pp. 1015-<br />

1919 e ampliata in seguito da adolfo mabellini, I pittori Fratelli<br />

Ragazzini a Fano. Da nuovi documenti d’Archivio, in “studia picena”,<br />

ii, 1926, pp. 227-235. un ulteriore contributo, all’interno di<br />

una capillare indagine sulle committenze artistiche fanesi, è stato<br />

offerto da Giuseppina Boiani tombari, Committenza pubblica e<br />

privata nella Fano del Cinquecento, in B. cleri, Officina Fanese,<br />

cit., pp. 169-192, in particolare pp. 189-191.<br />

7. m. r. Valazzi, Giovan Battista Ragazzini: un aspetto della cultura<br />

romagnola nelle Marche, in Le Arti nelle Marche al Tempo di<br />

Sisto V, catalogo della mostra a cura di p. dal poggetto, milano<br />

1992, pp. 282-289.<br />

8. solo in Quadri e pitture che vi sono nelle chiese di Fano vengono<br />

citati gli affreschi della cupola, peraltro storpiando il nome<br />

dell’autore in ‘regis’. la guida è stata pubblicata da nando<br />

cecini come appendice del suo saggio Appunti sulla “letteratura<br />

artistica”di Fano con un manoscritto in<strong>ed</strong>ito del XVIII secolo, in<br />

Collezioni private a Fano, a cura di i. amaduzzi, n. cecini, l.<br />

fontebuoni, fano 1983, pp. 235-241. Gli affreschi del catino<br />

absidale sono invece ricordati, con la giusta attribuzione, nel Catalogo<br />

delle pitture esistenti nella città di Fano nel secolo XVII con<br />

correzioni e aggiunte di autore ignoto, pubblicato a cura dell’on.<br />

ruggero mariotti, fano 1909, p. 12.<br />

9. nato a Verona nel 1560, secondo il suo biografo carlo ridolfi,<br />

Le meraviglie dell’arte, Venezia 1648, <strong>ed</strong>, cit. Von hadeln,<br />

ii, Berlino 1914-1924, pp. 290-293. la data è stata considerata<br />

attendibile da enrico maria Guzzo e Grazia calegari (si v<strong>ed</strong>a G.<br />

calegari, Claudio Ridolfi tra Veneto e Marche, in Claudio Ridolfi.<br />

Un pittore veneto nelle Marche del ´600, catalogo della mostra a<br />

cura di c. costanzi e m. massa, ancona 1994, pp. 21-29, mentre<br />

il resto della critica è più orientata verso il 1570. il pittore<br />

muore a corinaldo nel 1644.<br />

10. stefano tomani amiani ricorda anche un altro quadro di<br />

claudio ridolfi raffigurante San Paolo rapito al terzo cielo, del<br />

quale non si hanno più tracce. si v<strong>ed</strong>a s. tomani amiani, Guida<br />

Storico Artistica di Fano, a cura di f. Battistelli, pesaro 1981, pp.<br />

152-153.<br />

11. si v<strong>ed</strong>a nota n. 9.<br />

12. f. negroni, Un in<strong>ed</strong>ito di Claudio Ridolfi, in “notizie da palazzo<br />

albani”, Vii, 1, 1977, pp. 30-31.<br />

13. sugli spostamenti di claudio ridolfi tra Verona, roma, urbino,<br />

corinaldo, si rimanda a G. calegari, Claudio Ridolfi tra<br />

Veneto e Marche, cit., passim. sull’anticipo della permanenza ad<br />

urbino al 1601, rispetto l’anno successivo considerato più probabile<br />

fino a quel momento dalla critica si v<strong>ed</strong>a anche s. marinelli,<br />

La pittura veneta nelle Marche dalla fine del Cinquecento alla fine<br />

del Seicento, in Pittura veneta nelle Marche, a cura di V. curzi, cinisello<br />

