[pdf] Microsoft PowerPoint - Gamberoni_il tirocinio e la pratica riflessi

Corso di alta formazione in
tutorato
Il tirocinio e la pratica riflessiva
A cura di Loredana Gamberoni
Obiettivi dell’incontro
Analizzare le metodiche didattiche
tutoriali con particolare riferimento
all’apprendimento dalle comunità
professionali
Analizzare una metodica
tutoriale:JCEB
Sperimentare una situazione di
debriefing

Nella formazione di base
I descrittori di Dublino(2004)
Definiscono quali sono i risultati
dell’apprendimento comuni a tutti i
laureati di un corso di studio
(laurea(Bachelor)
laurea specialistica,
Dottorato di ricerca PhD )
ed invitano le università a ricercare
metodiche didattiche innovative che
accompagnino quelle più tradizionali
(lezioni e seminari)

I descrittori di Dublino
I laureati dei tre cicli devono acquisire:
conoscenza e capacità di comprensione
( knowledge and understanding)
conoscenza e capacità di comprensione
applicate (applying knowledge and
understanding)
autonomia di giudizio (making judgements)
abilità comunicative (communication skills)
Capacità di apprendere (learning skills )
I titoli finali di primo ciclo Bachelor
(lauree triennali) possono essere conferiti
a studenti che
abbiano dimostrato conoscenze e capacità di comprensione in
un campo di studi di livello post secondario e siano a un
livello che, caratterizzato dall’uso di libri di testo avanzati,
include anche la conoscenza di alcuni temi d’avanguardia nel
proprio campo di studi;
siano capaci di applicare le loro conoscenze e capacità di
comprensione in maniera da dimostrare un approccio
professionale al loro lavoro, e possiedano competenze
adeguate sia per ideare e sostenere argomentazioni che per
risolvere problemi nel proprio campo di studi;
abbiano la capacità di raccogliere e interpretare i dati
(normalmente nel proprio campo di studio) ritenuti utili a
determinare giudizi autonomi, inclusa la riflessione su temi sociali,
scientifici o etici ad essi connessi;
sappiano comunicare informazioni, idee, problemi e
soluzioni a interlocutori specialisti e non specialisti;
abbiano sviluppato quelle capacità di apprendimento che sono
loro necessarie per intraprendere studi successivi con un alto grado
di autonomia

I titoli finali di secondo ciclo - Master degree
(lauree specialistiche/ magistrali) possono essere
conferiti a studenti che
abbiano dimostrato conoscenze e capacità di comprensione che
estendono e/o rafforzano quelle tipicamente associate al
primo ciclo e consentono di elaborare e/o applicare idee
originali, spesso in un contesto di ricerca;
siano capaci di applicare le loro conoscenze, capacità di
comprensione e abilità nel risolvere problemi a tematiche
nuove o non familiari, inserite in contesti più ampi (o
interdisciplinari) connessi al proprio settore di studio;
abbiano la capacità di integrare le conoscenze e gestire la
complessità, nonché di formulare giudizi sulla base di
informazioni limitate o incomplete, includendo la riflessione sulle
responsabilità sociali ed etiche collegate all’applicazione delle loro
conoscenze e giudizi;
sappiano comunicare in modo chiaro e privo di ambiguità le loro
conclusioni, nonché le conoscenze e la ratio ad esse sottese, a
interlocutori specialisti e non specialisti,;
abbiano sviluppato quelle capacità di apprendimento che
consentano loro di continuare a studiare per lo più in modo
auto-diretto o autonomo
I titoli finali di terzo ciclo- PhD (dottorati di
ricerca) possono essere conferiti a studenti che
abbiano dimostrato sistematica comprensione di un
settore di studio e padronanza del metodo di ricerca
ad esso associati;
abbiano dimostrato capacità di concepire, progettare,
realizzare e adattare un processo di ricerca con la
probità richiesta allo studioso;
abbiano svolto una ricerca originale che amplia la
frontiera della conoscenza, fornendo un contributo
che, almeno in parte, merita la pubblicazione a livello
nazionale o internazionale; siano capaci di analisi critica,
valutazione e sintesi di idee nuove e complesse;
sappiano comunicare con i loro pari, con la più ampia
comunità degli studiosi e con la società in generale
nelle materie di loro competenza;
siano capaci di promuovere, in contesti accademici e
professionali, un avanzamento tecnologico, sociale o
culturale nella società basata sulla conoscenza.

Nell’educazione continua
Lifelong learning e
lifewide learning
considerando che la parte più preziosa,
tendenzialmente l’80%, del bagaglio di
conoscenze e competenze apprese da un soggetto
in contesti operativi, di lavoro o di tirocinio, è
dovuta a processi informali di apprendimento, è
necessario prevedere ambienti e metodi che siano
in grado di intercettare anche le componenti e le
dinamiche informali dell’apprendimento, quelle che
non seguono una struttura predeterminata ma che
supportano individui e comunità di pratica nello
sviluppo di percorsi di apprendimento
autogenerativi.

