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FOCUS<br />

Aceto tra<br />

profano e sacro<br />

Paolo Braconi<br />

Docente del corso di <strong>la</strong>urea<br />

ECOCAL<br />

(Economia e Cultura<br />

dell’Alimentazione)<br />

Università di <strong>Per</strong>ugia<br />

Un soldato<br />

romano<br />

dissetò Gesù<br />

sul<strong>la</strong> croce<br />

offrendogli<br />

una spugna<br />

<strong>in</strong>trisa di una<br />

mistura di<br />

acqua e aceto<br />

Da sempre chi produce ed usa v<strong>in</strong>o ha avuto a che fare anche con l’aceto,<br />

che del v<strong>in</strong>o rappresenta una specie di sottoprodotto, per ossidazione del<strong>la</strong><br />

parte alcolica.<br />

L’uso di questo liquido era comune <strong>in</strong> vari campi del<strong>la</strong> vita quotidiana, dal<strong>la</strong> medic<strong>in</strong>a,<br />

all’alimentazione, alle attività produttive. Si narra ad esempio che Annibale<br />

lo abbia usato per ammorbidire <strong>la</strong> roccia da scavare per consentire il passaggio<br />

delle Alpi alle sue truppe.<br />

Le virtù e le proprietà dell’aceto erano tali e tante per cui anche chi non aveva a<br />

disposizione l’uva, dunque il v<strong>in</strong>o come materia base, poteva fabbricarlo partendo<br />

da altre sostanze <strong>in</strong> grado di fermentare. Columel<strong>la</strong>, scrittore di cose rustiche<br />

d’età romana, dà proprio una ricetta per fabbricare l’“acetum ficulneum”, aceto<br />

di fichi. Ma esistevano ed esistono aceti di mele (di sidro), di idromele (bevanda<br />

a base di miele) e di altri succhi e sostanze dolci.<br />

Un caso partico<strong>la</strong>re è il mosto cotto, che gli antichi chiamavano sapa o defrutum,<br />

a seconda del<strong>la</strong> concentrazione. Sempre Columel<strong>la</strong> ci ricorda che, come il v<strong>in</strong>o,<br />

anche sapa e defrutum potevano facilmente andare <strong>in</strong> aceto; lo sanno bene oggi i<br />

produttori di una delle eccellenze di questo prodotto, l’aceto balsamico, ottenuto<br />

proprio dall’acidificazione del mosto cotto.<br />

Ovviamente l’uso predom<strong>in</strong>ante dell’aceto è sempre stato quello collegato all’alimentazione,<br />

sia come condimento che come conservante dei cibi.<br />

Secondo l’antica tradizione romana, ad esempio, il primo condimento delle verdure<br />

da orto sarebbe stato l’aceto e non l’olio, tanto che questi cibi avevano appunto<br />

il nome di “acetaria”.<br />

Sarebbe tuttavia errato considerare l’aceto soltanto un condimento o un conservante.<br />

Così come il v<strong>in</strong>o è stato per secoli non solo una bevanda ma anche un<br />

alimento (forniva calorie per <strong>la</strong> “macch<strong>in</strong>a” umana), così anche l’aceto ha avuto<br />

un ruolo importante nell’alimentazione. Ad esempio, nel<strong>la</strong> sua forma meno aggressiva,<br />

<strong>la</strong> posca, un v<strong>in</strong>o scadente <strong>in</strong> corso di acidificazione, faceva parte del<strong>la</strong><br />

dotazione giornaliera del soldato romano che lo beveva mesco<strong>la</strong>to ad acqua per<br />

render<strong>la</strong> più saporita e soprat<strong>tutto</strong> per dis<strong>in</strong>fettar<strong>la</strong> (seppur b<strong>la</strong>ndamente). Questo<br />

uso si è mantenuto a livello popo<strong>la</strong>re per secoli, come nell’“acetello” bevuto<br />

ancora nelle campagne umbre f<strong>in</strong>o quasi ai giorni nostri, e aiuta a spiegare un<br />

noto passo del Vangelo, riguardante <strong>la</strong> Passione di Cristo. Si tratta dell’episodio<br />

<strong>in</strong> cui un soldato romano disseta Gesù sul<strong>la</strong> croce offrendogli una spugna <strong>in</strong>trisa<br />

di una mistura di acqua e aceto. Questo gesto viene di solito colto come segno<br />

di disprezzo nei confronti di Cristo, tanto che <strong>la</strong> <strong>la</strong>ncia con <strong>la</strong> spugna è entrata<br />

nell’iconografia degli strumenti del<strong>la</strong> Passione. Al contrario, <strong>in</strong>vece, va visto come<br />

il tentativo del soldato di soddisfare, diremmo oggi, l’ultimo desiderio di un condannato<br />

a morte: condividendo con lui il contenuto del<strong>la</strong> propria borraccia.<br />

Rivista di orientamento nel food service 31

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