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territorio<br />
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La meravigliosa vista che si gode dalla cima dello Chaberton: a partire da destra, il massiccio des Ecrins, con la cima più alta, la Barre des Ecrins<br />
(4101 m) e ai suoi lati il Dome de Neige (4015 m) e il Pic Lory (4086 m), al suo fianco il Pelvoux (3943 m); procedendo verso sinistra la valle che scende<br />
a Briançon e il Monginevro. Al centro svetta la punta del Pic de Rochebrune (3325 m) e proseguendo si vedono gli imbocchi delle valli Thures e<br />
Argentera divise dal Roc de Boucher (3285 m), quindi Sestriere sovrastata da Rognosa (3280 m) e Banchetta (2822 m), e ancora il Fraiteve (2701<br />
m), l’Assietta, la Ciantiplagna (2849 m) e una piccola porzione dell’alta Val di Susa.<br />
fermeria, il comando e le cucine, mentre nella roccia<br />
sottostante venne realizzato il deposito delle<br />
munizioni delle artiglierie.<br />
Sopra il fabbricato si costruirono otto torri cilindriche<br />
in muratura alte 7,70 metri e di diametro<br />
6,95 metri, con all’interno una scala elicoidale che<br />
portava in cima alla torre e, attraverso una botola,<br />
all'interno di una casamatta metallica girevole a<br />
protezione dell’artiglieria, costituita da un cannone<br />
da 149/35. Ogni torre aveva il proprio montacarichi<br />
e la propria riserva munizioni.<br />
Le casematte avevano una corazzata leggera, progettata<br />
per riparare l'arma ed il personale addetto<br />
al tiro, composto da un capo-pezzo, un puntatore,<br />
un caricatore, un porgitore, un preparatore e due<br />
o tre serventi, dalle schegge di granata e dalle intemperie<br />
atmosferiche, poiché non si pensava potessero<br />
venir colpiti da colpi provenienti dall'alto.<br />
La batteria, a differenza di altre fortificazioni di<br />
alta quota, fu costantemente presidiata, tranne<br />
nel periodo della prima guerra mondiale, il cui<br />
teatro fu il fronte orientale, e in quello immediatamente<br />
successivo.<br />
Nella stagione fredda il presidio era a carico dei<br />
battaglioni Fenestrelle e Exilles del 3° reggimento<br />
Alpini, che inviavano a turni della durata di un<br />
mese un plotone di trenta soldati al comando di<br />
un tenente, mentre in estate il presidio era costituito<br />
dagli artiglieri al servizio ai pezzi.<br />
Dopo quarant’anni di vita tranquilla, con il 10 giugno<br />
1940, quando l'Italia entrò in guerra con la<br />
Francia, nonostante fosse ormai inadeguato per<br />
concezione tecnica, lo Chaberton venne chiamato<br />
a sostenere il suo compito. Gli otto cannoni dello<br />
Chaberton erano inquadrati nella 515a batteria<br />
xxxIV Gruppo dell'8° Raggruppamento Artiglieria<br />
della Guardia alla Frontiera. Comandante della<br />
batteria era il capitano Spartaco Bevilacqua a cui<br />
rispondevano una ventina tra ufficiali e sottufficiali<br />
e circa 320 artiglieri.<br />
I francesi, consapevoli della pericolosità offensiva<br />
del forte, avevano schierato la 6a Batteria del 154°<br />
Reggimento di Artiglieria da Posizione armata di<br />
mortai Schneider da 280 millimetri, i soli in grado<br />
di colpire, grazie alla loro traiettoria fortemente<br />
parabolica, un obiettivo posto ad altitudine così<br />
elevata. Una sezione di due pezzi era stata collocata<br />
a Poét-Morand e un'altra all'Eyrette, nel vallone<br />
di Cervierès, fuori dalla visuale degli osservatori<br />
italiani.<br />
Nei primi giorni di guerra il forte più alto d'Europa<br />
non fu attivo, mentre il 16 e il 17 giugno la batteria<br />
sparò qualche salva intervenendo in duelli di artiglieria<br />
tra forti francesi ed italiani.<br />
I cannoni dello Chaberton iniziarono a tuonare<br />
con continuità la mattina del 20 giugno, quando<br />
ebbero l’ordine di colpire i forti Janus, Gondran,<br />
Infernet, Troi-Tétes e una serie di batterie campali<br />
francesi.<br />
Il 21 giugno il tiro riprese, ma questa volta i francesi<br />
non stettero a guardare: già nel corso della<br />
mattina i colpi della 6a Batteria cominciarono le<br />
operazioni di aggiustamento del tiro e solo l’improvviso<br />
calare della nebbia interruppe l’avvicinamento<br />
al bersaglio.<br />
Nel pomeriggio, però, col diradarsi della nebbia,<br />
il tiro riprese più preciso, mentre gli italiani, pur<br />
consapevoli del pericolo che gravava su di loro,<br />
continuavano il fuoco sugli obiettivi assegnati.<br />
La difesa degli artiglieri italiani fu esemplare e coraggiosa,<br />
ma non diede risultati apprezzabili, in<br />
quanto non si riuscì a localizzare la provenienza<br />
delle granate avversarie, che inesorabilmente raggiunsero<br />
lo scopo.<br />
Alle 17.15, venne colpita la torre 1, e quindi, in successione<br />
la 3, la 4 e la 5. Nella 3 si sviluppò un in-