Marcia L. Conner
lezioni
classi
e-learning
formale
intenzionale inatteso
lettura
consultazione
consigli
non formale
informale
studio
ricerca
navigazione internet
gioco
gruppi spontanei
svago
Apprendere …

Tirocinio
…l’insieme delle esperienze circoscritte
nel tempo,formalizzateda un processo
educativo,assistite da esperti,con
possibilità di verifiche in itinere e
finali…”ovvero un processo di
legittimazione del ruolo in cui i
protagonisti sperimentano e consolidano
i comportamenti ed imparano ad
esercitare con modalità convenzionale,lo
specifico della professione alla quale
aspirano (AA.VV. il tutor delle
professioni sanitarie, Carocci 2003)
Le competenze del tutor
in ottica sistemica
DARE LA VISIONE:
Costruire “cornici di senso”
Orientare
Spiegare presupposti esperienza tirocinio
Illustrare modalità percorso
COLTIVARE AUTOSTIMA E AUTOEFFICACIA:
Dare feedback + e –
Far percepire il giusto senso di valore
METTERE L’ENERGIA
Crederci nella possibilità di ottenere gli obiettivi
definiti
Sostenere nei casi di errore, di insuccesso
Trasmettere passione ed energia allo studente

Le competenze del tutor
ALLENARE LE COMPETENZE:
Dare feedback su campo
Avere e applicare un progetto di sviluppo
Conoscere procedure …
PRENDERSI CURA:
Cogliere le esigenze personali e organizzative
Costruire soluzioni …
ESSERE TESTIMONI
Consapevolezza di essere osservati
Coerenza, congruenza
Orgoglio dei risultati ottenuti e ottenibili
Le competenze del tutor
DARE LA VISIONE:
Costruire “cornici di senso”
Orientare: dare obiettivi specifici
Spiegare presupposti tirocinio
Illustrare modalità percorso (feedback, valutazioni formative
certificative…)
Costruire aspettativa realistica (difficoltà di entrare nel gruppo…)
COLTIVARE AUTOSTIMA E AUTOEFFICACIA
Dare feedback + e – al comportamento
Sostenere in modo sistematico lungo tutto il percorso
Riconoscere le qualità “personali” dello studente in formazione
Far percepire il giusto “senso di valore”
Testimoniare riconoscimenti anche di fronte al gruppo

Le competenze del tutor
METTERE L’ENERGIA:
Crederci nella possibilità di ottenere gli obiettivi definiti
Trasmettere passione ed energia allo studente (avere accesso alla
dimensione emotiva!)
Valorizzare le piccole cose ottenute
Sostenere nei casi di errore, di insuccesso
Stimolare il senso di appartenenza al gruppo
Stimolare l’ambizione, le necessità di crescita
Dare autonomia in alcuni lavori e progetti specifici…
INSEGNARE:
Dare informazioni necessarie
Fornire conoscenze opportune
Scomporre le macroconoscenze, le problematiche in pezzi più piccoli,
adeguati ad essere gestiti
Integrare con protocolli, procedure … (materiale e documentazione)
Ampliare punto di vista della persona, non focalizzandosi solo su un
pezzetino, ma aiutarlo a comprendere il contesto nella sua complessità
Non temere l’errore, ma trasformare l’errore in una fonte preziosa di
informazione.
Le competenze del tutor
ALLENARE LE COMPETENZE:
Dare feedback su campo
Definire e applicare un progetto di tirocinio
Definire precisamente lo scenario
Utilizzare più strategie, dandoci la possibilità di modificarle in relazione ai risultati ottenuti
Stimolare all’autovalutazione, stimolando opportunamente il senso critico (capace di evidenziare
punti di forza e aree di miglioramento)
Fornire strumenti utili a superare difficoltà, passando strumenti e strategie derivanti dalla nostra
esperienza
Saper chiedere scusa e ammettere di aver sbagliato
Imparare a lasciare lo studente nel disagio (non fornendo subito la soluzione!)
PRENDERSI CURA:
Cogliere le esigenze personali e organizzative
Saper sdrammatizzare le situazioni ricorrendo anche al senso ironico
Lanciare le sfide allo studente, ma essendo presente per sostenere… (togliere le ruotine della bici,
ma sostenerlo con la mano)
Celebrare i risultati, facendo percepire il “tifo”
Gratificare mantenendo viva la motivazione
Saper stare con gli studenti anche nel dopo… occuparsi dei “racconti di guerra” nella cucinetta….

Le competenze del tutor
ESSERE TESTIMONI
Consapevolezza di essere osservati
Coerenza, non posso insegnare ciò che io non faccio
(es. divisa in ordine, disponibilità con i colleghi,
relazione con gli utenti e i familiari, educazione
terapeutica…)
Congruenza, ciò che dico è ciò che credo e penso
(trasparenza nel feedback…)
Orgoglio dei risultati ottenuti e ottenibili
Rispettare le regole dell’organizzazione per farle
rispettare (rigore “caldo”)
Valorizzare percorso e presenza dello studente,
all’interno del contesto del gruppo
Agire secondo il principio di equità: applicando le
regole per tutti, …
Proposta percorso
Fase 1: Accoglimento
Obiettivi
Conoscere persone
Conoscere reparto
Fare “contratto di tirocinio” con sede formativa
Costruire corretta cornice
Fase 2: Tutoraggio (4 fasi)
Obiettivi (per ciascuna fase)
Chiarire obiettivi
Addestramento operativo – dare feedback sul campo
Consapevolezza-Briefing-Debriefing
Fase 3: Lavoro in équipe
Obiettivi
Lavorare in sinergia con altri elementi team
Le relazioni interpersonali
La gestione della relazione con il paziente
Fase 2.1: affiancamento
osservativo
Fase 2.2: affiancamento
partecipativo
Fase 2.3: affiancamento
collaborativo
Fase 2.4: affiancamento autonomo

