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vialattea magazine 2010-2011

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territorio<br />

72<br />

La meravigliosa vista che si gode dalla cima dello Chaberton: a partire da destra, il massiccio des Ecrins, con la cima più alta, la Barre des Ecrins<br />

(4101 m) e ai suoi lati il Dome de Neige (4015 m) e il Pic Lory (4086 m), al suo fianco il Pelvoux (3943 m); procedendo verso sinistra la valle che scende<br />

a Briançon e il Monginevro. Al centro svetta la punta del Pic de Rochebrune (3325 m) e proseguendo si vedono gli imbocchi delle valli Thures e<br />

Argentera divise dal Roc de Boucher (3285 m), quindi Sestriere sovrastata da Rognosa (3280 m) e Banchetta (2822 m), e ancora il Fraiteve (2701<br />

m), l’Assietta, la Ciantiplagna (2849 m) e una piccola porzione dell’alta Val di Susa.<br />

fermeria, il comando e le cucine, mentre nella roccia<br />

sottostante venne realizzato il deposito delle<br />

munizioni delle artiglierie.<br />

Sopra il fabbricato si costruirono otto torri cilindriche<br />

in muratura alte 7,70 metri e di diametro<br />

6,95 metri, con all’interno una scala elicoidale che<br />

portava in cima alla torre e, attraverso una botola,<br />

all'interno di una casamatta metallica girevole a<br />

protezione dell’artiglieria, costituita da un cannone<br />

da 149/35. Ogni torre aveva il proprio montacarichi<br />

e la propria riserva munizioni.<br />

Le casematte avevano una corazzata leggera, progettata<br />

per riparare l'arma ed il personale addetto<br />

al tiro, composto da un capo-pezzo, un puntatore,<br />

un caricatore, un porgitore, un preparatore e due<br />

o tre serventi, dalle schegge di granata e dalle intemperie<br />

atmosferiche, poiché non si pensava potessero<br />

venir colpiti da colpi provenienti dall'alto.<br />

La batteria, a differenza di altre fortificazioni di<br />

alta quota, fu costantemente presidiata, tranne<br />

nel periodo della prima guerra mondiale, il cui<br />

teatro fu il fronte orientale, e in quello immediatamente<br />

successivo.<br />

Nella stagione fredda il presidio era a carico dei<br />

battaglioni Fenestrelle e Exilles del 3° reggimento<br />

Alpini, che inviavano a turni della durata di un<br />

mese un plotone di trenta soldati al comando di<br />

un tenente, mentre in estate il presidio era costituito<br />

dagli artiglieri al servizio ai pezzi.<br />

Dopo quarant’anni di vita tranquilla, con il 10 giugno<br />

1940, quando l'Italia entrò in guerra con la<br />

Francia, nonostante fosse ormai inadeguato per<br />

concezione tecnica, lo Chaberton venne chiamato<br />

a sostenere il suo compito. Gli otto cannoni dello<br />

Chaberton erano inquadrati nella 515a batteria<br />

xxxIV Gruppo dell'8° Raggruppamento Artiglieria<br />

della Guardia alla Frontiera. Comandante della<br />

batteria era il capitano Spartaco Bevilacqua a cui<br />

rispondevano una ventina tra ufficiali e sottufficiali<br />

e circa 320 artiglieri.<br />

I francesi, consapevoli della pericolosità offensiva<br />

del forte, avevano schierato la 6a Batteria del 154°<br />

Reggimento di Artiglieria da Posizione armata di<br />

mortai Schneider da 280 millimetri, i soli in grado<br />

di colpire, grazie alla loro traiettoria fortemente<br />

parabolica, un obiettivo posto ad altitudine così<br />

elevata. Una sezione di due pezzi era stata collocata<br />

a Poét-Morand e un'altra all'Eyrette, nel vallone<br />

di Cervierès, fuori dalla visuale degli osservatori<br />

italiani.<br />

Nei primi giorni di guerra il forte più alto d'Europa<br />

non fu attivo, mentre il 16 e il 17 giugno la batteria<br />

sparò qualche salva intervenendo in duelli di artiglieria<br />

tra forti francesi ed italiani.<br />

I cannoni dello Chaberton iniziarono a tuonare<br />

con continuità la mattina del 20 giugno, quando<br />

ebbero l’ordine di colpire i forti Janus, Gondran,<br />

Infernet, Troi-Tétes e una serie di batterie campali<br />

francesi.<br />

Il 21 giugno il tiro riprese, ma questa volta i francesi<br />

non stettero a guardare: già nel corso della<br />

mattina i colpi della 6a Batteria cominciarono le<br />

operazioni di aggiustamento del tiro e solo l’improvviso<br />

calare della nebbia interruppe l’avvicinamento<br />

al bersaglio.<br />

Nel pomeriggio, però, col diradarsi della nebbia,<br />

il tiro riprese più preciso, mentre gli italiani, pur<br />

consapevoli del pericolo che gravava su di loro,<br />

continuavano il fuoco sugli obiettivi assegnati.<br />

La difesa degli artiglieri italiani fu esemplare e coraggiosa,<br />

ma non diede risultati apprezzabili, in<br />

quanto non si riuscì a localizzare la provenienza<br />

delle granate avversarie, che inesorabilmente raggiunsero<br />

lo scopo.<br />

Alle 17.15, venne colpita la torre 1, e quindi, in successione<br />

la 3, la 4 e la 5. Nella 3 si sviluppò un in-

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