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vialattea magazine 2010-2011

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cendio che interessò la riservetta munizioni, e soltanto<br />

il pronto accorrere di alcuni artiglieri impedì<br />

una catastrofe. Alle 18.05 venne colpita anche la<br />

torre 2 e, poco dopo, la 6.<br />

Quando, intorno alle 20, cessò il tiro, il bilancio<br />

per gli italiani si rivelò drammatico: nove artiglieri<br />

morti e una cinquantina feriti, sei torri su otto<br />

completamente inutilizzabili, la teleferica distrutta<br />

e tutti i collegamenti interrotti.<br />

Il 22 giugno lo Chaberton comunicò di essere ancora<br />

in grado di sparare con la 7a e l'8a torre, cosa<br />

che fece fino a sera, mentre i francesi spararono<br />

ancora alcuni colpi senza ottenere risultati degni<br />

di nota.<br />

Il 23 giugno lo Chaberton appoggiò l'attacco di<br />

alcune compagnie del 30° Fanteria della divisione<br />

Assietta, mentre i francesi tirarono ancora contro<br />

il forte. Il giorno seguente i mortai di Poét-Morand<br />

fecero partire ancora qualche colpo, ma la guerra<br />

ormai stava per finire e infatti l’armistizio del 24<br />

giugno pose fine al bombardamento francese.<br />

Abbandonata completamente dopo l’8 settembre<br />

1943, la batteria fu nuovamente occupata da<br />

reparti della Folgore della R.S.I. nell'autunno del<br />

1944, in coincidenza con l'avanzata delle truppe<br />

alleate nella Valle della Durance.<br />

Le severe clausole del Trattato di Pace del 1947<br />

assegnarono i ruderi della fortificazione e una cospicua<br />

parte del monte Chaberton alla sovranità<br />

francese, dipartimento delle Alte Alpi, comune di<br />

Névache. La storia del più famoso forte si concluse<br />

nell'estate di dieci anni dopo, quando salirono<br />

sulla vetta gli operai di una ditta specializzata, con<br />

il compito di smantellare totalmente le casematte<br />

e i relitti arrugginiti delle bocche da fuoco, recuperando<br />

l’acciaio e i materiali in qualche modo<br />

riutilizzabili. Rimasero solo più i ruderi delle otto<br />

torri, a testimoniare l’esistenza di quello che era<br />

stato, nei primi anni del xx secolo, il forte più alto<br />

d’Europa. Inaccessibile, invulnerabile: questi sono<br />

gli aggettivi più utilizzati al tempo e che oggi riecheggiano<br />

nelle ricostruzioni di numerosi storici<br />

e appassionati. Sicuramente al momento dell’ide-<br />

azione (1898) il livello tecnologico raggiunto dalle<br />

artiglierie non era tale da far supporre che un<br />

mortaio, posizionato in un sito non visibile dalla<br />

sommità dello Chaberton, avrebbe potuto raggiungere<br />

la batteria a 3.130 metri di quota, né<br />

l’aviazione aveva ancora visto la luce, risalendo al<br />

1903 il primo volo dei fratelli Wright. Ma da quel<br />

momento al successivo in cui, giugno 1940, quella<br />

batteria entrò effettivamente in attività, di anni<br />

ne passarono ben 42: è possibile che nessuno, in<br />

quel quasi mezzo secolo, si sia reso conto della<br />

rapida obsolescenza strategica cui era soggetta<br />

la batteria? Nessuno realizzò che, da inviolabile,<br />

la cima dello Chaberton si era trasformata in facile<br />

bersaglio? P.G. Corino, nel suo “La montagna<br />

fortificata” avanza l’ipotesi che la cosa fosse stata<br />

presa in considerazione: “Alcuni interventi attuati<br />

nelle viscere della montagna fanno pensare ad una<br />

presa di coscienza della non felice sistemazione delle<br />

artiglierie, seguita dall'avvio di un possibile intervento<br />

di spostamento dell'armamento in casematte<br />

in caverna, ma al riguardo non si è rintracciata documentazione<br />

che supporti tale ipotesi, al di là di<br />

alcuni cenni in rapporti non ufficiali.”<br />

Ciò non toglie, tuttavia, che la vita operativa della<br />

batteria dello Chaberton non sia durata che lo<br />

spazio di una settimana, dai primi colpi sparati il<br />

16 giugno all’armistizio del 24 giugno 1940, e che<br />

vi abbiano perso la vita dieci militari italiani, i nove<br />

Una immagine del mortaio Schneider da 280 mm., l’arma che<br />

colpì la batteria dello Chaberton sparando da Poet Morand ed<br />

Eyrette, località francesi nel vallone di Cervières, presso Briançon,<br />

nascoste alla vista degli artiglieri italiani di stanza sulla cima<br />

dello Chaberton.<br />

territorio<br />

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