Obiettivi:
Tutor clinico
Esplicitare il ragionamento che sottende
ogni azione clinica ( azione riflessiva)
Desumere dall’esperienza
l’apprendimento teorico
Porre il paziente e non la malattia al
centro del ragionamento e della relazione
Continua Tutor clinico
Principali caratteristiche del tutor
È un buon clinico
Instaura una relazione di tipo “ maieutico” con lo
studente
Esplicita il proprio ragionamento e il proprio modo
di agire
Riesce a gestire la didattica e l’attività clinica
contemporaneamente
Sa porre contestualmente al centro lo studente e il
paziente

Il metodo riflessivo
Il metodo riflessivo
definizioni
Lo sviluppo del termine riflessione cominciò con
Dewey il quale osservò che la riflessione
scaturisce da una qualche difficoltà o da un
conflitto che incontra la persona che sta
apprendendo. Anche se Dewey aveva già allora
riconosciuto il fatto che la riflessione nasce da
dubbi, difficoltà e sorprese, tutti concetti collegati
nella sua teoria alle emozioni, la riflessione
continuava a essere un atto per lo più cognitivo.
“La parola ragione è etimologicamente connessa
alla parola ratio. L’idea sottostante,qui, è quella di
esattezza della relazione, il pensiero riflessivo è un
processo che instaura relazioni

Il metodo riflessivo
definizioni
Schön sviluppò il concetto. Egli si proponeva “di trovare
un’epistemologia della pratica che fosse implicita nei processi
creativi e intuitivi che alcuni professionisti realizzano in situazioni di
incertezza, di instabilità, di non unicità e di conflitto di valori”.
Schön fece una distinzione tra “riflessione sull’azione”, vista
essenzialmente come introspezione cognitiva passiva, e “riflessione
nel corso dell’azione”, considerata come processo interattivo e
intuitivo che guida l’attività.” Questo legame istaurato tra riflessione
e azione, o pratica, portò allo sviluppo di modelli per il processo
riflessivo noti come il ciclo riflessivo single loop (Korthagen,
Gibbs).
Il double loop learing è un tipo di apprendimento che mette in
dubbio i valori e i modelli mentali che sottostanno alle nostre
azioni; ci porta al di là del versante funzionale dell’ambito in cui ci
troviamo ad operare, lungo la strada della creatività,fino a che i
nostri valori e addirittura le nostre azioni non risultino trasformate
(Clarke e Chambers]).
Apprendimento a ciclo singolo
Questo tipo di apprendimento è importante in quanto favorisce lo
sviluppo di conoscenze e competenze quando si ha in mente un obiettivo
e si incontrano delle difficoltà a raggiungerlo. L’apprendimento a ciclo
singolo può aiutarci a capire in che modo agire per superare gli ostacoli

Apprendimento a ciclo doppio
Il ciclo di apprendimento doppio diventa importante per analizzare le
motivazioni sottostanti le azioni. Riflettere significa assumersi dei
rischi, si tratta di dare spazio alla sorpresa, alla perplessità, alla
confusione; abbandonare ciò che si conosce e cercare una nuova
comprensione
Apprendimento a triplo ciclo
L’apprendimento a triplo ciclo inizia quando, sia consapevolmente sia
inconsapevolmente, alcuni valori si scontrano; ciò può avvenire sia
attraverso un confronto radicale, sia attraverso una ripetizione di attriti tra i
valori a cui teniamo di più. Si tratta di un livello di apprendimento molto
profondo, in quanto mette in discussione la nostra personalità, i nostri
pensieri e i nostri valori più reconditi. Di conseguenza, un apprendimento a
triplo ciclo richiede un ambiente rispettoso e sicuro, dove le persone
possano sperimentarsi

Il metodo riflessivo
definizioni
Parallelamente a Schön, Kolb ha esplorato i
processi che si generano quando si dà significato
alle esperienze concrete e vissute; ha poi
sviluppato le sue intuizioni in merito
all’apprendimento esperenziale in collaborazione
con Fry formulando il modello dell’apprendimento
esperenziale.Questo modello consiste nella spirale
dell’apprendimento all’interno della quale si
susseguono quattro fasi; ciascuna fase può essere
il punto di partenza del ciclo di apprendimento:
l’esperienza concreta, l’osservazione, la riflessione,
la formulazione di concetti astratti e il loro test in
situazioni concrete.
Il metodo riflessivo
La riflessione e la sua pratica sono
un’attitudine mentale e un modo di vivere
una professione e non solo una tecnica di
apprendimento.
La riflessione porta il tutor/facilitatore e la
persona che apprende al di là della
situazione tecnica e razionale di
formazione, fino dentro al mondo delle
emozioni, nel quale hanno la stessa
importanza l’empatia, il rispetto delle altre
persone e delle idee altrui, la fiducia nelle
proprie abilità, il riconoscimento dei propri
difetti e la voglia di affrontarli

Metodo riflessivo
Il tutor /facilitatore della riflessione
affronta tre aree principali:
lavora con l’esperienza
considera l’importanza della persona
impara a gestire l’inatteso
Lavorare con l’esperienza
Prerequisiti:
1. presenza di un quadro concettuale con il
quale leggere l’esperienza
2. capacità di pensare sia in concreto che in
astratto
3. la capacità di metacognizione: riflettere
sul proprio pensiero
4. tempo da dedicare alla riflessione
5. la riflessione richiede un approccio
sistematico