Balsamo 2000, pp. 239-260. riguardo al ruolo avuto da<br />

f<strong>ed</strong>erico Barocci nella formazione dell’artista, già lorenza mochi<br />

onori aveva a più riprese invitato a considerare come il linguaggio<br />

del pittore veronese fosse già definito al suo arrivo ad urbino<br />

e la componente baroccesca si fosse innestata su una cultura figurativa<br />

molto più ampia: l. mochi onori, Claudio Ridolfi (1570­<br />

1644), in Pittori nelle Marche tra ’500 e ’600. Aspetti dell’ultimo<br />

Manierismo, catalogo della mostra a cura di l. arcangeli et al.,<br />

pp. 19- 27; idem, Claudio Ridolfi, in Le Arti nelle Marche al tempo<br />

di Sisto V, cit., pp. 431-433. secondo anna maria ambrosini<br />

massari claudio ridolfi non può essere considerato un seguace<br />

di Barocci, con il quale avrebbe invece intrecciato uno scambio<br />

reciproco di suggerimenti, senza mai superare la prima formazione<br />

veneta (a. m. ambrosini massari, Note su allievi e seguaci<br />

di F<strong>ed</strong>erico Barocci, in Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra<br />

Marche, Umbria, Siena, a cura di a. m. ambrosini massari e m.<br />

cellini, milano 2005, pp. 22-37.<br />

14. l. mochi onori, in Claudio Ridolfi. Un pittore veneto nelle<br />

Marche del ´600, cit., p. 70.<br />

15. m. Baldelli, Claudio Ridolfi veronese pittore nelle Marche, urbania<br />

1977, pp. 101-102.<br />

16. G. calegari, Le opere di Claudio Ridolfi, in Claudio Ridolfi. Un<br />

pittore veneto nelle Marche del ´600, cit., p. 199.<br />

17. s. tomani amiani, Guida Storico Artistica di Fano, cit., pp.<br />

150-151. per un confronto fra le guide-catalogo di fano si rimanda<br />

all’imprescindibile anonimi sec. XViii, Pitture d’Uomini<br />

Eccellenti, che si v<strong>ed</strong>ono in diverse chiese di Fano, a cura di f. Battistelli,<br />

fano 1995.<br />

18. a. <strong>emiliani</strong>, Carlo Bononi, in Maestri della pittura del Seicento<br />

Emiliano, catalogo della mostra, Bologna 1959, pp. 249-255;<br />

idem, Carlo Bononi, ferrara 1962, pp. 13-15. lo studioso ha rilevato<br />

estesi rifacimenti nell’ultimo dipinto della serie, rifacimenti<br />

che mi sembrano più presenti nel San Paterniano avvisato da un<br />

angelo della morte mentre dorme.


19. l. spezzaferro, Ferrara­Roma 1598­1621: un rapporto di indirette<br />

incidenze, J. Bentini, Attori e comparse sulla scena pittorica<br />

ferrarese del Seicento, in Frescobaldi e il suo tempo, catalogo della<br />

mostra a cura di J. Bentini e l. spezzaferro, Venezia 1983, rispettivamente<br />

pp. 113-128; 129-138.<br />

20. l. ficacci, L’opera ferrarese di Carlo Bononi e del Guercino, in<br />

La pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento, a cura di J. Bentini<br />

e l. fornari schianchi, ii, milano 1994, pp. 274-299.<br />

21. s. tomani amiani, Guida Storico Artistica di Fano, cit., p 150.<br />

per tutte le altre guide si rimanda ad anonimi sec. XViii, Pitture<br />

d’Uomini Eccellenti, che si v<strong>ed</strong>ono in diverse chiese di Fano, cit.,<br />

pp. 9-14.<br />

22. m. oretti, Delle pitture nella città di Fano e di Fossombrone,<br />

ms. B 165 ff. 314-325, fascicolo G, Bologna, Biblioteca comunale<br />

dell’archiginnasio.<br />

23. l. Grandini, Alessandro Tiarini, tesi di laurea, rel. r. pallucchini,<br />

università degli studi di Bologna, anno accademico<br />

1953-1954.<br />

24. m. pirondini, AlessandroTiarini, in La scuola dei Carracci.<br />

Dall’Accademia alla bottega di Ludovico, a cura di e. negro e m.<br />

pirondini, modena 1994, pp. 293-334, in particolare p. 309;<br />

idem, in Alessandro Tiarini 1577­1668, a cura di m. pirondini et<br />

al., reggio emilia 2000, p. 244 nota 217.<br />

25. lo studioso, sulla base di appunti che il compianto Jürgen<br />

Winkelmann aveva raccolto in vista di una monografia su alessandro<br />

tiarini, riteneva che la traslazione del corpo fosse avvenuta<br />

nel 1636, termine considerato dunque post quem per l’esecuzione<br />

del dipinto, collegata alla proclamazione di san paterniano a<br />

patrono di fano nel 1643. la pala sarebbe stata collocata dov’è<br />

tuttora, dunque, entro l’anno successivo. si v<strong>ed</strong>a d. Benati. Alessandro<br />