Sperimentazi
one attiva
(doing)
Il ciclo di Kolb
Esperienza
concreta
(feeling)
Formazione di
concetti astratti e
generalizzazione
La pratica riflessiva
Osservazio
ne
riflessiva
(watching)
aiuta lo studente ed il tutor che la utilizza a :
Capire ciò che già sa ( livello individuale)
Identificare quello che deve imparare per
aumentare il livello di comprensione (livello
contestuale)
Dare un senso alla nuova informazione e ai
feedback che si sviluppano nel contesto
dell’esperienza personale ( livello relazionale)
Guidare le scelte per futuri sviluppi
dell’apprendimento(livello incrementale )

La gestione dell’inatteso
/dell’imprevisto
Nella pratica riflessiva l’imprevisto ha un ruolo
essenziale: porta a essere attenti, cambia la
pianificazione effettuata, il percorso scelto,
modifica i propri pensieri, costringe a (ri)
considerare le azioni previste e aiuta a
(re)indirizzare i passi da compiere, le azioni da
intraprendere
L’imprevisto coglie le persone mentre svolgono
attività routinarie e deve essere gestito; alcune
volte si riesce a prevederlo con buone capacità
osservative e diagnostiche; spesso fa paura, può
essere vissuto come sfida o come minaccia; ma
nel mondo sanitario è un apprendimento
essenziale e ineludibile
La gestione dell’inatteso
/dell’imprevisto
Torbert ha osservato che “il risultato
principale della nostra azione (experience)
potrebbe non essere quello immaginato
esplicitamente nella nostra strategia
iniziale, ma piuttosto la correzione che
dovremmo fare delle nostre tattiche (è
avvenuto un apprendimento a ciclo
semplice).vedi slide 5

La gestione dell’inatteso
/dell’imprevisto
Gli incontri con l’imprevisto/urgenza
toccano il proprio sistema di priorità e
le strutture della propria
organizzazione: quando non si sa
bene quali obiettivi si debbono
raggiungere si ha bisogno di un anello
di apprendimento che porti a un
livello più profondo, che consenta di
affrontare e gestire l’imprevisto con
successo (apprendimento a ciclo
doppio).slide 6
Lo scenario della pratica
riflessiva
Il nucleo centrale e condiviso della pratica riflessiva è
formato da cinque elementi:
1. la messa in crisi della routine (il mettere in
discussione l’ovvio o ciò che sembrava ovvio fino
a quel momento)
2. la narrativa, (la storia, l’episodio che porta in
superficie le situazioni, le emozioni ecc.)
3. il contesto relazionale (l’interazione tra le
persone impegnate in un contesto di
apprendimento)
4. l’analisi critica (la messa a fuoco dei significati)
5. le implicazioni pratiche delle riflessioni (la
scoperta e l’applicazione di nuove idee e nuove
conoscenze)

Lo scenario
il termine scenario si riferisce alla particolare esperienza
riflessiva che è oggetto di considerazione. E’ la totalità
dell’esperienza con tutte le considerazioni che
l’accompagnano
L’interruzione della routine
Il concetto di interruzione della routine,
implica la rottura di modelli consolidati che
bloccano la riflessione,
suggerisce anche una consapevolezza della
dissonanza.
Suggerisce anche che la dissonanza può
essere provocata deliberatamente dal
tutor, cioè progettata per portare alla
ricerca di un punto di vista alternativo.
Argyris dice “Inciampa, così rifletti”.

L’interruzione della routine
Mediante la formazione sviluppiamo la
capacità dei nostri sensi di percepire
le differenze e
alleniamo la nostra mente a
comprendere il loro significato,
trasformandole in informazioni dotate
di senso
il significato, poi, ci aiuta a reagire in
modo adeguato.
L’interruzione della routine
Come ha scritto Tripp “se la nostra
riflessione non comporta una qualche
forma di sfida e non mette in questione noi
stessi e i nostri valori professionali, noi
tendiamo semplicemente a rinforzare i
modelli e le tendenze esistenti”.
Per questo motivo ogni riflessione richiede
una crisi, una rottura tra le routine e ciò
che ci si aspetta dalla loro esecuzione.

Contesto relazionale
Ci si riferisce al contesto di apprendimento. Ogni
azione è contemporaneamente un intreccio tra
persone, approcci e paradigmi in un ambiente
culturale e sociale dato.
“Un sistema di attività è sempre eterogeneo e
multifocale.
Soggetti differenti, in seguito alle loro differenti
storie e posizioni nella divisione del lavoro,
costruiscono l’oggetto e le altre componenti
dell’attività in modi diversi, in parziale
sovrapposizione, ma anche in modo parzialmente
conflittuale.
All’interno di un sistema di attività vi è una
costruzione e una negoziazione continua”
La narrativa
Si riferisce alla descrizione e interpretazione di ciò che avviene in
un’attività.
Ogni intervento riflessivo implica una rappresentazione di un
evento, di un’azione mediante una qualche forma narrativa. La
pratica professionale, sia essa di tirocinio sia di lavoro
professionale, è piena di narrative istituzionali quali le cartelle
cliniche, i report di visite, gli audit clinici e organizzativi, i verbali di
riunioni ecc.; ma ciò che si intende per narrativa nelle pratiche
riflessive è rappresentato da forme più soggettive
1. quali i diari,
2. le autobiografie,
3. i blog,
4. i forum,
5. le storie,
6. le interviste e
7. le storie dei pazienti.

La narrativa
Riflettere non significa solo porsi degli interrogativi
su una situazione e sui motivi che l’hanno
determinata, ma anche determinare la messa in
discussione dei nostri modi di pensare. Il reale
oggetto della riflessione non è l’azione in se
stessa, ma la narrazione e le sue interpretazioni, i
diari di tirocinio, gli autocasi e il portfolio
autovalutativo o narrativo vanno in quella
direzione.
Un altro aspetto importante della riflessione è che
può essere registrata in forma audio o video per
essere analizzata e condivisa, perché si può
riflettere sulle proprie riflessioni e non soffermarci
solo sull’azione che ha prodotto la riflessione; e
inoltre la rianalisi può essere condotta anche molto
tempo dopo
Analisi critica
E’ l’elemento centrale della riflessione, che influisce su tutti
gli altri;
è il mezzo mediante il quale il significato viene conferito, i
problemi risolti, le decisioni prese, le nuove prospettive
raggiunte.
L’analisi critica può essere vista come una discussione,
una conversazione riflessiva con sé e con gli altri.
Tra le sue caratteristiche c’è quella
1. di mettere a fuoco la ricerca sui valori educativi,
2. di spostare l’attenzione dalla sfera privata a quella pubblica
e
3. di contribuire al chiarimento intellettuale e
4. anche a responsabilizzare le persone

Ciclo riflessivo di Gibbs
La riformulazione dei quesiti
posti nella figura può essere:
che cosa è successo?come hai raccontato la tua storia?
che cosa pensavi o sentivi?che cosa senti o pensi quando
riconsideri, rileggi e ascolti la storia che hai raccontato?
che cosa è stato brutto o bello della tua esperienza? che
cosa è bello e brutto in questa descrizione?
che senso attribuisci a questa situazione?che significato
trai dal modo in cui hai raccontato la storia?
che cosa altro avresti potuto fare?potresti aver raccontato
la tua storia in modo diverso?
se succedesse di nuovo che cosa faresti?se dovessi
raccontare di nuovo,come racconteresti la tua storia?

Principi etici della pratica
riflessiva
Lavorare con l’esperienza
Deve essere rispettata la diversa natura dei partecipanti e non deve essere presa
nessuna decisione che inibisca o contrasti in modo selettivo le loro azioni.
Devono essere fatti tutti i passi al fine di ridurre l’ansia e il disagio dei partecipanti
derivanti anche dal confronto tra culture e modi di pensare differenti.
Occorre registrare le informazioni e analizzarle in modo onesto e aperto.
Le dichiarazioni di aver portato nuova conoscenza devono essere supportate da
evidenze empiriche.
L’importanza della persona
Le persone devono dare il consenso all’attività riflessiva, non si può obbligare nessuno
a fare ciò che non vuole fare.
I partecipanti devono conoscere gli obiettivi dell’attività.
Nessuna persona deve essere danneggiata dal progetto e dalle sue attività.
Deve essere garantito l’anonimato.
Occorre avere sensibilità sulle differenze di età, genere, cultura ecc.
La gestione dell’imprevisto
Le informazioni fornite devono essere trattate in modo confidenziale.
Ogni risultato deve essere comunicato con onestà.
Principi generali da utilizzarsi da parte del
tutor riflessivo
Partire dall’esperienza dello studente/ partecipante.
Il luogo di lavoro è un importante contesto di apprendimento.
Riconoscere la centralità e l’importanza delle persone/studenti, dando a
questi la possibilità di esprimersi.
Utilizzare la narrazione, le storie, le conversazioni per descrivere e analizzare
gli eventi che qui vengono chiamati incidenti critici, al fine di dare maggior
senso all’esperienza.
Raccogliere ed interpretare i dati in modo rigoroso e sistematico in modo da
rendere autentica la riflessione.
Essere consapevoli che il miglioramento può aver luogo solo quando i
significati, i valori e le credenze diventano più evidenti agli studenti
/partecipanti coinvolti.
Gli studenti/li partecipanti devono iniziare ad assumersi la responsabilità del
proprio apprendimento.
Stimolare l’attuazione in pratica anche di qualità affettive quali il prendersi
cura,il rispetto, l’automotivazione e la propensione ad agire.

Una buona pratica volta a favorire la riflessione
si contraddistingue per la presenza di alcuni dei
seguenti elementi
L’utilizzo della consapevolezza già esistente.
La creazione, se necessario, di nuova consapevolezza.
Il confronto con quadri concettuali, credenze, emozioni e
bisogni.
L’interpretazione dell’esperienza facendo riferimento a quadri
concettuali già esistenti.
L’interpretazione dell’esperienza attraverso la formulazione di
nuovi quadri concettuali.
La creazione di un ambiente idoneo alla riflessione.
Il riconoscimento dell’unicità degli altri e di se stessi.
La concentrazione sul dialogo piuttosto che sul dibattito
Resistenze e trappole nelle
quali non cadere
Attenzione alle resistenze alla
riflessione.
Attenzione agli ostacoli alla
riflessione.
Non calarsi nel ruolo del terapeuta.
Eccedere nella riflessione.
Calarsi nel ruolo di insegnante.