Tiarini. L’opera pittorica completa e i disegni, ii, milano<br />

2001, pp. 151-152.<br />

26. l’epigrafe collocata sotto l’organo che ricorda l’evento è stata<br />

recentemente riportata e fotografata in G. l. patrignani, f. Battistelli,<br />

Il tempo e la pietra. I Marmi parlanti. Nuovo catalogo delle<br />

epigrafi ubicate nel territorio comunale di Fano, fano 2010, pp.<br />

348-349.<br />

27. Ibid., p. 347.<br />

28. G. Boiani tombari, Documenti in<strong>ed</strong>iti sulle abbazie di S. Paterniano<br />

fuori e dentro le mura di Fano, in «fano», supplemento al<br />

n. 4 del «notiziario d’informazione sui problemi cittadini», 1977,<br />

pp. 71-88. idem, Il trittico dei Protettori nel palazzo del Podestà, in<br />

Fano. Città d’arte e cultura, " e international association of lions<br />

clubs fano, fano 1991, pp. 37-44.<br />

29. pubblicata e riprodotta fotograficamente sempre in G. l. patrignani,<br />

f. Battistelli, Il tempo e la pietra, cit., p. 344.<br />

30. d. Benati, L’attività inoltrata e tarda, in Alessandro Tiarini.<br />

L’opera pittorica completa e i disegni, cit., i, pp. 136-175.<br />

31. si v<strong>ed</strong>a nota n. 21.<br />

32. e. negro, n. roio in Alessandro Tiarini 1577­1668, cit., pp.<br />

133-134, nota 94.<br />

33. a. m. ambrosini massari, in La Pinacoteca Civica di Fano,<br />

cit., pp. 91-92.<br />

34. d. Benati, Alessandro Tiarini. L’opera pittorica completa e i disegni,<br />

cit., ii, pp. 126-127.<br />

35. s. tomani amiani, Guida Storico Artistica di Fano, cit., pp.<br />

151-152; anonimi sec. XViii, Pitture d’uomini eccellenti nelle<br />

chiese di Fano, cit., pp. 9-14.<br />

36. ms. B. 331, Bologna, Biblioteca comunale dell’archiginnasio.<br />

Guercino ha registrato un pagamento ricevuto, dopo la consegna<br />

del quadro, il 15 marzo 1649, terminus ante quem per la<br />

realizzazione del dipinto.<br />

37. c. c. malvasia, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, ii,<br />

Bologna 1678, p. 376.<br />

38. per la storia critica della pala si rimanda a l. salerno, I dipinti<br />

del Guercino, roma 1988, p. 330; m. polverari, Il Guercino. I<br />

dipinti nelle Marche, ancona 19991, pp. 45-49; d. mahon, in<br />

Giovanni Francesco Barbieri. Il Guercino, catalogo della mostra a<br />

cura di sir denis mahon, Bologna 1991, pp. 312-313; idem, in<br />

La Pinacoteca Civica di Fano. Catalogo generale. Collezione Cassa<br />

di Risparmio di Fano, cit., pp. 280-281; f. Battistelli, in La chiesa<br />

di San Domenico a Fano dalle origini all’ultimo restauro, a cura di<br />

G. Volpe, fano 2007, pp. 252-253.<br />

39. per agevolare la ricerca si rimanda ancora una volta alla collazione<br />

delle guide-catalogo fanesi curata da franco Battistelli:<br />

anonimi sec. XViii, Pitture d’uomini eccellenti nelle chiese di<br />

Fano, cit., pp. 9-14.<br />

40. r. <strong>Battistini</strong>, Persistenze architettoniche e testimonianze pittoriche,<br />

in Fano nel Seicento, a cura di a. deli, urbino 1989, pp.<br />

167-178.<br />

apporti <strong>pittorici</strong> romaGnoli Veneti <strong>ed</strong> <strong>emiliani</strong><br />

197

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!