Strumenti per la pratica
riflessiva
strumenti e fonti di informazione che
pongono una maggiore enfasi sugli
aspetti meditativi della riflessione
(diario di tirocinio o di apprendimento
o portfolio riflessivo, autobiografia
professionale)
strumenti e fonti che mirano a un
cambiamento del contesto attraverso
l’azione come i metodi di ricercaazione
Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni sanitarie.
Le narrazioni:
Le narrazioni rappresentano una parte importante della
pratica riflessiva; il valore di un’esperienza viene espresso
sotto forma di narrazione e attraverso tale espressione colui
che narra attribuisce già un primissimo significato
all’esperienza stessa.
E’ possibile distinguere tra:
le narrazioni che pur avendo una natura autobiografica non
necessariamente lo sono: storie, aneddoti e metafore;
le narrazioni autobiografiche: diari, incidenti critici,
autobiografie;
le narrazioni pre strutturate: diari di bordo o di tirocinio o di
apprendimento, i portfoli.

Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie.
Le storie
Le storie rappresentano il contesto nel quale la
conoscenza si manifesta e si realizza. “Le storie
permettono alle persone di convertire la
conoscenza tacita, altrimenti difficile da esplicitare;
inoltre, dato che vengono raccontate con un
coinvolgimento emotivo, questo può condurre le
persone a dire più di quello che pensano di
sapere.
Sono in grado di far emergere sia una risposta
emotiva, sia pensieri e azioni; e,
dato che le storie sviluppano un senso di
comunità, tendono ad essere ottimi strumenti di
riflessione nei contesti di gruppo.
Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie.
Box riflessivo
il mio primo giorno di tirocinio
dal diario di Piero sono andato in reparto, c’era un’urgenza,
nessuno mi guardava, “ero sempre nei piedi”potevo anche
essere trasparente visto che nessuno si accorgeva di me.Alle
10, finito tutto, il coordinatore mi dice: sei lo studente
nuovo, benvenuto nella bolgia di medicina……
Considerazioni
E’ uno dei temi caldi delle narrazioni, indicando con questo
la significatività dell’evento, cioè il fatto che quel momento
segnerà in maniera significativa il futuro del professionista.
Tutto questo sottolinea ancora di più l’importanza del
momento dell’accoglienza nel servizio per lo studente, ci dice
dell’importanza non solo delle informazioni ricevute, ma delle
immagini, dei sentimenti provati e delle relazioni
sperimentate.

Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie.
Le narrazioni dei pazienti : l’anamnesi
C’è una narrazione di cui il medico, le professioni sanitarie di
assistenza diretta non possono fare a meno: l’ anamnesi.
Tuttavia, vi è una condizione perché l’anamnesi possa divenire
narrazione: l’ascolto. La posizione di ascolto da parte del medico
/infermiere/ostetrica/ ecc. richiede tempo, interesse,
partecipazione, capacità di tacere e di interloquire soltanto al
momento giusto e nel modo giusto.
Dunque possiamo accettare che l’anamnesi sia una narrazione che
riceviamo direttamente dal paziente e possiamo perciò esaminarla
anche alla luce della “narratologia”, un termine coniato da Tzvetan
Todorov[1] per designare lo studio funzionale delle narrazioni
[1] Il termine narratologia fu coniato da Tzvetan Todorov , filosofo
e saggista bulgaro (nel 1969) per indicare lo studio delle strutture
narrative
Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie.
Le metafore
“Le metafore possono creare delle realtà per noi, specialmente
delle realtà sociali.
Una metafora può essere una guida per le nostre azioni future. Tali
azioni naturalmente corrisponderanno con la metafora. Ciò a sua
volta rafforzerà il potere delle metafore di rendere l’esperienza
coerente. E’ in questo senso che le metafore sono profezie che si
autoavverano”[1].
A seconda del momento alcune metafore, meglio di altre, sono
dotate di alto grado di generatività per far comprendere qualcosa
attraverso i termini di qualcos’altro, come quando Massimo Troisi
nel film il Postino (1994) chiede a Pablo Neruda di insegnargli a
elaborare metafore per “trovare le parole per dire”.
[1] Lakoff e Johnson in Yero L., Teaching in mind: How teacher
thinking shapes education, Hamilton Montana Mind Flight
Publishing, 2002

Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie.
I diari
Il diario non è altro che un racconto personale su un
argomento d’interesse che si articola secondo alcune regole
di redazione.
Sono uno strumento che si basa su fatti e avvenimenti
accaduti nel gruppo o sul lavoro.
Permette una diretta riflessione sull’azione. I diari possono
fungere da collegamenti tra diversi livelli di funzionamento
della psiche, facendo integrare mente e corpo, pensiero e
azione, ragione e immaginazione.
Secondo Van Manen scrivere diari “contribuisce al processo
di apprendimento degli studenti dal momento che questi
sono incoraggiati a continuare a riflettere sulle loro
esperienze di apprendimento e cercare di scoprire le
relazioni che altrimenti non potrebbero essere viste”.
Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie
Diario strutturato o diario di bordo
E’ una modalità di documentare un’esperienza in
chiave riflessiva. Consiste nell’annotare a caldo, i
dati osservativi. Il criterio d’ordine si basa sulla
descrizione delle situazioni osservate o sulla
ricostruzione degli avvenimenti, ma va orientato
fin dall’inizio a operare una selezione e una
focalizzazione sugli aspetti che vengono ritenuti
rilevanti per capire la professione che si sta
apprendendo e per arrivare a interrogare
l’esperienza con buone domande
(problematizzazione).

Box esemplificativo
Diario di tirocinio
Ripensa a ciò che è accaduto durante l’effettuazione di……..(descrizione)
È andata insolitamente bene?
Qualcosa è andato male e ha causato problemi?
Mi sono sentito in difficoltà?
Qualcosa ha fatto la differenza nel lavoro?
…..
Rispondi sinteticamente ripensando all’esperienza fatta
Che cosa è accaduto?
Quali sensazioni hai provato?
Che cosa c’è di negativo e di positivo
nell’esperienza fatta?
Come interpreto l’esperienza?
Che cosa non ho fatto?
Se mi ritrovassi a dover ripercorrere lo
stesso percorso che cosa farei?
Positivo Negativo
Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie
Incidente critico
Col termine incidente critico s’ intende una situazione, un evento
che emana un senso di potenziale dissonanza. Il suo valore
consiste nel fornire a una persona, a un gruppo, a
un’organizzazione la verifica critica del funzionamento dei propri
schemi di azione.
Tripp[1] ha scritto: “gli incidenti critici non sono cose che esistono
indipendentemente dall’osservatore e che aspettano di essere
scoperti come fossero pepite d’oro; ma, come tutti i dati, gli
incidenti critici sono creati. Gli incidenti accadono, ma gli incidenti
critici sono prodotti dal modo in cui guardiamo una situazione: un
incidente critico è un’interpretazione della rilevanza di un evento.
Scegliere qualcosa come incidente critico implica enunciare un
giudizio di valore, e le basi di questo giudizio sono l’importanza che
noi attribuiamo al significato di un evento “
[1] Tripp D, Critical incident in teaching, Developing professional judgement, London,
Routledge, 1993

Tipologie maggiormente utilizzabili nei
contesti formativi delle professioni
sanitarie
Il portfolio
Un portfolio può essere una raccolta dei lavori migliori di uno studente o
una raccolta dei lavori più rappresentativi che mostrano lo sviluppo di una
persona durante un periodo di tempo.
Un portfolio è una scheda strutturata contenente gli artefatti degli studenti
durante tutto il corso di studio, che documentano il percorso effettuato e le
reali abilità acquisite. Secondo Collins[1] i “portfoli sono una
documentazione che può essere utilizzata da una persona o da gruppo di
persone per dedurre le conoscenze, le abilità e le attitudini di un soggetto”.
Possono fornire testimonianza di quelli che sono gli obiettivi, gli sviluppi, i
risultati e le capacità professionali realizzati durante il corso o la pratica
clinica ecc.
I portfoli possono essere anticipati da strumenti più semplici quali liste di
osservazione e di benchmarks basate su solidi quadri concettuali di
riferimento, insieme a strumenti strutturati di pratica riflessiva. Le liste di
osservazione aiutano a individuare i propri punti di forza e di debolezza
[1] Collins A., Portfolios for science education: Issues in purposes, Structure
and authenticity, Science education, 76(4): 451-463
Strategie per la pratica
riflessiva
Riflessione tra pari (Critical
friendship)
il feedback tra pari, o amicizia critica
(critical friendship);
si crea un clima di sicurezza tra gli
studenti.
Per fare ciò è comunque sempre
necessario un clima rassicurante
dentro il gruppo.

Strategie per la pratica
riflessiva
Altra modalità è quella di sottoporre le riflessione alla critica
di un collega o amico (critical friend) in quanto, quando
questo avviene, le persone finiscono per darsi feedback
reciproci. I tutor, i facilitatori possono fungere da amici critici
al fine di stimolare la riflessione; il loro contributo può essere
così riassunto:
osservare, ascoltare, imparare
mostrare una considerazione positiva dello studente
aiutare a identificare i problemi e vagliare le possibili
alternative
fornire fonti di dati o saperi specifici
lavorare in modo collaborativo
incoraggiare il partecipante a esplorare le proprie possibilità
offrire una prospettiva di riflessione critica
Strategie per la pratica
riflessiva
Debriefing
la riflessione può essere facilitata da un
debriefing supervisionato dal tutor o da un
facilitatore.
Si indica con debriefing il periodo
successivo all'impegno dei discenti in
un'attività di apprendimento
è il periodo durante il quale i tutor usano
tale attività e le esperienze dei discenti nel
tentativo di fornir loro un insight
dell'attività stessa

Strategie per la pratica
riflessiva
I facilitatori possono utilizzare il Modello per l’Analisi
dell’Apprendimento Significativo (SLAM)[1] basato su cinque
domande chiave:
1. perché hai scelto questo argomento?
2. che cosa hai fatto?
3. quale significato gli attribuisci?
4. di conseguenza, quali aspetti della tua pratica pensi di
modificare?
5. come potresti implementare questo cambiamento?
[1] Chambers P. e al., Significant learning incidents and critical
conversations in an international context: Promoting
reflexivity with, Journal in Service education 29(1)101-122
2003
Strategie per la pratica
riflessiva
se si sceglie la modalità del qui ed ora, post-esperienza reale di tirocinio
ad esempio, Birkeland[1] suggerisce alcune domande chiave, che verranno
enunciate in modo analitico nella scheda tecnica, quali:
su che cosa la situazione ci fa porre domande? capire meglio? Discutere?
(Riflessione qui e ora)
in che modo la situazione/evento/esperienza può influenzare ulteriormente il
tirocinio/il lavoro e la sua pianificazione? E’ necessario introdurre
cambiamenti concreti? (relazioni)
che cosa pensi possano dire gli altri colleghi presenti rispetto alla medesima
situazione? In che modo la loro storia differisce dalla tua? (circolarità)
che cosa pensi in merito alla scelta di questa esperienza (riflessione qui e
ora
[1] Birkeland L., Storytelling and staff training: A narrative approach to
reflective practice, Occasional paper, University of Greenwich, School of
education and training, London, 2003

Strategie per la pratica
riflessiva
Il feedback
Per feedback si intende il processo
tramite il quale si rimandano a uno
studente /persona in formazione
osservazioni, impressioni, sensazioni
o altre informazioni valutative sul suo
comportamento perché possa
verificarsi l’apprendimento
Strategie per la pratica
riflessiva
Il feedback permette di raggiungere due
importanti obiettivi quali il :
riorientamento: il tutor può identificare i
comportamenti, gli atteggiamenti, le performance
che non contribuiscono al raggiungimento di
obiettivi individuali, di gruppo e aziendali, e
indurre lo studente/il collaboratore a sviluppare
strategie alternative
rinforzo: per identificare i comportamenti, gli
atteggiamenti, le performance che contribuiscono
agli obiettivi individuali, di gruppo e aziendali, e
stimolare lo studente/ il collaboratore a ripeterli e
a migliorarli.

Strategie per la pratica
riflessiva
Regole base per fornire un feedback efficace
Dovrebbe essere richiesto dallo studente o persona in formazione
(oppure essere definito nel contratto formativo)
Dovrebbe essere il più immediato possibile
Dovrebbe essere espresso con termini non troppo tecnici
Dovrebbe essere conciso, non comprendere molti dettagli
Dovrebbe concentrarsi su comportamenti osservabili e specifici, non
su tratti di carattere, ad esempio è meglio dire “non mi guardi
mentre mi parli” piuttosto che “sei strano, sei distante”.
Dovrebbe essere dato in modo impersonale,conciliante e non
minaccioso ed evitare valutazioni o giudizi morali ad esempio:”
quando non mi guardi mentre ti parlo, mi sembra che non mi
ascolti” piuttosto che “nessuno ama le persone che rifiutano di
guardarti negli occhi”
Dovrebbe focalizzare sia i lati positivi che quelli negativi
Se le due persone chi dà e chi riceve il feedback non sono
d’accordo,dovrebbero discuterne.
Strategie per la pratica
riflessiva
Modalità di attuazione del feedback di riorientamento
Il tutor nel dare un feedback riorientativo può porre una serie di quesiti,
interrogativi quali
Descrivi accuratamente il comportamento che vuoi riorientare.
QUANDO…
Descrivi le conseguenze (gli effetti) che questo comportamento può
avere per te e per gli altri. QUELLO CHE SUCCEDE E’…
Se vuoi, descrivi anche come ti fa sentire, quello che emotivamente
provi. E MI SENTO…
Fornisci un esempio del comportamento in questione. L’ALTRA
SETTIMANA AD ESEMPIO…
Fai la tua proposta di nuovo comportamento proficuo, tenendo conto
delle esigenze dell’altro e dimostrandoti disponibile a costruire assieme
una soluzione migliore. QUINDI, TI PROPONGO DI …. COSA NE PENSI?
TROVIAMO ASSIEME LA SOLUZIONE MIGLIORE.
Alla fine, ringrazia l’interlocutore. GRAZIE PER LA DISPONIBILITA’. SONO
FELICE DI AVER RISOLTO QUESTO PROBLEMA.

Strategie per la pratica
riflessiva
Esempio di feedback riorientativo - ritardo a una riunione
QUANDO… organizziamo una riunione, condividiamo un orario e tu arrivi
con 20’ di ritardo,
QUELLO CHE SUCCEDE E’… che devo attendere il tuo arrivo facendo
aspettare gli altri partecipanti, con il rischio di non riuscire a svolgere nei
tempi quanto previsto e di sforare con gli appuntamenti successivi
E MI SENTO… a disagio con gli altri che attendono, non rispettato
relativamente al mio tempo professionale
L’ALTRA SETTIMANA AD ESEMPIO… nella riunione di programmazione
sei arrivato con 25 minuti di ritardo, poi Angelo è dovuto andarsene e
non abbiamo concluso costruttivamente l’incontro.
QUINDI, TI PROPONGO DI quando fissiamo un incontro con diverse
persone di avvisarmi per tempo se non riesci ad essere presente
puntualmente in modo che possa o avvisare tutti e spostarla o
organizzarmi per partire comunque
COSA NE PENSI? TROVIAMO ASSIEME LA SOLUZIONE MIGLIORE.
Ascoltare l’altro (per tutto il tempo che serve senza abbandonare il
nostro obiettivo)
GRAZIE PER LA DISPONIBILITA’. SONO FELICE DI AVER RISOLTO
QUESTO PROBLEMA.

BRIEFING
Approccio induttivo
Dare brevi
Istruzioni
Al tirocinante
DARE
FEED BACK
FAR VEDERE
FAR FARE

Approccio deduttivo
FAR VEDERE DEBRIEFING
Spiegare ciò
Che si è fatto
Bibliografia
Far spiegare
Ciò che ha fatto
FAR FARE
TEORIE DELL’APPRENDIMENTO
Lucia Mason: psicologia dell’apprendimento e
dell’istruzione -il mulino,Bologna 2007
Etienne Wenger- Comunità di pratica ,Guerini
Milano 2007
IL SISTEMA TUTORIALE
AA.VV. Il il tutor per le professioni sanitarie,
Carocci, Roma 2003
Lucia Zannini - La tutorship nella formazione degli
adulti -Guerini - Milano 2005
L.Gamberoni,G.Marmo(a cura di)-apprendimento
clinico,riflessività e tutorato,EdiSES,Napoli 2009